Il Caso 60SA nel giorno di San Nicola. Che trionfino la Legalità e la Giustizia in Vaticano! Che si riconosca la Verità!

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.11.2023 – Ivo Pincara] – Oggi 6 dicembre 2023, è un giorno importante al Tribunale di prima istanza dello Stato della Città del Vaticano per il “caso 60SA”, ovvero il “processo Becciu”. Nella ottantaduesima Udienza del processo per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato ([Procedimento penale n. 45/2019 RGP vaticano) interverranno i difensori del Cardinal Becciu per la seconda parte della loro arringa. In tutto, mancano 6 udienze alla fine del processo, che dovrebbe arrivare a sentenza intorno alla metà di dicembre.

Cardinale Giovanni Angelo Becciu.

Dopo tre interminabili anni di calvario per loro assistito, nella prima parte della loro arringa il 22 novembre scorso, hanno smontano pezzo dopo pezzo il processo mediatico che tanto danno ha arrecato al cardinale, ai suoi familiari in Sardegna e alla sua Diocesi di Ozieri di origine, a tutta la Chiesa e al popolo di Dio. Coloro che hanno ordito tutto questo, dovranno rispondere davanti a Dio, per aver messo in pericolo il salus animarum. Dal punto di visto umano attendiamo solo che la Verità viene a galla e che la Giustizia ristabilisca la Legalità nello Stato della Città del Vaticano.

San Nicola di Bari.

Oggi, provvidenzialmente, è anche la festa di San Nicola, uno dei santi più venerati ed amati al mondo. Nata a Patara nella Licia, Asia Minore (attuale Turchia) – sola una lettera di differenza con Patada nella Sardegna, luogo di nascita del Cardinale Angelo Becciu – è il santo della carità, che è il “miracolo” più grande che nasce dalla fede: prendersi cura degli ultimi, del prossimo in genere, oggi è il messaggio più profetico e rivoluzionario che ci lascia San Nicola. Divenne Vescovo di Mira in un tempo di persecuzione e dovette affrontare anche la prigionia: si salvò grazie alla libertà di culto concessa dall’Editto di Costantino nel 313 (In hoc signo vinces). La tradizione gli attribuisce un’attenzione particolare nei confronti dei bisognosi. Il suo nome viene dal greco e significa “vittoria del popolo”. Il suo emblema è un bastone pastorale, tre sacchetti di monete (tre palle d’oro) e un libro. Il Martirologio Romano lo chiama «celebre per la sua santità e la sua intercessione presso il trono della grazia divina». Quindi, oggi lo invochiamo con particolare insistenza per la vittoria della Legalità e la Giustizia in Vaticano, con l’assoluzione per chi è innocente, in primis Cardinal Becciu e Monsignor Carlino. Che si riconosca la Verità!

In attesa della cronaca dell’Udienza odierna, riportiamo quattro contributi:

  • Il processo vaticano, ormai terminando, è un ricordo di cose che pensavamo fossero passate di John L.Allen Jr. pubblicato su Crux del 6 dicembre 2023
  • Il caso della «vecchissima Mazda Demio, una delle poche ancora in circolazione, in condizioni da “Io speriamo che me la cavo”» del Cardinal Becciu e il trafiletto de L’Espresso
  • Vaticano, il processo anomalo delle “prime volte”. Per il Card. Becciu l’unico atto di giustizia è l’assoluzione di Mario Nanni pubblicato su Beemagazine.it del 24 novembre 2023
  • Il Cardinale Angelo Becciu, 75 anni, sotto processo pubblicato su The Moynihan Letters from the Dairy of Robert Moynihan – Lettera N.176 del 5 dicembre 2023
Il Cardinale Giovanni Morone (1509-1580), simbolo delle contraddizioni e dei conflitti che attraversarono la Chiesa Cattolica nel corso del XVI secolo, come pure delle diverse strategie e degli opposti atteggiamenti da questa adottati di fronte alla Riforma. Anche per questo le emblematiche vicende del Cardinal Morone sono state a lungo taciute, travisate, mistificate.

Il processo vaticano, ormai terminando, è un ricordo di cose che pensavamo fossero passate
di John L. Allen Jr.
Crux, 6 dicembre 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Nella galassia del cattolicesimo italiano, Alberto Melloni e Sandro Magister forse non sono proprio materia e antimateria, ma sicuramente non sono sullo stesso pianeta. Melloni è uno storico e saggista progressista, esponente della “Scuola di Bologna” e della sua lettura liberale del Concilio Vaticano II, mentre Magister, giornalista influente, è voce dell’ala conservatrice e tradizionale della Chiesa. Quando Melloni e Magister si mettono d’accordo su qualcosa, quindi, si può essere ragionevolmente sicuri che vada oltre la politica. Anche Melloni e Magister sono figure veterane, che hanno più che macinato chilometri per sapere di cosa stanno parlando.

Tutto ciò mi viene in mente alla luce di un saggio pubblicato lunedì da Melloni [QUI], che fa eco a un punto sottolineato per la prima volta da Magister lo scorso maggio: vale a dire che la nuova legge fondamentale per lo Stato della Città del Vaticano, emanata da Papa Francesco il 13 maggio 2023, contiene una normativa assolutamente senza precedenti, la rivendicazione dell’autorità temporale del pontefice. Il Papa, afferma il documento, è “chiamato ad esercitare in forza del munus petrino poteri sovrani anche sullo. Stato della Città del Vaticano”.

Quando il testo apparve per la prima volta, Magister scrisse che «in realtà, nella dottrina della Chiesa cattolica, il munus petrinum che Gesù ha conferito al primo degli apostoli non ha nulla a che vedere con alcun potere temporale». Egli lo appoggiò con un appello alla storia, sottolineando che il papato esistette per almeno otto secoli senza alcun territorio proprio, e continuò anche ad esercitare il suo ministero tra il 1870 e il 1929, quando ancora una volta si trovò privo di uno Stato su cui esercitare la propria influenza.

Lunedì Melloni è stato più caustico nella sua analisi. «Nemmeno i più tenaci difensori del potere temporale hanno mai sostenuto che esso sia stato conferito a Pietro coerentemente con il primato e l’infallibilità definiti dal Concilio Vaticano I», ha scritto Melloni. «Nessuno è riuscito a capire chi fosse lo sconsiderato canonista che portò [il documento] alla firma del Papa, con una formula (…) che va oltre la figura dello stesso Papa-Re, in cui c’era almeno un trattino».

Il motivo per cui Melloni è tornato sull’argomento ora è alla luce dell’imminente conclusione del “processo del secolo” del Vaticano, che è attualmente nella sua fase finale, con un verdetto atteso entro la metà di questo mese.

In effetti, osservatori come Melloni e Magister suggeriscono che il processo e le sue vicissitudini rappresentino una riaffermazione di un potere temporale praticamente assoluto da parte del papato – non l’autorità spirituale di governare la Chiesa cattolica, che è una questione di fede, ma il potere civile di governare uno stato, il che è un incidente della storia – con conseguenze potenzialmente di vasta portata e pericolose, indipendentemente da ciò che la corte decide.

L’imputato principale del processo è il Cardinale Angelo Becciu, ex Sostituto della Segreteria di Stato, di fatto Capo di gabinetto del Papa, accusato di vari crimini finanziari legati a tre affari distinti: in primo luogo, l’acquisto da parte della Segreteria di Stato di un ex magazzino di Harrod’s a Londra per 400 milioni di dollari; secondo, il trasferimento di circa 150.000 dollari a un ente di beneficenza cattolico in Sardegna gestito da suo fratello; e in terzo luogo, il pagamento di circa 600.000 dollari per la liberazione di una suora missionaria rapita in Mali da militanti islamici.

Oggi gli avvocati di Becciu dovrebbero concludere le loro arringhe finali, dopo aver già insistito sull’innocenza del loro cliente e chiesto che fosse assolto da ogni capo di accusa.

A meno che alla fine non tiri fuori un coniglio dal cilindro, il pubblico ministero Alessandro Diddi, un avvocato laico italiano che funge da Promotore di Giustizia del Vaticano, sembra non essere riuscito a produrre prove che Becciu abbia tratto alcun vantaggio finanziario dalle transazioni contestate – anzi, una recente notizia italiano ha indicato che Becciu gira per Roma su una sgangherata Mazda Demio, così vecchia che in realtà vale meno di quanto costerebbe rottamare l’auto.

Più preoccupante, tuttavia, è l’accusa avanzata dagli avvocati difensori e da altri osservatori secondo cui il processo è stato afflitto fin dall’inizio da irregolarità procedurali. Includono una serie di decreti papali ad hoc che hanno favorito l’accusa a tal punto da sollevare seri dubbi sul giusto processo, probabilmente in contrasto sia con l’insegnamento sociale cattolico che con le convenzioni internazionali sui diritti umani alla giustizia, che la stessa Santa Sede ha sottoscritto.

In parole povere, la denuncia è che Francesco sta agendo in base al principio notoriamente articolato da Richard Nixon sulla scia del Watergate, incanalando la convinzione dei pretendenti al potere incontrollato nel corso dei secoli: «Quando lo fa il Presidente, significa che non è illegale».

Meloni suggerisce che l’unico vero parallelo con ciò che sta accadendo oggi risale a quasi 500 anni fa, quando Papa Paolo IV nel 1557 fece imprigionare il Cardinale Giovanni Morone a Castel Sant’Angelo a Roma e processarlo con l’accusa di eresia per la sua presunta simpatia per i luterani.

Allora come oggi, il processo fu caratterizzato da anomalie procedurali, poiché Paolo IV autorizzò i pubblici ministeri a ignorare anche le leggi che regolavano la condotta dell’Inquisizione per costruire il loro caso, compreso l’uso dell’intimidazione dei testimoni. Allora come oggi, gli ingranaggi della giustizia si muovono lentamente, poiché Morone ha trascorso più di due anni dietro le sbarre prima di essere scagionato, proprio come quando Becciu è stato incriminato per la prima volta nel luglio 2021.

Allora come oggi, il Papa ha cercato di assicurarsi che il cardinale sul banco degli imputati non potesse diventare il suo successore. Proprio mentre Francesco privava Becciu dei suoi privilegi cardinalizi, compreso il diritto di partecipare al prossimo Conclave, Paolo IV emanò nel 1559 un decreto, Cum ex apostolatus officio, in cui si affermava che un sospetto eretico non poteva essere eletto, e che tutti sapevano era diretto a Morone.

Resta da vedere se Becciu riceverà la stessa rivendicazione che venne per Morone, che fu riabilitato sotto il successore di Papa PaoloIV, Pio IV, e continuò a servire come delegato papale alle sessioni di chiusura del Concilio di Trento, dove fu accreditato di aver contribuito a portare il Concilio a una conclusione positiva.

La caratteristica comune più basilare in entrambi i casi è il contrasto tra l’autorità pastorale del Papa come Capo della Chiesa universale e il suo potere temporale come Sovrano civile – con quest’ultimo esercitato in modi apparentemente abusivi, che possono finire per compromettere la credibilità morale della prima.

Non importa come deciderà la Corte, ha scritto Melloni, «la Chiesa non ne uscirà più umile, ma più umiliata».

Di tutte le ironie dell’era di Francesco, forse la più imponente potrebbe essere che un Papa che ha investito così tanta energia nel tentativo di far avanzare la Chiesa potrebbe finire per essere ricordato per averla effettivamente portata indietro, almeno per quanto riguarda il suo potere temporale. interessato – un ricordo, in effetti, di cose che pensavamo fossero passate.

Il caso della «vecchissima Mazda Demio, una delle poche ancora in circolazione, in condizioni da “Io speriamo che me la cavo”» del Cardinal Becciu e il trafiletto de L’Espresso

Il Cardinale Angelo Becciu, 75 anni, accusato nel “processo del secolo” del Tribunale di prima istanza dello Stato della Città del Vaticano per appropriazione indebita, guida una Mazda Demio del 2001, quindi vecchio di 22 anni, per le strade di Roma.

L’Espresso e il Cardinal Becciu
Voce Alta, 1° dicembre 2023


In Vaticano sta per giungere al termine un processo di portata epocale: è la prima volta nella storia della Chiesa, infatti, che un Cardinale – S.E. Giovanni Angelo Becciu – viene giudicato da un tribunale laico. Per ritrovare un simile esempio dobbiamo andare indietro di cinque secoli fino ad arrivare alla figura del Cardinale Giovanni Morone, che tuttavia si trovò imputato davanti a una commissione composta unicamente da suoi confratelli porporati.

La scorsa settimana è stata infatti la volta delle arringhe proprio dei difensori del Cardinal Becciu, mentre il porporato – che durante tutto il processo ha preferito rimanere in silenzio – ha concesso una intervista in esclusiva al TG1, per affermare la sua innocenza e spiegare che l’obiettivo del suo impegno è stato sempre il bene della Santa Sede, mai l’arricchimento personale o dei suoi parenti.

A una iniziale fase scandalistica, con la tradizionale «bomba mediatica» esplosa durante i primi atti del processo, sta seguendo adesso un ridimensionamento della vicenda, a seguito di un dibattimento che sembra aver messo in crisi il teorema accusatorio prodotto dai Promotori di Giustizia (l’equivalente vaticano dell’italiano pubblico ministero).

Tra chi si è dovuto ricredere sul Cardinal Becciu e sull’intero caso c’è anche l’autorevole settimanale L’Espresso. Il periodico era stato infatti tra coloro che più avevano tambureggiato contro l’alto prelato, denunciando presunti scandali e trame affaristiche poi in realtà dissoltesi.

A distanza di due anni dallo scoppio di cui parlavamo prima, è lo stesso settimanale a pubblicare – sebbene in un trafiletto – una notizia che, stando alla recente narrazione sull’Eminenza, lascia stupefatti: l’uomo dei presunti affari milionari, considerato da alcuni al centro di rilevanti speculazioni, in realtà guida una macchina che vale meno dei soldi necessari a rottamarla.
Sul settimanale si legge infatti di una «vecchissima Mazda Demio, una delle poche ancora in circolazione, in condizioni da “Io speriamo che me la cavo”». Condizioni che portano anche l’autore dell’articolo a sottolineare una certa dissonanza con le accuse al Cardinale di «essersi arricchito perseguendo il vantaggio personale».

«Un’auto vecchissima in condizioni da “io speriamo che me la cavo”. Il proprietario è uno che il Vangelo lo prende davvero sul serio (fra l’altro non ha né una villa, né una casa, né un appartamento). Dopo aver montato la più violenta campagna diffamatoria della storia per mettere in croce un innocente con menzogne e calunnie, L’Espresso – ohibò! – o non sa proprio come riempire le proprie pagine o è cascato dal pero… sulla via di Damasco. PS: suvvia, Diddi, un po’ di realismo!» (Andrea Paganini – Rassegna stampa sul “caso Becciu” [QUI]).

«Certo pensare che L’Espresso si riduca ad un piccolo trafiletto per ripulirsi dopo aver “omaggiato” il Cardinale’ con ben sette copertine, più di quante non ne abbia dedicato a Totò Riina e a Matteo Messina Danaro, fa riflettere sulla qualità del giornalismo d’inchiesta del duo Damilano-[Omissis]. Una vera patacca sotto l’ideologia del “Servizio alla Chiesa povera di Francesco”!» (Mario Becciu).

Vaticano, il processo anomalo delle “prime volte”
Per il Card. Becciu l’unico atto di giustizia è l’assoluzione
di Mario Nanni
Beemagazine.it, 24 novembre 2023


Altro che “processo del secolo”, come pomposamente alcuni media lo hanno definito, indulgendo a pigri meccanismi classificatori, senza andare al fondo delle cose. Questo, più concretamente e visibilmente, è il processo basato sull’inchiesta anomala delle prime volte.

È la prima volta che un principe della Chiesa, in questo caso Sua Eminenza Giovanni Angelo Becciu, prima Sostituto della Segreteria di Stato poi Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, finisce sotto processo. È la prima volta che un cardinale viene giudicato non da cardinali o comunque uomini di Chiesa ma da giudici laici, pur sottostanti alle leggi vaticane.

La prima volta che si imbastisce – forse nel proposito di chi lo ha costruito – una sorta di maxi processo, per reati molto diversi tra loro: infatti non c’è solo il Cardinale Becciu ma altre nove persone, e le imputazioni sono diverse, con buona pace delle regole aristoteliche dell’unità di tempo, di luogo e di azione.

E ancora come sottolineato nella loro arringa dagli avvocati del Cardinale, Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione: è la prima volta che il teorema accusatorio viene costruito sulla base di manovre orchestrate da personaggi estranei al processo stesso ma che hanno lavorato in concorso tra di loro per montare accuse infamanti quanto inverosimili, spingendo quello che era stato il principale collaboratore di Becciu, Mons. Alberto Perlasca, a scrivere un memoriale accusatorio verso il cardinale.

Le udienze hanno dimostrato senza ombra di dubbio il lavorio nell’ombra di discussi personaggi di dubbia credibilità, avendo avuto, in qualche caso a che fare con la giustizia vaticana riportando anche condanne (e quindi tecnicamente pregiudicati). E questa è forse un’altra anomalia, la più grave, perché ha inquinato tutto il processo ma ne ha al tempo stesso rivelato l’inconsistenza dei rilievi mossi al cardinale.

In un “dizionario del processo” in corso di stampa racconterò per filo per segno queste manovre: una delle “voci” alfabetiche è “anziano magistrato”, Una delle bufale di questo processo, ma rivelatasi una manovra inquinante: Mons. Perlasca, una specie di personaggio pirandelliano in quanto c’è un Perlasca uno e un Perlasca due. Il primo, fedele collaboratore di Becciu. Il secondo, indotto a scrivere, su ispirazione-istigazione e sostanzialmente sotto dettatura, una serie di accuse, illazioni, cattiverie sul cardinale e qualche zelante le ha soffiate perfino all’orecchio del Papa. In dibattimento si è scoperto che questo “anziano magistrato”, che consigliava Perlasca su che cosa mettere nel memoriale, in realtà non era anziano, non era magistrato e non era neanche un uomo: sotto le sue mentite spoglie si celava Francesca Immacolata Chaouqui. Lei stessa, ascoltata dal Tribunale, se n’è quasi gloriata.

Le accuse a Becciu – peculato, distrazione di fondi – sono cadute a una a una durante il dibattimento e tuttavia Il Promotore di Giustizia (così in Vaticano si chiama quello che in Italia è il pubblico ministero) le ha tenute in non cale, perché non collimavano con il suo impianto accusatorio costruito su teoremi e petizioni di principio. E tutti sappiamo dai nostri studi scolastici di logica che le petizioni di principio partono da un assunto: affermano per vere cose che invece debbono essere dimostrate.

Ecco, questo è il punto: le accuse mosse al Cardinal Becciu, e scagliate contro l’imputato come metaforici proiettili, non hanno retto al vaglio del dibattimento. Ma il Promotore, ripetiamo, ha esercitato verso le risultanze favorevoli all’imputato un oggettivo meccanismo di rimozione. Se Fogazzaro avesse potuto, grazie alla macchina del tempo, assistere a questo processo avrebbe parlato di “arte insolente della sordità”. Della sordità, si capisce, rispetto alle lampanti dimostrazioni che Becciu non è il personaggio che il promotore ha tentato di dipingere, con accenti e lessico, spesso più in punto di morale che in punto di diritto, talora oltre i limiti posti dalla civiltà giuridica e dal rispetto dall’imputato.

Becciu non ha messo in tasca un centesimo, tantomeno si è arricchito, e alla fine la stessa accusa ha dovuto ammetterlo, non contestando alcunché sul punto al cardinale. I soldi dati alla Caritas di Ozieri, com’è chiaramente emerso, sono stati impiegati per fini umanitari e caritativi. E allora, si vuole far pagare al Cardinal Becciu il semplice fatto che a capo della Cooperativa Spes, da anni braccio operativo della Caritas della Diocesi di Ozieri, sia stato presidente, peraltro a titolo gratuito per molti anni, il fratello Antonino?

Ma quel che ha colpito in questo anomalo processo (noi per rispetto non ripetiamo altre definizioni che ne sono state date: una sceneggiata; un giornale americano addirittura: una farsa) perché rispettiamo il Tribunale e rispettiamo il Promotore di Giustizia. E arriviamo, si fa ovviamente per dire, perfino a capire il suo comportamento processuale: trovarsi in un cimento processuale che non gli capiterà forse mai più – essere l’accusatore nientemeno di un cardinale, di un personaggio ai vertici della Chiesa – lo ha quasi galvanizzato, e quindi ha messo tutto il suo impegno e il suo zelo accusatorio (facendo inorridire Talleyrand, che raccomandava: e soprattutto niente eccessi di zelo). Epperò, che cosa è successo alla fine? Che l’accusatore vedendo la mancanza di prove concrete che corroborassero le sue accuse ha scelto la via del teorema, della costruzione logica che apparentemente sembrava non fare una piega ma che in realtà si è rivelata un pallone che con un colpo di spillo si è sgonfiato clamorosamente.

Per questo, nelle arringhe durate sei ore, gli avvocati difensori Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione hanno rivolto al tribunale questa richiesta: avete processato un innocente, ora per il Cardinal Becciu è arrivato il momento di assolverlo.

In una recentissima intervista al Tg1, in esclusiva mondiale (il cardinale si è sempre astenuto dal fare dichiarazioni mentre era in corso il dibattimento), Becciu ha confermato con serenità ma con fermezza la sua innocenza, ha respinto tutte le accuse mossegli, si è dichiarato fiducioso e ha ricordato che lo stesso Pontefice gli ha sempre espresso fiducia.

In realtà Papa Francesco, che, come Capo dello Stato vaticano e quindi primo magistrato, ha dato l’ok a che si aprisse questo processo (il cardinale lo ha anche ringraziato), non solo a Becciu, ricordiamo ma ad altri nove persone con imputazioni e vicende tra di loro diverse, in una intervista alla radio spagnola Cope, emittente della Conferenza Episcopale, aveva detto: “Voglio con tutto il cuore che sia innocente. È stato un mio collaboratore e mi ha aiutato molto. È una persona di cui ho una certa stima come persona, quindi il mio augurio è che ne esca bene. Voglio che ne esca bene”.

Alla fine, ci permettiamo di aggiungere, la giustizia trionferà pure, l’innocenza sarà riconosciuta, ma per il Cardinal Becciu sottoposto a un procedimento doloroso e basato sul nulla, questo processo, con la conseguente gogna mediatica infamante quanto inverosimile che ne è seguita, è stato una sofferenza ingiustamente patita, già una pena ingiustamente inflitta.

Il Cardinale Angelo Becciu, 75 anni, sotto processo
The Moynihan Letters dal Diario di Robert Moynihan
Lettera N.176, martedì 5 dicembre 2023

(Dall’introduzione, nella nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il processo è prossimo alla fine… Ecco quindi, la situazione.

Siamo negli ultimi giorni del “processo del secolo” vaticano durato più di due anni e quattro mesi (il processo è iniziato il 27 luglio del 2021, più di 28 mesi fa). Ma l’indagine che ha portato al processo è iniziata a metà del 2018, più di cinque anni fa. In questo processo, per la prima volta in 500 anni (!), un cardinale della Chiesa – il Cardinale Angelo Becciu, 75 anni – viene processato, e, per la prima volta, non davanti a giudici che sono anche cardinali, ma davanti a funzionari laici.

Il verdetto finale, colpevole o innocente, è atteso per il 14, 15 o 16 dicembre, quindi negli ultimi giorni della prossima settimana. Quindi, mancano otto o dieci giorni alla fine del processo. Proprio dietro l’angolo, per un processo che dura da quasi due anni e mezzo.

I tanti misteri del “processo del secolo”

Eppure, anche se il processo si avvia alla conclusione, rimangono molti misteri: misteri sulle accuse, sui testimoni, sulle testimonianze rese, su dove sono finiti i soldi, su chi è responsabile delle perdite e… sul motivo per cui si tiene questo processo…

Quindi ora farò uno sforzo per cercare di far luce, forse, su questo processo e sui suoi numerosi misteri.

Penso che sarete d’accordo che questa storia ha tutti gli elementi di un thriller poliziesco, con molti colpi di scena, un po’ come il film Oceans Eleven, con un cast corale, soldi falsi, videocassette false e attori famosi tra cui George Clooney, Matt Damon, Andy García, Brad Pitt, Julia Roberts, Casey Affleck, Scott Caan, Elliott Gould, Bernie Mac e Carl Reiner…

Forse il brillante e volubile genio finanziario vaticano, ora in disgrazia – ma non accusato di alcun crimine, perché è diventato il testimone chiave della Procura vaticana contro gli imputati, soprattutto contro il suo ex capo, il Cardinal Becciu – Monsignor Alberto Perlasca (che ha firmato alcuni assegni), potrebbe essere interpretato da Matt Damon, e forse poi il Cardinal Becciu (che per molti anni è stato il fidato braccio destro di Papa Francesco) potrebbe essere interpretato da… George Clooney?

Una confessione preliminare…

Devo fare una premessa confessione: non ho seguito da vicino questo processo per tutti i quasi tre anni dal suo inizio… Ho cominciato a concentrare la mia attenzione su di esso solo negli ultimi mesi. Quindi, sono meno informato sui dettagli di questo processo rispetto ad altri giornalisti e osservatori, che hanno seguito la questione per anni. Pertanto, tralascerò (inevitabilmente) alcuni punti e forse commetterò qualche errore (speriamo non troppi)…

Quindi, attingendo ai resoconti di altri giornalisti e aggiungendo poi ciò che dicono in base alla mia lettura delle testimonianze in questo caso, spero di dare un contributo.

Nei giorni scorsi sono stato presente al processo e ho visto i giornalisti italiani [del pool che seguo le Udienze in Aula] prendere copiosi appunti mentre osservavano il processo, mentre i vari avvocati della difesa stavano, ora dopo ora, davanti al collegio di tre giudici vaticani, esprimendo la loro dichiarazioni sommarie, sostenendo l’innocenza, per l’assoluzione, dei loro clienti.

Questi avvocati hanno sostenuto con passione – a volte alzando la voce fino al livello di gridare (!) – che i loro clienti sono completamente innocenti, che non si è verificata alcuna corruzione, furto o appropriazione indebita.

Gli avvocati della difesa hanno riconosciuto che possono essere stati commessi “errori” nella scelta di vari investimenti (compreso il Palazzo al numero 60 in Sloane Avenue a Londra), ma hanno sostenuto che il risultato di questi errori (perdita di denaro) si verifica in molti investimenti, e ciò non costituisce di per sé un crimine, rivela semplicemente un cattivo giudizio o sfortuna…

Allora di cosa si tratta: corruzione? O semplicemente una cattiva valutazione degli investimenti? Questa è una domanda chiave in questo caso. Se si tratta di corruzione, gli imputati sono colpevoli. Se si tratta di un cattivo giudizio (almeno, nella maggior parte dei casi, se il cattivo giudizio non è così cattivo da diventare negligenza criminale), sono… innocenti.

Indice – Caso 60SA [QUI]

Foto di copertina: Cardinale Giovanni Morone, San Nicola di Bari e il Cardinale Giovanni Angelo Becciu.

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