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Lorenzo Zardi: narrare le esperienze della cultura del ‘noi’
“Siamo qui per rinnovare la nostra fedeltà al Vangelo in questo cambiamento di epoca che ci chiede una creativa e lungimirante lettura dei segni dei tempi… I punti di riferimento essenziali per l’Ac si riscontrano nel magistero della Chiesa, nella storia e nell’oggi associativo, nella rinnovata capacità di ‘leggere i segni dei tempi’. Consapevoli che il momento storico presente mostra elementi di forte complessità. Quando pensiamo alla pace, alla democrazia, allo sviluppo integrale della persona e alla cura della casa comune, ai diritti umani e alle disuguaglianze: abbiamo però innanzi, allo stesso tempo, un periodo favorevole a costruire nuovi cammini di fede e nuovi percorsi di santità popolare”: così il presidente nazionale Ac, Giuseppe Notarstefano, ha chiuso i lavori del Convegno dei presidenti e assistenti unitari diocesani e delle delegazioni regionali di Azione Cattolica Italiana svoltosi nel penultimo fine settimana di ottobre a Sacrofano, vicino Roma.
A questo invito alla lettura dei ‘segni dei tempi’ ha risposto con convinzione il vicepresidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, Lorenzo Sardi, che ha ribadito l’impegno dei giovani nella custodia della vita democratica: “Vogliamo impegnarci a custodire la democrazia nella bellezza di un confronto paziente e a promuovere la partecipazione in ogni sua forma. Come Azione Cattolica siamo convinti della bellezza che può nascere dal contribuire a realizzare un Paese che vive nelle braccia aperte del confronto e dell’approfondimento, della discussione e della ricerca comune del bene.
Ci impegniamo a custodire la democrazia perché siamo profondamente convinti che il bene comune non sia altro che la ricerca comune del bene e che l’esperienza della democrazia, che noi sperimentiamo ed esercitiamo in associazione, scoprendone la fatica e la bellezza fin da adolescenti, insegna costantemente che non è vero che nessuno è indispensabile. Semmai è vero il contrario: tutti siamo indispensabili ma nessuno è la soluzione”.
In quale modo è possibile vivere da protagonisti nella complessità di questo tempo?
“Non con ricette preconfezionate, ma nella disponibilità a un cambio di rotta che parta dall’ascolto della vita e dalla fedeltà al Vangelo… Farsi coinvolgere vuol dire sicuramente farsi cambiare. E cambiare non è snaturare, ma servire meglio. Il nostro compito, come diceva Bachelet, è aiutare tutti i giovani ‘ad amare Dio e ad amare i fratelli’ mettendo al centro l’ascolto della vita. Farsi prossimi significa assumersi la responsabilità di non lasciare soli i giovani nel cammino verso il diventare adulti”.
Quali conseguenze ha la parola ‘noi’ nella società?
“In questo tempo su questa parola c’è bisogno di un investimento, che non significa porlo in contrapposizione con la parola ‘io’. Investire sul ‘noi’ significa, da un lato, dedicarsi ad un tempo di riflessione personale ed all’approfondimento culturale, sapendo fare un passo indietro nel confronto con la comunità. Tenendo insieme l’approfondimento culturale ed il confronto comunitario si può costruire una società, che vada oltre le polarizzazioni e riesca a riconoscere che la costruzione del bene comune è la ricerca comune del bene”.
Quali implicazioni ha nella cultura e nella fede questo pronome di prima persona plurale?
“Sempre più abbiamo bisogno di vivere esperienze comunitarie di fede, nelle quali possiamo condividere non solo dubbi ma anche esperienze di festa. Il cammino di fede non è un cammino per solitari, ma è sempre un cammino condiviso, che passa attraverso il convertirsi tramite le persone che ci pone accanto. Quindi in una società sempre più liberalista è liberante che nessuno ha verità ‘in tasca’ per risolvere i problemi del nostro tempo ed occorre, da un lato, l’approfondimento personale ed un riposo ‘contemplativo’; dall’altro, occorre far risuonare il riposo ‘contemplativo’ nella cassa di risonanza della comunità, che aiuta a trovare le armonie giuste attraverso suoni differenti, in modo da rendere il ‘mosaico’ della società interessante”.
Oggi la parola ‘comunità’ è stata sostituita dalla parola ‘comunity’: in quale modo è possibile non confondere il significato delle due parole?
“Abbiamo bisogno di comunità incarnate e non solo quelle digitali, oppure comunità all’interno delle quali abbiamo un solo pensiero. Questa è la comunity, un gruppo di persone tra uguali. La comunità, invece, permette l’ascolto delle voci differenti ed è fatta di volti e di relazioni”.
L’Azione Cattolica Italiana ha capacità di narrare la comunità?
“L’Azione Cattolica Italiana è una grande palestra di comunità, all’interno della quale si trova tante esperienze differenti e tanti cammini diversi, ma condivisi. Da sempre l’Azione Cattolica Italiana è attraente. Tutti dobbiamo crescere nella capacità di narrare meglio la bellezza di vivere in comunità. Nello stesso tempo ognuno di noi è nella comunità cristiana, perché ha incontrato una narrazione bella ed entusiasmante della comunità. Quindi l’Azione Cattolica ha la capacità di narrare”.
(Foto: Azione Cattolica Italiana)
La bellezza dei Cammini Lauretani nel racconto della prof.ssa Francesca Coltrinari
Dalla fine del 1500 la principale via verso Loreto è stata la ‘Via Lauretana’, che, costruita come strada commerciale e postale, collegava Roma al porto di Ancona, e si impose come percorso privilegiato anche per i pellegrini che intendevano testimoniare la fede, unendo in un unico percorso i tre centri spirituali della cristianità: Roma, Loreto ed Assisi. Con la Via Francigena e la Via Romea, la Via Lauretana era il maggior itinerario di fede in Italia.
La Via Lauretana (https://camminilauretani.eu) non era l’unica via per raggiungere Loreto; da nord a sud, da est ed ovest, si intrecciava un fitto reticolo di connessioni, deviazioni e percorsi alternativi: i ‘Cammini Lauretani’. Itinerari di fede come la Via di Jesi, la Via Clementina, la Via Aprutina, la Via di Visso-Macereto, il percorso da Loreto ad Ancona, oltre alle connessioni con le vie del pellegrinaggio internazionale (Via Francigena, Via Romea), formavano con la Via Lauretana una grande rete di itinerari regionali ed interregionali, unendo sotto il segno di Maria le innumerevoli bellezze d’arte e storia, di fede e di paesaggio.
Alla prof.ssa Francesca Coltrinari, docente di storia dell’arte all’università di Macerata, chiediamo di raccontarci questi ‘cammini lauretani: “I Cammini Lauretani sono un itinerario turistico-culturale che intende far rivivere l’esperienza del pellegrinaggio fra Roma e Loreto. Propone di percorrere la ‘via lauretana’ che univa le due città passando per Assisi. Nel tratto marchigiano erano documentati due itinerari: uno più antico che passava per Camerino-Castelraimondo- Sanseverino-Treia e poi lungo l’attuale strada Regina conduceva a Recanati e Loreto e la via postale che da Colfiorito si dirigeva poi verso Tolentino, Macerata, Recanati e Loreto”.
Per quale motivi i Cammini lauretani attraggono i pellegrini?
“Per molti motivi; i principali sono l’attrazione della reliquia di Loreto (la casa di Nazareth dove avvenne l’Annunciazione), la bellezza artistica e paesaggistica del percorso. In linea generale il turismo religioso attrae a molti livelli, tra cui c’è chi lo fa naturalmente per un’esperienza spirituale, oppure prettamente culturale o di gusto culinario. Essendo una storica dell’arte la mia attenzione si focalizza sulla parte storica ed artistica del percorso, caratterizzato da tante presenze di immagine lauretane, oppure di altri santi come a Tolentino con la presenza di san Nicola”.
Allora quali sono le opere d’arte che si possono trovare nei cammini lauretani?
“Molte, perché anche nei centri minori lungo il percorso ci sono opere d’arte significative, mentre gli stessi centri urbani che si incontrano sono opere esse stesse. Volendo sintetizzare, per il tratto marchigiano, si possono indicare Tolentino, con la basilica di san Nicola che conserva il cappellone, un ambiente affrescato nel 1325 circa da pittori della scuola di Giotto, come Pietro da Rimini, con le storie della vita di san Nicola; Macerata, con il suo centro urbano racchiuso nelle mura cinquecentesche perfettamente conservate, la torre dell’orologio del XVI secolo, ripristinato nel 2018 con un carosello di magi e il Palazzo Buonaccorsi; Recanati, con le opere di Lorenzo Lotto e la stessa Loreto, arricchita da capolavori dei maggiori artisti italiani che avevano lavorato anche per i papi, fra il 1400 ed il 1700”.
Esiste un rapporto tra l’Abbadia di Fiastra e Loreto?
“La storia dell’Abbadia di Fiastra inizia nel XIII secolo ed è un’abbazia benedettina, i cui monaci hanno bonificato queste zone, che erano paludose, rendendole fertili ed ha conservato fino ad oggi il rapporto con la natura che è evidente per chi visita. Dal punto di vista artistico si può ammirare la chiesa medievale. Nel XVI secolo l’abbazia fu ‘amministrata’ dai Gesuiti, che stavano anche a Loreto. Quindi, essendo tappa fondamentale nella via lauretana, si è creato un collegamento tra i due luoghi”.
Tanto famoso, il Santuario di Loreto, che nel XVI secolo fu visitato anche dai giapponesi: per quale motivo?
“Perché Loreto era riconosciuta come il secondo luogo santo d’Italia, dopo Roma, ed anche per il motivo per cui i giapponesi erano stati evangelizzati dai gesuiti, che a Loreto si erano stabiliti fin dal 1554, considerandolo ‘il secondo occhio’ della Sede apostolica”.
In quale modo gli artisti erano ‘attratti’ dai cammini lauretani?
“Loreto offriva l’opportunità di lavorare per committenti importanti (papi, principi, alti prelati) e garantiva che le opere fossero poi viste da moltissime persone che venivano da ogni parte del mondo. Alcuni erano attratti anche dal santuario per cui ritenevano il loro contributo artistico anche un atto religioso. Fra questi il pittore veneziano Lorenzo Lotto (1480-1556) che scelse di farsi ‘oblato’, quindi offrendosi e dedicandosi completamente alla santa casa, a cui lasciò i suoi dipinti e in cui morì”.
Quindi è un percorso che può interessare tutti?
“Sicuramente, perché mettere valore per un turista vuol dire creare qualità per chi ci vive, che può diventare turista del proprio territorio”.
Infine, nel Rinascimento quale importanza ebbe la produzione artistica di Tolentino, prima grande città marchigiana per chi giunge da Roma?
“Tolentino ebbe importanti figure di livello internazionale nel campo della cultura e della politica; le principali sono l’umanista Francesco Filelfo, attivo nelle maggiori corti del 1400, come quella di Milano, ed il condottiero Niccolò Maurizi, che combatté per la Repubblica di Firenze e mandò a Tolentino il portale scolpito della basilica di san Nicola. Nell’arte, importante il santuario di san Nicola che conservava il corpo del primo santo dell’ordine agostiniano e quindi divenne un punto di riferimento per tutto questo ordine religioso”.
((Tratto da Aci Stampa)
Alessandra Vitez presenta le mostre del Meeting: l’arte è sempre alla ricerca dell’essenziale
Ormai aperto il Meeting dell’Amicizia fra i Popoli, giunto alla 45^ edizione, in programma fino a domenica 25 agosto con il titolo ‘Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?’, caratterizzata da tavole rotonde, mostre, spettacoli, iniziative culturali, sportive e per ragazzi e trasmessa in diretta su più canali digitali e in più lingue, presentato dal presidente della Fondazione del Meeting, Bernhard Scholz:
“Essenziale è ciò che genera una vita piena, libera e responsabile e una vita sociale feconda e solidale… Contro i veleni dell’odio e del disprezzo, dei complottismi e delle estreme polarizzazioni, gli antidoti essenziali sono l’incontro, il dialogo e il confronto. A maggior ragione vogliamo realizzare di nuovo un Meeting che mette a tema le grandi sfide di questo momento storico in un clima di rispetto reciproco, attraverso uno scambio e una condivisione di esperienze e di conoscenze”.
Durante la presentazione degli avvenimenti il presidente della Fondazione ha sottolineato l’importanza culturale delle mostre nella ‘struttura’ del meeting: “Le mostre di questo Meeting sono un invito a riscoprire ciò che è essenziale, a prendere maggiore consapevolezza di ciò che rende la nostra vita più vera e più creativa, ciò che sostiene la nostra esistenza, soprattutto in questo momento di crescente conflittualità e di tante sfide decisive per il nostro futuro”.
I temi delle mostre saranno la storia dei giubilei in vista del Giubileo del 2025, l’opera del fotografo statunitense Curran Hatleberg, con 65 scatti originali, l’opera del pittore americano vissuto in Italia William Congdon (con un importante inedito) e l’opera letteraria dello scrittore svedese Pär Lagerkvist (premio Nobel 1951 per la Letteratura). Altre mostre presenteranno l’attualità di Alcide De Gasperi, la storia dei coniugi austriaci Franz e Franziska Jägerstätter (Franz, martire del nazismo, proclamato beato nel 2007 da papa Benedetto, oggetto anche del film ‘The Hidden Life’ di Terrence Malick) e la tregua di Natale sul fronte occidentale nel Natale del 1914 (raccontata nel 2005 dal film ‘Joyeux Noël’ di Christian Carion).
Un’altra mostra presenterà iniziative sociali nella società civile russa di oggi; di tema sociale anche altre due mostre, una sulla rinascita dei borghi italiani ed una sulla Fondazione Progetto Arca di Milano. Un’esposizione sarà dedicata alla vita del Servo di Dio Enzo Piccinini, medico modenese molto caro al pubblico del Meeting.
La mostra scientifica, a cura dell’Associazione Euresis, avrà a tema le speciali condizioni emerse nell’evoluzione dell’Universo che rendono possibile la vita sul nostro pianeta. La Terra Santa infine sarà al centro di un’esposizione sulle due basiliche della Trasfigurazione sul monte Tabor e del Getsemani, mentre la mostra sulla ‘Fuga in Egitto’ presenterà i luoghi dove è passata la Sacra Famiglia e che sono oggetto di una devozione che unisce cristiani e musulmani.
Per approfondire i temi di alcune mostre abbiamo intervistato la dott.ssa Alessandra Vitez, responsabile dell’ufficio Mostre del meeting, chiedendo il motivo per cui il Meeting pone tale domanda: “E’ una domanda provocatoria di cui abbiamo bisogno perchè ci costringe a non rifugiarci nella rassegnazione e indifferenza, nelle considerazioni ideologiche che ci rendono la vita priva di gusto.
Il Meeting pone questa domanda perchè desideriamo fare esperienza di una vita vissuta nello scoprire e riscoprire quella essenzialità che ci permette di affrontare la realtà così come si presenta. Non significa ridurre tutto ad una sintesi minima ma vivere una vita piena, feconda, e ricca della diversità di chi si incontra come un bene prezioso al proprio cammino umano”.
Per quale motivo per Congdon l’essenziale è visibile agli occhi?
“Rovesciare la famosa frase tratta del Piccolo Principe di Antoine de Saint–Exupéry (‘l’essenziale è invisibile agli occhi’) non è un gioco, è l’essenza della pittura di William Congdon, esponente dell’action painting di New York, uno dei più grandi artisti del ‘900. Dopo un lungo viaggiare e dipingere si stabilisce in Italia, prima a Venezia, poi ad Assisi ed infine a Gudo Gambaredo nella Bassa milanese, dove muore nel 1998. Per lui dipingere è una ‘avventura dello sguardo’ che arriva a cogliere l’essenza di ciò che si vede. Guai a dargli di pittore astratto; infatti egli dice di sé: Sono sempre partito da un oggetto concreto che colpisce il mio occhio… io dipingo quel che vedo e non come vedo”.
Invece, cosa offre ai visitatori la mostra sui Giubilei?
E’ una possibilità straordinaria di salvezza che arriva fino a toccare il cuore dell’esistere quotidiano nel mondo, è una grazia fuori dal comune, introdotta dal realismo umano della fede cristiana nella storia degli ultimi sette secoli: una grazia da mendicare, di cui rendersi degni con i gesti, i passi concreti, aderendo a dei segni visibili capaci di diventare un ponte di collegamento tra la terra e il cielo. Ci attende di nuovo al varco nel prossimo 2025”.
Ed allora in quale modo l’arte si confronta con i Giubilei?
“Le opere pittoriche svolgono la funzione di accompagnare il pellegrino che si avvicina al Giubileo perché le immagini veicolano gli sguardi, illuminano traiettorie, muovono domande. L’artista capta le vibrazioni che animano la sua epoca, si fa profetico interprete del mondo che lo circonda, senza mai smettere di ‘cercare’. Il ‘desiderio’, talvolta, diventa inquietudine e rovello. E possiamo cogliere un segno che rende evidente la meravigliosa capacità dell’uomo di trasformare l’esperienza in cultura, cultura che risponde alla grande domanda su che cosa voglia dire diventare vivi per davvero”.
Infine, per quale motivo il Meeting ha scelto le fotografie di Curran Hatleberg?
“Il mondo della fotografia ci interessa particolarmente e siamo sempre alla ricerca di una prospettiva originale da cui guardare attraverso l’obiettivo. E’ stato il nostro amico Luca Fiore, critico d’arte e giornalista, ad introdurci alla conoscenza di Hatleberg, che sarà con noi per tutta la settimana del Meeting.
Hatleberg ha frequentato la Florida per un paio d’anni, tornando a visitare le stesse famiglie incontrate casualmente per trascorrere del tempo con loro. Questo rapporto di prossimità gli ha permesso di entrare nel mondo di queste persone, di accedere ai loro momenti di intimità e di vulnerabilità.
Di loro non conosceva nulla, ma era curioso di entrare nella vita quotidiana; è incredibile come capiti che in situazioni davvero dure, dal punto di vista sociale e personale, dentro l’inquadratura appare qualcosa che apre ad una possibilità. La fotografia può diventare un’ottima scusa per far incontrare persone che appartengono a mondi diversi e dar loro l’opportunità di condividere qualcosa”.
(Tratto da Aci Stampa)
Mons. Mosciatti: la santità dà la carica per vivere nella realtà
“Uno degli inni liturgici della festa del nostro patrono san Cassiano così lo descrive: ‘Con zelo insegni ai giovani l’arte di scriver celere e con parole esplicite Cristo verace predichi’. Colpisce di Cassiano la caratteristica di un uomo che ha svolto con diligenza ed entusiasmo il proprio compito, avendo a cuore di insegnare un lavoro ai giovani, ma nello stesso tempo la presenza di Cristo nella sua vita lo ha reso annunciatore del significato del vivere, tanto da parlarne in maniera, dice l’inno, esplicita, chiara e verace” mons. Giovanni Mosciatti, vescovo di Imola, ha definito il patrono della città, san Cassiano come annunciatore di vita nella celebrazione per la festa del patrono.
E’ un tratteggio di una santità quotidiana: “Certamente Cassiano ha vissuto pienamente la sua esistenza nell’operosità e nella creatività del lavoro, ma nell’adesione a Gesù Cristo ha anche trasmesso il significato profondo di quel lavoro e un gusto di vita nuova”.
Quindi i santi vivono nella realtà: “Così è il cristiano: una persona attenta alla realtà e capace di declinare nella vita quotidiana la passione e il gusto per la vita che Gesù ha portato. Con Lui la vita acquista il suo pieno valore e diviene degna di essere vissuta, in ogni suo aspetto”.
Un paragone che potrebbe essere giusto anche per il tempo di oggi: “Oggi viviamo in un tempo secolarizzato e sembra che la proposta cristiana non susciti interesse, ma non è venuto meno il bisogno dell’uomo, il suo irriducibile desiderio di significato. Ce lo dice la nostra esperienza quotidiana.
rSe lasciamo parlare il cuore ci accorgiamo che veramente siamo definiti da un’inquietudine che si manifesta in mille modi. Siamo interconnessi digitalmente 24 ore su 24, ma ci si accorge di uomini e donne spesso sprofondati nella solitudine, con legami solo passeggeri ed evanescenti”.
Il cristianesimo non estranea la gente dalla realtà, perché esso è un avvenimento: “Ciò di cui abbiamo bisogno è però più vicino di quello che pensiamo. Così vicino da identificarsi in un pezzo di pane che possiamo mangiare, in una persona che possiamo abbracciare. Il cristianesimo continua ad accadere come un avvenimento presente…
Questa situazione presenta molte analogie con il paganesimo romano del II-III secolo dopo Cristo. I cristiani di allora non scommisero su una vittoria culturale o politica, rischiarono una testimonianza gratuita che si trasmetteva da persona a persona. In questo modo, in 300 anni, riuscirono a mutare il volto del più grande impero della storia. Così come ci testimonia Cassiano”.
La gente si convertì non per una teoria, ma per una presenza, come quella di san Cassiano nella terra imolese: “Non credettero perché Cristo diceva delle cose, non credettero perché fece miracoli, fino a risuscitare i morti. Tant’è che molti videro ma questa non cambiò la loro vita. Credettero per una presenza carica di proposta, per una presenza carica di significato.
La testimonianza di Cassiano è allora un invito per noi a lasciarci colpire da quello stesso avvenimento. Un invito a verificare se quella presenza carica di significato basta per vivere. Perciò il problema è davvero quello del riaccadere di esperienze di fede, personali e comunitarie, in modo che l’uomo di oggi possa incontrare, di nuovo, o per la prima volta, il cristianesimo. Possa sperimentare il fascino della realtà di Cristo nella vita, come duemila anni fa”.
L’omelia del vescovo imolese è un invito a non preoccuparsi dell’inadeguatezza della propria testimonianza: “La testimonianza è innanzitutto di Cristo in noi, attraverso il cambiamento che provoca nella nostra vita e a cui io acconsento liberamente… Abbiamo bisogno di qualcosa che non dipenda dalle nostre capacità o dai nostri progetti, ma che riaccada nella nostra vita ed allarghi la misura del nostro cuore”.
In fondo Cristo si è fatto uomo: “Perciò l’incontro con Cristo è l’imbattersi in una realtà umana diversa. Ti imbatti in una realtà umana che ha una differenza di vita che tu percepisci.
Cominciarono ad accorgersi di Cassiano e ad accusarlo dicendogli: ‘Tu sei diverso dagli altri, c’è qualcosa di diverso’. Ecco, l’incontro è l’imbattersi in una diversità, che ti attrae. E’ la modalità con cui Cristo si rende presente agli uomini. E ti attrae perché corrisponde di più al tuo cuore”.
(Foto: Diocesi di Imola)
Papa Francesco ai ministranti: Gesù è ‘con te’
“Piazza San Pietro è sempre bella, ma con voi è ancora più bella! Vielen Dank di essere venuti a Roma; forse per qualcuno di voi è la prima volta. Willkommen! Mi colpisce il tema del vostro pellegrinaggio: ‘Con te’. ‘Mit dir’. ‘With you’. ‘Avec toi’. Sapete perché mi colpisce? Perché dice tutto in due parole. E’ bellissimo, e lascia spazio alla ricerca, a trovare i significati possibili”: con tali parole ieri pomeriggio papa Francesco ha ricevuto in udienza in piazza San Pietro, i partecipanti al XIII Pellegrinaggio dell’Associazione Internazionale dei Ministranti fino al 3 agosto, sul tema: ‘Con te’.
Sono giovani di almeno 88 diocesi in rappresentanza di circa 20 nazionalità, tra cui: Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Slovacchia, Svizzera, Ucraina e Ungheria. Dopo un momento di preghiera, il papa ha espresso alcune impressioni sul titolo:
“Con te. E’ un’espressione che racchiude il mistero della nostra vita, il mistero dell’amore. Quando un essere umano viene concepito nel grembo, la mamma gli dice o le dice: ‘Non temere, io sono con te’. Ma misteriosamente anche la mamma sente che quella piccola creatura le dice, alla mamma: ‘Sono con te’. E questo, in modo diverso, vale anche per il papà! Pensando a voi, e adesso guardandovi, questo ‘con te’ si riempie di nuovi significati! Vorrei dirvi quelli che ho trovato più belli e importanti”.
Il titolo del convegno è un chiaro rimando alla celebrazione eucaristica, dove Gesù si manifesta: “La vostra esperienza di servizio nella Liturgia mi fa pensare che il primo soggetto, il protagonista di questo ‘con te’ è Dio. Gesù ha detto: ‘Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro’. E questo si realizza al massimo nella Messa, nell’Eucaristia: lì il ‘con te’ diventa presenza reale, presenza concreta di Dio nel Corpo e nel Sangue di Cristo”.
Tale ‘esperienza’ comunionale permette di fare esperienza di Gesù: “Il sacerdote vede accadere ogni giorno questo mistero tra le sue mani; e anche voi lo vedete, quando servite all’altare. E quando riceviamo la santa Comunione, possiamo sperimentare che Gesù è ‘con noi’ spiritualmente e fisicamente. Lui ti dice: ‘Io sono con te’, ma non a parole, lo dice in quel gesto, in quell’atto d’amore che è l’Eucaristia. E anche tu, nella Comunione, puoi dire al Signore Gesù: ‘Io sono con te’, non a parole, ma col tuo cuore e col tuo corpo, col tuo amore. Proprio grazie al fatto che Lui è con noi, anche noi possiamo essere veramente con Lui”.
In questo modo si realizza anche uno ‘scambio’ con il mondo: “Se tu ministrante custodisci nel tuo cuore e nella tua carne, come Maria, il mistero di Dio che è con te, allora diventi capace di essere con gli altri in modo nuovo. Anche tu (grazie a Gesù, sempre e solo grazie a Lui) anche tu puoi dire al prossimo ‘sono con te’, ma non a parole, ma nei fatti, con i gesti, con il cuore, con la vicinanza concreta (non dimenticate la vicinanza concreta) piangere con chi piange, gioire con chi gioisce, senza giudizi, senza pregiudizi, senza chiusure, senza esclusioni. Anche con te, che non mi sei simpatico; con te, che sei diverso da me; con te, che sei straniero; con te, da cui non mi sento capito; con te, che non vieni mai in chiesa; con te, che dici di non credere in Dio”.
(Foto: Santa Sede)
Caritas italiana racconta l’impegno volontario dei giovani
Nella prima settimana di giugno a Roma è stato presentato il secondo rapporto della Caritas italiana sul volontariato nel contesto dell’incontro dei referenti diocesani Caritas del volontariato; mentre nello scorso marzo era stato pubblicato il rapporto ‘Tutto è possibile. Il volontariato in Caritas’ con i dati dei volontari Caritas attivi nelle diocesi e nelle parrocchie italiane: 84.248 persone.
Dal Rapporto emerge che nello scorso anno sono 13.732 i giovani tra i 16 e i 34 anni che fanno volontariato in Caritas, nelle parrocchie e nei servizi diocesani. In maggioranza sono ragazze, hanno un titolo di studio medio-alto, in maggioranza hanno un lavoro. Non tutti si dichiarano cattolici e solo un terzo abbondante è impegnato a livello ecclesiale. Circa il 40 per cento dei giovani fa servizio anche in altre realtà associative e tre quarti di loro donano più di cinque ore settimanali.
Dall’indagine emerge che sono 13.732 i giovani tra i 16 e i 34 anni che fanno volontariato nelle Caritas, nelle parrocchie e nei servizi diocesani, in maggioranza donne (70,3%); il 38,5% hanno un titolo di studio medio-alto, di cui il 38,5% è laureato ed il 29,2% ha un titolo di scuola media superiore. Di questi non sono tutti studenti; infatti il 46,1% lavora ed il 38,5% studia, mentre il 12.3% è disoccupato.
L’83,1% si dichiara cattolico, ma solo il 38,5% ha altri impegni nella dimensione ecclesiale; ed il 73,8% dedica al volontariato più di 5 ore alla settimana. Inoltre il 40% fa volontariato anche presso altre realtà sociali, non solamente cattoliche, pubbliche e private. I giovani volontari sono entrati in contatto con la Caritas soprattutto perché frequentavano parrocchie o associazioni cattoliche (41,5%) oppure perché conoscevano personalmente operatori o responsabili di servizi (35,4%); il 25% di loro ha fatto il Servizio Civile o l’Anno di volontariato sociale.
Nel volume si parla anche delle varie proposte di volontariato di Caritas Italiana o sviluppate sui territori. 22 le diocesi coinvolte nell’analisi quantitativa, 421 i progetti di volontariato giovanile sostenuti nell’ambito del Progetto nazionale ‘Servizio. nonviolenza, cittadinanza’ (tra il 2006 e il 2023), 181 progetti di Anno di volontariato sociale, 240 le ‘Proposte diversificate’ in 97 Caritas diocesane. Il Servizio civile, dal 2001 (anno in cui fu istituito il Servizio civile nazionale su base volontaria), ha visto la partecipazione di circa 14mila volontari, in progetti in Italia e all’estero.
Il direttore della Caritas nazionale, don Marco Pagniello, ha sottolineato il valore del volontariato: “L’esperienza del volontariato in Caritas, in particolare va oltre il semplice fare: tocca l’anima, invitando i giovani a guardare oltre sé stessi per abbracciare una visione più ampia di solidarietà e fraternità universale, a partire dai più poveri. In questo modo, il volontariato diventa non solo un’opportunità di crescita personale, ma anche un mezzo per costruire una società più giusta e solidale”.
Ed ha raccontato l’esperienza del volontariato nella Caritas nel ricordo di mons. Nervo: “L’esperienza del volontariato in Caritas, in particolare, va oltre il semplice fare: tocca l’anima, invitando i giovani a guardare oltre sé stessi per abbracciare una visione più ampia di solidarietà e fraternità universale, a partire dai più poveri. In questo modo, il volontariato diventa non solo un’opportunità di crescita personale, ma anche un mezzo per costruire una società più giusta e solidale.
Questo rende giustizia ad una delle intuizioni di don Giovanni Nervo che, parlando dell’identità del volontario, affermava che ‘essere volontari significa portare nei servizi alla persona un supplemento d’anima’. Il volontariato giovanile è in grado di portare al servizio questo abbondante supplemento d’anima: i giovani, con il loro entusiasmo e la loro capacità empatica sono in grado di umanizzare i servizi, soprattutto laddove gli operatori appaiono schiacciati dal peso di una domanda sociale sempre più complessa e urgente”.
(Foto: Caritas Italiana)
Nessuna coppia è esente da tentazioni: dal romanzo ‘L’arte di rovinare i matrimoni’
Quando mi dicono che il Paradiso e l’Inferno non esistono, mi viene in mente che le persone, forse, non hanno occhi abbastanza aperti per vedere che queste due realtà sono già presenti qui, sulla Terra, in mezzo a noi. Ognuno, se ci pensa bene, avrà fatto esperienza di entrambi.
L’inferno è la solitudine, l’odio, il rancore, la non accettazione di sé e dell’altro, l’invidia, la miseria. Dove c’è la guerra, dove c’è la violenza, dove avvengono soprusi, stupri, umiliazioni, dagli atti di bullismo ai crimini più efferati… lì è già l’inferno. Come negare che un campo di concentramento è l’inferno in terra? Come negare che a Gaza, o in tutti quei paesi dove i bombardamenti sono all’ordine del giorno, non ci sia già l’inferno?
Se siamo cristiani, saremo consapevoli che è il diavolo – spirito di divisione e di distruzione – che si serve delle nostre membra per uccidere, per sterminare? Ed il Paradiso? Il Paradiso è pace, comunione, gioia, condivisione, unità. Chi non ha mai fatto esperienza di trovarsi così bene con qualcuno da pensare che il tempo si fosse fermato?
Il Paradiso è già qui, sul volto di due innamorati che si cercano e si rispettano, nel sorriso di un bambino che si sente al sicuro tra le braccia della mamma, nelle mani di un infermiere che cura una persona malata, nella quiete di una serata in allegria. Il Paradiso è già qui ogni volta che Gesù si dona sull’altare, ogni volta che ci perdoniamo, che facciamo anche un solo piccolo passo per far crescere il Regno di Dio.
Ho deciso di ambientare il mio romanzo ‘L’arte di rovinare i matrimoni. La missione di un giovane apprendista diavolo”(Mimep Docete, 2023) a tratti in Cielo, a tratti sulla Terra, a tratti all’Inferno, cercando di mostrare che Dio e il diavolo si sfidano qui, sulla terra. Il primo ci chiama a sé per condurci all’amore e alla pienezza, l’altro, il nemico, ci chiama sé per condurci alla disperazione.
La trama è fantasiosa (ovviamente, non esistono università all’inferno) ma le tematiche non lo sono affatto.
Protagonisti sono due diavoli che hanno lo scopo di distruggere una famiglia, così da poter ricevere finalmente un’agognata laurea. La narrazione serve a ricordare che ogni coppia è esposta a tentazioni e difficoltà. Quando una coppia decide di sposarsi deve avere bene in mente che la vita insieme sarà una corsa ad ostacoli e che la grazia del Sacramento nuziale aiuta proprio a vincere quelle tentazioni che il male ci metterà davanti. Perché le metterà: questa è una certezza matematica.
Chiara e Luca si amano, si amano davvero, ma dopo aver sperimentato il Paradiso in mezzo a loro, ecco arrivare il momento della prova. Ecco che il male sembra addirittura prendere il sopravvento.
Tutto, ad un certo punto, sembra finito tra di loro… Anche il lettore arriva a non vedere più soluzioni. Ricostruire quel rapporto, ormai, sembra impossibile… si sono fatti troppo male.
Luca e Chiara, però, hanno fede, una fede vera e genuina, assopita ma radicata. Capiranno, quindi, che l’amore può morire, sì, ma in Cristo risorge sempre. Il libro vuol mettere in luce tutte le fatiche che un matrimonio negli anni può dover affrontare e al tempo stesso mostrare che l’indissolubilità è un dono ricevuto il giorno delle nozze, dono da accogliere, perché possa fruttare.
Nel romanzo si vuol mostrare, inoltre, a tratti anche con ironia, che la famiglia è il contesto ideale per crescere nella santità. Amare Dio nell’altro, perdonare l’altro in Dio, accogliersi come Lui ci accoglie è possibile. Anche oggi, anche nel tuo matrimonio. Inizia da oggi!
Torna la festa degli oratori estivi di Roma a Zoomarine
Immancabile con l’arrivo dell’estate e la conclusione delle scuole, l’avvio in moltissime parrocchie di Roma degli oratori estivi, che stanno accogliendo, già da questa settimana, migliaia di bambini e ragazzi. Come tradizione, i gruppi si ritroveranno giovedì 20 giugno per la tradizionale Festa degli Oratori Estivi presso il parco divertimenti di Zoomarine alle porte di Roma per una giornata, affidata all’organizzazione del Centro Oratori Romani, all’insegna del divertimento, ma anche dell’incontro e della condivisione che contraddistingue sempre l’esperienza estiva degli oratori.
Gli oratori verranno accolti a partire dalle ore 9.30 dagli animatori e la Festa degli Oratori Estivi 2024 verrà inaugurata anche quest’anno ufficialmente dal Vescovo ausiliare del settore sud, don Dario Gervasi, che porterà il saluto a bambini, ragazzi e ai tanti animatori a servizio di questo appuntamento che da oltre 10 anni accompagna l’esperienza estiva delle parrocchie. All’interno del parco divertimenti bambini e animatori potranno godere di tante attrazioni, colorando con la loro presenza gioiosa ogni spazio disponibile, sperimentando anche in questa occasione la bellezza di sentirsi parte della grande famiglia dell’oratorio
A Roma moltissime parrocchie offrono ogni estate questa gioiosa proposta pastorale alle famiglie del territorio, accogliendo nelle varie zone della città, dal centro alla periferia, da nord a sud migliaia di bambini e ragazzi. La diocesi di Roma ha realizzato anche quest’anno il sussidio per l’estate dal titolo ‘L’Isola del Tesoro’ adottato da moltissime comunità con l’intento di proporre, in uno speciale cammino di crescita, un’avventura estiva capace di coinvolgere piccoli e grandi, nella ricerca di un tesoro per il quale valga la pena spendere tutte le energie a partire dai propri talenti.
I gruppi di animatori, in gran parte composti da adolescenti entusiasti, da settimane si stanno preparando per organizzare al meglio accoglienza e attività (tra giochi, catechesi, preghiera, laboratori ma anche tornei e gite) coadiuvati da giovani responsabili, adulti e sacerdoti, tutti a servizio di un progetto che sostiene le famiglie e regala ai più piccoli qualche settimana di gioia ed allegria. Il sussidio 2024, progetto del Servizio di Pastorale Giovanile diocesano e coordinato dal COR, è stato realizzato negli ultimi mesi da una ampia redazione con la partecipazione di ACR Roma, Agesci Regione Lazio e Anspi Roma, insieme a giovani animatori, e sacerdoti delle parrocchie romane. Tutti i materiali sono disponibili sul sito insieme al modulo per iscriversi alla festa del 20 giugno (https://www.oresroma.org/attivita/festa-ores ).
Caritas: la relazione del volontario è una risorsa
Si è svolta online martedì 19 marzo la presentazione del volume ‘Tutto è possibile. Il volontariato in Caritas: dati e riflessioni’, che riporta i dati dell’indagine condotta da Caritas Italiana nel 2023 sulla presenza del volontariato nei servizi e nelle opere Caritas, mediante un approccio quantitativo (mappatura della presenza del volontariato nel territorio) e qualitativo (analisi in profondità sul profilo sociale dei volontari), come ha sottolineato il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello:
“La ricerca ci ricorda le sfide che affronta oggi il volontariato: quella della qualità, che implica formazione continua e innovazione dei servizi, quella di creare reti e diffondere il valore della corresponsabilità e, non ultima, quella di favorire lo sviluppo e interagire con una realtà sociale, economica e culturale diversificata. Il valore del volontariato risiede, infatti, nel desiderio di stare con le persone e condividere quello spazio relazionale che aggiunge ricchezza ad ogni forma di impegno sociale. Non si tratta solo di lavorare per gli ultimi, ma di essere con gli ultimi, di farsi prossimi, compagni di viaggio e di vita”.
In base ai dati raccolti sul territorio nello scorso anno 2023, relativi ai volontari più stabilmente impegnati, si evidenzia la presenza di 84.248 volontari, di cui 22.275 nei servizi/opere di livello diocesano e 61.973 nella dimensione parrocchiale. La metà dei volontari è presente nelle regioni del Nord Italia (50,4%). Il 16,6% è attivo nel Centro, il 33% nel Mezzogiorno (Sud e Isole). La Regione con il più alto tasso di volontari sulla popolazione residente è l’Emilia-Romagna (in media 99 volontari per 100mila abitanti). Seguono le Marche e la Basilicata (90,5).
Un approfondimento su un campione di volontari restituisce l’identikit sociale del volontario Caritas in Italia: le persone anziane non sono la maggioranza assoluta: il 38,3% è ultra65enne, i giovani under 35 sono pari al 16,3%. I volontari hanno un titolo di studio medio-alto: il 77,4% ha almeno la maturità (il 34,2% è laureato). Sono prevalentemente pensionati (41,8%) e occupati (34,8%). Il 78,8% dei volontari Caritas si impegna per ‘essere utile agli altri, alla società’.
Al secondo posto spiccano le motivazioni legate all’esigenza di essere coerenti con la propria fede religiosa (49%). Poco rilevanti invece le motivazioni utilitaristiche (far carriera, ottenere crediti formativi, farsi strada in un nuovo ambiente di lavoro, ecc.), segnalate soltanto dal 2,8%. Il dato dimostra la forte componente di gratuità che caratterizza da sempre l’impegno volontario nel mondo della Caritas.
Il calcolo delle ore di volontariato dimostra un forte livello di impegno: poco meno di un volontario su quattro si impegna per più di 25 ore mensili. Ma ci sono persone che offrono piccoli spazi di tempo, anche di sole cinque ore mensili. Grazie a questo piccolo impegno è possibile assicurare l’apertura di servizi che altrimenti dovrebbero ridurre l’offerta o addirittura cessare di esistere. Il 38,5% dei volontari Caritas è contemporaneamente attivo in più servizi, gestiti anche da altri enti, pubblici o privati, non solamente di matrice ecclesiale.
L’indagine che Caritas Italiana ha condotto consegna interessanti provocazioni utili alla riflessione collettiva su questi temi e aggiunge elementi che ci consentono di delineare alcune sfide per il futuro, anche tenendo conto della presenza di problemi e fatiche. L’aspetto critico più rilevante per i volontari Caritas è quello della difficile gestione delle situazioni umane delle persone richiedenti aiuto (68,3% dei volontari). Seguono la scarsità delle risorse materiali a disposizione (49,5%) e la difficoltà a conciliare tempi di vita e tempi di impegno in Caritas (36,8%).
Nel complesso, a dispetto dei vari problemi segnalati, la quota dei volontari soddisfatti (del tutto o abbastanza) è decisamente maggioritaria: 95,8%. Solo un piccolo gruppo di volontari si dichiara insoddisfatto, e tra questi solamente lo 0,8% afferma di essere ‘del tutto insoddisfatto’. Il Rapporto Caritas contiene alcuni brevi saggi di riflessione ad opera di vari enti nazionali (Cei, CSVnet, Forum del Terzo Settore), sulle radici del volontariato e i recenti segnali di trasformazione, sul suo senso civile e pastorale, sui valori fondanti e la dimensione della cittadinanza attiva.
A conclusione del rapporto don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio Nazionale della Cei per la pastorale delle vocazioni, ha sottolineato la dimensione pastorale del volontariato nella Caritas: “Fare esperienza della carità di Dio e dell’amore gratuito è bagnarsi nella vita spirituale della quale, oggi, sentiamo amplificarsi la sete. Oggi molti uomini e donne (molti giovani, soprattutto) bramano un significato, un senso alla vita.
Diverse ricerche sociologiche lo confermano, ma è sufficiente aprire gli occhi e fare memoria di ogni volta che abbiamo acconsentito a quel movimento che dal Padre passa attraverso il Figlio e i gesti di uomini e donne che si sono presi cura di noi, nella benevolenza e nella misericordia. Senza saperlo ci hanno regalato il significato e la direzione indicandoci, nei loro gesti, la destinazione e il senso di tutto. Il Paradiso, la Gerusalemme celeste, è una città che raccoglie uomini e donne da tutta la storia e la geografia, nella quale rimane e cresce ciò che in questa vita è stato bagnato dalla carità, l’unica cosa che resta”.
Al via dal 13 al 17 marzo a Milano la prima edizione di SOUL. Festival di Spiritualità
Dall’alba alla sera, cinque giorni per fare esperienza dello straordinario nell’ordinario, con protagonisti d’eccezione dalla letteratura alla scienza, dalla filosofia alla musica, fino alla poesia: dal 13 al 17 marzo prende il via a Milano, in luoghi diversi della città, la prima edizione di SOUL. Festival di Spiritualità, promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’Arcidiocesi di Milano con il patrocinio del Comune di Milano. Tutti gli eventi sono gratuiti previa prenotazione al sito www.soulfestival.it.
Un programma sorprendente con cinquanta incontri e appuntamenti sui temi della spiritualità – fra lezioni e dialoghi, spettacoli e concerti, performance artistiche, laboratori esperienziali, momenti meditativi, attività per le scuole – proposti attraverso la visione di tradizioni spirituali e discipline differenti, e sviluppati attorno al filo conduttore di questa edizione ‘meraviglia, la vigilia di ogni cosa’ dal comitato curatoriale composto da Luca Bressan, Armando Buonaiuto, Valeria Cantoni Mamiani, Aurelio Mottola, con la partecipazione di un illustre comitato scientifico.
Il festival è reso possibile grazie ai Main Partner Intesa Sanpaolo e Humanitas University, al Partner CFMT – Centro di Formazione Management del Terziario, al contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione Rocca, e a Comieco, con la Media Partnership di Rai Cultura e TGR Rai.
Ad aprire la manifestazione sarà mercoledì 13 marzo la lecture di Alessandro Baricco ‘Tutto mi meraviglia’ nell’Aula Magna dell’Università Cattolica e, a concluderla, domenica 17 marzo Una voce come di bambino, dalle Confessioni di Sant’Agostino, con Massimo Popolizio, interprete tra i più stimati della scena teatrale e cinematografica, accompagnato nella Basilica di San Lorenzo Maggiore dai suggestivi canti della tradizione di Taizé.
Tra questi due momenti, un intenso alternarsi di appuntamenti e di interpreti capaci di interrogarsi e dialogare attorno alla spiritualità e alla meraviglia, offrendoci sguardi nuovi e inattesi. Ad ospitarli saranno luoghi significativi e ricchi di suggestione, grazie alla partecipazione di importanti istituzioni culturali, artistiche, educative, sociali, laiche e religiose della città, a partire dai Partner culturali del festival: Fondazione Corriere della Sera, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Memoriale della Shoah di Milano, Philo – Pratiche filosofiche, Piccolo Teatro di Milano, Triennale di Milano.
Ascoltare, pensare, dialogare, meditare, sperimentare: SOUL. Festival di Spiritualità è un progetto che mira a offrire occasioni di riflessione attorno all’ ‘umano che è comune’, colto nelle sue molteplici manifestazioni, in costante dialogo con diverse sensibilità culturali e tradizioni religiose.
Alla base dei cinque giorni, il desiderio di rispondere al passo febbrile della smart city con un’iniziativa che pone al centro la ricerca di significato che anima ogni essere umano, provando a suggerire altri ritmi e itinerari del pensiero, delle relazioni, dell’indagine interiore.
Dalla cena monastica al Refettorio Ambrosiano – una parentesi di sospensione e rarefazione per condividere cibo e ascolto con musiche e letture dal racconto Il pranzo di Babette di Karen Blixen – alle passeggiate di meraviglia e di stupore in diversi luoghi di Milano, fino all’incontro all’alba sulle terrazze del Duomo, guidato da mons. Mario Delpini, a ricordarci che ogni giorno è un nuovo inizio che la vita ci dona.
A ispirare riflessioni e momenti di confronto saranno, fra gli ospiti del festival, noti scrittori, filosofi, teologi e studiosi: al Piccolo Teatro Strehler Massimo Recalcati si sofferma sulla meraviglia suscitata dai miracoli di Gesù nei racconti evangelici; alla Basilica di San Nazaro in Brolo lo scrittore Alessandro D’Avenia propone una lezione sull’ambivalenza della parola ‘stupefacenti’; il Museo Diocesano accoglie la riflessione del filosofo e teologo Vito Mancuso sulla necessità per i manager di oggi di trovare stabili fondamenti nella frenesia e nella richiesta di performatività, oltre all’incontro ‘A occhi bendati sulla Terra’, che vede lo scrittore Paolo Giordano e il cardinale José Tolentino de Mendonça confrontarsi sull’incanto della natura e sulla sua custodia, che è custodia della nostra stessa vita.
Sempre al Museo Diocesano, Massimo Cacciari dedica una lezione a thauma, la meraviglia, che è all’origine della ricerca filosofica, mentre alla Triennale di Milano l’architetto e urbanista Stefano Boeri interviene sulla progettazione dei luoghi sacri a partire dalle esperienze dello studio di valorizzazione dello Stupa di Ramagrama, sito archeologico buddhista presso Lumbini, in Nepal, e della Abrahamic Family House progettata ad Abu Dhabi dall’architetto David Adjaye.
I mezzi di comunicazione sono dalle loro origini ‘macchine della meraviglia’, apparati di costruzione di esperienze di stupefazione e incanto, nel bene e nel male. Ne discutono alla Fondazione Feltrinelli il sociologo della comunicazione Fausto Colombo e lo storico dei media Massimo Scaglioni con la scrittrice e saggista Cristina Battocletti e Lodo Guenzi, musicista, attore di teatro e cinema e frontman del gruppo Lo Stato Sociale.
Nella Sagrestia di Santa Maria delle Grazie Claudia Baracchi e Gabriella Caramore alternano riflessioni e narrazioni, ripercorrendo le vite e il pensiero di Simone Weil e Pavel Florenskij, tra le figure più luminose del Novecento. Alla Biblioteca Pinacoteca Ambrosiana Romano Madera analizza la meraviglia in una lezione che spiega come a quest’esperienza ci si possa avvicinare con una disposizione psichica, dell’anima, che è tanto originaria quanto potenziale frutto di esercizio.
Ed ancora: perché è importante parlare di meraviglia quando il mondo è attraversato da conflitti tanto sanguinosi quanto irrisolvibili? Ne parla lo scrittore e poeta Tahar Ben Jelloun, in conversazione con Alessandro Zaccuri. Il tema del dolore è centrale anche nel dialogo fra Agnese Moro e Grazia Grena, partecipanti a percorsi di giustizia riparativa, insieme al criminologo Adolfo Ceretti e ai giuristi Gabrio Forti e Claudia Mazzucato alla Biblioteca Pinacoteca Ambrosiana, che riflettono sul peso della ‘catena del male’ e sulle aperture che possono nascere dagli incontri difficili.
Il biblista Luciano Manicardi e lo psichiatra Vittorio Lingiardi si confrontano invece su altre condizioni che possono offuscare l’esperienza del meraviglioso, come cinismo, disincanto, mancanza di curiosità e di desiderio, per indagare le radici di ciò che ci impedisce di sorprenderci.
Il Memoriale della Shoah ospita gli incontri La lettura infinita, lezione in cui Alfonso Arbib, rabbino capo della Comunità ebraica di Milano, si sofferma sulle scintille di meraviglia che scaturiscono dallo studio della Scrittura, e Shabbat, il tempo sospeso, dove Davide Assael, fondatore e presidente dell’associazione Lech Lechà, e il filosofo Silvano Petrosino riflettono sulla necessità di ritrovare anche nell’odierna società accelerata pause di sospensione, come accade nello Shabbat, ozio comandato che rallenta il quotidiano per vederne meglio la luce.
Prende le mosse dalle caratteristiche della società di oggi, in cui sembra che tutto possa essere valutato secondo criteri di convenienza o efficacia, anche il dialogo tra il monaco benedettino Michael Davide Semeraro e il monaco zen Carlo Tetsugen Serra che indagano, ognuno a partire dalle rispettive tradizioni, l’incalcolabilità dell’esperienza spirituale, estranea a ogni scala di misura.
La relazione con la scienza viene esplorata in diversi momenti del festival: la Fondazione Corriere della Sera ospita il dialogo Meravigliarsi ai tempi dell’AI: emozioni e tecnologia tra il docente di Psicologia della comunicazione Giuseppe Riva e il sacerdote ed esperto di nuove tecnologie Luca Peyron; nel campus di Humanitas University l’intervento della direttrice generale del CERN di Ginevra, Fabiola Gianotti, allarga i confini del festival oltre il circuito culturale milanese più tradizionale: si intratterrà sulla meraviglia dell’infinitamente piccolo nella fisica delle particelle elementari; al Piccolo Teatro Grassi l’immunologo Alberto Mantovani racconta l’esperienza del ricercatore scientifico, fatta di tentativi, fallimenti, attese e talvolta meravigliose scoperte a cui fa eco il preludio delle suite n.1 di Bach per violoncello.
Non potevano mancare al centro del palinsesto alcuni fra i maggiori capolavori artistici simbolo di Milano: nella Sagrestia di Santa Maria delle Grazie lo storico dell’arte Pietro Marani e la scrittrice Melania Mazzucco riflettono sulle reazioni del cuore umano davanti all’inatteso, soffermandosi sulla composizione dell’Ultima Cena di Leonardo, mentre al Castello Sforzesco il filologo e critico letterario Carlo Ossola e lo storico dell’arte Victor Stoichita dialogano sulla bellezza incompiuta davanti alla Pietà Rondanini di Michelangelo.
Il cartone della Scuola di Atene, capolavoro di Raffaello, viene esplorato nei suoi ricchissimi dettagli dalla storica dell’arte e direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta con Benedetta Spadaccini alla Pinacoteca Ambrosiana. Nell’incontro Oltrecolore alle Gallerie d’Italia – Milano, museo di Intesa Sanpaolo, il teologo gesuita Antonio Spadaro si sofferma sulle opere di quattro protagonisti dell’arte statunitense del Novecento – Edward Hopper, Mark Rothko, Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat – per i quali il colore sembra costituire una soglia dell’oltre.
Protagonista anche la musica, con il NeFesh Trio che ci porta nei racconti chassidici di Martin Buber al Memoriale della Shoah e con il concerto al buio nella Basilica di San Lorenzo Maggiore, dove il fisioterapista e musicoterapeuta Wolfgang Fasser, diventato cieco in giovane età, conduce il pubblico alla scoperta della meraviglia che si cela sotto l’oscurità, accompagnato dalle musiche del quartetto Shalom Klezmer di cui è parte.
Alla Fondazione Feltrinelli L’abîme des oiseaux, per clarinetto solo, dal Quatuor pour la fin du temps di Olivier Messiaen, composto nel lager nazista di Görlitz, contrappunta l’intervento del teologo e musicologo Pierangelo Sequeri e riapre la contemporaneità alla meraviglia della vibrazione creatrice della musica. Sarà presentato al Piccolo Teatro Grassi Naturale sconosciuto, rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri con la guida di Cesare Ronconi, nuova produzione a cura del Teatro Valdoca.
Numerose anche le visite guidate e i workshop, come quello con Maia Cornacchia che conduce le persone in due passeggiate dedicate alla meraviglia che sorge nell’attenzione aperta, quelli di fotografia dedicati agli studenti del Liceo Agnesi condotti dal fotografo Pietro Bologna, o ancora il workshop con l’analista filosofa Susanna Fresko, realizzato in collaborazione con Philo – Pratiche filosofiche, che si propone di far sperimentare attraverso pratiche ispirate all’esperienza dello Shabbat la grande valenza spirituale di questa pratica millenaria.
Attraverso i cinque giorni del festival, seguendo il tema di questa prima edizione – ‘meraviglia, la vigilia di ogni cosa’ – siamo invitati a vedere lo straordinario nell’ordinario, con un’attitudine nuova e accogliente. Se attraversassimo spazi e tempi del nostro quotidiano con sguardo aperto, saremmo infatti colpiti da quanto sia frequente intorno a noi ciò che eccede l’ovvio e il ripetitivo: qualcosa che anima i dettagli e illumina l’ordinario, sorprese grandi e piccole, grazie sacre e profane in cui gli automatismi dell’abitudine si interrompono e lasciano affiorare l’inatteso.
Si ringrazia il Comitato scientifico: Fausto Colombo, Claudia Mazzucato, Massimo Scaglioni, Silvano Petrosino, Giuseppe Lupo, Anna Maria Fellegara, Ivana Pais, Pierangelo Sequeri, Elena Granata, Francesco Castelli.
(Foto: Soul Festival)



























