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Con il ritorno nelle classi scolastiche torna anche la inquietudine adolescenziale

A fine giugno un report della Polizia ha evidenziato che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2023 e febbraio 2024, a Roma sono stati registrati ben 133 casi di aggressione fisica di non lieve entità, denunciati nelle scuole medie superiori: in tutti i casi, gli insegnanti coinvolti hanno dovuto recarsi in ospedale per farsi refertare, come ha riportato il sito ‘OrizzonteScuola’. Analizzando i 133 episodi, emerge un quadro complesso: ben 70 di questi atti di violenza sono stati commessi da studenti.
Partendo da questi dati ad inizio del nuovo anno scolastico abbiamo chiesto una riflessione sul disagio giovanile al prof. Tonino Cantelmi, medico-chirurgo, psichiatria e psicoterapeuta, componente del Comitato Nazionale per la Bioetica e consultore del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale: “Milioni di utenti, soprattutto i più giovani, sentono un irrefrenabile desiderio, un bisogno imperante di essere sempre connessi.
Come risulta evidente, anche le relazioni sociali si vedono compromesse da tale dinamica. Sebbene internet possa essere un fantastico strumento per facilitare i contatti con amici e familiari, presenta anche un aspetto negativo, come la creazione e il mantenimento di ‘vincoli liquidi’. Tali vincoli causano una sensazione di vuoto e malessere, provocando un forte impatto sull’autostima, in particolar modo tra gli adolescenti”.
Allora cosa sta avvenendo nei giovani?
“Già prima del Covid, in un libro dal titolo molto evocativo, ‘L’epoca delle passioni tristi’, Miguel Benasayag e Gerard Schmit, denunciavano l’inesorabile e crescente malessere dei nostri figli e la frattura con il mondo adulto. Oggi questa crisi è evidente: da un lato abbiamo ragazzi e adolescenti sempre più rabbiosi, oppositivi, autolesionisti e poveri di empatia e dall’altro abbiamo adulti e genitori adultescenti, cioè incapaci di contenere l’esplosività dei loro figli ed immersi in problemi adolescenziali non risolti. Figli rabbiosi e genitori adultescenti costituiscono un mix micidiale ed a volte incontenibile proprio nell’ambiente scolastico, dove insegnanti coraggiosi cercano di imporre qualche limite e qualche regola, evocando il bisogno di una educazione alla responsabilità”.
Quindi siamo in emergenza educativa?
“Si, da molto tempo. I nostri ragazzi sono esplosivi, rabbiosi e a volte crudeli perché il mondo degli adulti è troppo deludente, inconsistente e insignificativo. In realtà c’è bisogno di adulti coraggiosi capaci di offrirsi come educatori responsabili”.
Gli adolescenti di oggi sono più tristi rispetto a quelli degli anni ‘90?
“Tutto il mondo è più infelice e già da molto tempo: l’OMS ha dichiarato che in questo decennio la depressione sarebbe stata la prima causa di invalidità a livello globale. Purtroppo stiamo costruendo un mondo più ansioso, più depresso e più legato a dipendenze e questo fenomeno non riguarda solo i più giovani, ma anche gli adulti e gli anziani. Le dipendenze da sostanze, da alcol e soprattutto le nuove dipendenze da comportamenti scorretti come per esempio quelle da tecnologia, da gioco d’azzardo, da sesso, da shopping, incatenano l’uomo e lo rendono triste”.
Quanto influiscono le dipendenze (soprattutto quella affettiva) nella mente dei giovani?
“Come è noto, il cervello di un adolescente è sbilanciato a causa dell’immaturità delle aree cerebrali corticali, quelle deputate al ragionamento, alla programmazione, alla riflessione e alla motivazione. Ne consegue una maggiore impulsività e al tempo stesso c’è un bisogno di stimoli più forti per produrre dopamina. Alla fine l’adolescente cerca stimoli sempre più intensi che attivino il sistema del piacere.
La cannabis e le droghe, il gioco d’azzardo nelle sue forme virtuali, la tecnologia e i social, l’alcol, il sesso sono tutti stimoli in grado di agire sul sistema cerebrale della ricompensa e del piacere. Questi eccessi creano un cervello sempre più predisposto alla dipendenza. Qui si vede proprio l’assenza degli adulti, il cui compito sarebbe quello di porre limiti salutari. Ma gli adultescenti non riescono a regolare nemmeno se stessi, figuriamoci i ragazzi”.
I ragazzi capiscono di essere tristi e chiedono aiuto?
“Lo fanno ma non sempre nel modo canonico. La loro richiesta arriva attraverso comportamenti disfunzionali ed a volte nemmeno loro si rendono conto che stanno chiedendo aiuto. Per questo è fondamentale che gli adulti siano capaci di vedere e comprendere i veri bisogni dei ragazzi. Purtroppo però non sempre questo accade perché viviamo in una società in cui ci sono sempre più adulti non autorevoli, compassionevoli e interessati davvero ad aiutare i giovani in un percorso di crescita”.
L’inasprimento delle pene può essere un deterrente?
“Si, se inserito in una globale educazione alla responsabilità. I sistemi educativi attuali sono troppo deresponsabilizzanti: penso a quei genitori che sostengono i figli nelle devastanti occupazioni scolastiche, nostalgici dei tempi passati, quando l’ideologia muoveva passioni. Penso a quei genitori capaci di insultare e denigrare gli insegnanti e persino di aggredirli, sostenendo le irragionevoli richieste dei loro figli. Penso a quei genitori pronti a fare ricorso al TAR per le bocciature o per ogni insuccesso scolastico. Insomma c’è un clima deresponsabilizzante, nel quale poi maturano comportamenti sempre più antisociali ed a volte criminali dei minorenni”.
Allora, in quale modo leggere gli avvenimenti di questi mesi (su tutti la tragedia avvenuta a Pescara), che vedono coinvolti i giovani?
“Come il grande fallimento del mondo adulto, troppo adultescente e incapace di prendersi cura dei giovani”.
In quale modo possono intervenire le Istituzioni (politica, scuola, chiesa)?
“Un patto educativo globale, condiviso e volto all’educazione alla responsabilità, tra agenzie educative e famiglie: ecco ci vuole questo. Ci vuole un patto in ogni territorio che metta intorno ad un tavolo gli adulti impegnati nell’educazione: oratori, scuole, società sportive, associazioni ricreative e famiglie potrebbero costituire in ogni territorio il tavolo per l’educazione”.
(Tratto da Aci Stampa)
I vescovi ribadiscono la necessità della sfida educativa

Ieri a Roma si sono conclusi i lavori del Consiglio Episcopale Permanente della CEI, aperto lunedì dalla prolusione del presidente, card. Matteo Maria Zuppi, con un appello a non cedere alla sfiducia, ma di ‘guardare al futuro con speranza perché la Chiesa è una comunità, nonostante le nostre fragilità e contraddizioni’.
Questa prospettiva, posta da papa Francesco come fulcro del Giubileo, riguarda i giovani che devono essere considerati una ricchezza e non un problema: “L’urgenza educativa, richiamata dal Cardinale Presidente, diventa allora occasione per rilanciare un impegno a favore delle nuove generazioni, un accompagnamento efficace che le valorizzi e le faccia sentire protagoniste della loro vita, di quella della Chiesa e della società, fondato sulla fede e «sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino”.
Ecco allora che la declinazione della speranza sul versante educativo significa investire sui giovani, cercando di coinvolgerli nei percorsi ordinari, creare opportunità di scambio e confronto a livello nazionale e internazionale sui temi sociali, culturali, del bene comune: “Questo implica una riflessione sulle insidie che rischiano di avviluppare i giovani: è il caso delle dipendenze, nelle diverse forme, che in alcuni contesti sembrano addirittura essere la normalità”.
E da una visione ‘aperta’ per creare ingressi regolari ai migranti nasce un ‘appello per la pace’, che il Consiglio Permanente ha rivolto, al termine dei propri lavori, preoccupato dall’escalation che sta interessando, in queste ore, soprattutto il Medio Oriente, senza dimenticare l’Ucraina e gli altri conflitti in corso in diverse parti del mondo:
“Continuiamo a vedere vite spezzate, famiglie segnate dal dolore, bambini sconvolti dalla violenza e dalle lacrime. Case, scuole e ospedali rasi al suolo, città rese deserto. Una umanità ferita chiede pace e giustizia. E’ compito di ciascuno invocare la pace e operare nella vita di ogni giorno nel segno della Fratelli tutti; è dovere dei governanti assicurare la pace ai popoli della Terra.
La convivenza diventi fratellanza, regni il rispetto reciproco, gli ultimi siano al centro dell’attenzione della società intera e di chi è stato chiamato ad assumere responsabilità politiche. La violenza non porta mai alcun vantaggio. La guerra è solo morte”.
Un appello rivolto anche all’interno della Chiesa, chiamata a dare ‘voce’ alla speranza: “Anche le comunità religiose hanno il preciso dovere di dar voce alla speranza di serenità e di pace che si leva dai piccoli, dalle donne e dagli uomini di questo nostro tempo, la cui vita è segnata dallo scellerato e sempre ingiustificato ricorso alle armi…
C’è bisogno di incontrarsi, di tessere legami fraterni e di lasciarsi guidare dall’ispirazione divina che abita ogni fede, per immaginare assieme la pace tra tutti i popoli. In tal senso, come credenti, siamo richiamati dalle parole di un profeta contemporaneo, don Primo Mazzolari, che ammonisce: ‘Il cristiano è un ‘uomo di pace’ non un ‘uomo in pace’: fare la pace è la sua vocazione’. Sia la costruzione della pace e della convivenza tra le persone e i popoli il nostro impegno, ispirato dal Vangelo, generoso, risoluto e profetico”.
Inoltre il Consiglio Permanente ha approvato le linee guida per la riforma degli Uffici e dei Servizi della Segreteria Generale della CEI.: “La riforma, parte integrante del Cammino sinodale delle Chiese in Italia chiamate a confrontarsi sulle sfide della comunione, della missione e della partecipazione, si pone nel solco di quella ‘trasformazione missionaria’ più volte auspicata da papa Francesco a partire dall’Esortazione apostolica ‘Praedicate evangelium’.
Sulla base dei principi di sinodalità, missionarietà e diaconia, le linee guida invitano a ripensare l’impegno degli Uffici e Servizi della Segreteria Generale a favore degli organismi della CEI e delle Chiese particolari in modo da valorizzare la loro natura pastorale e missionaria”.
Ed infine un ‘giudizio’ sulle Settimane Sociali, svoltesi a Trieste: “Si tratta ora di continuare ad animare il senso di partecipazione alla vita del Paese con uno stile di dialogo, di discernimento comunitario e di proposte, sull’esempio delle Piazze della Democrazia, dei Tavoli, dei Dialoghi delle Buone Pratiche, dei Patti di collaborazione fra cittadini e pubbliche amministrazioni.
Sono stati quindi presentati alcuni strumenti (nella forma di Schede a carattere metodologico) che aiuteranno le Diocesi a proseguire localmente quanto sperimentato a Trieste. L’impegno è anche quello di promuovere percorsi di formazione alla partecipazione alla vita democratica, sulla base della Dottrina sociale della Chiesa, con una particolare attenzione alle giovani generazioni, oltre che organizzare incontri di condivisione e discernimento su diverse questioni sociali fra amministratori di ispirazione cristiana”.
Ed in conferenza stampa, interpellato sullo ‘ius scholae’ il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari, ha precisato il favore della Chiesa a tale ‘strumento’: “Da tempo la Cei chiede una visione larga della cittadinanza, utile anche per evitare mortificazioni improprie della dignità delle persone.
E’ auspicabile che il tema della cittadinanza venga impostato in termini più larghi, ci sono diversi pronunciamenti a favore dello ius scholae… da tempo la Cei, con la presidenza dei cardinali Bagnasco, Bassetti e Zuppi, ha assunto un orientamento favorevole allo ius scholae, che dà la possibilità di integrare nella pienezza dei loro diritti coloro che condividono i nostri valori”.
Simone Feder: prevenire l’abuso di droghe con proposte serie

Mercoledì 26 giugno si è celebrata la Giornata mondiale contro l’abuso ed il traffico illecito di droga sul tema proposto dall’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) ‘The evidence is clear: invest in prevention’ (‘L’evidenza è chiara: investire in prevenzione’), suggerendo un approccio basato sull’evidenza scientifica che abbia come priorità prevenzione e trattamento.
Con la Risoluzione 42/112 del 7 dicembre 1987, l’Assemblea Generale ha scelto il 26 giugno per celebrare la Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, affermando la sua determinazione nel rafforzare l’azione e la cooperazione a livello nazionale e internazionale per combattere questi fenomeni.
Per rafforzare la lotta al traffico di droga, nasce nel 1997 l’Ufficio dell’ONU contro la Droga e il Crimine (United Nations Office on Drugs and Crime –UNODC) creato dalla fusione del Programma di Controllo sulla Droga delle Nazioni Unite e dal Centro per la Prevenzione del Crimine Internazionale.
UNODC, oltre a condurre attività di ricerca e analisi, e a promuovere la ratifica e l’adozione di convenzioni e trattati internazionali, sviluppa progetti di cooperazione tecnica e assiste gli Stati membri, grazie ad una vasta rete di uffici operativi presenti in tutte le regioni del mondo.
Il tema della giornata è molto interessante e stimolante e per un maggior approfondimento è stato contattato il dott. Simone Feder, psicologo e coordinatore dell’area ‘Giovani e Dipendenze’ della ‘Casa del Giovane’ di Pavia, organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 1971 dal venerabile don Enzo Boschetti per dare ospitalità a giovani con problemi di tossicodipendenza: gli appelli funzionano?
“Gli appelli e queste giornate possono servire per alzare l’attenzione su temi che altrimenti finirebbero nel dimenticatoio o sarebbero utilizzati solo come slogan per campagne politiche. E’ fondamentale però non fermarsi alla celebrazione di qualcosa, la battaglia deve essere quotidiana e culturale, passare da gesti e azioni che non puntino solo a reprimere e bloccare. Non è più il tempo di proclami e bandiere, questa deve diventare una battaglia al di sopra di partiti e ideologie, per l’intera società e a capo di una comunità educante da cui nessuno può e deve sentirsi escluso a livello di responsabilità”.
In quale modo è possibile prevenire le dipendenze?
“Mi sembra, come sempre, che per i giovani manchino idee e proposte. Intorno a loro ci sono continui messaggi e testimonianze di ‘successo e benessere’ molto più convincenti e ammalianti. Bisogna lavorare per stimolare politica, società e genitori a cercare e proporre altro e guardare oltre! Andare oltre le logiche economiche di mercato, dei tornaconti e della visibilità mediatica immediata, per puntare ad un guadagno maggiore: il futuro della società. Il problema è che non ci sono alternative valide che sappiano conquistare e coinvolgere i ragazzi. Finché l’unica strategia sarà spaventare non si riuscirà a modificare la naturale propensione dei giovani a cercare l’oltre”.
Per quale motivo il fentanyl è pericoloso?
“E’ uno degli oppioidi sintetici molto potente, 50 volte più dell’eroina e una percentuale piccolissima del suo uso può causare effetti letali. Negli USA negli ultimi tre anni è stato causa di circa 200.000 morti. L’Italia a livello governativo ha emanato l’allerta di livello alto. Nelle zone di spaccio, come al bosco di Rogoredo, stiamo monitorando costantemente la situazione in modo da lanciare alert tempestivi qualora se ne presentasse la necessità. In Italia dobbiamo sicuramente giocare d’anticipo, se arrivasse l’ondata che è arrivata negli USA la situazione sarebbe devastante”.
In quale modo fornire risposte alle domande dei giovani?
“I giovani sono consapevoli dei rischi legati all’utilizzo di sostanze, le informazioni sono reperibili ovunque. Per fornire risposte alle domande sono fondamentali due aspetti. Il primo è aiutare i giovani ad essere portatori di quesiti, a chiedersi il perché di alcune situazioni ed a diventare soggetti attivi di nuove proposte e cambiamenti. Esiste oggi un movimento giovanile che, per certi tempi, sta iniziando a spingere e prendere maggiori consapevolezze, bisogna aiutarli a guardare nella direzione giusta. Seconda cosa essenziale è dedicare il tempo all’ascolto, fermarsi con loro e condividere esperienze concrete che possano diventare la porta d’ingresso al loro interno, permetter loro di aprirsi e raccontarsi”.
Gli adulti sono ancora punti di riferimento per i giovani?
“Non si può pretendere di esserlo a priori, solo in quanto adulti, solo perché investiti di una qualche carica o professionalità. Oggi i ragazzi chiedono prima di tutto coerenza e presenza: è necessario andar loro incontro senza aspettarsi che siano pronti ad aprirsi con chi e quando pensiamo noi. Gli adulti devono riconquistarsi una credibilità che troppo spesso è messa a dura prova grazie a testimoni pubblici che veicolano valori e obiettivi di vita pericolosi. Troppi sono i messaggi contrastanti che passano attraverso i media e i passaparola, la musica, sta ad ognuno di noi, nella propria quotidianità rendersi portatore efficace e testimone di altro”.
(Tratto da Aci Stampa)
26 giugno: giornata mondiale contro le droghe
Da Piombino più attenzione ai giovani

Il progetto ‘Selfie – Indagini sugli stili di Vita Giovanili’, è nato con lo scopo di scoprire i gusti, le abitudini e le idee dei ragazzi, permettendoci di delineare un quadro significativo degli stili di vita adolescenziali; così è stato creato uno strumento di lavoro per le scuole, valido sia come contributo alla conoscenza complessiva degli studenti sia come premessa per un lavoro più approfondito verso target specifici di studenti.