Il Papa ha stabilito – alla vigilia della fine del processo Becciu – con “certa scienza e piena Sovrana autorità” i stipendi dei magistrati vaticani

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.12.2023 – Ivo Pincara] – «A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina» (Papa Pio XI). Detto da un Papa, chi lo oserà metterà in dubbio? Quindi, si fa peccato pensare che, un giorno sì e l’altro anche, c’è chi mette in giro delle voci, creando dei gialli a tavolini (con pettegolezzo e smentita), per distogliere l’attenzione del popolo da dossier molto più importanti (e qui certi ambienti vaticani e la loro controparte vaticanista “vont du pair”, come dicono i francesi). Ma si indovina bene.

Con la variante di andreottiana della massima di Papa Pio XI, Felice Manti apre il suo articolo Il Papa e i giudici promossi: stipendi e cittadinanza. Il caso in Vaticano: il contratto per Diddi e Pignatone arrivato a pochi giorni dalla condanna del Cardinale Becciu su Il Giornale di oggi [QUI]: «A pensar male si fa peccato: qualche volta ci si azzecca, stavolta no. Riesumare una massima di Giulio Andreotti è d’obbligo mentre si legge un provvedimento motu proprio firmato da Papa Francesco lo scorso 4 dicembre. (…)
Già. A distanza di pochi giorni dal verdetto che ha condannato a cinque anni e sei mesi Monsignor Angelo Becciu, Bergoglio ha deciso di promuovere al rango delle più alte gerarchie vaticane chi ha portato alla sbarra il monsignore e chi ne ha deciso la condanna, vale a dire Alessandro Diddi e Giuseppe Pignatone: «Il presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano e il Promotore di giustizia sono inquadrati retributivamente nella categoria dirigenziale C1, quale prevista dal Regolamento per il personale dirigente laico della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano del 22 ottobre 2012». Un livello che allinea i due ai responsabili di un Dicastero, ma che per loro presenta il vantaggio del possibile cumulo di redditi e pensioni al di qua del Tevere. Oltre allo stipendio, che non dovrebbe essere lontano dai 60mila euro l’anno esentasse in Italia, i due avranno diritto anche alla cittadinanza vaticana (con tutte le guarentigie che questa comporta) e a una serie di prebende”. (…)
Nel day after della condanna di Becciu per peculato, al netto della fumosità di alcuni passaggi del dispositivo che in sostanza certificano come l’ex potente cardinale non si sia messo in tasca nulla ma abbia solo avallato decisioni «benedette» altrove (…), l’amarezza in alcuni ambienti vaticani si è fatta sentire: sia per la gestione del processo troppo “spostata” sull’accusa, neanche fosse il Sinedrio, sia per la tempistica della sentenza (di sabato, proprio all’inizio della Novena di Natale). (…) resta lo stupore per un provvedimento legato a un caso che, come scrive Il Sismografo (lettissimo sito di vaticanerie che ieri ha annunciato la chiusura dopo 17 anni), “denuda una modalità singolare dell’esercizio del potere da parte di Papa Francesco”».

Importante la frase riportata da «una fonte che ha seguito tutte le udienze»: «E chi pensa che in appello la condanna possa ridursi dovrebbe studiarsi la riforma del sistema giudiziario concepita dal Papa», proprio in previsione dell’appello di Becciu.

Poi, scrive Felice Manti: «Ma quasi tutte le fonti contattate dal Giornale fanno spallucce sulla legge motu proprio, come fosse tutta una spiacevole coincidenza. “Se guardiamo ai tempi biblici del Vaticano, la decisione probabilmente è stata decisa mesi prima – ammette un vaticanologo – escludo che Pignatone e Diddi si siano fatti condizionare da qualche spicciolo o dalla lusinga della cittadinanza”. Essendo certamente “vaticanologo” come lui, mi permette di disagrire: senza ombra di dubbi, la sentenza è stata decisa mesa prima e il dispositivo che è stato letto in Aula era quello previsto. Poi, i stipendi concessi (per un’attività partime comunque come fosse fulltime) non sono spiccioli. Sarebbe anche interessante poter sapere quanto costa l’apparato giudiziario vaticano e, in particolare, quanto ha costato il processo Becciu, indagini e istruttoria incluse (sempre pagato con le offerte dei fedeli). Inoltre, sull’indifferenza per la “lusinga” non scommetterei.

Infine, chi commenta che «non è nello stile di Bergoglio, al massimo avrebbe detto che hanno fatto il proprio dovere», si sbaglia di grosso e non sa un bel niente di cui parla.

Giustizia vaticana, quanto vengono retribuiti i giudici?
Alla vigilia della fine del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, Papa Francesco con un motu proprio stabilisce il compenso di magistrati e promotori di giustizia
di Andrea Gagliarducci
ACI Stampa, 18 dicembre 2023


Il motu proprio numero 62 di Papa Francesco è stato firmato lo scorso 4 dicembre, ed è una legge, la DCXXVI (626) che definisce il trattamento economico e dei magistrati ordinari e dei membri dell’ufficio del Promotore di Giustizia dello Stato di Città del Vaticano. Nel motu proprio, il Papa parifica questi magistrati a dirigenti secondo il Regolamento Generale della Curia Romana, e stabilisce che il governatorato si fa carico anche della pensione non maturata di magistrati e promotori.
Si tratta di un motu proprio breve, di soli nove articoli, e colpisce per due ragioni.

La prima: magistrati e promotori di giustizia vaticani lavorano solo part time nel tribunale, e questo nonostante una richiesta del Consiglio di Europa di avere almeno uno dei membri del Tribunale e dell’ufficio del promotore full time, cioè completamente dedicato al sistema vaticano. Dopo che aveva accettato questa richiesta, Papa Francesco aveva ulteriormente cambiato l’ordinamento giudiziario vaticano, con quello che alcuni osservatori consideravano un passo indietro, ma che di fatto certificava una situazione ibrida nel tribunale vaticano, con promotori di giustizia che operano come avvocati in Italia ed ex pm diventati giudici in Vaticano. Se tutti hanno un lavoro, allora a cosa serve definire uno stipendio come se invece il loro incarico sia esclusivo con il Vaticano?

Il secondo motivo è che c’è sempre stata una indennità. La legge Quo Civium Iura del 1987 precisava, riguardo all’indennità, che “spetta alla Pontificia Commissione per lo Stato di Città del Vaticano stabilire la misura dell’indennità”, e che “quelli che ricevono uno stipendio come dipendenti di ruolo della Sede Apostolica o dello Stato di Città del Vaticano ricevono una indennità dimezzata”.

Della legge del 4 dicembre scorso colpisce anche il linguaggio, perché il Papa delibera con “certa scienza e piena Sovrana autorità”, come se la decisione pontificia non fosse di tipo amministrativo, ma di tipo dogmatico. Il Papa sottolinea che “l’esercizio della funzione giudiziaria, in nome del Sommo Pontefice, da parte dei magistrati dello Stato presuppone e richiede un inquadramento complessivo rispettoso della competenza e della dignità professionale, anche sotto il profilo retributivo e del trattamento di quiescenza al fine di consentire a questi l’amministrazione della giustizia, in modo sereno, effettivo ed efficace”.

Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano e il Promotore di Giustizia sono dirigenti di categoria C1, la più alta prevista dal Regolamento per il Personale Dirigente Laico della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano del 22 ottobre 2012. Secondo le tabelle retributive di base più recenti risalenti al 2014, il livello C1 ha una retribuzione mensile di 3.649,50 euro.

Il presidente aggiunto del Tribunale è invece un dirigente C2 (3.138,57 al mese), mentre magistrati ordinari del Tribunale e dell’ufficio del promotore di giustizia sono dirigenti di tipo C3 (2919,60 euro al mese).

Nel motu proprio, Papa Francesco specifica che l’inquadramento include lo stipendio base, l’aggiunta speciale di indicizzazione, indennità dirigenziale, indennità di trasferta e gettone di presenza secondo il calendario vaticano.

Ci sono anche norme più tecniche, per esempio su come è calcolata l’indennità dirigenziale. Ma soprattutto, si spiega che “non può prevedersi alcuna distinzione tra regime di impiego a tempo pieno e a tempo parziale”. In pratica, non conta che i magistrati possano avere altri impieghi, il Vaticano considera sempre loro a tempo pieno, e quindi a loro viene sempre garantito trattamento di fine servizio e pensione.

L’articolo 7 della legge stabilisce che la pensione dei magistrati conta l’80 per cento dell’ultima retribuzione, e viene erogata quando la persona interessata ha almeno quindici anni di servizio.

Non solo. Si legge nel motu proprio che “la decorrenza del regime pensionistico deve computarsi a far data dalla prima nomina in qualità di magistrato ordinario, aggiunto o applicato e del servizio conseguentemente prestato”, ma  “la copertura degli oneri relativi al periodo antecedente all’entrata in vigore della presente legge rimane a carico del Governatorato”.

Inoltre, “il Governatorato, con oneri a proprio carico, garantisce – mediante la stipula, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, di apposita polizza assicurativa – la copertura, ai fini della liquidazione della pensione nella misura di cui sopra, tra il periodo di servizio effettivamente prestato e la eventuale cessazione dall’ufficio prima del quindicesimo anno per ragioni diverse dal raggiungimento dei limiti di età”.

La legge è entrata immediatamente in vigore all’atto della pubblicazione, cioè il 4 dicembre, proprio alla vigilia delle ultime udienze del processo sulla gestione dei fondi vaticani. È una legge che, di fatto, professionalizza i magistrati vaticani, ma senza alla fine legarli al loro ufficio. Va ricordato che precedentemente Giuseppe dalla Torre, quando era presidente del Tribunale, aveva solo una indennità simbolica.

Colpisce alla fine che, in un tempo di crisi economica, si decida di stabilire uno stipendio regolare e dirigenziale per i magistrati vaticani, non chiedendo però loro di impegnarsi a tempo pieno nel sistema giudiziario vaticano. Intanto, il processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato è durato due anni anche perché le udienze potevano essere al massimo tre alla settimana, e tra rinvii, testimoni mancati e ferie non sembra si potesse fare di meglio.

Foto di copertina: Papa Francesco e il Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Giuseppe Pignatone.

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