Le parole contano. Le definizioni contano. Il potere dello spirito conta

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.01.2024 – Vik van Brantegem] – La situazione di un Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, inon idoneo per il compito nel posto che fu di un grande teologo come il Cardinale Joseph Ratzinger, che provoca scandalo e confusione in modo seriale, da molto tempo prima di essere scelto e nominato con una lettera di marca del sovrano, richiede tutta la luce possibile. Abbiamo bisogno di più dettagli possibili, per valutare se noi fedeli stiamo fraintendendo le cose o se la colpa è della gerarchia. Dopo il disastro di Fiducia supplicans, è assolutamente necessario saperne di più sul Cardinale Víctor Manuel (Tucho) Fernández e sul motivo per cui è stato scelto come Prefetto.

Quello che abbiamo costatato fino adesso, è che sta spingendo ciò che è contrario al deposito della fede, insieme allo scandalo e alla confusione, nessuno dei quali proviene dallo Spirito Santo, il cui soffio è lieve. In questi tempi abbiamo bisogno di trasparenza ancora più di prima, quindi segnaliamo e proviamo a fare luce su questa e altre situazioni in una Chiesa Cattolica Romana profondamente divisa.

Osservando le gesta del Tucho, che è stato ricevuto in Udienza da Papa Francesco ieri, nei palazzi dello Stato della Città del Vaticano nessuno sa cosa aspettarsi nel breve termine. Sebbene la Chiesa sia divisa da tempo, da molto tempo prima del 13 marzo 2013 o del 1° luglio 2023, non sorprende (e in effetti era prevedibile) apprendere che cardinali e vescovi fossero allineati nell’essere insoddisfatti di Tucho. Date le linee di frattura di questo malcontento, pare che c’è pochissimo spazio per ulteriori spinte senza ripercussioni ancora peggiori per l’unità della Chiesa Cattolica Romana. Tutto ciò avrà certamente un impatto diretto sul prossimo conclave, che – visto età e salute del Papa regnante – potrebbe essere non molto lontano. Gli attenti osservatori segnalano che l’eredità di Papa Francesco è in grave pericolo a causa degli sviluppi degli ultimi tempi, e non è chiaro quale margine di manovra abbia ancora per correggere il corso.

Sembra quasi assiomatico affermare che le recenti stravaganze (di cui il fenomeno Fiducia supplicans e adobbi, è solo l’ultimo evento della fila) sono la garanzia per una reazione negativa nel prossimo conclave. Quasi, una parola che appare spesso in questi giorni. Eppure, ci ricordiamo che i tempi pre-conclave sono un momento fertile per i fabbricanti di parole, mentre non si sa mai – tranne talvolta dopo, con sapientemente filtrati indiscrezioni – quanti pesi ci sono sulla bilancia e quali giochi vengono fatti nelle stanze segrete. Quindi, chi potrebbe sapere cosa ci attende la prossima volta… per non andare a cercare dei presagi nel volo degli uccelli come fecero gli antichi Romani, specialmente quelli che si preparavano alla battaglia.

Il gabbiano, il corvo e la colomba sono tre volatili, che nelle cronache vaticane degli ultimi anni sono presenti con forza. Mentre gli occhi di tutto il mondo erano puntati sulla Cappella Sistina, il 13 marzo 2013 un gabbiano si era andato a piazzare sul comignolo. C’era chi, partendo dal fatto che il santo protettore di Milano, Sant’Ambrogio, ha tra la sua simbologia un gabbiano, azzardò come possibile “lettura”, che il gabbiano si era piazzato lì a simboleggiare l’ormai imminente elezione dell’Arcivescovo metropolita di Milano, il Cardinale Angelo Scola, dato da molti prima dell’inizio del conclave come il favorito (dimenticandosi del Cardinale Jorge Bergoglio, che era stato il favorito nel 2005… invece, il gabbiano lasciò il comignolo e sappiamo come finì). Poi, il 24 gennaio 2014, il momento gioioso della liberazione di una colomba da parte di due ragazzi di Azione Cattolica dalla finestra di Papa Francesco su piazza San Pietro, fu incupito dall’attacco di un gabbiano e un corvo (volatile protagonista delle stagione dei Vatileaks I e II sotto Papa Benedetto XVI) che hanno aggredito il volatile simbolo di pace.

Intanto, in attesa dei tempi futuri prossimi o lontani, torniamo a quanto che Ed Condon ha scritto su The Pillar in riferimento all’errore di calcolo (con punto interrogativo) di Papa Francesco con il Cardinale Víctor Manuel (Tucho) Fernández, a seguito della scandalosa vicenda del blasfemo e eretico libro del Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (in cui scrive che la “gioiosa esperienza dell’amore divino” non significa “che un omosessuale smetterà necessariamente di essere omosessuale”): «Oltre alle critiche al testo in sé, il libro ha sollevato nuovi interrogativi sull’idoneità di Fernández al suo ruolo di Prefetto, poiché in alcune parti mette in dubbio la colpevole peccaminosità degli atti sessuali extraconiugali e in altre avanza una sessualizzazione potenzialmente problematica della spiritualità. Ma, mentre Fernández deve affrontare notevoli difficoltà personali, la preoccupazione più pressante per Papa Francesco potrebbe essere quella di capire cosa significhino per la sua eredità le crisi seriali del suo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede».

Caldo, freddo, debole o forte, il vento e la pioggia sono dei fenomeni con cui abbiamo a che fare quotidianamente, per le loro utilità e gli effetti negativi, provocando disastri, con la loro forma. Ma spesso dimentichiamo il potere dello spirito, non realizzando i disastri che provoca o il bene che potrebbe fare.
Questa mattina, Aurelio Porfiri ha postato su Traditio, il suo blog per conoscere tutto su tradizione e tradizionalismo, il post Il caldo e il freddo, che ci pare illuminante per comprendere come affrontare questi tempi. È una citazione di Hirayama Shiryu: «Il vento e la pioggia hanno una forma: potresti chiuderli fuori da casa tua. Ma il caldo e il freddo non hanno una forma: non puoi impedire che entrino, né puoi scacciarli aprendo le finestre. Così sono le spade, simili a vento e pioggia che l’avversario può parare e respingere, bloccando gli attacchi e rimanendo perciò illeso. Ma il potere dello spirito è simile al caldo e al freddo, può insinuarsi facilmente nel cuore del nemico; se fendi il suo spirito, come può difendersi?»

La citazione è tratta da Bushido. La Via del guerriero (Feltrinelli 2018, 195 pagine [QUI]) a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia. Nella trasmissione della loro saggezza, i samurai ci insegnano a vivere nel momento presente, a sconfiggere la paura e a non esserne più schiavi. Il Maestro Taisen Deshimaru in un suo insegnamento orale disse: “Le possibilità del nostro corpo e della nostra mente sono limitate: è la sorte della condizione umana. Esiste una Via che permetta all’uomo di superare i limiti della propria natura? Di andare oltre se stesso?”. La risposta è il Bushido. La Via del guerriero, il cui codice di condotta ha origine nel VII secolo a.C., poi raccolto e accresciuto in diverse fasi storiche a partire dal 1100. Nella vittoria sulla paura della morte, raggiunta attraverso una costante speculazione sulla fine, sull’impermanenza dell’esistenza e sull’importanza di vivere nel momento presente, emergono l’attualità e l’universalità dello spirito samurai. L’apprendimento, la formazione teorica e la filosofia risultano indissolubilmente connesse a forme di insegnamento buddhiste, scintoiste e zen fondate sul rapporto maestro-allievo o a esperienze di vita in cui l’emulazione e la pratica sono incoraggiate e diventano fonte di stimolo a migliorare se stessi. L’unico scopo della vita di un samurai è quello di prepararsi alla guerra. O meglio, alla morte. Conclusione? «Se conosci il tuo avversario e conosci te stesso, potrai combattere cento volte e cento volte vincerai».

Riportiamo di seguito due articoli, che sono utili, come detto, per valutare se noi fedeli stiamo fraintendendo le cose o se la colpa è della gerarchia:

  • Errore di calcolo di Papa Francesco con Fernández? di Ed Condon su The Pillar del 10 gennaio 2024
  • Fiducia supplicans non cambia l’insegnamento perenne della Chiesa di Joseph Fred Naumann, Arcivescovo metropolita di Kansas City su The Leaven del 12 gennaio 2024: «Le parole contano. Le definizioni contano. (…) Parte della confusione era il risultato del fatto che il dicastero aveva un’intera sezione nella Fiducia supplicans sulla “benedizione delle coppie in situazioni irregolari e delle coppie dello stesso sesso”. L’uso del termine “coppie” potrebbe essere inteso come l’accettazione di queste relazioni come equivalenti o prossime al matrimonio. Il termine “benedizione delle coppie dello stesso sesso” sembra abbracciare ciò che gli attivisti gay radicali hanno cercato. (…) È l’insistenza sul fatto che questa preghiera di intercessione sia chiamata benedizione pastorale di una coppia dello stesso sesso che ha creato polemiche e confusione». Conclude: «Credo che la grande eredità del pontificato di Papa Francesco sarà il suo spingere e spronare la Chiesa a cercare di portare Gesù a coloro che si trovano nelle periferie e che i Cattolici si aspettino di incontrare Gesù vivente in coloro che sono ai margini della società. Questa priorità di Papa Francesco è stata una benedizione per la Chiesa. Personalmente, penso che tentare di forzare una ridefinizione della benedizione in un modo che possa essere interpretato come un adattamento alla cultura woke non aiuta a portare avanti questa grande priorità pastorale».

Inoltre, segue un Postscriptum, con l’osservazione di Americo Mascarucci oggi su Stilum Curiae, che lo scempio attuale che stiamo vivendo, ha radici lontani, nel Sessantotto Cattolico. Lo condivido confermando, perché questi tempi ho vissuto in prima persona come leader studentesco, nelle mondo universitario sessantottino fiammingo in Belgio.

Errore di calcolo di Papa Francesco con Fernández?
di Ed Condon
The Pillar, 10 gennaio 2024

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il Cardinale Víctor Manuel Fernández ha vissuto difficile i primi quattro mesi come Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF). Assumendo l’incarico a settembre, la scelta del Papa per il dipartimento dottrinale è iniziata con l’essere effettivamente messo da parte da metà del mandato del dicastero, dopo che il Papa lo ha esonerato – alcuni direbbero lo ha escluso – dal prendere qualsiasi parte nella gestione dei casi di abusi sessuali da parte del clero. Da allora, Fernández ha dovuto superare ripetute domande sulla sua idoneità al ruolo alla luce dei suoi scritti precedenti, e ha supervisionato il lancio altamente controverso di una Dichiarazione sulle benedizioni per le coppie omosessuali o con relazioni irregolari.
Mentre le voci, secondo cui il cardinale avrebbe offerto a Papa Francesco le sue dimissioni, sono quasi certamente esagerate, Fernández è diventato un parafulmine per critiche e polemiche, attirando un’attenzione spesso indesiderata su un dipartimento che aveva mantenuto un profilo più basso sotto l’attuale Papa.
Allo stesso tempo, molti dei più accaniti critici e difensori del cardinale, condividono una valutazione comune secondo cui Fernández sta facendo ciò che Francesco intendeva con il ruolo: oltrepassare i confini e condurre una spinta audace, persino radicale, per incorporare la visione pastorale del Papa nell’insegnamento della Chiesa. Ma era questo ciò che Papa Francesco voleva quando ha nominato Fernández per il ruolo? Non necessariamente, secondo alcuni che lavorano in Vaticano e nell’orbita papale. In effetti, come alcuni sostengono, Fernández non era affatto la preferenza del Papa per l’incarico, e la sua nomina è stata una scommessa che, secondo alcuni, non sembra aver dato i suoi frutti.
Quando l’estate scorsa l’allora Arcivescovo Fernández è stato annunciato come Prefetto entrante del DDF, molti commentatori vaticani hanno salutato la scelta come una scelta coraggiosa e per certi versi ovvia da parte di Papa Francesco.
Un collega argentino, amico e collaboratore di lunga data di Francesco, “Tucho”, come è noto agli amici, sembrava la scelta naturale per cementare al DDF la revisione curiale del Papa, dopo la promulgazione nel 2022 della Costituzione apostolica Praedicate Evangelium. E come il ghostwriter spesso accreditato di alcuni dei testi più discussi del Papa, compresi i passaggi più controversi di Amoris laetitia, alcuni osservatori della Chiesa affermarono con sicurezza che Fernández era sempre stato nella mente papale, come uomo pensato per convertire il DDF dal pensiero di polizia dottrinaria in un lungimirante think tank pastorale.
Ma quella sensazione di inevitabilità attorno alla nomina di Fernández, ha trascurato le precedenti previsioni sicure, secondo cui il ruolo sarebbe andato altrove. Nel dicembre 2022, in Vaticano si diffusero voci secondo cui Papa Francesco era pronto a nominare il Vescovo tedesco Heiner Wilmer alla guida del DDF.
Secondo uno schema che si è ripetuto più di una volta durante il pontificato di Francesco, i blog vaticani hanno dato notizia del piano, che ha incontrato furiose critiche da alcuni ambienti, prima di essere difeso da convinti sostenitori del Papa, per poi non concretizzarsi mai. Nel frattempo, fonti vaticane riportarono ampiamente e con sufficiente sicurezza, che cardinali di rilievo, incluso l’allora Prefetto in carica, Cardinale Luis Ladaria Ferrer, S.I., avrebbero sollevato direttamente con il Papa preoccupazioni  sulla presunta nomina in sospeso di Wilmer.
Dopo la mancata nomina di Wilmer, alcuni osservatori vaticani hanno affermato che una furiosa reazione da parte di una massa critica del Collegio cardinalizio aveva spaventato Francesco della sua decisione; altri sostenevano che Wilmer non era mai stato un serio contendente per l’incarico, ma che Francesco aveva astutamente usato il suo nome per attirare il fuoco e far apparire meno controversa la sua effettiva preferenza per Fernández.
In assenza di una conoscenza della mente papale, probabilmente non sapremo mai quanto Wilmer sia arrivato vicino a diventare la scelta effettiva del Papa per guidare il DDF. Ma l’idea che la sua candidatura sia stata lanciata per spianare la strada a Fernández sembra poco plausibile: Francesco non ha la reputazione di un Papa che si preoccupa molto di sconvolgere la cosiddetta opinione conservatrice una volta che ha preso una decisione. Ma alcune figure di spicco vicine al processo di nomina hanno detto a The Pillar che Francesco era sinceramente aperto all’idea di nominare Wilmer ed era convinto contro l’idea dal peso della reazione negativa ricevuta.
“Il Papa non ha voluto litigare con nessuna nomina”, ha detto un alto funzionario curiale vicino al DDF. “Ha una visione su come desidera vedere il lavoro del dicastero, ma ciò non implica la creazione di conflitti”. La stessa fonte ha detto a The Pillar che Francesco è preoccupato che il suo stile e la sua visione della pastorale vengono “ricevuti” in tutta la Chiesa, ma che questo obiettivo sarebbe meglio raggiunto attraverso una presentazione “sensibile” che non crei o esacerba la divisione.
Con questo in mente, fonti hanno detto a The Pillar, che mentre Fernández era un candidato ovvio in quanto in sintonia con il pensiero e le priorità del Papa, non era la prima o l’unica scelta di Francesco come prefetto del DDF. E che, lungi dal suscitare polemiche, il Papa aveva in realtà preferito qualcuno che potesse fungere da forza stabilizzatrice presso l’ufficio dottrinale. “In effetti, Papa Francesco era convinto che l’uomo giusto per il ruolo fosse il Cardinale [Joseph] Tobin [di Newark]”, ha detto a The Pillar una fonte di alto livello della Segreteria di Stato. Il funzionario a conoscenza dell’apparente preferenza del Papa ha affermato, che il Cardinal Tobin fu preferito a causa del suo passato in grado di parlare di delicate questioni pastorali evitando le divisioni partigiane episcopali, sottolineando la disputa pubblica e talvolta aspra dell’USCCB [Conferenza Episcopale degli Stati Uniti] sulla questione della “coerenza eucaristica”, dalla quale Tobin rimase largamente in disparte.
Ma, ha detto l’alto funzionario, Francesco alla fine ha deciso di non nominare Tobin al DDF, perché preferiva mantenerlo come figura di alto livello negli Stati Uniti. “[Il Papa ha detto] ‘dovrebbe essere Tobin, so che dovrebbe’. Ma ha detto che ha ‘bisogno’ di lui in America”. La stessa fonte ha detto che la continua voce di Tobin nella Conferenza Episcopale degli Stati Uniti era una considerazione, ma che il Papa era principalmente preoccupato che il cardinale fosse disponibile a trasferirsi nell’Arcidiocesi di Washington a medio termine. L’attuale arcivescovo della capitale americana, il Cardinale Wilton Gregory, ha 76 anni.
“[Il Cardinal Fernández] non era la preferenza ultima del Papa, ma lo scelse perché [senza Tobin] avrebbe potuto lavorare bene con [Fernández] e altre questioni avrebbero potuto essere risolte”. La stessa fonte ha sottolineato l’esclusione di Fernández dal carico di casi di abusi clericali del DDF per prevenire le critiche alla gestione dei casi da parte del cardinale nell’Arcidiocesi di La Plata. “Il Santo Padre non vuole un pasticcio [sui casi di abusi], e non vuole provocare accuse di aver combinato un pasticcio”.
Ma se la scelta di Fernández alla guida del DDF è stata una sorta di scommessa calcolata, che ha controbilanciato i benefici della sua vicinanza al pensiero del Papa con le sue potenziali responsabilità, sembra sempre più che si sia trattato di un errore di calcolo.
L’emanazione della Dichiarazione prenatalizia Fiducia supplicans ha causato l’apertura immediata e globale di divisioni all’interno del Collegio episcopale, con intere conferenze episcopali e persino continenti che sembrano respingere sia le sue premesse teologiche che la sua applicazione in toto, mentre altri hanno immediatamente cercato di applicare il documento oltre i propri limiti dichiarati. Fernández è stato costretto a intraprendere una serie di interviste esplicative per cercare di calmare la controversia, prima di rilasciare un Comunicato stampa di cinque pagine cercando di offrire quel tipo di guida interpretativa dettagliata del testo che in precedenza aveva detto non sarebbe stata disponibile.
Anche nella stessa Roma, la Fiducia supplicans ha causato problemi. Si dice che il Cardinale Arthur Roche, Prefetto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, si sia lamentato del fatto che il suo dipartimento non è stato consultato sul testo, sulla sua pubblicazione o su come deve essere applicato, e che sono stati ampiamente riportati esempi di sacerdoti che sembravano benedire lo stesso. Le unioni sessuali hanno creato grattacapi al suo dipartimento.
A peggiorare le cose per Fernández, la sua capacità di tenere sotto controllo il suo primo grande progetto è stata ulteriormente ostacolata dalla riemersione di un libro del 1998. Quel testo, La Passione Mistica, una meditazione spesso esplicita sulla sessualità e la spiritualità, ha nuovamente costretto il cardinale a prendere le distanze dal suo lavoro precedente, dicendo pubblicamente che non avrebbe scritto una cosa del genere adesso, e non ne ha sostenuto la circolazione continuata. Oltre alle critiche al testo stesso, il libro ha anche sollevato nuove domande sull’idoneità di Fernández nel suo ruolo di prefetto, poiché in alcune parti mette in discussione la colpevole peccaminosità degli atti sessuali extraconiugali e in altre avanza una sessualizzazione potenzialmente problematica della spiritualità.
Ma, mentre Fernández si trova ad affrontare notevoli difficoltà personali, la preoccupazione più urgente per Papa Francesco potrebbe essere ciò che le crisi seriali del suo Prefetto del DDF significheranno per la sua stessa eredità. A 87 anni, Papa Francesco è, secondo ogni ragionevole aspettativa, negli ultimi anni del suo pontificato. Se la sua preoccupazione principale nel nominare un Prefetto del DDF era quella di consolidare la sua visione teologica, assicurandosi che durasse oltre il suo pontificato, Fernández potrebbe essere sulla buona strada per ottenere il risultato opposto.
Più di ogni altro papa, Francesco ha diversificato il Collegio cardinalizio, preferendo nominare cardinali provenienti da quelle che chiama “periferie globali”. Ironicamente, però, è in molte regioni periferiche, soprattutto in Africa, che l’opposizione alla Fiducia supplicans è stata espressa più acutamente, insieme alle critiche nei confronti di Fernández.
Lungi da far accettare l’eredità di Francesco, il suo Prefetto del DDF, sempre più incline agli scandali, potrebbe finire per creare una reazione negativa alla stessa. In tal caso, diventa questione di quanto tempo Francesco sarà disposto a mantenere in carica anche un amico e collaboratore di lunga data.

Fiducia supplicans non cambia l’insegnamento perenne della Chiesa
di Joseph Fred Naumann, Arcivescovo metropolita di Kansas City
The Leaven, 12 gennaio 2024

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il 18 dicembre 2023, io, insieme a probabilmente ogni altro vescovo del mondo, sono stato contattato dalla stampa secolare per commentare Fiducia supplicans (La fiducia supplicante) – una Dichiarazione redatta dal Dicastero per la Dottrina della Fede e approvata da Papa Francesco.
A differenza dei tempi precedenti, quando la Santa Sede era pronta a promulgare un documento potenzialmente importante e/o controverso, io, e presumo la stragrande maggioranza dei vescovi cattolici in tutto il mondo, non abbiamo ricevuto un testo sottoposto a embargo per permettermi di prepararmi a rispondere alle domande della stampa. Ho dato istruzione al nostro responsabile delle comunicazioni di non fare commenti finché non avessi avuto l’opportunità di studiare il testo.
Mi ha fatto piacere, quando ho letto con serenità e attenzione la Dichiarazione, di scoprire che la descrizione del documento fatta dai media secolari non era corretta. Il Dicastero per la Dottrina della Fede si è adoperato per chiarire che non è possibile per la Chiesa riconoscere i cosiddetti matrimoni tra persone dello stesso sesso. La Chiesa non può impartire la benedizione liturgica a un’unione di persone che non hanno la capacità o la libertà di contrarre matrimonio.
Nel caso delle coppie eterosessuali, queste possono non hanno la libertà di sposarsi, perché uno o entrambi sono vincolati da un precedente matrimonio. Nel caso delle persone dello stesso sesso, il matrimonio non è possibile, perché essi sono fisicamente incapaci dell’intimità sessuale complementare per la quale i nostri corpi sono progettati, né sono capaci di essere co-creatori di una nuova vita umana attraverso i loro tentativi di esprimere l’intimità sessuale.
La Fiducia supplicans chiarisce, che il matrimonio non è possibile per persone dello stesso sesso, né la Chiesa può impartire una benedizione liturgica ad un’unione fisica contraria alla legge morale e, nel caso di persone dello stesso sesso, al disegno e alla significato del corpo umano. L’insegnamento biblico e della Chiesa sulla moralità sessuale riguarda innanzitutto l’integrità. Nell’abbraccio coniugale i coniugi si donano fisicamente completamente l’uno all’altro. Ciò è vero solo se si sforzano di donarsi completamente l’uno all’altro in ogni aspetto della loro vita.
L’intimità sessuale della coppia può essere autentica solo quando i due si impegnano a vicenda – non solo per un momento o una stagione, ma per tutta la vita. Allo stesso modo, Dio non ha commesso alcun errore enorme quando ha dato all’uomo e alla donna, attraverso l’intimità sessuale, il potenziale per essere co-creatori con Dio di una nuova vita umana. È nell’alleanza matrimoniale, dove un padre ama la madre di suo figlio e una madre ama il padre di suo figlio e insieme amano il figlio – il frutto del loro amore – che fornisce l’ambiente ottimale per il benessere fisico, emotivo, psicologico e spirituale del figlio.
L’intimità sessuale al di fuori del patto matrimoniale tra un uomo e una donna non può essere autentica e del tutto onesta, perché non ricerca il bene dell’altro al di sopra di tutto, in particolare del proprio desiderio di piacere fisico. Gli attivisti per i diritti dei gay hanno fatto pressioni affinché la società laica garantisse loro lo stato civile. Questi stessi attivisti hanno anche chiesto alla Chiesa la benedizione delle unioni omosessuali come affermazione della correttezza della loro attività sessuale e come passo finale verso il riconoscimento coniugale delle loro relazioni.
Perché c’è tanta confusione intorno alla Fiducia supplicans, se si tratta di una riaffermazione dell’insegnamento tradizionale della Chiesa sul matrimonio?
Perché è stata espressa così tanta preoccupazione all’interno della Chiesa, se si tratta di una riaffermazione dell’insegnamento perenne e universale della Chiesa riguardo alla moralità sessuale e alla natura del matrimonio?
Perché il Dicastero per la Dottrina della Fede ha sentito il bisogno di dare un chiarimento sulla Fiducia supplicans a meno di due settimane dalla sua promulgazione?
Parte della confusione era il risultato del fatto che il dicastero aveva un’intera sezione nella Fiducia supplicans sulla “benedizione delle coppie in situazioni irregolari e delle coppie dello stesso sesso”. L’uso del termine “coppie” potrebbe essere inteso come l’accettazione di queste relazioni come equivalenti o prossime al matrimonio. Il termine “benedizione delle coppie dello stesso sesso” sembra abbracciare ciò che gli attivisti gay radicali hanno cercato.
Nel Comunicato chiarificatore del Dicastero per la Dottrina della Fede si afferma con forza che la Fiducia supplicans non ha modificato l’insegnamento dottrinale cattolico. Nel Comunicato si legge: “Per tale motivo, dato che la Chiesa ha da sempre considerato moralmente leciti soltanto quei rapporti sessuali che sono vissuti all’interno del matrimonio, essa non ha il potere di conferire la sua benedizione liturgica quando questa, in qualche modo, possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extra-matrimoniale”.
Sono d’accordo con il Dicastero che la Fiducia supplicans, propriamente intesa, non cambia l’insegnamento morale della Chiesa. Nessun dicastero vaticano né successore di Pietro può cambiare l’insegnamento biblico, l’insegnamento di Gesù stesso e il perenne insegnamento bimillenaria della Chiesa.
Il Comunicato stampa del 4 gennaio chiarisce, che i cambiamenti promossi dal documento non alterano l’insegnamento morale della Chiesa, ma cercano piuttosto di espandere la comprensione di una benedizione. Suggerisce di chiamare benedizioni pastorali e non benedizioni liturgiche le preghiere per le persone che cercano l’assistenza di Dio nel cambiare la loro vita.
In realtà, ciò che propone Fiducia supplicans è stata la comune pratica pastorale cattolica. Nessun sacerdote degno del titolo di “Padre” rifiuterebbe di offrire preghiere per uno o più persone che chiedono sinceramente aiuto spirituale per cambiare la propria vita in un modo conforme alla volontà di Dio.
Perché c’è stata una reazione così forte a un cambiamento che alcuni potrebbero considerare semplicemente semantico? La confusione riguardo alla Fiducia supplicans era prevedibile. Gli attivisti per i diritti dei gay dentro e fuori la Chiesa hanno chiesto la benedizione della Chiesa sulle unioni tra persone dello stesso sesso come passo necessario affinché la Chiesa si conformi definitivamente alla cultura e abbracci i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Le parole contano. Le definizioni contano. Fiducia supplicans ha confuso molte persone con il suo tentativo di espandere la comprensione della benedizione. Ciò che la Chiesa in precedenza poteva descrivere come una breve e spontanea preghiera di intercessione chiedendo allo Spirito Santo di assistere le persone che cercano di conformare la propria vita in modo più perfetto al Vangelo e all’insegnamento morale della Chiesa, è ora definita una benedizione pastorale.
Il Dicastero per la Dottrina della Fede definisce necessariamente breve la benedizione pastorale proposta, “di pochi secondi, senza Rituale e senza Benedizionale. Se si avvicinano insieme due persone per invocarla, semplicemente si chiede al Signore pace, salute e altri beni per queste due persone che la richiedono. Allo stesso tempo si chiede che possano vivere il Vangelo di Cristo in piena fedeltà e che lo Spirito Santo possa liberare queste due persone da tutto ciò che non corrisponde alla sua volontà divina e di tutto ciò che richiede purificazione”.
Chi si opporrebbe alla preghiera per uno o più persone come descritto dal dicastero? È l’insistenza sul fatto che questa preghiera di intercessione sia chiamata benedizione pastorale di una coppia dello stesso sesso che ha creato polemiche e confusione.
Credo che la grande eredità del pontificato di Papa Francesco sarà il suo spingere e spronare la Chiesa a cercare di portare Gesù a coloro che si trovano nelle periferie e che i Cattolici si aspettino di incontrare Gesù vivente in coloro che sono ai margini della società. Questa priorità di Papa Francesco è stata una benedizione per la Chiesa. Personalmente, penso che tentare di forzare una ridefinizione della benedizione in un modo che possa essere interpretato come un adattamento alla cultura woke non aiuta a portare avanti questa grande priorità pastorale.
Nell’arcidiocesi di Kansas City, esorto i nostri sacerdoti e diaconi a trattare tutti, compresi coloro che lottano con l’attrazione per lo stesso sesso, con il rispetto dovuto a una persona creata a immagine divina e per la quale Gesù ha dato la sua vita sul Calvario. Incoraggio tutto il nostro clero ad accogliere l’opportunità di pregare con e per chiunque cerchi di conformare la propria vita al Vangelo di Gesù e all’insegnamento morale chiaro e coerente della sua Chiesa. Esorto inoltre il nostro clero a essere vigile nel cercare di non creare mai confusione sulla vera natura del matrimonio o sull’insegnamento morale della Chiesa sull’amore autentico. Nella nostra cultura eccessivamente sessualizzata, ferita dalle tragiche conseguenze della cosiddetta rivoluzione sessuale, dobbiamo sforzarci di essere testimoni della gioia e della bellezza dell’amore casto coerente con il nostro stato di vita. Due eccellenti risorse per coloro che provano attrazione per lo stesso sesso e cercano di vivere castamente sono Courage e Desert Stream/Living Waters Ministry.

Postscriptum

Lo scempio attuale che stiamo vivendo, ha radici lontani, scrive Americo Mascarucci oggi su Stilum Curiae [QUI], considerando che l’occupazione del duomo di Parma del 14 settembre 1968 fu probabilmente insieme l’inizio del Sessantotto Cattolico e la certificazione del fallimento del Concilio Vaticano II, nel clima del grande disgelo fra cattolicesimo e marxismo di quegli anni, con l’opposizione alla guerra del Vietnam a fare da collante.
Il 10 gennaio 2024 Papa Francesco ha dato il benvenuto ai rappresentanti di Dialop transversal dialogue project, da 2014 «impegnati per la promozione del bene comune attraverso il dialogo tra socialisti/marxisti e cristiani. Un bel programma!». Una benedizione (non liturgica ma pastorale) del progetto volto a formulare un’etica sociale comune tra socialisti/marxisti, comunisti e cristiani, che possa proporsi come “nuova” narrativa. Ovvero, il vecchio anatema contro il capitalismo nella vulgata demonizzante del populismo latinoamericano.
Scrive Mascarucci: «Al pontefice Paolo VI, che tanto si era adoperato per portare a conclusione il Concilio e avviare la stagione del rinnovamento nella Chiesa, non restò che prendere atto di come l’apertura al mondo e alle istanze conciliari, fossero in realtà degenerate nel disordine e nel caos, ovvero in una grande tempesta molto diversa da quella primavera di rinnovamento che in tanti avevano auspicato. La Chiesa si ritrovò sul banco degli imputati da parte di giovani cattolici infatuati dalle contestazioni studentesche e che vedevano nelle gerarchie il braccio operativo della Democrazia Cristiana e dell’ordine politico ed economico costituito. La protesta degli studenti che occuparono la cattedrale fu causata dalla decisione della Curia parmense di accettare l’offerta di denaro di una banca locale per la costruzione di una chiesa, gesto questo che fu percepito come una prova della pericolosa collusione fra religione e capitalismo. La Chiesa doveva invece spogliarsi di tutti i suoi beni ed essere povera, perché era inaccettabile che “sfruttatori e sfruttati” sedessero insieme alla stessa mensa, avessero pari dignità nella casa del Signore. Parti così la rilettura in chiave marxista del Vangelo, nel nome di quella opzione preferenziale per i poveri che da legittima scelta pastorale diventava un dogma indiscutibile, da mettere in atto con scelte radicali (basti pensare che proprio su queste basi si sviluppò la Teologia della Liberazione che arrivò in alcuni casi a contemplare come legittima anche la lotta armata) e soprattutto con un odio nei confronti dei cosiddetti ricchi o benestanti, ma in alcuni casi anche contro quello stesso ceto medio oggi sempre più classificabile in zona povertà, colpevoli di non essere solidali con i poveri e meno abbienti. (…) L’occupazione del Duomo di Parma resta forse il punto di partenza di quell’ inverno della Chiesa e della fede che permane tuttora, insieme al ben più grave “incidente” di Bologna, che portò alle dimissioni dell’Arcivescovo Giacomo Lercaro a causa delle posizioni molto dure contro la guerra nel Vietnam che provocarono un caso diplomatico fra Stati Uniti e Santa Sede. È vero che Paolo VI e soprattutto dopo di lui Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno cercato di arginare il modernismo cattolico inteso come conversione al mondo, tentando di correggere tanti errori che dal Concilio sono nati e si sono originati, ma era oggettivamente impossibile estirpare la zizzania che ha continuato a proliferare e a diffondere i tanti errori».
Mascarucci ricorda che fu l’allora Arcivescovo metropolita di Firenze, Cardinale Ermenegildo Florit «a gestire con il pugno duro la questione dell’Isolotto che si sviluppò proprio in seguito all’occupazione del Duomo di Parma. Il parroco Don Enzo Mazzi e l’intera comunità si schierarono con gli occupanti, attaccando la Curia di Parma e la Chiesa stessa accusata di tradire il Vangelo in alleanza con il capitalismo. Don Mazzi fu rimosso e sospeso a divinis, ma continuò a predicare la sua idea di Vangelo marxista dalla comunità di base che fondò e che animò fino alla morte, promuovendo aborto, eutanasia, unioni gay, sostenendo la sinistra radicale e continuando a criticare la Chiesa che lo aveva infine ridotto allo stato laicale. Fra chi all’ epoca nella Curia fiorentina tentò di impedire la rimozione di Don Mazzi legittimando in parte le sue posizioni ci fu quello che con Giovanni Paolo II diventerà successore di Florit, ovvero il Cardinale Silvano Piovanelli. Il quale nel tentativo di ricomporre la frattura con Don Mazzi e la sua comunità si recò da arcivescovo all’Isolotto e davanti ai ribelli esclamò la famosa frase: “Grazie per esserci”. Una prova di come fosse oggettivamente impossibile rimettere in sesto la barca e di come l’arrivo di Fernández alla guida del Dicastero per la Dottrina della Fede, e l’epilogo di oggi con la benedizione delle unioni gay, fosse in fondo un finale già scritto ed in parte inevitabile».

Indice – Fiducia supplicans [QUI]

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