Il Papa ai detenuti: i vostro volti hanno lasciato in me un segno profondo

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Oggi sarai con me in paradiso. E il tema di riflessione della Via Crucis di Rebibbia per il 2012. Ma quest’ anno c’è qualcosa in più. Dopo la visita del Papa a dicembre scorso anche per la Pasqua Benedetto XVI ha voluto essere vicino a chi si prepara alla Settima Santa in carcere. Così è arrivata la sua parola. “Ricordo i volti che ho incontrato e le parole che ho ascoltato, e che hanno lasciato in me un segno profondo” si legge nel teso letto dal cardinale Vallini. Il Papa è stato particolarmente coinvolto dalla visita a Rebibbia anche perchè spesso si parla delle sofferenze dei detenuti nella sua “famiglia” . Lo aveva ricordato proprio nella visita pre natalizia: “Nella mia famiglia ci sono quattro memores, quattro consacrate laiche, che hanno molti amici che fanno volontariato in carcere. Con loro si parla spesso di voi, dei vostri problemi, e vi assicuro non in modo negativo.” La Via Crucis si è svolta nella piazza antistante alla cappella del carcere intitolata a “Dio Padre nostro”.

La croce è stata portata da 14 ospiti, mentre i commenti sonoaffidati a tre detenuti, ai volontari, agli operatori penitenziari e agli scout. Una occasione di rinascita perchè , scrive il Papa “il carcere serve per rialzarsi dopo essere caduti, per riconciliarsi con se stessi, con gli altri e con Dio, e poter poi rientrare di nuovo nella società.” E porta ad esempio le cadute di Gesù che ci fanno capire “che Lui ha condiviso la nostra condizione umana, il peso dei nostri peccati lo ha fatto cadere; ma per tre volte Gesù si è rialzato e ha proseguito il cammino verso il Calvario; e così, con il suo aiuto, anche noi possiamo rialzarci dalle nostre cadute, e magari aiutare un altro, un fratello, a rialzarsi.”

La forza di Gesù era la certezza dell’ amore del Padre che “lo consolava ed era più grande delle violenze e degli oltraggi che lo circondavano.” E per questo, conclude la sua riflessione il Papa “non abbiamo paura di percorrere la nostra “via crucis”, di portare la nostra croce insieme con Gesù. Lui è con noi. E con noi c’è anche Maria, sua e nostra madre. Lei rimane fedele anche ai piedi della nostra croce, e prega per la nostra risurrezione, perché crede fermamente che, anche nella notte più buia, l’ultima parola è la luce dell’amore di Dio.”

Significativa la data del messaggio: 22 marzo, un giorno prima della partenza per il viaggio in Messico e a Cuba dove il Papa ha pregato proprio per i detenuti davanti alla Madonna della Carità del Cobre. Nel suo cuore non c’erano solo i prigionieri di quel paese, ma anche i volti di quelli incontrati a Rebibbia pochi giorni prima di Natale. “Sull’onda della visita del Santo Padre a Rebibbia, sono state tante le adesioni quest’anno” ha detto Don Sandro Spriano, cappellano dell’Istituto di pena. “La nostra è una meditazione sul paradiso e alla celebrazione prendono parte circa trecento detenuti”.

Al termine della celebrazione sono state liberate tre tortore, quale gesto simbolico di pace.

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