7 gennaio. Muri bianchi, popolo muto… A volte ci vogliono anni, ma la verità verrà a galla

Condividi su...

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.01.2024 – Vik van Brantegem] – Oggi 10 anni fa, il 7 gennaio 2014, riportavo sul mio diario Facebook la foto riprendo in copertina: «Agisci oggi domani è tardi» (per dire: chi non agisce è complice), con il commento che riprendo nel titolo: «Muri bianchi, popolo muto…» (quindi, complice). Poi, oggi 11 anni fa, il 7 gennaio 2015, riportavo (in quei tempi postavo maggiormente in inglese… pensando, che era una lingua universale): «We speak not only to tell other people what we think, but to tell ourselves what we think. Speech is a part of thought» (Oliver Sacks). Tradotto: parliamo non solo per dire agli altri cosa pensiamo, ma per dire a noi stessi cosa pensiamo. La parola è una parte del pensiero.

Per coincidenza – ma sappiamo che il “per caso” non esiste – questa mattina 7 gennaio 2024, festa del Battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo, l’amico Andrea Paganini (curatore della meritevole Rassegna stampa sul Caso Becciu [QUI]) mi segnala il suo post Facebook, che riporto di seguito, e che calza perfettamente con quanto ho citato pocanzi, pensando anche alla calza per la Befana, che ci mette del carbone a chi non si comporta bene, in questo tempo di Epifania, che tutte le feste porta via [*].

Cosa manca nel Vaticano antigarantista?
di Andrea Paganini


Forse la spiegazione di un certo giustizialismo esasperato, populista, cieco e per questo paradossalmente e violentemente ingiusto, perché contrario a diritti umani fondamentali come quello alla presunzione di innocenza fino a prova contraria, è stata fornita da Karl Popper: «La tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi».
Ha commentato Antonella Serracchia: «La soluzione di questo paradosso, indistricabile sul piano teorico, si ritrova in realtà nella più pratica delle applicazioni democratiche: il sistema dei pesi e dei contrappesi, tutte quelle istituzioni che si spartiscono in maniera equa e bilanciata i poteri dello Stato: dalla basilare suddivisione tripartita di Montesquieu fino ad arrivare ai poteri più effimeri, come quello della stampa ad esempio, nel suo ruolo di cane da guardia del potere, o della società civile, libera di organizzarsi per contrastare le forze distruttive che provengono dal suo interno. Quando questi contrappesi vengono messi in discussione da istanze intolleranti, allora la società aperta deve attivarsi per “isolare” il gruppo che le porta avanti; non con la censura, ma attraverso mezzi democratici».
Credo che esattamente questo sia mancato nello Stato della Città del Vaticano che – manipolato da delinquenti mossi da fini inconfessabili? – ha appena condannato un innocente.

Indice – Caso 60SA [QUI]

[*] Da qui anche l’abitudine comune di togliere l’albero di Natale, gli addobbi natalizi e il Presepe “subito dopo la Befana”, che in realtà è la solennità dell’Epifania, per poter avere la casa “libera e pulita” il prima possibile, già il 6 gennaio o addirittura il 5 gennaio, prima ancora dell’arrivo dei Tre Re Magi.
Invece, a casa mia – che non è un negozio o un supermercato dove si deve sgombrare il tutto (lasciando i panettoni e i dolci natalizi invenduti in offerta…) subito, per poter preparare l’allestimento in previsione della prossima ricorrenza commerciale – non c’è fretta (come non c’era neanche per il montaggio già dai primi di novembre). Come rispetto il tempo per allestire l’albero di Natale e il Presepe (dalla I Domenica di Avvento in poi), rispetto anche il tempo per smontare il tutto (o quasi, come si vedrà).
Visto che il tempo liturgico del Santo Natale termina con la festa del Battesimo del nostro Signore Gesù Cristo, la prima domenica dopo l’Epifania, che quest’anno cade oggi 7 gennaio, l’albero di Natale e il Presepe dovrebbero rimanere almeno fino a quel giorno.
Ma soprattutto, il Presepe dovrebbe rimanere fino al 2 febbraio, la Candelora, il nome con cui è popolarmente nota la festa della Presentazione di Gesù al Tempio (Lc 2,22-39). Nella celebrazione liturgica si benedicono le candele, simbolo di Cristo «luce per illuminare le genti», come il bambino Gesù venne chiamato dall’anziano Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme, che era prescritta dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi. La festa della Presentazione del Signore al Tempio, che celebra l’incontro luminoso tra Gesù e l’umanità che lo attende. Nel riconoscimento del Messia da parte di Simeone e Anna c’è la conferma di una tenacia e di una ostinazione, nonostante la fragilità, che vincono su tristezze e desolazione: Simeone prese Gesù dalle braccia di Maria nelle sue, benedisse Dio e disse il Nunc dimittis, inno che si può paragonare ai più bei Salmi e che si prega ogni giorno nell’ufficio della sera, a Compieta, sin dal quinto secolo.
Nel calendario tridentino la festa è chiamata Purificazione della Beata Vergine Maria. Secondo l’usanza ebraica, che considerava una donna che partoriva un maschio impura per 40 giorni dopo il parto, trascorsi i quali doveva recarsi al Tempio di Gerusalemme per purificarsi (Lv 12,1-8). Invece, la riforma liturgica introdotta dopo il Concilio Vaticano II, ha voluto manifestare più chiaramente la centralità della figura di Cristo.
Quindi, rispettando le tradizioni autenticamente Cristiane, non puramente superficiale… e soprattutto commerciali (poi, per le colombe c’è tempo…), faccio così, fino al 40° giorno dopo Natale; anche se a casa mia, come in una piccola Betlemme, rimane sempre un piccolo Presepe esposto (foto sopra), simbolo della natività di Gesù, perché per me ogni giorno dell’anno è Natale, rinasce Gesù. Allo stesso modo in cui ho una Bibbia sempre intronato, per ricordarmi la sua Parola sempre.

Free Webcam Girls
151.11.48.50