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Don Antonio Ruccia presenta la Madre di Dio come donna del Giubileo

“Con una lettura originale e pungolante, don Antonio ci conduce, insieme con Maria, a toccare le ferite dell’umanità e a entrare in esse come se fossero delle feritoie o delle porte da attraversare, appunto, per irrorare i meandri tortuosi della storia con la luce del Vangelo e con lo stile di Gesù, che non è venuto per condannare il mondo, ma perché quest’ultimo sia salvato per mezzo di Lui”: così si legge nella prefazione del libro ‘Maria, donna del Giubileo’, scritto da don Antonio Ruccia, parroco della chiesa di San Giovanni Battista a Bari e docente di teologia pastorale al Pontificio Istituto di teologia della vita consacrata ‘Claretianum’ di Roma ed alla Facoltà teologica di Bari.
A lui chiediamo di spiegarci il motivo per cui Maria è la donna del Giubileo: “In tanti parlano di Maria come donna e madre di speranza. A lei attribuiscono il ruolo di corredentrice della salvezza e la indicano come modello all’umanità in cammino verso il cielo. Parlare di Maria come donna di un giubileo che ruota tutto intorno alla speranza ci offre l’opportunità di cogliere come la madre di Gesù è colei che, aprendo la porta del suo cuore, ha aperto un ingresso mai chiuso. Attraverso lei si raggiunge sempre il Cristo.
Ci accompagna e non lascia nessuno fuori. Se qualcuno pensa che possano esserci dei figli che non hanno la possibilità di passare ma semplicemente spassare dinanzi alla porta che è Cristo, si sbagliano del tutto. Maria è donna del giubileo perché come lei anche noi dobbiamo avere il coraggio di uscire dall’egoismo e dalla passività e cercare quanti non hanno la forza di avvicinarsi al Cristo. Maria è uscita dalla porta di Nazaret. Per noi è il tempo di uscire dalla porta del giubileo e cominciare nuovi cammini”.
Per quale motivo la Madre di Dio è madre dei ‘giubilanti’?
“Se diamo per acquisito il fatto che il giubileo dei credenti del terzo millennio è uscire dalla porta poco prima attraversata e poi mettersi in marcia per andare ad incontrare gli assenti della nostra società, Maria diventa la Madre dei giubilanti perché è lei che cerca i figli abbandonati e delusi. I tanti che oggi deviano e l’escalation delle violenze su tutti i fronti, dalle guerre in atto agli atti di bullismo e all’uso delle armi anche nelle nostre città, devono farci rendere conto che la proposta di Maria è quella di non arrendersi mai. I cammini di nuova evangelizzazione unitamente a quelli di carità devono segnare la strada per una Chiesa dell’intraprendenza e della disponibilità. Il giubileo non è un anno del calendario o un tempo della Chiesa. Il giubileo indicatoci da Maria è il tempo di tutti quelli che camminano insieme per cambiare insieme un mondo che boccheggia e che ansima per le situazioni di precarietà e di assenza di Dio dalla vita di tanti”.
Perché la Madonna è ‘icona dell’accoglienza’?
“Accogliere fa sempre rima con raccogliere. Maria è la Madre che prima accogliere il Cristo e poi raccoglie altri figli. Proviamo per attimo a pensare a chi resta indietro. Ci sono tanti che arrancano e restano al palo: i poveri, i bambini affamati, le donne violentate, le persone che ogni giorno devono cercare qualcosa per sopravvivere. Voi pensate che una donna come Maria che si è inventata il Magnificat e lo ha cantato dinanzi ad un’altra donna gravida come Elisabetta si limiterebbe a stare dinanzi ad un computer o al piccolo schermo mentre i migranti muoiono in mare o vengono rimandati indietro perché gente di ‘basso rango’? Maria è donna sollecita perché, essendo uscita dalla porta giubilare, traccia la strada per tutte le forme di accoglienza e per le dinamiche di una Chiesa del post-modernismo e della nuova evangelizzazione che oltrepassi anche le logiche della semplice sacramentalizzazione su cui continua a poggiare la pastorale contemporanea. Il vero giubileo sta nell’uscire e non nel temporeggiare!”
Per quale motivo, pur obbedendo a Dio, ella è una donna irriducibile?
“Se dovessi pensare, in questo momento dove potrebbe essere la Madre di Gesù che mai ha lasciato suo Figlio indifeso, non avrei esitazione nel dire che la troverei tra le “donne irriducibili”. Sono quelle che continuano a lottare per ottenere giustizia per i desaparesidos di Plaza de Mayo o tra le strade di Gaza dove si combatte per una ‘striscia’ abitata nella stragrande maggioranza da poveri. Pensate che qualcuno posso fermarla? Se qualcuno lo pensa, credo che non la incontrerà mai. Noi che con i rosari continuiamo a sgranare ‘ave Maria’, dobbiamo sgranare dalle logiche della guerra chi continua a creare sacche di morte su cui spesso siamo indifferenti. Gesù è il re della pace e Maria è colei che esce per indicare proprio questa strada”.
In quale modo ci si può vestire ‘di giubileo come Maria’?
“Non basta emozionarsi nel vedere i figli muoversi durante un’ecografia. Bisogna prepararsi per vestirli di amore ed essere genitori. Maria è Colei che ci insegna a vestire di amore il mondo, svestendoci di ogni forma di passività. Questo significa aprire la porta del cuore e permettere al Signore di entrare ancora nelle nostre vite per camminare e ‘sfoggiare’ gli abiti dell’amore che la società dell’indifferenza continuare a snobbare”.
(Tratto da Aci Stampa)
Card. Re: un papa per il bene della Chiesa

Ieri, alla vigilia dell’inizio del conclave, i cardinali riuniti in Vaticano per l’elezione del nuovo Pontefice, hanno esortato ad un cessate il fuoco nei luoghi dove sono in corso conflitti: “Noi Cardinali di Santa Romana Chiesa, riuniti in Congregazione Generale prima dell’inizio del Conclave, costatato con rammarico che non si sono registrati progressi per favorire i processi di pace in Ucraina, in Medio Oriente e in tante altre parti del mondo, anzi che si sono intensificati gli attacchi specialmente a danno della popolazione civile, formuliamo un sentito appello a tutte le parti coinvolte affinché si giunga quanto prima ad un cessate il fuoco permanente e si negozi, senza precondizioni e ulteriori indugi, la pace lungamente desiderata dalle popolazioni coinvolte e dal mondo intero. Invitiamo tutti i fedeli a intensificare la supplica al Signore per una pace giusta e duratura”.
Mentre questa mattina nella Messa ‘pro eligendo Pontifice’, celebrata nella Basilica Vaticana, alla presenza di 5.000 fedeli con 220 porporati il card. Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, ha sottolineato l’assiduità della prima comunità cristiana nella preghiera: “Negli Atti degli Apostoli si legge che, dopo l’ascensione di Cristo al cielo e in attesa della Pentecoste, tutti erano perseveranti e concordi nella preghiera insieme con Maria, la Madre di Gesù.
E’ proprio quello che anche noi stiamo facendo a poche ore dall’inizio del Conclave, sotto lo sguardo della Madonna posta a fianco dell’altare, in questa Basilica che si eleva sopra la tomba dell’Apostolo Pietro. Percepiamo unito a noi l’intero popolo di Dio col suo senso di fede, di amore al Papa e di fiduciosa attesa”.
E’ stata un’invocazione allo Spirito Santo per un papa ‘giusto’ per questo momento storico: “Siamo qui per invocare l’aiuto dello Spirito Santo, per implorare la sua luce e la sua forza perché sia eletto il Papa di cui la Chiesa e l’umanità hanno bisogno in questo tornante della storia tanto difficile e complesso.
Pregare, invocando lo Spirito Santo, è l’unico atteggiamento giusto e doveroso, mentre i Cardinali elettori si preparano ad un atto di massima responsabilità umana ed ecclesiale e ad una scelta di eccezionale importanza; un atto umano per il quale si deve lasciar cadere ogni considerazione personale, e avere nella mente e nel cuore solo il Dio di Gesù Cristo e il bene della Chiesa e dell’umanità”.
Proprio nel momento culminante Gesù infonde negli apostoli un comandamento nuovo: “E’ il messaggio dell’amore, che Gesù definisce comandamento ‘nuovo’. Nuovo perché trasforma in positivo e amplia grandemente l’ammonimento dell’Antico Testamento, che diceva: ‘Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te’.
L’amore, che Gesù rivela, non conosce limiti e deve caratterizzare i pensieri e l’azione di tutti i suoi discepoli, i quali nel loro comportamento devono sempre mostrare un amore autentico e impegnarsi per la costruzione di una nuova civiltà, quella che Paolo VI chiamò ‘civiltà dell’amore’. L’amore è la sola forza capace di cambiare il mondo”.
E l’amore di Gesù per il mondo è dimostrato nella lavanda dei piedi: “Gesù ci ha dato l’esempio di questo amore all’inizio dell’ultima cena con un gesto sorprendente: si è abbassato al servizio degli altri, lavando i piedi agli Apostoli, senza discriminazioni, non escludendo Giuda che lo avrebbe tradito.
Questo messaggio di Gesù si ricollega a quanto abbiamo ascoltato nella prima lettura della Messa, nella quale il profeta Isaia ci ha ricordato che la qualità fondamentale dei Pastori è l’amore fino al dono completo di sé”.
Dalle letture odierne è evidente i ‘compiti’ del papa: “Fra i compiti di ogni successore di Pietro vi è quello di far crescere la comunione: comunione di tutti i cristiani con Cristo; comunione dei Vescovi col Papa; comunione dei Vescovi fra di loro. Non una comunione autoreferenziale, ma tutta tesa alla comunione fra le persone, i popoli e le culture, avendo a cuore che la Chiesa sia sempre ‘casa e scuola di comunione’. E’ inoltre forte il richiamo a mantenere l’unità della Chiesa nel solco tracciato da Cristo agli Apostoli. L’unità della Chiesa è voluta da Cristo; un’unità che non significa uniformità, ma salda e profonda comunione nelle diversità, purché si rimanga nella piena fedeltà al Vangelo”.
Quindi nell’elezione papale è sempre Pietro che tramanda la fede: “L’elezione del nuovo Papa non è un semplice avvicendarsi di persone, ma è sempre l’Apostolo Pietro che ritorna. I cardinali elettori esprimeranno il loro voto nella Cappella Sistina, dove (come dice la costituzione apostolica ‘Universi dominici gregis’) ‘tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio, al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato’.
Nel Trittico Romano papa Giovanni Paolo II auspicava che, nelle ore della grande decisione mediante il voto, l’incombente immagine michelangiolesca di Gesù Giudice ricordasse a ciascuno la grandezza della responsabilità di porre le ‘somme chiavi’ nelle mani giuste”.
Il card. Re ha concluso l’omelia con le invocazioni allo Spirito Santo: “Preghiamo quindi perché lo Spirito Santo, che negli ultimi cento anni ci ha donato una serie di Pontefici veramente santi e grandi, ci regali un nuovo Papa secondo il cuore di Dio per il bene della Chiesa e dell’umanità.
Preghiamo perché Dio conceda alla Chiesa il Papa che meglio sappia risvegliare le coscienze di tutti e le energie morali e spirituali nella società odierna, caratterizzata da grande progresso tecnologico, ma che tende a dimenticare Dio.
Il mondo di oggi attende molto dalla Chiesa per la salvaguardia di quei valori fondamentali, umani e spirituali, senza i quali la convivenza umana non sarà migliore né portatrice di bene per le generazioni future. La Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, intervenga con la sua materna intercessione, perché lo Spirito Santo illumini le menti dei cardinali elettori e li renda concordi nell’elezione del papa di cui ha bisogno il nostro tempo”.
Mentre nel pomeriggio è stato pronunciato ‘Extra omnes!’ (Fuori tutti) da parte da parte del Maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, mons. Diego Ravelli, con cui ha inizio ufficialmente il Conclave attraverso il giuramento di tutti i 133 cardinali elettori:
“Parimenti, promettiamo, ci obblighiamo e giuriamo che chiunque di noi, per divina disposizione, sia eletto Romano Pontefice, si impegnerà a svolgere fedelmente il munus Petrinum di Pastore della Chiesa universale e non mancherà di affermare e difendere strenuamente i diritti spirituali e temporali, nonché la libertà della Santa Sede”, continua ancora il giuramento solenne in Sistina.
Soprattutto, promettiamo e giuriamo di osservare con la massima fedeltà e con tutti, sia chierici che laici, il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l’elezione del Romano Pontefice e su ciò che avviene nel luogo dell’elezione, concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio; di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l’elezione del nuovo Pontefice”.
(Foto: Santa Sede)
Un racconto personale del sacerdote Albino Luciani grazie a Don Pietro Paolo Carrer

La collana ‘Io sono polvere’ delle Edizioni Messaggero di Padova, dedicata ad Albino Luciani, si arricchisce di un nuovo libro:’Un cireneo per il vescovo Albino Luciani’, scritto dalla giornalista Romina Gobbo, che ha raccolto gli aneddoti di mons. Pietro Paolo Carrer, ‘cireneo’ del futuro papa con la prefazione del card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano e presidente della Fondazione Vaticana ‘Giovanni Paolo I’.
L’intervista esclusiva a don Carrer, che ha prestato servizio a mons. Albino Luciani dal 1961 al 1963, fissa con delicatezza e vivacità ricordi, memorie e pensieri, molti dei quali inediti, del giovane sacerdote segretario e autista dell’allora vescovo di Vittorio Veneto. ‘Cireneo’, appellativo dato da Luciani al suo fido compagno di viaggi e di viaggio, è un termine ricercato, in linea con la profonda erudizione del futuro papa, ma soprattutto è un termine evangelico, che rimanda a quel Simone di Cirene che aiuta Gesù a portare la croce.
Attraverso i due incontri con don Pietro Paolo Carrer, che ha percorso con il vescovo di Vittorio Veneto un pezzo di strada, l’autrice riesce a illuminare la figura di Luciani da un’angolazione originale, mettendo insieme un aneddoto dietro l’altro, come ha scritto l’autrice nell’introduzione:
“Della vita e delle opere di Albino Luciani sappiamo molto. Soprattutto da quando il 23 novembre 2003 iniziò l’inchiesta diocesana per la causa di canonizzazione del papa di origini agordine, le ricerche si sono intensificate, facendo emergere particolari inediti sulla sua vita e sul suo operato. Ma, quello che risultò poi essere fondamentale per la proclamazione delle virtù eroiche prima, e per la beatificazione poi, fu la presa di consapevolezza di quanto Luciani fosse amato dai cattolici di tutto il mondo.
L’uomo, il sacerdote, il vescovo, il patriarca, il papa, che aveva fatto dell’umiltà la cifra della sua vita, improvvisamente balzava agli onori della cronaca. Chissà se tutta questa popolarità gli avrebbe fatto piacere. E’ scaturita da questa domanda di don Pietro Paolo Carrer, che di Albino Luciani fu segretario, l’idea di tracciare un ritratto più intimo degli anni in cui fu vescovo di Vittorio Veneto. Mi resi conto che sarebbe stato possibile solo ascoltando il sacerdote che per due anni gli aveva prestato un servizio fedele, e anche affettuoso. La vicinanza con Luciani, la condivisione di spazi e impegni lo rendeva un osservatore privilegiato”.
Nella prefazione il card. Parolin ha sottolineato l’originalità del volume: “Da presidente della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, ho potuto rendermi conto del fatto che più si studiano i documenti di papa Luciani e più si comprende che l’importanza del pensiero del pontefice di origini agordine è inversamente proporzionale alla durata del suo pontificato. Ecco perché sono in molti (giornalisti e scrittori) ad averlo omaggiato con dei libri: alcuni dedicati alla sua vita, altri alla sua opera pastorale. Sono in numero minore quelli che contengono testimonianze di persone che lo hanno conosciuto e ne sono rimaste toccate. In questo sta l’originalità del libro della giornalista Romina Gobbo che, con la sua penna ormai consolidata, ama far emergere l’anima dei personaggi di cui scrive”.
Quindi dall’autrice ci facciamo spiegare il motivo per cui Albino Luciani chiese a don Carrer di essere il suo cireneo: “Albino Luciani, vescovo di Vittorio Veneto, chiese ad un sacerdote della diocesi, don Pietro Paolo Carrer, di essere il suo ‘cireneo’. Usò questa parola evangelica invece di ‘segretario’ perché stava chiedendo un impegno importante, di aiutarlo a portare la croce di un incarico, come quello di vescovo, che aveva accettato per obbedienza, ma che riteneva fin troppo impegnativo. Il 30 agosto 1978, qualche giorno dopo l’elezione al soglio pontificio, in un discorso ai cardinali elettori, disse: ‘Spero che i miei confratelli cardinali aiuteranno questo povero cristo, vicario di Cristo, a portare la croce con la loro collaborazione, di cui io sento tanto bisogno’. ‘Figuriamoci che cosa deve aver pensato quando è stato eletto papa’, dice don Carrer. Ed i vittoriesi, che avevano imparato a conoscere bene il loro vescovo, quando fu eletto al soglio pontificio, dissero: A furia di tirarsi indietro, è diventato papa”.
Quale è stata l’occasione per cui ha scritto questo libro?
“ Ho scritto questo libro, perché ho avuto il privilegio di incontrare don Pietro Paolo, per tutti don Paolino. Ed ho ritenuto che la sua preziosa testimonianza dovesse essere fatta conoscere. In questo libro-racconto di due anni di convivenza stretta, ci si accorge che protagonista e co-protagonista si assomigliano molto”.
Quale figura di papa Luciani emerge dal racconto?
“Una figura sicuramente molto complessa. Fu un uomo umile, ma deciso, per niente incline alla carriera, ma con grandissime competenze e capacità. Quando assumeva un ruolo, si preparava per rispondere al meglio ai suoi doveri. Fu anche un uomo colto: leggeva libri e riviste, conosceva l’inglese, aveva una biblioteca vastissima. E scriveva per i giornali. Usava concetti chiari, diretti, per spiegare in modo semplice la dottrina ai fedeli. Così le omelie, così gli articoli. Il suo capolavoro resta ‘Illustrissimi’, dove dà voce a personaggi della storia. Ma era anche un uomo ironico. La sorella lo definiva un ‘burlone’. Don Paolino racconta di come Luciani facesse sorridere le suore raccontando barzellette e usando giochi di parola”.
Per quale motivo chiese ai cardinali elettori di aiutarlo a portare la Croce?
“Albino Luciani è passato alla storia con appellativi, quali il ‘Papa del sorriso’, ‘Il sorriso di Dio’, sicuramente vezzeggiativi dettati dall’affetto. Ed effettivamente nelle sue foto, il sorriso balza subito all’occhio. Non esiste una sua immagine senza quel sorriso. D’altra parte, quando si affacciò per la prima volta da papa dalla finestra che dà su piazza san Pietro, il suo sorriso parlò per lui, che invece non poté farlo per via del protocollo. Quel brevissimo mese di pontificato è stato chiamato ‘lo spazio di un sorriso’”.
Come arrivò Luciani a quell’Angelus, dove affermò ‘Dio è padre e madre’?
“Ce lo spiega don Paolino: ‘L’ambiente in cui visse Luciani era prevalentemente formato da donne, perché in quell’epoca gli uomini erano spesso emigrati all’estero per mantenere la famiglia. Quindi, il piccolo Albino aveva davanti a sé figure femminili importanti, in primis la madre, che lo formò alla fede. E fu sempre lei a convincere il marito a lasciare entrare il figlio in seminario’.
Non va poi dimenticato che quando nacque, Albino rischiò di morire per il cordone ombelicale attorcigliato attorno al collo; la levatrice che lo fece nascere in fretta, gli somministrò anche il battesimo. ‘C’è, poi, un altro elemento, ecco ancora le parole di don Paolino. In un’omelia, il parroco di Luciani ragazzo, don Filippo Carli, parlava dell’amore di Dio come fosse quello di una madre. Ed erano gli anni Venti. Io sono propenso a credere che Albino Luciani avesse raggiunto la sua consapevolezza di un Dio che è anche madre, grazie anche all’apertura mentale del suo parroco’”.
(Tratto da Aci Stampa)
Maria, Madre dei giovani: ecco cosa possiamo imparare da lei

1.Lasciatevi guardare da Dio (Lc 1,48) tali benedicenti e benevole parole costudite nel Magnificat ci invitano e supportano nel recuperare il benedicente e paterno guardo di Dio sulla nostra vita e sulla nostra esistenza. Occorre infatti, diffidare di sguardi profetici negativi che ci privano della libertà e non ci lasciano essere noi stessi e cercare invece, lo sguardo di chi incoraggia la nostra libertà, ci entusiasma, ci dilata il cuore e ci fa avere fiducia in noi stessi nutrendoci di ottimistica predilezione, sottoponendo la nostra biografia ad una narrazione profetica positiva.
Consenti dunque, a Dio e a Maria di scrutare sinceramente il tuo cuore, senza alcun timore o vergogna. Loro non ti guardano per indagare con austera, infeconda e giudicante. severità né tantomeno per colpevolizzarti, farti sentire in imbarazzo o inadeguato ma al contrario, sempre ed incondizionatamente accolto, amato e perdonato, ti guardano perché ti amano infinitamente, osservando e curando le tue ferite con autentica e concreta compassione e tenerezza: sei suo figlio! Lasciati guardare dalla misericordia di Dio e anche dalla sua santità, specchiati in lui: non ti accorgi di quanto vali? Forse no, perché tu stesso ti disistimi, ma lasciati guardare da Lui,
Egli ti ha creato, sa bene come sei e conosce il tuo intrinseco valore. Nessuno sguardo è così incoraggiante e benedicente come quello di Dio. Maria è stata guardata da Lui integralmente e perdutamente. Collocandoci dinnanzi al Signore, infatti, sappiamo che il suo sguardo ci avvolge e ci risolleva paternamente sopratutto quando ci sentiamo più demoralizzanti, persi e sbagliati, perché è proprio in quel momento che abbiamo più bisogno di Lui.
2. Lasciatevi amare e incontrare da Dio (Lc 1,28) Nell’episodio dell’annunciazione, il suo audace e suadente ‘Eccomi’, è proprio questo lasciarsi incontrare da Dio ed incontrarlo. L’aggettivo greco κεχαριτωμένη tradotto con Piena di Grazia, significa piuttosto colma del favore di Dio, amatissima da Dio, pertanto sottoposta alla sua narrazione profetica positiva e benedicente. La giovinezza è il tempo in cui devi lasciarti amare da qualcuno. Lasciati incontrare, cerca e scruta nel profondo, senza alcuna paura ma con autentica umiltà e perseveranza.
3. Lasciatevi coinvolgere da Dio (Lc 1,38) Dio ti coinvolge, ha bisogno di te. Maria assiste, incoraggia e supporta maternamente il meraviglioso ed arduo itinerario della crescita. È lei la Mediatrice di ogni Grazia, perché nulla passa da Dio a noi se non mediante le delicate e materne mani di Maria. Che confidenza allora possiamo esprimere ed avere in lei che, essendo autenticamente e teneramente Mamma, non si spaventa o scandalizza delle nostre umane fragilità e tantomeno le strumentalizza ma al contrario, ci comprende e ci guida con infinita tenerezza, sapienza, e delicatezza, senza farci sentire mai sbagliati, criticati, rimproverati o giudicati ma anzi ci aiuta a comprendere non solo che le cadute possono verificarsi, ma anche che esse fanno parte del percorso, poiché il fallire fa parte del tentare.
Maria è sempre presente ed in una modalità peculiarmente dirompente nell’epoca della giovinezza, poiché costituisce la delicatissima, entusiasmante e cruciale fase di una personalità in formazione, Lei è china su di noi, con pronta sollecitudine, comprensione e materna trepidazione.
Maria conosce, comprende ed accoglie con materna e paziente tenerezza e i nostri limiti, le nostre gioie, conquiste, innamoramenti, amicizie e quesiti ma anche i nostri dubbi, il nostro dolore, le nostre paure, reticenze e peccati. Proprio nei momenti di maggior fragilità, bisogna infatti, peculiarmente affidare e confidare a Lei tutto ciò che portiamo nel cuore, senza alcuna paura o soggezione, mediante un costante, sapiente ed intimo dialogo, colmo di fiducia confidenza, amore e speranza mediante il quale poter svelare e confidare i nostri più intimi segreti e nel quale Lei stessa ci parla al cuore. Maria sa, cura, vede, segue, palpita. Nessuno come lei è vicina ai giovani ed è bene che essi lo sappiano affinché possano entrare in una filiale, tenera, profonda, concreta e liberante intimità con Lei.
I giovani devono quindi sapere che Maria è costantemente al loro fianco, li conduce uno per uno per mano, non importa quanto i loro errori, fragilità o peccati siano intensi ed ingenti: Maria li ama, comprende, accoglie e perdona. Sempre e comunque. Mediante la sua presenza, Dio ha dunque, compiuto e consegnato a tutti ed a ciascuno ed in una modalità privilegiata ai giovani, il più ricco, arricchente ed essenziale dono: una Madre, a cui possiamo raccontare tutto e con la quale instaurare un rapporto così intimo, filiale e profondo da denominarla e considerarla, personalmente, concretamente e dolcemente Mamma.
(Fine)
Maria, Madre dei giovani: ecco cosa possiamo imparare da lei

Il mese di maggio è dedicato a Maria e di lei oggi vogliamo parlare. Maria, la dolce e giovane donna di Galilea, che Dio ha eccezionalmente e peculiarmente preservato dalla colpa originale, affinché potesse custodire nell’avvolgente e primigenio calore del suo grembo materno il Verbo della Vita, è anzitutto, una giovane capace di porsi in delicato, discreto ma al contempo, sapiente ed intenso ascolto di Dio e dei suoi disegni.
Alla luce del suo fulgido, eloquente e benedicente esempio, Lei che conosce e sente maternamente i successi, i sogni e le speranze ma anche le fatiche, le sofferenze e le cocenti disillusioni di cui traboccano gli i entusiastici e teneri cuori dei giovani, li invita ad aprirsi con filiale fiducia e disponibilità a Dio, senza alcuna reticenza o paura.
Maria, però, non è solo un modello di giovane donna che incarna, sperimenta e vive fino in fondo l’audacia e la sfida della fede, Lei è anche la Madre tenera, discreta e presente che ha accompagnato il proprio Figlio nella sua straordinaria e quotidiana vicenda biografica e con lo stesso amore e la stessa ardente e materna presenza, accompagna ciascuno di noi ed in particolare, i giovani, i quali a fedele immagine del discepolo Giovanni, sono suoi figli diletti.
Ella conosce le loro più intime e profonde preoccupazioni e dolori, è loro vicina, li sorregge ed accompagna con delicatezza, discrezione e sapienza. Lei, donna dell’ascolto e dello Shema’, la quale vive profondamente ed intimamente la spiritualità ebraica dell’ascolto insegna e ricorda alla fragile, infeconda e fatiscente società adulta, l’importanza di un ascolto attento, discreto, vigile e fedele di coloro che l’Eterno, affida alla loro competenza lessicale ed educativa: i giovani.
Ella insegna infatti, ad ascoltarli sinceramente senza preconcetti, timori, barriere o ostilità, incarnando ed offrendo loro dei riferimenti credibili e sapienti, a dialogare con loro in un clima di totale intimità, confidenza e serenità, valorizzando e portando alla luce tutto il bene di cui è ricolmo il loro cuore: questo Maria chiede indefessamente ad ogni madre di compiere, ossia di porsi nei confronti dei propri figli con la stessa tenera apertura, comprensione e disponibilità, che Ella ha incarnato nei confronti di Cristo e nei riguardi di ciascuno di noi, che ci affidiamo a Lei.
Maria è poi un emblematico modello nel prendersi cura dei giovani in ogni momento e situazione. Infatti, per questa Madre amorevole, vigile e partecipe, tutto ciò che viviamo è importantissimo, degno del suo abbraccio, della sua intercessione e della sua strenua lotta accanto a noi.
Lei, sa infatti che risulta più semplice e naturale confidarsi con la Mamma, peculiarmente e comprensibilmente per le giovani figure femminili e proprio per questo si mostra sempre, pazientemente disposta ad ascoltare ed accogliere il delicato e prezioso cuore di ciascuno, senza alcun lacerante e letale giudizio, nonché a proferire solo ed esclusivamente vocaboli benedicenti e benevoli nei loro confronti.
Come ogni autentica madre, infatti, si impegna a far emergere il meglio dai propri figli ed a farli luminosamente risplendere ma sa benissimo che, affinché questo avvenga è necessario anzitutto, nutrirli di affermazioni generative ed essere avari di laceranti giudizi e critiche.
Una predisposizione interiore ed esteriore, quella di Maria, che ogni educatore dovrebbe acquisire, incarnare e far propria, non imponendo aridi e ferrei modelli di comportamento precostituiti, ma ponendosi in diligente e gratuito ascolto delle necessità reali dei ragazzi, nel pieno rispetto della loro unicità, per provvedervi con fede e carità viva ed operante, incoraggiando e supportandoli efficacemente nell’ aprirsi alla vita.
Chi si prende autenticamente cura dei giovani, infatti, non impone ma propone, non costringe ma attira, non colpevolizza ma sostiene ed incoraggia, non domina ma serve. L’attenzione si coniuga in Maria alla discrezione, alla concretezza ed alla materna tenerezza con cui sa manifestare il Suo Amore, incarnandolo innanzitutto appunto, mediante gesti e vocaboli, benedicenti, ricchi di significato e capaci di guarire e trasfigurare il cuore.
La giovane donna di Galilea si offre, insomma, come un concreto modello educativo positivo e propositivo a cui ispirarsi con fiducia, contando sul Suo stesso aiuto per realizzare quello che Lei ha saputo vivere e vive in ogni relazione che possiamo avere con Lei. Ma cosa dice Maria ai giovani, mediante le sue autenticamente materne, dunque generative, generanti Parole di Vita impresse nella Parola di Dio?
(Prima Parte)
La diocesi di Arezzo-Cortrona-SanSepolcro in festa per la Madonna del Conforto

Grande festa ad Arezzo per la solennità della Madonna del Conforto, caratterizzata da una processione ininterrotta di migliaia di fedeli che sin dalle prime ore del mattino e alla tarda notte hanno affollato la Cattedrale di Arezzo.
La messa pontificale è stata presieduta da mons. Mario Delpini, arcivescovo metropolita di Milano, ed è stata concelebrata dal card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo emerito di Perugia-Città della Pieve, dal card. Giuseppe Betori, arcivescovo metropolita di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana, oltre che al vescovo diocesano mons. Andrea Migliavacca, da mons. Franco Agostinelli, emerito di Prato, da mons. Rodolfo Cetoloni, emerito di Grosseto, da mons. Roberto Filippini, emerito di Pescia, da mons. Riccardo Fontana, emerito di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, da mons. Luciano Giovannetti, emerito di Fiesole, e da mons. Stefano Manetti, vescovo di Fiesole.
Presente anche il card. Ernest Simoni, della Diaconia di Santa Maria della Scala: “Oggi mi permetto di salutare in modo speciale un martire vivente, il cardinale Simoni” è stato il saluto speciale con cui Papa Francesco si è rivolto al porporato, prima di abbracciarlo fraternamente al termine dell’udienza di ieri, 14 febbraio, Mercoledì delle Ceneri.
Nell’omelia mons. Mario Delpini ha sottolineato l’incapacità di fare festa insieme: “Nel paese delle feste fallite i preparativi si svolgono in un clima di grande entusiasmo, si esercitano molte competenze, si dispone di molte risorse, si ascoltano consigli di organizzatori competenti. Poi viene il momento della festa e la festa finisce in un fallimento.
Ne seguono amarezza, risentimenti, sensi di colpa e accuse reciproche. Nel paese delle feste fallite c’è sempre un vino che viene a mancare al momento in cui è più necessario, che la festa sia un matrimonio che si frantuma, una carriera che si spezza, un amore che delude. Ecco da dove veniamo, dal paese delle feste fallite”.
Per fortuna che alla festa è stata invitata anche la Madonna, che dà sicurezza per vivere la felicità: “Non coltivate la presunzione di essere capaci di preparare la festa perfetta. La gioia, la gioia vera, la felicità necessaria per rendere bella la vita, non si produce sulla terra, nessun preparativo basta per procurarla, nessuna pretesa può ottenerla, nessuna ricchezza può comprarla.
Chiedete che le vostre feste siano preparate dal Padre che vi ama. Accogliete l’invito del Signore, lasciate che sia lui a preparare il banchetto regale, la festa che non fallisce. Lasciatevi amare dal Padre che vuole rendervi partecipi della sua gioia”.
Ed invita ad ascoltare Gesù: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela! Seguite Gesù, percorrete la sua vita, voi che abitate il paese delle feste fallite. Seguite Gesù fino alla fine, fino al suo fallimento, fino alla prova suprema, fino all’abisso degli inferi. Nella morte scandalosa di Gesù immergete le vostre feste fallite per riconoscere che se moriamo con lui, con lui anche rivivremo.
I nostri fallimenti possono essere come il momento per ascoltare chi bussa alla nostra porta e desidera entrare per stare con noi e per farsi riconoscere allo spezzare del pane. I nostri fallimenti, cioè quando tace la musica assordante, quando finiscono le risate chiassose, quando la disperazione spegne l’euforia e l’ebbrezza del godimento, forse allora si può ascoltare chi bussa discretamente, pazientemente, ostinatamente alla porta per entrare e per rivelarci la via della gioia”.
Ecco l’amorevole invito a seguire la parola di Gesù e imitare il suo esempio: “Come lui è venuto in mezzo a noi non per essere servito, ma per servire, voi mettetevi a servizio, lavate io piedi gli uni agli altri, lasciatevi invadere dalla compassione per la gente smarrita, la gente ferita, la gente disperata e annunciate la buona notizia, l’evangelo della salvezza.
Mettetevi a servizio, versate olio sulle piaghe, spezzate il pane con l’affamato. Non pensate alla vostra festa, ma alla festa degli altri. Vedrete moltiplicarsi la gioia se vi prenderete cura della gioia degli altri. Ecco dunque il messaggio della Madonna del Conforto: Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”
Nel saluto iniziale il vescovo diocesano, mons. Andrea Migliavacca ha chiesto ai fedeli di rivolgersi alla Madre di Dio nei momenti della necessità: “Siamo qui per la festa della Madonna del Conforto. Mi pare di sentire che lei per prima ci aspettava per accogliere tutte le nostre domande, le nostre preghiere, le nostre attese, ascoltando anche angosce e preoccupazioni, attese e speranza.
Lei, la Madre, sa ascoltare e custodire nel cuore. Lei potrà portare a Gesù le nostre preghiere. Lei potrà donare a tutti noi, alla nostra città di Arezzo e a tutta la diocesi aretina, cortonese, biturgense il conforto di cui abbiamo bisogno”.
Mentre nella messa solenne il vescovo di Arezzo ha pregato per la pace: “Oggi in tanti siamo qui, tanti verranno a venerare e pregare Maria e vogliamo portare qui non solo le preghiere nostre, ma quelle di tutto il mondo e soprattutto la preghiera di chi più soffre e di chi invoca il dono della pace per tutta la terra e soprattutto per la martoriata Ucraina e per la Palestina e Israele.
Siamo qui per la festa della Madonna del Conforto. Mi pare di sentire che lei per prima ci aspettava per accogliere tutte le nostre domande, le nostre preghiere, le nostre attese, ascoltando anche angosce e preoccupazioni, attese e speranza. Lei, la Madre, sa ascoltare e custodire nel cuore. Lei potrà portare a Gesù le nostre preghiere. Lei potrà donare a tutti noi, alla nostra città di Arezzo e a tutta la diocesi aretina, cortonese, biturgense il conforto di cui abbiamo bisogno”.
Ha concluso l’omelia affermando che la preghiera è un atto di affidamento: “La partecipazione dei fedeli alla festa è il segno che la gente lo sa e si accorge dello sguardo di protezione di Maria, alla quale oggi ci affidiamo nuovamente. Non possiamo misurare la fede e la devozione delle persone, ma certamente colgo e sento, anche nel dialogo con la gente, che l’andare a pregare la Madonna del Conforto non è solo un atto devozionale, ma un andare con il cuore, verità, autenticità e desiderio di affidamento. Sono ammirato e grato al Signore per la preghiera che la nostra gente vive in questa giornata”.
(Foto: diocesi di Arezzo-Cortona-SanSepolcro)
Papa Francesco: la Madonna è tempio di Dio

“Seguo con viva preoccupazione quanto sta avvenendo in Nicaragua, dove Vescovi e sacerdoti sono stati privati della libertà. Esprimo ad essi, alle loro famiglie e all’intera Chiesa nel Paese la mia vicinanza nella preghiera. Alla preghiera insistente invito pure tutti voi qui presenti e tutto il Popolo di Dio, mentre auspico che si cerchi sempre il cammino del dialogo per superare le difficoltà. Preghiamo per il Nicaragua oggi”.
Papa Francesco: ringraziare per la speranza

“La fede ci permette di vivere quest’ora in modo diverso rispetto a una mentalità mondana. La fede in Gesù Cristo, Dio incarnato, nato dalla Vergine Maria, dona un modo nuovo di sentire il tempo e la vita. Lo riassumerei in due parole: gratitudine e speranza”: con queste parole papa Francesco ha iniziato la riflessione per la fine dell’anno civile nella meditazione dei primi vespri della Solennità di Maria Madre di Dio con il canto del Te Deum nella basilica di San Pietro.
E’ una meditazione incentrata sul significato cristiano di speranza, che si basa sulla relazione: “Forse può sembrare che sia così, e magari lo fosse! Ma, in realtà, la gratitudine mondana, la speranza mondana sono apparenti; mancano della dimensione essenziale che è quella della relazione con l’Altro e con gli altri, con Dio e con i fratelli. Sono appiattite sull’io, sui suoi interessi, e così hanno il fiato corto, non vanno oltre la soddisfazione e l’ottimismo”.
Una relazione improntata sullo stupore e non sull’ottimismo: “Invece in questa Liturgia si respira tutta un’altra atmosfera: quella della lode, dello stupore, della riconoscenza. E ciò accade non per la maestosità della Basilica, non per le luci e per i canti (queste cose ne sono piuttosto la conseguenza), ma per il Mistero che l’antifona al primo salmo ha espresso così: ‘Meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine;… ci dona la sua divinità’. Questo meraviglioso scambio!”
E la prima impressione è quella della gratitudine di una Madre per un Figlio: “E’ un’esperienza che solo una mamma può fare, e che tuttavia in lei, nella Madre di Dio, ha una profondità unica, incomparabile. Maria sa, lei sola insieme a Giuseppe, da dove viene quel Bambino. Eppure è lì, respira, piange, ha bisogno di mangiare, di essere coperto, accudito. Il Mistero dà spazio alla gratitudine, che affiora nella contemplazione del dono, nella gratuità, mentre soffoca nell’ansia dell’avere e dell’apparire”.
Una gratitudine che si apre alla speranza: “La Chiesa impara dalla Vergine Madre la gratitudine. E impara anche la speranza. Viene da pensare che Dio abbia scelto lei, Maria di Nazaret, perché nel suo cuore ha visto rispecchiata la propria speranza. Quella che Lui stesso aveva infuso in lei con il suo Spirito. Maria è da sempre colmata di amore, colmata di grazia, e per questo è anche colmata di fiducia e di speranza”.
Tale gratitudine è occasione per volgere lo sguardo al Giubileo: “Cari fratelli e sorelle, possiamo chiederci: Roma si sta preparando a diventare nell’Anno Santo ‘città della speranza’? Tutti sappiamo che da tempo è in atto l’organizzazione del Giubileo. Ma comprendiamo bene che, nella prospettiva che qui assumiamo, non si tratta principalmente di questo; si tratta piuttosto della testimonianza della comunità ecclesiale e civile; testimonianza che, più che negli eventi, consiste nello stile di vita, nella qualità etica e spirituale della convivenza. E allora la domanda si può formulare così: stiamo operando, ciascuno nel proprio ambito, affinché questa città sia segno di speranza per chi vi abita e per quanti la visitano?”
E’ un invito a prepararsi al Giubileo del 2025 con la preghiera, secondo l’insegnamento della Madre di Dio: “Cari fratelli e sorelle, un pellegrinaggio, specialmente se impegnativo, richiede una buona preparazione. Per questo l’anno prossimo, che precede il Giubileo, è dedicato alla preghiera. Tutto un anno dedicato alla preghiera.
E quale maestra migliore potremmo avere della nostra Santa Madre? Mettiamoci alla sua scuola: impariamo da lei a vivere ogni giorno, ogni momento, ogni occupazione con lo sguardo interiore rivolto a Gesù. Gioie e dolori, soddisfazioni e problemi. Tutto alla presenza e con la grazia di Gesù, il Signore. Tutto con gratitudine e speranza”.
Quindi la preghiera apre allo stupore, come aveva sottolineato prima della recita dell’Angelus della festa della Santa Famiglia il papa: “La capacità di stupore è un segreto per andare avanti bene in famiglia. Non abituarsi all’ordinarietà delle cose. Sapersi anzitutto stupire di Dio, che ci accompagna. E poi, stupirsi in famiglia. Penso che è bene nella coppia sapersi stupire del proprio coniuge, ad esempio prendendolo per mano e guardandolo negli occhi alla sera per qualche istante, con tenerezza: lo stupore ti porta alla tenerezza, sempre”.
Lo stupore dovuto alla bellezza del matrimonio: “E’ bella la tenerezza nel matrimonio. E poi stupirsi del miracolo della vita, dei figli, trovando il tempo per giocare con loro e per ascoltarli… E’ una bella paternità e maternità, questa. E poi, stupirsi della saggezza dei nonni. Tante volte, noi i nonni li tiriamo fuori dalla vita. No, i nonni sono fonti di saggezza. Impariamo a stupirci della saggezza dei nonni, della loro storia. I nonni che riportano la vita all’essenziale.
E stupirsi, infine, della propria storia d’amore – ognuno di noi ha la propria: il Signore ci ha fatto camminare con amore, stupirsi di questo. La nostra vita ha sicuramente degli aspetti negativi, ma stupirsi anche della bontà di Dio di camminare con noi, anche se noi siamo così inesperti”.
(Foto: Santa Sede)
Sola in ospedale a partorire figlio morto: ‘il marito non può stare’, ma se il bimbo nasceva vivo sì. Perché?

Erano le 8.30 di mattina, quando la porta del reparto maternità si è chiusa dietro di me. Mio marito fuori, io sola in una stanza vuota, affianco le stanze delle neomamme, con i loro piccoli appena nati che piangevano. Il mio cuore era spezzato. Per la terza, avevo subito un aborto spontaneo. Non all’inizio della gravidanza, in questo caso, ma al quarto mese, quando il pericolo di abortività doveva essere molto minore.
I santi della porta accanto raccontati da Cecilia Galatolo: Nella Zulian Mariani

Spesso diventare genitori significa trovare il coraggio di rispondere alle domande più scomode: è quello che scopre Alessandro, il protagonista del nuovo romanzo, ‘Cara Nella, i tuoi figli sono dodici’ di Cecilia Galatolo, quando, sul punto di mettere a letto i propri figli in una sera come tante, si troverà a dover rispondere a una domanda che rievoca in lui ricordi spiacevoli: ‘Anche chi ha commesso un crimine finisce in paradiso?’