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XXII Domenica Tempo Ordinario: religione vera è la ‘Parola’ scevra da ipocrisia!

La Religione, dal verbo ‘religo’ indica il legame tra l’uomo e Dio. Tale legame può essere naturale o soprannaturale; è naturale se è frutto dell’intelligenza umana e si identifica con la coscienza che è la voce di Dio in noi; è soprannaturale se proviene direttamente da Dio attraverso la rivelazione. Il termine ‘Parola’ o ‘Verbum’ indica il Verbo eterno o la Verità di Dio comunicata all’uomo. E’ la verità che proviene dal cielo ed arriva al cuore dell’uomo; è la verità voluta da Cristo Gesù, quella che ci rende veramente liberi, ci fa essere uomini veri senza ipocrisia.
Chi ha fede e crede in Dio sa bene che è proprio così che Dio vuole essere riamato e servito: ‘E’ meglio, diceva Ignazio d’Antiochia, essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo’. ‘E’ meglio, scrive Papa Francesco, essere atei che cristiani ipocriti: il vero cristiano proclama e garantisce sempre la dignità di ogni essere umano’. Purtroppo lungo i secoli l’insegnamento divino dagli uomini è stato travisato perché imbevuto da ipocrisia. Contro questa ipocrisia si leva Gesù nel Vangelo di oggi e ne evidenzia i tratti essenziali.
‘Accogliete con docilità, scrive l’apostolo Giacomo, la Parola di dio che è stata seminata in voi’, evidenziando che la parola di Dio è la verità che ci rende liberi, è l’insegnamento che mira alla conversione del cuore. Gesù ha parole chiare contro ogni ipocrisia farisaica che finiva con lo svalutare l’insegnamento di Dio privilegiando le tradizioni degli uomini.
I precetti farisaici riducevano la religione ed una serie di riti esteriori, cerimonie, prescrizioni legali, circostanze esteriori in sé e per sé buoni, importanti ed apprezzabili agli occhi degli uomini ma non miravano alla conversione del cuore, si fermavano solo alla pura esteriorità e non andavano mai all’essenziale voluta da Dio: umiltà e fede, amore verso Dio e i fratelli. Da qui il rimprovero di Gesù nel vangelo contro il fariseismo e la pura esteriorità dell’atto religioso: non è l’esterno che conta davanti a Dio ma soprattutto l’interno, il cuore.
Dal di dentro, infatti, dal cuore dell’uomo escono i propositi di ogni male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, maltrattamenti, invidia, calunnia, superbia e stoltezza; non preoccuparti, dice perciò Gesù, di quello che metti in bocca (se è puro o impuro), preoccupati invece di quello che esce dalla bocca perché proviene dal cuore: se il tuo cuore è pulito, da esso verranno fuori solo azioni sagge all’insegna dell’umiltà, dolcezza, perdono, amore.
Odio ed amore nascono dal cuore dell’uomo. Se vuoi cambiare la società, cambia il tuo cuore; se vuoi operare una vera riforma comincia con il riformare te stesso. La Nuova Evangelizzazione tende a creare e diffondere un cristianesimo maturo e responsabile, che non porta ad essere schiavi delle tradizioni delle genti. Verso Dio bisogna muovere il passo con umiltà e amore.
Religione vera ed autentica è quella che coinvolge l’uomo nella totalità del suo essere e ci pone a contatto con Dio, ci collega a lui tramite i canali offerti dalla stessa divinità: coscienza e ragione, la rivelazione dell’Antico e Nuovo Testamento. La legge divina non mira mai a schiavizzare o mortificare l’uomo, ma promuove sempre e solo la dignità della persona umana.
Gesù non annulla né disprezza la legge di Mosè; Egli è contro il legalismo, ma è per la legge; per una legge che abbraccia tutti i comandamenti anche quelli minimi. La legge di Dio era e rimane santa, questa legge però resta inefficace sino a quando il cuore dell’uomo resta succube del peccato Gesù ha sanato il male facendo dell’uomo una nuova creatura, capace di rispondere agli appelli del Signore. Dio vuole il cuore sempre puro perché è da esso che scaturiscono pensieri ed azione buone. La specialità del cristianesimo: chi adora Dio deve adorarlo in spirito e verità.
Da Venezia mons. Moraglia invita a vivere la Chiesa

“Una festa liturgica deve aiutare la comunità ecclesiale ad essere se stessa, a valorizzare le molteplici vocazioni che la costituiscono e il rapporto con Dio nell’atto dell’adorazione e della carità vissuta. Sono ancora presenti, in noi, le parole e la testimonianza di papa Francesco che abbiamo accolto il 28 aprile scorso in visita a Venezia”: così il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia ha iniziato l’omelia per la festa del Redentore, in cui si ricorda la fine dell’epidemia di peste che colpì la città lagunare tra il 1575 e il 1577.
Ed a distanza di quasi 450 anni il patriarca ha invitato a ‘ripensare il nostro modo d’essere cristiani’: “La festa del Redentore ci conduce al cuore della fede cristiana: noi siamo dei salvati, dei perdonati, dei riconciliati. Il Redentore indica come Gesù si china su di noi, sulle nostre ferite e quelle delle nostre comunità.
Dobbiamo cogliere tale opportunità. Talvolta guardiamo la Chiesa, la persona di Gesù e i sacramenti (Battesimo ed Eucaristia) considerandoli come realtà giustapposte fra loro, quasi ‘cose’ che ci stanno dinanzi. Invece siamo chiamati a cogliere, in una fede viva, la rivelazione cristiana nella storia, cogliendo il suo punto di riferimento che è Gesù Cristo, verso il quale tutta la storia è protesa”.
Gesù invita a ripensare la Chiesa: “La celebrazione liturgica ci fa vivere la Chiesa come ‘noi’ e non come singoli ‘io’ giustapposti. Questo ‘noi’ ha il suo fondamento nel Signore Gesù che è il centro della nostra salvezza. Noi entriamo nella salvezza tramite i sacramenti della Chiesa, la Chiesa è il sacramento di Cristo e Cristo, nello Spirito Santo, è il sacramento del Padre. Il nostro incontro con Cristo (il Redentore che perdona e chiede alla Chiesa d’esser portatrice di perdono e riconciliazione) avviene nella Parola e nei sacramenti; la Chiesa è proprio tale relazione vivente con Cristo”.
E Gesù scende in ‘noi’ nell’Eucarestia:”Ma come si fa accessibile a noi l’ ‘io’ di Cristo nel quale, finalmente, si risponde positivamente al progetto di Dio? Come possiamo farne parte? Entrando nella Chiesa, la compagnia di Cristo morto e risorto.
L’Eucaristia non è solo celebrazione, non è solo banchetto; è amore totale consegnato alla Chiesa. ‘Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta’: c’è un legame intrinseco con la Chiesa, la comunità che è il corpo di Cristo, un amore sponsale che rimane per sempre. Ecco perché il matrimonio è indissolubile: è dono della persona per sempre, come l’amore di Cristo per la Chiesa”.
Attraverso l’Eucarestia si diventa ‘noi’: “Tale amore, donato nel sacramento dell’Eucaristia, costruisce la Chiesa, ossia l’umanità salvata, e così il titolo ‘Redentore’ non è qualcosa di astratto ma richiama la misericordia, la vicinanza, il dono concreto di Gesù che cambia il nostro modo di pensare, parlare, agire, essere. E’ proprio attraverso l’Eucaristia che diventiamo Chiesa e quindi possiamo celebrare l’Eucaristia…
Sì, Cristo viene prima della Chiesa, viene prima di noi, viene prima della nostra celebrazione che è resa possibile solo da Lui, il solo capace di renderci Chiesa perché è il nostro Redentore”.
E tale festa è manifestazione di una Chiesa in ‘costruzione’: “La festa del Redentore, inoltre, ci ricorda che siamo una Chiesa in costruzione, la comunità del Risorto, da Lui edificata e che cerca di fare sua la redenzione vivendo il sacramento dell’Eucaristia…
Non è possibile imporsi o appropriarsi teologicamente o liturgicamente dell’Eucaristia da parte di una comunità o di una parte d’essa; l’Eucaristia plasma la comunità e non viceversa. Una comunità si lascia plasmare dall’Eucaristia quando, nella grazia, si rende disponibile ad una vera vita eucaristica. Ma la carità cristiana rischia, a sua volta, di ridursi al puro umano o al sociale, trasformando la Chiesa in attività in occasione di Gesù Cristo”.
E’l’Eucarestia che trasforma il cristiano in redento: “Noi siamo e rimaniamo sempre dei redenti. Pensiamo alla parabola del fariseo e del pubblicano; si tratta di riconoscersi peccatori e di non giudicare la parola di Dio. Sì, è l’Eucaristia che ci rende Chiesa e noi entriamo nel sì del Verbo nel momento dell’incarnazione e durante la sua vita pubblica. Le nostre rinunce battesimali inscrivono in noi il sì di Gesù che vince Satana e le sue tentazioni”.
Infine, citando l’omelia di papa Francesco, che ha concluso a Trieste la Settimana Sociale, mons. Moraglia ha invitato a guardare il Redentore: “Guardiamo al Redentore con sguardo di fede, a partire da una più concreta appartenenza alla Chiesa e passando attraverso l’Eucaristia che non è, in primis, rito o celebrazione ma lo stesso Mistero di Cristo, accessibile alle nostre comunità e a ciascuno di noi e che ci trasforma in Lui”.
Mentre alcuni giorni prima della festa il patriarca aveva rivolto una preghiera al Redentore, benedicendo il ponte: “O Santissimo Redentore, abbiamo appena attraversato il ponte votivo per rinnovare la promessa dei nostri padri che, oltre 450 anni fa, dinanzi ad un grave pericolo e consapevoli della loro debolezza di fronte al male (la peste), hanno guardato a Te.
Anche noi oggi sentiamo il bisogno di rivolgerci a Te, nostro Redentore, con la forza della preghiera. Il nostro pellegrinare verso questo Santuario, così caro per noi veneziani, si è fatto carico di pensieri e preoccupazioni che affliggono il nostro cuore e toccano la vita del nostro Paese, dell’Europa, del mondo intero”.
E dal ponte del Redentore ha elevato una preghiera di pace: “A Te, Santissimo Redentore, vogliamo affidare oggi non solo la nostra città (desiderosa di pace e da sempre luogo d’incontro) ma anche la nostra Europa affinché esprima ancora e di nuovo quella cultura e quella spiritualità che le sue radici cristiane le hanno dato e che l’hanno resa un continente capace di creare ponti tra persone e popoli differenti, relazioni buone e vere, in grado (come la storia insegna) di creare legami stabilendo unità e concordia che oggi paiono smarrite…
Tutto questo è opera Tua, nostro Santissimo Redentore, e questa nostra festa sia un guardare tutti insieme e di nuovo a Te per ritornare all’Unico che dona vita e salvezza, all’Unico che è Amore e Verità. Santissimo Redentore, vieni e illumina, vieni e custodisci, vieni e sostieni, vieni e conforta, vieni e infondi coraggio e sapienza, vieni e benedici tutti noi, Tu che sei l’unica speranza e salvezza”.
(Foto: Patriarcato di Venezia)
Papa Francesco: le virtù teologali caratterizzano la vita cristiana

“Sabato prossimo ricorre il decimo anniversario della canonizzazione di San Giovanni Paolo II. Guardando la sua vita, possiamo vedere che cosa può raggiungere l’uomo accettando e sviluppando in sé i doni di Dio: fede, speranza e carità. Rimanete fedeli alla sua eredità. Promuovete la vita e non lasciatevi ingannare dalla cultura della morte. Per sua intercessione, chiediamo a Dio il dono della pace per la quale egli, come Papa, si è tanto impegnato”: al termine dell’udienza generale odierna papa Francesco ha ricordato, in lingua polacca, il decimo anniversario della canonizzazione di san Giovanni Paolo II. Eppoi ha lanciato un appello per la pace, ricordando che con la guerra guadagnano solo i fabbricanti di armi:
“E poi il pensiero va alla martoriata Ucraina, alla Palestina, a Israele, al Myanmar che sono in guerra, e a tanti altri Paesi. La guerra sempre è una sconfitta, e quelli che guadagnano di più sono i fabbricatori di armi. Per favore, preghiamo per la pace! Preghiamo per la martoriata Ucraina: soffre tanto, tanto. I soldati giovani vanno a morire. Preghiamo. E preghiamo anche per il Medio Oriente, per Gaza: si soffre tanto lì, nella guerra. Per la pace tra Palestina e Israele, che siano due Stati, liberi e con buoni rapporti”.
In precedenza, proseguendo il ciclo delle catechesi su ‘I vizi e le virtù’, papa Francesco aveva incentrato la riflessione sul tema ‘La vita di grazia secondo lo Spirito’, che affronta le virtù teologali: “Già prima di Cristo si predicava l’onestà come dovere civile, la sapienza come regola delle azioni, il coraggio come ingrediente fondamentale per una vita che tende verso il bene, la moderazione come misura necessaria per non essere travolti dagli eccessi”.
Per il papa le virtù sono un patrimonio dell’umanità, che il cristianesimo ha saputo valorizzare: “Questo patrimonio tanto antico, patrimonio dell’umanità, non è stato sostituito dal cristianesimo, ma messo bene a fuoco, valorizzato, purificato e integrato nella fede. C’è dunque nel cuore di ogni uomo e donna la capacità di ricercare il bene. Lo Spirito Santo è donato perché chi lo accoglie possa distinguere chiaramente il bene dal male, avere la forza per aderire al bene rifuggendo dal male e, così facendo, raggiungere la piena realizzazione di sé”.
In base ad una definizione del Catechismo della Chiesa cattolica la vita del cristiano si basa anche su altre tre virtù: “Essa si attua con il dono di altre tre virtù, prettamente cristiane, che spesso vengono nominate insieme negli scritti del Nuovo Testamento. Questi atteggiamenti fondamentali, che caratterizzano la vita del cristiano, sono tre virtù che noi diremo adesso insieme: la fede, la speranza e la carità”.
E sono definite ‘teologali’, in quanto completano la vita ‘buona’ del cristiano: “Gli scrittori cristiani le hanno ben presto chiamate virtù ‘teologali’, in quanto si ricevono e si vivono nella relazione con Dio, per differenziarle dalle altre quattro chiamate ‘cardinali’, in quanto costituiscono il ‘cardine’ di una vita buona. Queste tre sono ricevute nel Battesimo e vengono dallo Spirito Santo. Le une e le altre, sia le teologali sia le cardinali, accostate in tante riflessioni sistematiche, hanno così composto un meraviglioso settenario, che spesso viene contrapposto all’elenco dei sette vizi capitali”.
La virtù teologale permette di non agire con arroganza: “Mentre il rischio delle virtù cardinali è quello di generare uomini e donne eroici nel compiere il bene, ma tutto sommato soli, isolati, il grande dono delle virtù teologali è l’esistenza vissuta nello Spirito Santo. Il cristiano non è mai solo.
Compie il bene non per un titanico sforzo di impegno personale, ma perché, come umile discepolo, cammina dietro al Maestro Gesù. Lui va avanti nella via. Il cristiano ha le virtù teologali che sono il grande antidoto all’autosufficienza. Quante volte certi uomini e donne moralmente ineccepibili corrono il rischio di diventare, agli occhi di chi li conosce, presuntuosi e arroganti!”
La catechesi è una ‘condanna’ della superbia: “La superbia è un veleno potente: ne basta una goccia per guastare tutta una vita improntata al bene. Una persona può avere compiuto anche una montagna di opere benefiche, può aver mietuto riconoscimenti ed encomi, ma se tutto ciò l’ha fatto solo per sé stesso, per esaltare sé stessa, può dirsi ancora una persona virtuosa? No!”
Però ha ricordato anche che il bene è un modo di vita: “Il bene non è solo un fine, ma anche un modo. Il bene ha bisogno di tanta discrezione, di molta gentilezza. Il bene ha bisogno soprattutto di spogliarsi di quella presenza a volte troppo ingombrante che è il nostro io. Quando il nostro ‘io’ è al centro di tutto, si rovina tutto. Se ogni azione che compiamo nella vita la compiamo solo per noi stessi, è davvero così importante questa motivazione? Il povero ‘io’ si impadronisce di tutto e così nasce la superbia”.
Quindi le virtù teologali aiutano a compiere le necessarie correzioni: “Lo sono soprattutto nei momenti di caduta, perché anche coloro che hanno buoni propositi morali a volte cadono. Tutti cadiamo, nella vita, perché tutti siamo peccatori. Come anche chi si esercita quotidianamente nella virtù a volte sbaglia (tutti sbagliamo nella vita): non sempre l’intelligenza è lucida, non sempre la volontà è ferma, non sempre le passioni sono governate, non sempre il coraggio sovrasta la paura”.
Ed ha concluso la catechesi con l’invito a vivere secondo lo Spirito Santo: “Ma se apriamo il cuore allo Spirito Santo (il Maestro interiore), Egli ravviva in noi le virtù teologali: allora, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede (con la forza dello Spirito, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede); se siamo scoraggiati, Dio risveglia in noi la speranza; e se il nostro cuore è indurito, Dio lo intenerisce col suo amore”.
(Foto: Santa Sede)
Focsiv festeggia 50 anni di cooperazione internazionale

Si sono svolti nelle scorse settimane con un’introduzione sulla Focsiv dei prossimi 50 anni di Ivana Borsotto, presidente Focsiv, i ‘festeggiamenti’ per il 50° anniversario della fondazione della Federazione, che ha anche premiato tre volontari partecipanti al 29° Premio Volontariato Internazionale: Volontario Internazionale 2022, Volontario del Sud 2022 e Difensore dei Diritti Umani 2022.
Mons. Fontana: un vescovo tra il popolo

Nella sua ultima festa del patrono della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro mons. Riccardo Fontana ha sottolineato che san Donato ha messo in evidenza il ministero del vescovo: “Per questa Chiesa aretina, che da secoli lo riconosce Patrono, san Donato offre l’occasione per riflettere insieme sulla nostra identità ecclesiale”.
Don Salvucci è il nuovo arcivescovo di Pesaro

Sabato scorso papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi Metropolitana di Pesaro presentata da mons. Piero Coccia per limiti di età ed ha nominato arcivescovo don Sandro Salvucci, del clero dell’Arcidiocesi Metropolitana di Fermo, parroco dell’Unità Pastorale di Montegranaro.
VII Domenica: Camminiamo in novità di vita

Una domanda: cosa significa essere cristiani? Trovata la risposta, è necessaria la coerenza e la responsabilità nell’agire. Eppure tante volte l’uomo è strano nel suo agire, vorrebbe realizzare la luna; eppure la società in fondo ha più bisogno di uomini buoni che di uomini grandi; la persona necessita di amare ed essere amata; l’etica deve essere solo la conseguenza dell’essere: sei cristiano, vivi da cristiano!
Mons. Parmegiani ha ricordato Willy Monteiro Duarte

“Willy è stato sicuramente ‘un santo della porta accanto’: uno di noi che forse senza nemmeno comprendere quanto gli stava accadendo ha reagito alla violenza con l’amore che aveva appreso dalla sua cara famiglia, dall’Azione cattolica parrocchiale, dal catechismo, dalla scuola, da quella rete educativa che lo ha circondato nei brevi anni della sua esistenza”.