Gli Azeri come gli Armeni sono vittime del “pugno di ferro” del regime autocratico e corrotto dell’Assurdistan

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.11.2023 – Vik van Brantegem] – A Baku, la capitale della Repubblica di Assurdistan, continua la farsa giudiziaria nel caso inventato contro il cittadino dell’Artsakh rapito dall’Azerbajgian, Vagif Khachatryan, vittima innocente del “pugno di ferro” dell’autocrate corrotto Ilham Aliyev. Le cosiddette “vittime” di Khachatryan “testimoniano” al “processo”, componendo storie fantastiche su Khachatryan, accusato di aver commesso un genocidio nel villaggio di Meshali nella regione di Khojaly, come parte delle “forze armate armene illegali”. L’assurdità della “testimonianza” è fuori misura.

L’agenzia di stampa statale azera APA riferisce che Elshan Ibadullayev, che ha “testimoniato” come “vittima”, era un bambino durante gli eventi di Meshali, durante i quali non era presente. Al suo ritorno “tutto era bruciato”. Segue una frase “brillante”: “Gli abitanti del villaggio hanno detto che l’hanno fatto gli Armeni di Badara, menzionando il nome di Vagif”.

Elshan segue una logica del livello superiore: più di 30 anni fa, uno degli abitanti del villaggio menzionò (!) il nome di Vagif (molto comune in Azerbajgian), da cui la “vittima” (che non era presente durante gli eventi di Meshali) conclude che si trattasse di Vagif Khachatryan. Assurdo.

La sua testimonianza, come riferita da APA: «Prima degli eventi di Meshali, quando eravamo al pascolo, gli armeni del villaggio di Badara ci sparavano. Dopo qualche tempo si verificarono questi eventi; al mattino gli armeni attaccarono il villaggio. Un abitante del villaggio di nome Ganimet è stato ucciso davanti ai miei occhi. Grazie al rappresentante del potere esecutivo abbiamo potuto lasciare il villaggio a piedi in direzione di Lachin. Più tardi siamo tornati al villaggio, tutto era bruciato: la casa, il fienile, le cose. Gli abitanti del villaggio hanno detto che questo è stato fatto dagli armeni del villaggio di Badara, menzionando il nome di Vagif».

Il 29 luglio 2023, le forze armate dell’Azerbajgian hanno rapito Vagif Khachatryan, di 68 anni, al checkpoint illegale presso ponte Hakari mentre veniva evacuato dall’Artsakh sotto protezione del Comitato Internazionale della Croce Rossa per cure mediche urgenti, una grave violazione del diritto umanitario internazionale. È accusato dall’Azerbajgian falsamente di aver commesso crimini di guerra durante la prima guerra del Nagorno-Karabakh negli anni ’90, accuse che lui nega. Il processo nel famigerato sistema giudiziario dell’Azerbajgian, dove le violazioni della garanzia fondamentale del giusto processo sono diventate comuni in modo allarmante, è iniziato il 13 ottobre scorso.

Il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Armenia ha riferito in precedenza, che Vagif Khachatryan è entrato nel servizio militare il 1° settembre 1992, partecipando alle operazioni di combattimento nella Prima Guerra del Karabakh. Prima di allora ha lavorato a Stepanakert come autista civile. Pertanto, la dichiarazione della Procura Generale dell’Azerbajgian, secondo cui Khachatryan ha commesso crimini di guerra nel villaggio di Meshali il 22 dicembre 1991, facendo parte di “un gruppo di organizzazioni armate armene” non corrisponde alla realtà. Questa circostanza è confermata dalle informazioni raccolte e analizzate dall’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani armeno, comprovate da documenti d’archivio, ordini di comandanti, riferimenti che documentano il percorso di combattimento di Khachatryan, e testimonianze di familiari.

Secondo un osservatore, le dichiarazioni di Vagif Khachatryan vengono intenzionalmente tradotte in modo errato per il pubblico azerbajgiano e turco. Durante l’udienza del processo illegale del 28 ottobre scorso, Vagif Khachatryan ha nuovamente negato la sua partecipazione agli eventi di Meshali e si è scusato in armeno, dicendo letteralmente che non era lì: «Non c’ero, chiedo scusa a tutti, non c’ero». Tuttavia, il traduttore ha tradotto male le parole di Khachatryan e ha comunicato che si scusa con il popolo azerbajgiano per tutti quello che hanno commesso gli Armeni. Inoltre, le foto del Signor Khachatryan hanno sollevato preoccupazioni circa i potenziali maltrattamenti e il deterioramento della sua salute.

La comunità internazionale ha deciso di ignorare questa farsa giudiziaria, così come ha deciso di abbandonare i circa 300 prigionieri Armeni detenuti nella capitale dell’Azerbajgian dalla fine della seconda guerra del Nagorno-Karabakh nel novembre 2020. Nello stesso modo in cui ignora il “pugno di ferro” con cui Aliyev terrorizza sia Azeri, sia Armeni.

È ovvio che sotto il regime azerbajgiano non può essere condotto un processo equo. Quindi, devono essere rilasciati immediatamente tutti i prigionieri politici in Azerbajgian, sia Azeri che Armeni, incluso i prigionieri di guerra e gli ostaggi civili Armeni.

Gubad Ibadoghlu, difensore dei diritti umani e ricercatore sulla corruzione detenuto e in attesa di una condanna a 12 anni di reclusione con l’accusa di “denaro contraffatto ed estremismo religioso”. Gubad Ibadoghlu ha indagato sui beni delle élite azere all’estero, sulla corruzione e appropriazione indebita di Aliyev nel Nagorno-Karabakh e sull’accordo sul petrolio e gas dell’Unione Europea con l’Azerbajgian. Gubad Ibadoghlu è incapace di muoversi e ad alto rischio di coma diabetico e ictus, sta lottando per la sua vita mentre è privato di qualsiasi assistenza medica.
#GubadLibero

Zhala Bayramova, avvocato per i diritti umani residente in Azerbajgian, ha riferito: «Scrivo questo con il cuore pesante, la vita di mio padre è appesa ad un filo. Giace in un centro di detenzione azerbajgiano, incapace di muoversi. Mio padre, che criticava il nostro governo, ora è sull’orlo del coma diabetico e dell’ictus. Il rifiuto del tribunale di ricoverarlo in ospedale è un’ingiustizia insopportabile e il tempo stringe. Imploro voi, il mondo, di leggere queste parole e di sentire l’urgenza della mia supplica. Mio padre non è solo una statistica; è un padre amorevole, un’anima gentile e un essere umano in grave pericolo. Per favore potete contattarci via email [QUI] o telefono +46793360602.
1. Chiedete a tutti i funzionari governativi e alle organizzazioni internazionali e locali legate ai diritti umani di intervenire per procurargli almeno un medico indipendente in modo che possa ricevere cure mediche.
2. Chiedete ai media di coprirlo in modo che non venga dimenticato e non combatta da solo per la sua vita.
3. Per favore, date a noi, alla famiglia, spazio nelle conferenze e nelle piattaforme per parlare in favore di nostro padre.
4. Tutto ciò che vi viene in mente senza alcuna limitazione per aiutarlo funzionerà. Anche un solo post è ciò che potete fare; per favore fatelo. Siamo disperati e abbiamo bisogno di qualsiasi aiuto.

«La morte dell’empatia umana è uno dei primi e più significativi segni di una cultura sull’orlo della caduta nella barbarie» (Hannah Arendt).

Gli Azeri sono le prime vittime del “pugno di ferro” dell’autocrate corrotto Ilham Aliyev. E il difensore dei diritti umani in Azerbajgian, Gubad Ibadoghlu, è uno di queste vittime azere del “pugno di ferro” del regime autocratico e corrotto di Aliyev.

L’autore della statua del “Pugno di ferro”, l’artista azero Chingiz Ismayilov, il 18 marzo 2021 ha pubblicato le foto sulla sua pagina Facebook, con il seguente commento: «Ho avuto un’idea per un monumento alla nostra vittoria nella guerra patriottica [la guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian contro l’Artsakh, dal 27 settembre al 9 novembre 2020], ho deciso di attuarlo. Questa è esattamente l’immagine che mi è apparsa in testa quando il Presidente [dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev] ha definito l’operazione di liberazione del Karabakh “Pugno di ferro”. Volevo trasmettere – l’unità universale, la partecipazione di tutti gli Azeri, la forza e il potere, – di quel pugno – con cui abbiamo punito gli invasori. Ho scelto la mappa nel 1918 – si adattava di più al mio concetto. Forse il quadro arriverà dove serve, grazie alla potenza di Internet e verrà implementato».

L’Azerbajgian ha dato notizia che durante l’attacco terroristico e successiva occupazione dell’Artsakh del 19-20 settembre scorso, un altro anziano civile cittadino Armeno dell’Artsakh, Madat Babayan, è stato “arrestato” con accuse in riferimento alla prima guerra del Karabakh del 1992. Anche lui avrà un processo farsa e sarà ovviamente condannato.

L’agenzia 301 riferisce che il Servizio di Sicurezza dello Stato dell’Azerbajgian sostiene che Babayan durante l’interrogatorio avrebbe confessato di essere stato coinvolto nel cosiddetto “massacro della popolazione di Khojaly”. Nel filmato in cui Babayan parla, diffuso dall’agenzia 301, la traduzione sembra essere estrapolata dal contesto. Inoltre, qualsiasi processo in Azerbajgian non è considerato un’indagine giusta per un Armeno, ed è evidente che qualsiasi confessione resa dal prigioniero viene estorta attraverso minacce di tortura.

All’inizio di questa settimana, il Comitato investigativo della Repubblica di Armenia ha annunciato che attualmente ci sono 16 prigionieri conosciuti che sono stati presi prigionieri durante e dopo l’attacco terroristico dell’Azerbajgian all’Artsakh del 19-20 settembre 2023, con altre 42 persone considerate dispersi. Dei 16 prigionieri, 10 sono civili e 8 di loro hanno ricoperto o ricoprono attualmente posizioni di leadership nell’Artsakh (su questo numero di 8 c’è disaccordo sulla base di rapporti della stampa statale azera, come abbiamo già osservato). Non è chiaro se Marad sia considerato disperso o detenuto dall’Azerbaigian, osserva l’agenzia 301.

«Nella Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti, rendiamo omaggio ai professionisti che stanno dalla parte della giustizia e coprono la verità relativa all’Armenia e al Caucaso meridionale. Ricordiamo coloro che hanno dato voce alle persone del Nagorno-Karabakh intrappolate nella guerra, nel blocco e negli sfollamenti forzati» (Ani Badalyan, portavoce del Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia).

Benvenuti nella follia dell’Assurdistan

«Un militare azerbajgiano affetto da schizofrenia nell’Artsakh distrugge il letto di un bambino e rovina i giocattoli. Si tratta dell’ennesimo episodio di crimini commessi dall’esercito azerbajgiano contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, contro gli Armeni» (Ararat Petrosyan).

Il livello di odio nei confronti degli Armeni e armenofobia è così immenso, che anche dopo lo sfollamento forza dell’intera popolazione armeno dell’Artsakh, gli Azeri continuano a combattere contro letti vuoti e giocattoli abbandonati nelle case lasciate in fretta e furia. L’Azerbajgian continuano a mostrare come è pronto di accogliere e di integrare gli Armeni dell’Artsakh, garantendo loro gli stessi diritti degli Azeri (che non ne hanno, appunto) nella “regione economica di Karabakh dell’Azerbajgian”. Pure nell’Unione Sovietica il Nagorno-Karabakh aveva uno status autonoma, che Aliyev oggi nega.

E c’è ancora chi si stupisce sul perché gli Armeni sono fuggiti in fretta e furia dalle loro case (ovviamente non omettendo di definirli “separatisti Armeni”).

Cos’è la pace vera, in mezzo a tutte queste guerre? Cosa vogliono dire i 2500 anni di storia armena dell’Artsakh per tutti noi? L’Artsakh fu crocifisso come Cristo. Nulla succede per caso. Artsakh risorgerà come Cristo”.
L’associazione “Germoglio” invita alla conferenza dedicata all’Artsakh/Nagorno-Karabakh con video-testimonianze di persone sfollate che si svolgerà giovedì 9 novembre 2023 alle ore 19.00 presso il Liceo diocesano in via Lucino 79 a Breganzona, Lugano, Svizzera.
Interverranno Renato Farina, giornalista e parlamentare dal 2008 al 2013; Alex Farinelli, Consigliere nazionale e co-Presidente del gruppo parlamentare Svizzera-Armenia; Teresa Mkhitaryan, Presidente dell’Associazione “Il germoglio”.
Modera la Dott.ssa Ilda Soldini.
I posti sono limitati. Per la partecipazione inviare un messaggio a Teresa Mkhitaryan via email [QUI] o via SMS o WhatsApp al numero +41792007110.

Una nuova indagine di Amnesty International ha scoperto che l’esercito israeliano ha utilizzato indiscriminatamente e illegalmente, il fosforo bianco in un attacco a Dhayra, nel sud del Libano, il 16 ottobre scorso. L’attacco deve essere indagato come crimine di guerra, afferma Amnesty International.
L’Azerbajgian ha utilizzato anche armi al fosforo bianco per bruciare le foreste e gli Armeni durante la guerra dei 44 giorni in Artsakh nel 2020. Indovinate da dove l’hanno preso.

Il Presidente della Repubblica di Artsakh, Samvel Shahramanyan, il 31 ottobre 2023 ha ricevuto i Deputati francesi e italiani del Parlamento Europeo.

« Lo status degli Armeni del Karabakh è incerto e poco chiaro solo per me? Chi siamo noi? Cos’è lo “status di protezione temporanea” che ci viene offerto (dall’Armenia)? Ma il tempo passa, i problemi socio-psicologici aumentano. Essendo in Armenia, sento spesso dalla gente del posto che gli Armeni del Karabakh dovrebbero semplicemente integrarsi e continuare a vivere qui. L’Azerbajgian ha detto di integrarsi, l’Armenia dice di integrarsi (cosa diresti, cara Francia?). Non era possibile vivere nelle nostre case senza integrarsi da nessuna parte? “Un flusso piuttosto grande. Le nostre sorelle e i nostri fratelli sfollati con la forza dal Nagorno-Karabakh stanno facendo domanda per la cittadinanza armena”, Pashinyan. “La nostra politica è che gli sfollati del Nagorno-Karabakh restano in Armenia, vivono e lavorano qui”. Circolano voci che circa diecimila Armeni del Karabakh abbiano già lasciato l’Armenia» (Marut Vanyan).

Come abbiamo riferito, ieri all’Hotel Marriott di Yerevan si è svolto un incontro a porte chiuse con la partecipazione del Presidente e dei Deputati della Repubblica di Artsakh, su iniziativa del Comitato per la Preservazione dello Stato di Artsakh. Erano presenti anche personaggi pubblici e politici dell’Artsakh e dell’Armenia. Durante l’incontro si è discusso su come preservare le istituzioni statali dell’Artsakh.
Samvel Shahramanyan non ha fatto alcun commento, mentre gli altri partecipanti all’incontro hanno concordato di non rivelare i dettagli della discussione, ma hanno risposto ad alcune domande dei giornalisti.
Suren Petrosyan, membro del Comitato per la Preservazione dello Stato di Artsakh, ha detto ai giornalisti che c’era una serie di questioni al centro delle discussioni, senza fornire dettagli, osservando che questi processi continueranno. Ha osservato che chiudere la pagina della statualità dell’Artsakh o mettere una croce sul destino dell’Artsakh è una minaccia alla sicurezza nazionale. «E non si tratta solo di un aspetto tecnico e legale, perché l’Artsakh non era solo una delle garanzie della nostra sicurezza fisica, ma fino ad oggi l’Artsakh è anche una delle componenti chiave della nostra sicurezza spirituale. So che oggi non è così “di moda” parlare di dimensioni più profonde, tutti vogliamo parlare solo dei processi in atto in questo momento, ma ci sono molte componenti che non possiamo bypassare nel quadro della statualità», ha dichiarato Petrosyan.
L’Avv. Ara Zohrabyan, che ha partecipato all’incontro, ha fatto riferimento al decreto del Presidente Shahramanyan sullo scioglimento della Repubblica di Artsakh, sottolineando che il Presidente non può sciogliere lo Stato divenuto indipendente attraverso un referendum. tale decreto non ha valore giuridico. Alla domanda se fosse possibile per Shahramanyan ripiudare l’ordine da lui firmato, Zohrabyan ha risposto: «Certo. La Corte Suprema può dichiararlo invalido. In generale, una persona che ha adottato un atto giuridico può anche invalidare il suo atto giuridico precedente con un altro atto giuridico. Esistono strumenti del genere».
In risposta alla domanda: «Se la bandiera azera viene alzata in piazza a Stepanakert, l’esercito di difesa viene sciolto e non ci sono più Armeni in Artsakh, come possiamo contribuire alla preservazione dell’armenità dell’Artsakh?», Petrosyan ha affermato: «Naturalmente ci saranno risposte a queste domande e, tra l’altro, non siamo nuovi nel trovare risposte a queste domande.  Le risposte a queste domande sono state date in diversi periodi storici. A livello globale, lo Stato ha due componenti: la terra e le persone. Al momento l’Artsakh è occupato, ma ci sono i nostri connazionali dell’Artsakh, e qui ci sono anche le autorità da loro elette legittimamente. E se vogliamo preservare le nostre ambizioni e i nostri diritti nei confronti dell’Artsakh, dobbiamo preservare questa seconda componente. Perché i nostri compatrioti dell’Artsakh rappresentano gli interessi collettivi e determinano le ambizioni del governo e dell’ordine costituzionale esistente. Questo dovrebbe essere preso in considerazione».
Petrosyan ha sottolineato che il primo passo, ma non esauriente, per preservare l’armenità dell’Artsakh, è la preservazione delle istituzioni statali. Ha osservato che il Comitato per la Preservazione dello Stato di Artsakh ha formulato i problemi e si muoverà verso la loro soluzione. Saranno fatti annunci dettagliati sui passaggi e sugli obiettivi nel prossimo futuro.

Il rilascio di tutti gli esponenti militari e statali di alto e basso livello della Repubblica di Artsakh, l’incarcerati illegalmente a Baku dal governo dell’Azerbajgian, è la priorità di tutti in Armenia, indipendentemente dall’atteggiamento personale nei confronti di qualcuno di loro.
Per quanto riguarda i leader di alto livello, Secondo i dati forniti dai media statali azeri, ci sono 9 prigionieri politici dell’Artsakh di alto rango a Baku. Il regime genocida dell’autocrate Ilham Aliyev ha arrestato illegalmente: gli ex Presidenti dell’Artsakh, Arkady Ghukasyan, Bako Sahakyan, Arayik Harutyunyan, l’attuale Presidente dell’Assemblea, Davit Ishkhanyan, l’ex Ministro di Stato, Ruben Vardanyan, l’ex Ministro degli Esteri, Davit Babayan, Levon Mnatsakanyan e Davit Manukyan, rispettivamente ex Ministro e ex Vice Ministro della Difesa, e Arshavir Gharamyan, ex Direttore del Servizio di Sicurezza Nazionale.

Il Tenente Generale Levon Mnatsakanyan ex Ministro della Difesa della Repubblica di Artsakh.

Anche se i rappresentanti della delegazione di Baku del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) avevano comunicato di aver visitato Levon Mnatsakanyan, successivamente il Nagorno Karabakh Observer ha riferito l’11 ottobre scorso, come abbiamo riportato, che secondo rapporti non ufficiali l’ex Ministro della Difesa della Repubblica di Artsakh sarebbe deceduto (o ucciso) durante la detenzione illegale in Azerbajgian. Non c’era nulla di confermato in quel momento, ha sottolineato il Nagorno Karabakh Observer, aggiungendo che stava lavorando per verificare le informazioni.

Il Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, Anahit Manasyan, ha inviato petizioni alle agenzie competenti riguardanti il Tenente Generale Levon Mnatsakanyan, perché fino ad ora, a differenza ad esempio di Ruben Vardanyan e Davit Babayan, l’Azerbajgian non ha pubblicato alcun video o foto che mostri Levon Mnatsakanyan.

Il Tenente Generale Levon Mnatsakanyan ex Ministro della Difesa della Repubblica di Artsakh.

Continuano ad arrivare voci secondo cui Levon Mnatsakanyan sarebbe stato picchiato a morte in prigione in Azerbajgian. L’Eroe dell’Artsakh Mnatsakanyan è stato per molti anni Comandante dell’Esercito di Difesa della Repubblica di Artsakh, poi Capo di stato maggiore, che ha vinto 3 guerre per l’Artsakh e gli Azeri non lo perdonano per questo.

Il Colonnello di riserva Volodya Hovhannisyan ha detto in una conversazione con Pastinfo, sottolineando che le informazioni gli sono state fornite da ex ufficiali dell’Esercito di Difesa della Repubblica di Artsakh: «Ho segnalato di avere informazioni sull’omicidio di Levon Mnatsakanyan in una prigione di Baku e ho contattato la Croce Rossa, l’Ufficio dell’Unione Europea, le ambasciate, il Difensore per i Diritti Umani, per confermare o smentire questa notizia. 15 giorni fa Mnatsakanyan ha parlato alla sua famiglia con un tono molto depresso. Ora si è diffusa ampiamente tra gli ufficiali l’informazione che Mnatsakanyan è stato picchiato a morte. Chiamo solo per chiarire questa informazione».

Il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Armenia, Anahit Manasyan, ha inviato diverse richieste alle organizzazioni internazionali con mandato per la protezione dei diritti umani in riferimento del Tenente Generale Levon Mnatsakanyan, Lo ha detto Manasyan in un briefing con i giornalisti, senza rispondere alla domanda se Hovhannisyan sia vivo o morto. «Come Difensore dei Diritti Umani comprendo anche la preoccupazione della famiglia. A questo scopo mi sono rivolto agli organi competenti, però le informazioni che mi sono state fornite sono di natura consultiva e non posso pubblicarle, perché non sono la fonte primaria delle informazioni», ha detto Manasyan.
Ha aggiunto che trasmette costantemente informazioni alle organizzazioni internazionali con il mandato di proteggere i diritti umani sulla questione degli alti funzionari dell’Artsakh e dei prigionieri armeni detenuti in Azerbajgian. «Non solo durante il periodo di diffusione delle informazioni, ma anche prima, invio regolarmente le mie opinioni chiare, nonché i documenti relativi alle violazioni dei diritti umani, agli attori internazionali. Dopo che sono apparse le informazioni, ho fatto appello anche agli attori internazionali», ha detto Manasyan. Ha aggiunto che in tutte le richieste, le organizzazioni con il mandato di tutela dei diritti umani gli hanno fornito feedback, ma in forma consultivo e non per essere reso pubblico.

Gli sforzi ufficiali dell’Azerbajgian di rivendicare “Zangezur”, l’antico nome della regione armena di Syunik, come turco sono stati smentiti da Hrach Martirosyan [QUI]. Il nome”Zangezur” ha origine armena, non turche. Questo caso mette in luce le intenzioni aggressive dell’Azerbagian nei confronti dell’Armenia.
L’etimologia di Dzagadzor (Zangezur) è armena: dzag (uccello, pulcino) è dzor (valle) = Valle degli uccelli (come il monastero di Dzagavank).
Questo modello di toponimi formato dal lessico della fauna ornitologica è molto diffuso a Syunik e Artsakh, tra gli altri territori armeni (Aghavnadzor, Tsitsernavank, Kakavaberd, Kakavagbyur, Havatagh).
L’origine armena del toponimo Dzagedzor (Zangezur) è fuori dubbio. L’appropriazione turca di questo nome è infondata e deve essere considerata una rivendicazione territoriale ingiustificata.

»Qualsiasi violazione dell’integrità territoriale dell’Armenia avrà gravi conseguenze», ha avvisato il Dipartimento di Stato statunitense, in risposta alle preoccupazioni dell’Istituto Lemkin per la prevenzione del genocidio che ha lanciato un allarme rosso di massimo livello, prevedendo una potenziale «invasione dell’Armenia da parte dell’Azerbaigian nei prossimi giorni e settimane» [QUI]. Il Dipartimento di Stato ha sottolineato in risposta all’Istituto Lemkin: «Sottolineiamo costantemente le nostre aspettative, compreso il divieto dell’uso della forza, e monitoriamo attentamente la situazione. L’Armenia è uno stretto partner e amico degli Stati Uniti e prevediamo di collaborare con le autorità armene per rafforzare la sicurezza politica ed economica del Paese».

Ieri 1° novembre 2023, la Missione dell’Unione Europea in Armenia ha annunciato la piena capacità operativa aprendo il quartier generale a Yeghegnazdzor alla presenza del Presidente della Repubblica di Armenia, Vahagn Khachaturyan. Oltre 1.000 pattuglie hanno coperto il confine dell’Armenia con l’Azerbajgian dal lancio della missione EUMA a febbraio.

L’Assurdistan si prepara alla pace con l’Armenia con la forza militare

Sono state svolte esercitazioni a fuoco vivo nell’exclave Nakhichevan dell’Azerbajgian con artiglieria pesante, droni di combattimento e fanteria, volte a migliorare la prontezza al combattimento. Tra le simulazioni, le truppe azere hanno attaccato e preso una posizione nemica di confine.
Il sito del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha pubblicato quanto segue:
«Si è svolta un addestramento del personale di comando per migliorare le capacità di combattimento del quartier generale e del personale dell’Esercito. L’addestramento è iniziato con lo schieramento di nelle zone di combattimento per portarle a diversi livelli di prontezza al combattimento a seconda dello scenario. La fase successiva dell’addestramento è proseguita con l’apertura dei punti di controllo, la pianificazione delle operazioni da parte del quartier generale, la stesura dei rapporti necessari per il processo decisionale, il mantenimento della comunicazione reciproca tra le unità e l’organizzazione della sicurezza globale. Sono stati specificati i compiti delle unità e divisioni coinvolte nelle attività pratiche e durante le attività di combattimento è stata praticata sul campo l’interazione delle unità di artiglieria e di difesa aerea con le formazioni generali dell’esercito. Nella fase di attuazione pratica delle attività tattiche, le unità di artiglieria hanno sparato contro le posizioni nemiche situate in prima linea e in profondità. Dopo il fuoco dell’artiglieria, gruppi speciali avevano il compito di razziare le posizioni di combattimento e gli oggetti importanti situati in prima linea nella difesa nemica. Dopo che le nostre forze speciali hanno attaccato le posizioni con i droni, è iniziato l’attacco. Durante l’attacco alle posizioni, l’unità meccanizzata del nemico convenzionale, che era in movimento per rafforzare le sue unità difensive e fermare gli attacchi delle nostre unità in avanzamento, è caduta in un’imboscata e distrutta da gruppi di forze speciali. Attaccando le posizioni nemiche situate nel complesso e difficile terreno montuoso, le forze speciali hanno effettuato operazioni di infiltrazione e discesa, hanno catturato le posizioni e distrutto le forze del nemico. Nell’ultima fase dell’addestramento del personale di comando, la realtà delle decisioni prese e dei rapporti redatti sono stati verificati sui computer del Centro di simulazione. Al termine dell’addestramento sono state analizzate le attività svolte. In conclusione, è stato affermato che i compiti stabiliti nell’addestramento del personale di comando svolto secondo il “Piano di preparazione dell’Esercito Generale per l’anno accademico 2023” sono stati integralmente completati e che è stata acquisita una grande esperienza per migliorare ulteriormente la gestione delle competenze di combattimento dei comandanti e dello stato maggiore».

La violazione della sicurezza causata da Pegasus in Armenia e Artsakh
di Samvel Martirosyan
Media.am, 1° novembre 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Potrebbe non essere una sorpresa sapere che Apple ha nuovamente emesso lettere di avvertimento, questa volta informando individui specifici che un team di hacker sponsorizzato dallo Stato li ha presi di mira. Nel caso dell’Armenia, ciò significa che il telefono dell’individuo è stato probabilmente infettato dallo spyware Pegasus, che molto probabilmente è stato installato dalla società israeliana NSO Group per conto del governo azerbajgiano.
Negli ultimi due anni CyberHUB ha indagato su un numero crescente di telefoni infetti. Gli avvisi di Apple possono indicare un’infezione non riuscita, il che significa che il telefono è pulito, ma esistono più casi di infezione. È importante notare che un avviso non indica necessariamente una nuova infezione, poiché le persone a volte scoprono di essere state attaccate un anno o due fa. Sulla base del gran numero di telefoni che abbiamo controllato nel corso degli anni (ognuno dei quali rappresenta un individuo unico), siamo stati in grado di trarre alcune conclusioni di vasta portata.
È importante notare che abbiamo una comprensione incompleta della reale portata delle infezioni in termini di quantità e durata. Le infezioni da noi identificate risalgono alla guerra del 2020 e sono continuate almeno fino alla fine dell’estate 2021. Ci sono stati casi di focolai di infezione anche durante i conflitti militari di confine del 2021-22 e prima delle elezioni del 2021. Nel complesso, si può dedurre che le infezioni fossero costantemente presenti.
Il nostro team di CyberHUB, in collaborazione con il nostro partner Ruben Muradyan, ha esaminato oltre un centinaio di dispositivi mobili, ma siamo a conoscenza del doppio del numero di casi. Abbiamo ricevuto informazioni da individui specifici che hanno ricevuto lettere di avvertimento da Apple. Inoltre, molte persone sono state informate tramite intermediari. Ad esempio, persone di fiducia ci hanno comunicato che “tutti nel nostro dipartimento l’hanno ricevuto” (riferendosi alle email di Apple). È importante notare che un numero considerevole di persone ha anche mantenuto riservata la ricezione della lettera per evitare di apparire vulnerabili a causa della natura del loro lavoro.
Per dirla in parole povere, l’uso di Pegasus da parte delle autorità dell’Azerbajgian avrebbe preso di mira circa un migliaio di persone all’interno dei loro confini. Si prevede che il numero di persone prese di mira in Armenia sarà molto più elevato, forse nell’ordine delle migliaia. Tuttavia, è difficile ottenere una stima accurata del numero totale di individui presi di mira da Pegasus.
Va notato che l’attacco spyware ha preso di mira diverse persone di alto profilo, tra cui rappresentanti delle istituzioni statali. Il Primo Ministro armeno, il Presidente dell’Assemblea nazionale e l’attuale Presidente, che in precedenza ha ricoperto la carica di Ministro dell’industria high tech, hanno tutti riferito di aver ricevuto avvertimenti da Apple in momenti diversi. Queste dichiarazioni forniscono informazioni sulla misura in cui i sistemi statali sono stati compromessi. È stato riferito che sono stati presi di mira anche dipendenti ordinari e familiari di funzionari, compresi i bambini.
Vale la pena notare che nell’Artsakh c’era un quadro simile.
L’intero spettro della società, compresi i politici dell’opposizione, i rappresentanti della società civile, gli attivisti, i giornalisti e gli editori, sono stati tutti infettati.
Si può concludere che durante la guerra i servizi speciali azeri avevano accesso a una grande quantità di informazioni riguardanti gli ambienti più intimi dell’Armenia e dell’Artsakh. Questo spionaggio dettagliato è continuato fino all’attacco ad Artsakh.
Durante la guerra tra Azerbajgian e Armenia, l’Azerbajgian ha raccolto dati dai telefoni dei cittadini della Repubblica di Armenia e di Artsakh. È importante notare che molte persone non si sono preoccupate della sicurezza del telefono fino a poco tempo fa, quando è scoppiato lo scandalo Pegasus. Prima di allora, la sicurezza del telefono non era una preoccupazione importante e le persone spesso erano negligenti. Anche se la situazione non è migliorata in modo significativo, ora c’è una maggiore consapevolezza dei pericoli tra il grande pubblico.
È fondamentale comprendere che se anche una sola porta viene lasciata aperta, la presenza di muri alti diventa irrilevante; ciò è particolarmente vero quando si tratta dei telefoni dei funzionari, che portano dati sensibili e sono costantemente in loro possesso.
Anche se al giorno d’oggi le persone possono esercitare maggiore cautela, è fondamentale adottare un approccio sistematico, poiché anche una manciata di dispositivi infetti potrebbe portare ad esiti catastrofici.

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