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Giuseppe Contaldo: ‘Lo Spirito Santo guida il cammino’

Come ogni anno il Comitato nazionale di servizio del Rinnovamento nello Spirito propone un weekend formativo, da svolgersi nelle regioni, tra giugno e settembre, allo scopo di formare quanti più aderenti è possibile alla missione evangelizzatrice cui è chiamato il Rinnovamento nello Spirito: “Per questo motivo i destinatari particolari di questi eventi saranno gli ‘effusionati’ dei nostri cenacoli, gruppi e comunità che sentono la chiamata missionaria, ribaditaci ancora recentemente da papa Francesco, e non i membri di pastorale per i quali si è appena concluso l’evento formativo loro dedicato.

Il tema generale ci è dettato dai recenti incontri con il Santo Padre che fin dall’udienza concessa al presidente Giuseppe Contaldo, ha ribadito la vocazione missionaria del Rinnovamento che deve essere corrente di grazia per la Chiesa e nella Chiesa. L’attenzione ai poveri, la comunione tra le realtà locali e con i Pastori della Chiesa, la diffusione dei Seminari di Vita nuova, costituiscono le priorità che papa Francesco ci ha consegnato e che si vorrebbe trasferire alle sorelle e ai fratelli dei nostri gruppi”.

Ed  a chiusura della 46ª Convocazione nazionale dei Cenacoli, Gruppi e Comunità del Rinnovamento nello Spirito, svoltosi a Rimini a fine aprile), il presidente nazionale, Giuseppe Contaldo, invitava a ‘non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo’, ponendo in evidenza come “le parole di Gesù comunicano l’ardente desiderio di Dio: darci il suo Spirito è la sua volontà, la sua gioia, la verità che ci insegna e ci ricorda ogni parola del Signore… Per noi credenti pregare e invocare lo Spirito Santo dovrebbe essere pane quotidiano, dovrebbe costituire un’abitudine stabile, come l’aria che respiriamo o l’acqua che beviamo: sarebbe la prova inconfutabile della nostra convinzione che senza di Lui non possiamo fare nulla”.

Partiamo proprio da questa riflessione per farci spiegare dal presidente nazionale il motivo per cui non bisogna avere paura lasciarsi guidare dallo Spirito: “Nel brano della Lettera ai Galati, San Paolo esorta i cristiani a camminare secondo lo Spirito Santo (cfr 5,16-25). C’è uno stile: camminare secondo lo Spirito Santo. In effetti, credere in Gesù significa seguirlo, andare dietro a Lui sulla sua strada, come hanno fatto i primi discepoli. E significa nello stesso tempo evitare la strada opposta, quella dell’egoismo, del cercare il proprio interesse, che l’Apostolo chiama ‘desiderio della carne’ (v. 16). Lo Spirito è la guida di questo cammino sulla via di Cristo, un cammino stupendo ma anche faticoso, che comincia nel Battesimo e dura per tutta la vita. Pensiamo a una lunga escursione in alta montagna: è affascinante, la meta ci attrae, ma richiede tanta fatica e tenacia.

Questa immagine può esserci utile per entrare nel merito delle parole dell’Apostolo: ‘camminare secondo lo Spirito’, ‘lasciarsi guidare’ da Lui. Sono espressioni che indicano un’azione, un movimento, un dinamismo che impedisce di fermarsi alle prime difficoltà, ma provoca a confidare nella forza che viene dall’alto. Percorrendo questo cammino, il cristiano acquista una visione positiva della vita. Ciò non significa che il male presente nel mondo sia come sparito, o che vengano meno gli impulsi negativi dell’egoismo e dell’orgoglio: vuol dire, piuttosto, credere che Dio è sempre più forte delle nostre resistenze e più grande dei nostri peccati. E questo è importante! Camminiamo dunque con gioia e con pazienza su questa strada, lasciandoci guidare dallo Spirito Santo”.

In quale modo la preghiera diventa azione?

“In un mondo che dà tanta importanza all’attività e all’attivismo, si tende a volte a opporre la preghiera all’azione, snaturando il significato e il senso della contemplazione: queste attività tuttavia non sono contrapposte, quanto assolutamente complementari. Anzi, una dipende dall’altra: la prima è la preghiera, poi viene l’azione, come risultato della preghiera.

Dall’unione con Dio, conseguenza della vera preghiera, deriva la forza soprannaturale che rende efficace l’azione apostolica. Se manca questa dimensione spiritualizzante, l’apostolato può diventare mero attivismo senza senso soprannaturale o semplice filantropia senza portata redentrice.

La via della preghiera porta necessariamente all’azione, e questa azione sarà più feconda quanto più è intensa la vita di preghiera. Vediamo allora come l’azione, per essere feconda, richieda il silenzio della preghiera, e quindi non si tratta di realtà contrapposte. E’ stato così con i santi. Anche Madre Teresa l’ha vissuto e l’ha insegnato, e lo stesso è accaduto a san Giovanni Paolo II, per il quale la preghiera deve essere sempre più il mezzo primo e fondamentale dell’azione missionaria della Chiesa, perché ‘la preghiera autentica, ben lunghi dal ripiegare l’uomo su se stesso o la Chiesa su se stessa, li dispone alla missione, al vero apostolato’”.

Quale ‘frutto’ può portare la canonizzazione della beata Elena Guerra?

“Considerando la vita della beata Elena è proprio il caso di ripetere: mirabile veramente, perché nella vita di questa religiosa presto santa si vede quanto le vie di Dio siano davvero diverse dalle nostre. Ma mirabile, soprattutto, perché in quell’intreccio di doti umane e soprannaturali così armoniosamente fuse nella sua persona, in quel succedersi di avvenimenti ora semplici ora grandiosi, si scorge come tutto converga al compimento di quella missione che da Dio fu a lei affidata: di essere cioè, nei nostri tempi, l’apostola della devozione allo Spirito Santo.

Nella sua vita spirituale, suor Elena Guerra dà la manifestazione più luminosa di quei frutti sovrabbondanti che lo Spirito del Signore effonde nelle anime docili alla Sua azione. Sono, questi, frutti di luce e di sapienza soprannaturale, per cui ella, fra la generale ammirazione sa scorgere con tanta chiarezza i bisogni della Chiesa nei tempi moderni. Sono frutti di fortezza, che fanno della beata Elena il tipo ideale della donna forte descritta dalla Sacra Scrittura, che Dio tante volte suscita nella sua Chiesa. Davanti alle dure esigenze della sua missione essa non indietreggia, le difficoltà e le ripulse non la scoraggiano, e non si arrende fino a quando non riesce a portare a termine il compito affidatole. Ma sono specialmente i frutti di carità che lo Spirito del Signore produce in lei.

Tutti avvertiamo, infine, il bisogno di una continuata effusione dello Spirito Santo, come di una nuova Pentecoste che rinnovi la faccia della terra. Solo il soffio animatore dello Spirito Santo può infiammare gli animi alla virtù e preservarli dal contagio della colpa. Anche nella nostra epoca, di fronte alle miserie che affliggono il mondo, molti sono scoraggiati, e rinunciano o sono tentati di rinunciare allo sforzo, o almeno di rallentarlo, solo il vigore dello Spirito Santo può sostenere i cristiani nelle lotte per il bene e far loro superare felicemente le contraddizioni e le difficoltà”.

A maggio si è aperto l’anno della preghiera, che condurrà all’Anno Santo: perché la preghiera è fondamento della vita del cristiano?

L’Anno della Preghiera corrisponde pienamente alla necessità non solo di preparare l’apertura dell’Anno Santo ma di vivere nelle proprie comunità «un evento che spiritualmente arricchisce la vita della Chiesa e dell’intero popolo di Dio» con lo spirito di attesa tipico della speranza cristiana. Pertanto, non si tratta di un Anno contraddistinto da particolari iniziative: piuttosto, di un momento privilegiato in cui riscoprire il valore e l’esigenza della preghiera quotidiana nella vita cristiana; come pregare, e, soprattutto, come educare a pregare oggi, nell’era della cultura digitale, in modo che la preghiera stessa possa essere efficace e feconda.

 Non possiamo nascondere che questi anni manifestano un profondo bisogno di spiritualità. Tanto si fa forte il grido della tecnica che sembra corrispondere a tutti i nostri desideri, tanto più diventa profonda la richiesta di una vera spiritualità che riporti ogni persona a incontrare se stessa nella verità della propria esistenza e, quindi, nel coerente rapporto con Dio. Sono tante le persone che pregano ogni giorno: forse, oserei dire che tutti pregano. Nessuna statistica riuscirebbe a rispondere con cifre e percentuali corrette a questo momento così intimo delle persone che vivono la pluriformità della preghiera come un momento del tutto personale.

Da chi compie velocemente il segno di croce fino a quanti partecipano all’Eucaristia quotidiana, esiste una così vasta gamma di modi di pregare che nessuno può descrivere compiutamente. Dalla preghiera veloce a quella distratta, da quella contemplativa a quella colma di lacrime per il dolore…

La preghiera non si lascia intrappolare in uno schema prefissato, perché è la relazione personale del credente con Dio stesso all’interno di quel rapporto intimo ed esclusivo che distingue la nostra fede.

L’Anno della Preghiera, pertanto, si inserisce in questo contesto per favorire il rapporto con il Signore e offrire momenti di genuino riposo spirituale. Un’oasi al riparo dallo stress quotidiano, dove la preghiera diventa nutrimento per la vita cristiana di fede, speranza e carità. L’espressione dei discepoli rivolta a Gesù, ‘Insegnaci a pregare’ (Lc 11, 1), è il motto di quest’anno, ed è già una preghiera che sorge dal profondo del cuore con il fine di essere esaudita”.

In quale modo il Rinnovamento nello Spirito contribuisce al cammino sinodale?

“L’indizione del Sinodo universale ha rappresentato per le Chiese in Italia, e quindi anche per il Rinnovamento nello Spirito Santo, l’occasione per dare seguito ad alcune indicazioni offerte da Papa Francesco negli ultimi anni. Già nel 2015, al Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, il Santo Padre parlò di ‘stile sinodale’, mentre nel 2019 tornò sul tema della sinodalità, raccomandando di avviare un processo ‘dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso’.

Il tutto ‘per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione’: è stata avviata una consultazione anche al di là del perimetro di coloro che si sentono membri dei Cenacoli, Gruppi e Comunità del RnS. Del cammino percorso finora si dà qui sinteticamente conto. Possiamo affermare che il coinvolgimento è stato ampio ed eterogeneo: dalle realtà locali nelle loro articolazioni (bambini, adolescenti, giovani, famiglie, anziani) e in tutte le loro componenti, con lo sforzo di raggiungere anche i mondi della politica, delle professioni, della scuola e dell’Università, fino ai luoghi della sofferenza e della cura, alle situazioni di solitudine e di emarginazione.

Non sono mancate incertezze e perplessità, soprattutto in fase iniziale, a rallentare il percorso, specialmente in una stagione segnata da ansie e smarrimento. In mezzo a queste crisi, come Movimento abbiamo cercato di superare individualismi, scetticismi e steccati, e ci siamo messo in ascolto. Il soffio dello Spirito ha riattivato la vita delle nostre realtà, a volte stanche e ripiegate su se stesse; ha aperto gli occhi e il cuore consentendo di vedere e riconoscere i ‘compagni di viaggio’. Diverse persone, talvolta confinate nell’invisibilità, sono state raggiunte dall’invito del Sinodo e coinvolte in un percorso di ascolto che le ha viste finalmente protagoniste.

Del resto, è apparso subito chiaro che non c’è nulla che sia estraneo alla vita della Chiesa e, quindi, che la Chiesa può essere davvero la casa di tutti. L’esperienza della conversazione spirituale che il Rinnovamento ha maturato negli anni ha aiutato poi a vivere meglio il processo sinodale: ascoltare la vita in tutte le sue stagioni ha permesso infatti di non impantanarsi in uno sterile confronto di idee, ma di favorire uno scambio autentico, in cui cogliere ‘i segni dei tempi’. Ripartire dall’ascolto dei vissuti ha consentito inoltre ai nostri Cenacoli, Gruppi e Comunità, talvolta arroccati su posizioni di rassegnazione, di scoprirsi invece capaci di accogliere e di amare.

Questa modalità ci ha aiutato a passare dall’ ‘io’ al ‘noi’, da una prospettiva individuale a una comunitaria: è stata così particolarmente apprezzata che da più parti si è sollevata la richiesta di mantenerla, approfondirla e valorizzarla come prassi ordinaria. Il processo sinodale ha poi aperto spazi e opportunità di ripensamento e di profonda riforma di queste dinamiche, a partire dalle sinergie che sono scaturite e dal gusto di lavorare insieme. Non si è semplicemente parlato di sinodalità, ma la si è vissuta, riscoprendo la corresponsabilità che viene dalla dignità battesimale quindi una Chiesa ‘tutta ministeriale’, che è comunione di carismi e ministeri diversi.

Infine, camminare insieme, come insegna Papa Francesco, è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito. Respiro e passo sinodale rivelano ciò che siamo e il dinamismo di comunione che anima le nostre decisioni. Solo in questo orizzonte, pertanto, possiamo rinnovare davvero la nostra vita e adeguarla alla missione della Chiesa nel mondo di oggi. Solo così possiamo affrontare la complessità di questa complessa stagione storica, riconoscenti per il percorso compiuto e decisi a continuarlo con parresìa.

La parresìa nello Spirito chiesta al popolo di Dio nel cammino sinodale è la fiducia, la franchezza e il coraggio di entrare nell’ampiezza dell’orizzonte di Dio per annunciare che nel mondo c’è un sacramento di unità, e perciò l’umanità non è destinata allo sbando e allo smarrimento. L’esperienza vissuta e perseverante della sinodalità è dunque per noi credenti fonte della gioia promessa da Gesù, fermento di vita nuova, pedana di lancio per una nuova fase di impegno missionario”.

(Tratto da Aci Stampa)

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