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Italiani nel mondo: non dimenticare la migrazione italiana

“Non ci dobbiamo dimenticare dei volti dei migranti, sia quelli che arrivano nel nostro Paese sia i vostri, quelli dei tanti italiani che sono partiti o che stanno partendo. Ecco perché relegare la questione migrazione al tema dell’irregolarità o della clandestinità, applicando leggi disumane e facendo accordi con Paesi terzi per bloccare i flussi, serve solo per deumanizzare e non vedere che dietro il fenomeno migratorio ci sono persone in carne e ossa con le loro speranze”: così Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli, ha esordito per presentare, giovedì 17 marzo, il Rapporto Italiani nel Mondo 2024 (RIM), realizzato dalla Fondazione Migrantes, a New York, nella Saint Patrick’s Old Cathedral School.
Durante l’incontro il presidente delle Acli ha evidenziato che non bisogna dimenticare l’emigrazione italiana: “In questo modo rischiamo anche di deumanizzare noi stessi, come se fossimo senza memoria e avessimo dimenticato l’emigrazione italiana, con le fatiche e le umiliazioni subite dai nostri connazionali. L’antidoto oggi è gestire il fenomeno migratorio, quindi accogliere e integrare con diritti e doveri, per creare responsabilità e accettare il contributo che ciascuno può portare”.
Inoltre ha esortato gli italiani all’estero ad aiutare gli italiani a non dimenticare la propria storia: “Vorrei poi sottolineare un punto molto importante, e cioè che noi siamo cittadini europei di nazionalità italiana e vogliamo rivendicare la nostra appartenenza a un modello di pace, convivenza e sviluppo sociale che ha accompagnato le nostre generazioni, compiendo un sogno che sembrava impossibile: far vivere in pace, sviluppo e libertà popolazioni che si sono odiate per secoli. Quello è il modello di cittadinanza che vorremmo per il mondo. Agli oltre 6.000.000 di italiani all’estero dico: non dimenticateci. Aiutateci a leggere i nostri contesti, esercitate i vostri diritti e doveri. Avete il diritto di voto: la vostra partecipazione alla vita del nostro Paese è troppo importante per perderla”.
Secondo il Rapporto ‘Italiani nel mondo’ 2024 il 23,2% di chi è all’estero ha tra i 35 e i 49 anni, mentre il 21,7% appartiene alla fascia di età 18-34 anni. Ma nello stesso tempo esiste anche una certa mobilità degli over 50 definita come ‘mobilità previdenziale’, dimostrata in particolare dal fatto che gli over 65 sono aumentati del 12,9%.
Inoltre dal 2020 a oggi, l’Italia conta circa 652.000 residenti in meno, mentre gli italiani residenti all’estero sono oltre 6.000.000. Secondo il ministero dell’Interno, invece, per quanto riguarda gli sbarchi dei migranti in Italia, tra 2020 e 2024, si è raggiunta la cifra di poco superiore a 430.000 persone.
Cifre confermate da Delfina Licata, curatrice del RIM, che ha sottolineato il lungo tempo trascorso per presentare questo rapporto in America: “Nel frattempo i connazionali all’estero sono raddoppiati e in America sono cresciuti di oltre il 70%. Un’America e una New York profondamente cambiate da quel lontano 2006, anno della prima pubblicazione del Rapporto che la Fondazione Migrantes dedica alla mobilità italiana.
Oggi siamo diventati una nazione dalle migrazioni plurime e complesse, pienamente protagonisti del cosmopolitismo e della circolazione europea, ma che soffre per una migrazione malata perché unidirezionale. Il lavoro da compiere è quello di guarire il processo migratorio trasformandolo da unidirezionale a circolare, unendo le partenze agli arrivi e ai ritorni. E questo lavoro è innanzitutto culturale. Ma dalla guarigione della ferita migratoria, che vede esaltare la perdita e non l’opportunità, occorre passare alle azioni concrete”.
Mentre Matteo Bracciali, membro della commissione scientifica del Rapporto Italiani nel Mondo e vicepresidente della Federazione delle Acli Internazionali, si è concentrato sul capitolo dedicato alla cittadinanza: “I numerosi saggi del Rapporto sul tema della cittadinanza, messa a confronto in molti Paesi del mondo, restituiscono una narrazione positiva fatta di persone che vogliono entrare a far parte di una comunità per condividerne i valori, goderne i diritti e ottemperare ai doveri.
Questi elementi devono essere alla base della riforma della legge sulla cittadinanza, che dopo 33 anni ha bisogno di essere aggiornata al contesto sociale di oggi per dare risposta ai ragazzi nati e cresciuti in Italia che chiedono di essere italiani e per rendere responsabili e consapevoli le nuove generazioni di italiani nel mondo”.
La chiusura dei lavori è stata affidata a mons. Gian Carlo Perego che ha sottolineato l’importanza della cittadinanza, quale occasione di rigenerazione dei territori: “Il nostro Paese ha bisogno di aprirsi a chi desidera una vita migliore per creare generatività nel tessuto sociale e non di chiudersi provocando la morte di territori e comunità.
Il nostro Paese ha bisogno di una nuova lettura della propria storia di Paese di migrazioni in arrivo e in partenza che non è una sola storia di povertà ma è soprattutto un presente di sacrificio e riuscita, di comunità come quella intorno a Saint Patrick, giovane e dinamica, con il desiderio di stare insieme e riconoscersi in una italianità che viene sicuramente plasmata dalla migrazione, ma che non si allontana dall’affetto delle radici ben salde.
Il nostro Paese ha bisogno di fare memoria con il volto proiettato non verso le spalle, ma davanti a sé per costruire un futuro in mobilità, partecipativo e partecipato nell’epoca delle migrazioni. Il nostro Paese ha, infine, bisogno di una cultura nuova che parta dallo studio rigoroso del presente che dall’analisi dei dati scientifici ci porti alla narrazione del chi siamo, volti e storie di un popolo in cammino”.
(Foto: Acli)
Censis: italiani catastrofisti

“Alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza. La società italiana sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti”.
1 italiano su 3 non può permettersi di andare in vacanza
Italiani più poveri e impauriti

Il 56^ Rapporto sulla situazione sociale del Paese, presentato nelle scorse settimane dal Censis, fotografa un’Italia che vive in uno ‘stato di latenza, post-populista e malinconica’, con una scuola e un’università senza studenti, una sanità senza medici e infermieri e soprattutto con il 61% degli italiani che teme possa scoppiare il terzo conflitto mondiale, paventa il ricorso alla bomba atomica (59%) e ha paura che si entri in guerra (58%), come ha spiegato Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis:
In aumento gli italiani che espatriano

L’Italia fuori dall’Italia è ufficialmente stabile, ma il ‘Rapporto italiani nel mondo’ 2022 della Fondazione Migrantes racconta un Paese diverso e dinamico: al 1° gennaio i cittadini italiani iscritti all’Aire sono 5.800.000, il 9,8% dei 58.900.000 di italiani residenti in Italia. Di questi il 48% è donna (2.800.000 circa in valore assoluto). Ma mentre l’Italia ha perso in un anno lo 0,5% di popolazione residente (1,1% dal 2020), all’estero è cresciuta negli ultimi 12 mesi del 2,7%, che diventa il 5,8% dal 2020.
Rapporto Italiani nel mondo: il Covid non ferma la fuga dall’Italia

“La Comunità di italo-discendenti nel mondo viene stimata in circa 80.000.000 di persone, cui si aggiungono gli oltre 6.000.000 di cittadini italiani residenti all’estero. La portata umana, culturale e professionale di questa presenza è di valore inestimabile nell’ambito di quel soft-power che consente di collocare il nostro Paese tra quelli il cui modello di vita gode di maggior attrazione e considerazione”.