69ª e 70ª Udienza del Processo 60SA in Vaticano. Con le conclusioni delle difese cambia la narrativa in modo fondamentale

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.10.2023 – Ivo Pincara] – Con l’inizio della presentazione delle conclusioni delle difese nel “processo del secolo” al Tribunale vaticano per il Procedimento 45/19 R.G.P. sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stata, si è registrato un cambio di prospettiva radicale e quindi di narrativa fondamentale, rispetto a quanto il collegio di tre giudici, presieduto da Giuseppe Pignatone, ha già ascoltato con le conclusioni della pubblica accusa e delle parti civili, mentre ora ascolta le presentazioni conclusive degli avvocati della difesa. Diventa sempre più pressante – per quanto ancora possibile dopo tutto quello che è già emerso durante il dibattimento pubblico in Aula, anche e soprattutto in riferimento alla fase istruttoria condotta dal Promotore di Giustizia e il Corpo della Gendarmeria Vaticana – la domanda se il Cardinale Angelo Becciu non sia un innocente capro espiatorio preso di mira da parte dei veri criminali.

Con la parola alle difese, si riaccende inevitabilmente anche il tormentone delle obiezioni e preoccupazioni relative al giusto processo in Vaticano (mai spente tra altro), che sono state respinte dalla Corte, ma che continuano a fare banco a pieno titolo, soprattutto tra gli osservatori internazionali (nella loro quasi totalità i vaticanisti hanno perso l’interesse, venendo a mancare le possibilità di crocifiggere preventivamente il Cardinal Becciu).

La prossima Udienza del processo, prevista per la mattina del 19 ottobre, vedrà le conclusioni dei difensori di Fabrizio Tirabassi, ex funzionario dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, rinviato a giudizio per il suo ruolo nella compravendita dell’ex magazzino Harrod’s al numero 60 di Sloane Avenue a Londra. Poi a seguire, la parola alle altre difese e per ultimo alla difesa del Cardinal Becciu.

Riportiamo di seguito il resoconto delle Udienze che si sono svolte nell’Aula Polifunzionale dei Musei Vaticani il 5 e 6 ottobre 2023, attraverso gli articoli di Vatican News, ACI Stampa e Faro di Roma:

  • Processo vaticano, la parola agli avvocati delle difese di Barbara Castelli su Vatican News del 5 ottobre 2023: «Cambio di prospettiva nella narrazione del processo sugli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra. Gli avvocati delle difese dei dieci imputati hanno iniziato i propri interventi finali: chiesta oggi l’assoluzione per René Brülhart e Tommaso Di Ruzza».
  • Processo Palazzo di Londra, cambia la narrativa di Andrea Gagliarducci su ACI Stampa del 7 ottobre 2023: «Nell’udienza del 5 ottobre, le difese di Brülhart e Di Ruzza hanno ricostruito i fatti minuziosamente. È un cambio di prospettiva fondamentale per il processo. Le domande aperte». Un articolo da non perdere, in cui viene dimostrato quello che le difese dell’ex Presidente e dell’ex Direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria hanno definito, con dati e ricostruzioni, un cambio di prospettiva importante nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato.
  • Processo in Vaticano. Come si può accusare di peculato la Signora Cecilia Marogna che non è un pubblico ufficiale del Vaticano? di Giancarlo Cavalleri su Faro di Roma del 6 ottobre 2023: sotto la lente il terzo filone del processo che riguarda la sedicente esperta di geopolitica Cecilia Marogna, ingaggiata dalla Segreteria di Stato, che avrebbe utilizzato denaro a lei erogato per delle presunte operazioni di salvataggio di ostaggi (come quello della suora colombiana Cecilia Narvaez rapita in Mali) per fini personali.
  • La seria e completa rassegna stampa sull’argomento a cura di Andrea Paganini [QUI]
  • L’Indice della copertura del Caso 60SA su questo Blog dell’Editore [QUI]

Processo vaticano, la parola agli avvocati delle difese
Cambio di prospettiva nella narrazione del processo sugli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra. Gli avvocati delle difese dei dieci imputati hanno iniziato i propri interventi finali: chiesta oggi l’assoluzione per René Brülhart e Tommaso Di Ruzza
Barbara Castelli
Vatican News, 5 ottobre 2023


“L’accusa come tutti sappiamo è un’ipotesi, e in quanto tale va verificata. E devo dire che – nel caso di specie – l’accusa si presenta abbastanza inconclusa in fatto e includente in diritto”. Lo ha sottolineato l’Avvocato Filippo Dinacci. Il legale, insieme con Ugo Dinacci, difende la posizione di René Brülhart, già presidente dell’Autorità di informazione finanziaria (AIF). Su quest’ultimo, così come pure su Tommaso Di Ruzza, già Direttore della medesima Istituzione, pendono quattro capi di imputazione, riconducibili all’abuso d’ufficio. “Richiedo l’assoluzione in via principale perché il fatto non sussiste – ha detto, a tal proposito, il difensore – e in via subordinata perché il fatto non costituisce reato”.

I due legali, nel corso della mattina, hanno “ripercorso cronologicamente quanto accaduto per restituire oggettività ai fatti”, “fatti trascurati o non considerati adeguatamente”, cercando di scardinare le accuse, secondo cui i vertici dell’AIF, oggi Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria (ASIF), in realtà non hanno favorito la consumazione dell’estorsione omettendo di intervenire per far conseguire a Gianluigi Torzi un indebito vantaggio. “Le Istituzioni in Vaticano – ha sottolineato Filippo Dinacci, parlando anche di “ricostruzioni documentalmente sconfessate” – hanno un obbligo funzionale ad agire con una unità di intenti; quindi, abbiamo anche una forma di paradosso dell’accusa che contesta un abuso d’ufficio sul presupposto che i pubblici ufficiali accusati avrebbero osservato quel dovere di unità operativa che è imposta dalla legge fondamentale dello Stato”.

La “generosa richiesta di punizione” che è stata formulata nei confronti di René Brülhart, precedentemente Vicepresidente del gruppo Egmont, ha proseguito il legale, “si fonda sull’omesso presupposto” che lo stesso sia “intervenuto su richiesta della Segretaria di Stato”; oltre al fatto che “nessuna emergenza dimostra un rapporto con Torzi e nessuna emergenza testimonia una volontà di favorirlo”. “Il Vaticano – ha aggiunto Filippo Dinacci – senza l’imputato, sarebbe ancora tra i Paesi ad alto rischio di finanza”, “non sarebbe mai stata sdoganata una trasparenza finanziaria”.

René Brülhart, secondo la dettagliata cronistoria formulata da Ugo Dinacci, fu messo a conoscenza delle “problematiche” di Londra da Monsignor Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, il 7 marzo 2019, durante un’udienza, con specifico riferimento alla posizione contrattuale debole dell’Istituzione, alla necessita di non perdere la titolarità dell’immobile di Sloane Avenue, per evitare ulteriori danni finanziari, e al rischio reputazionale. Sin da subito, è stato detto, l’imputato avrebbe avviato “un’attività di intelligence”, richiedendo anche tutta la documentazione necessaria per avere una visione completa della questione, al “fine di fornire il massimo supporto alla Segretaria di Stato”. Pur non avendo “alcun potere di vigilanza” sulla stessa, né tantomeno competenze su “eventuali segnalazioni per attività sospette”, il già Presidente dell’AIF ha, comunque, allertato le Unità di Informazione Finanziaria (UIF) internazionali sulla vicenda del palazzo di Londra, si è messo in contatto con il britannico National Crime Agency e si è confrontato con lo studio legale Mishcon de Reya, che seguiva la vicenda per la stessa Segretaria di Stato. Pur consigliando la parte a non procedere, alla fine, è stato rimarcato, fu deciso di andare avanti secondo una “linea stragiudiziale”.

Roberto Borgogno e Angela Valente hanno, invece, presentato la loro prospettiva rispetto alla posizione di Tommaso Di Ruzza. A loro volta, hanno rimarcato la “pena severa” richiesta “per la gravità della contestazione”: un’accusa ritenuta “inverosimile”. “Chi conosce il Dottor Di Ruzza – ha detto il primo avvocato – sa che egli ha dedicato la propria vita al servizio della Santa Sede, e si è dedicato in maniera costante allo sviluppo dell’attività di antiriciclaggio dell’AIF”, oltre al fatto che non ci sono prove che avvalorano “contatti e scambi di qualsiasi tipo, tanto meno di natura patrimoniale, tra Di Ruzza e Torzi e Mincione”.

Dopo aver dato ampio spazio alla vicenda della richiesta della Segreteria di Stato all’Istituto per le Opere di Religione di un finanziamento di 150 milioni di euro per rinegoziare l’oneroso mutuo che gravava sul palazzo londinese, i legali hanno poi, a più riprese, ricordato che l’operato dell’AIF, alla fine, si è inserito nel solco delle scelte operate dai superiori e che altri soggetti avrebbero potuto segnalare quanto stava accadendo.

Processo Palazzo di Londra, cambia la narrativa
Nell’udienza del 5 ottobre, le difese di Brülhart e Di Ruzza hanno ricostruito i fatti minuziosamente. È un cambio di prospettiva fondamentale per il processo. Le domande aperte
di Andrea Gagliarducci
ACI Stampa. 7 ottobre 2023


Non è da sottovalutare il cambiamento di prospettiva che è avvenuto al processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato nell’udienza del 5 ottobre. Le difese di René Brülhart e Tommaso Di Ruzza, rispettivamente Presidente e Direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria all’epoca dei fatti contestati, hanno ricostruito i fatti, messo in contesto i documenti, superato le ricostruzioni dell’accusa senza mai distaccarsi da quelli che sono gli atti del processo, ma anzi rileggendoli e guardandoli da una prospettiva diversa. E questa rilettura stringente ha operato un profondo cambio di prospettiva, che ha un valore importante non solo per gli imputati, ma per comprendere quello che è in gioco per la Santa Sede con questo processo.

In particolare, ci sono tre temi cruciali.

Il primo è il tema della collaborazione tra gli organismi vaticani e la Santa Sede, che sono chiamate a esercitare le proprie competenze (e, nel caso dell’AIF, di mantenere una giusta autonomia e indipendenza), ma allo stesso tempo sono costitutivamente chiamati a collaborare in unità di intenti per il bene superiore della Santa Sede. Il tema della collaborazione è stabilito proprio dalla Pastor Bonus, la Costituzione apostolica che regolava la Curia al tempo dei fatti, ma anche Papa Francesco lo ha rimarcato numerose volte in questo pontificato.

Il secondo tema è quello del bene superiore, quello della Santa Sede, che riguarda anche la decisione di non procedere ad aprire un contenzioso legale prima di recuperare la proprietà stessa del palazzo di Londra che è oggetto del procedimento.
È emerso, tra l’altro, che la decisione di non procedere ad un contenzioso legale era stata specificamente presa dal Santo Padre ed eseguita dalla Segreteria di Stato come ente interessato della vicenda. Il consenso esplicito di Papa Francesco era stato comunicato sia al Sostituto Peña Parra che a Brülhart e Di Ruzza.
Questo modus operandi mostrava anche come gli enti vaticani fossero portati a collaborare, secondo quanto stabilito della Pastor Bonus. Infatti, la Segreteria di Stato, agendo dopo aver consultato il Papa – fatto descritto in maniera chiarissima dal Sostituto Peña Parra nella sua spesso citata testimonianza –operava nelle sue funzioni di coordinatore, e chiamava l’AIF ad assistere nella pacifica risoluzione della dolorosa questione.

Infine, c’è il tema della tenuta internazionale della Santa Sede, perché il processo, e il modo in cui è stato portato avanti, hanno dato anche un duro colpo alla credibilità internazionale della Santa Sede.

Il processo e i capi di accusa

Prima di addentrarci nei temi, però, vale la pena riepilogare su cosa verte il processo per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato.

Il processo si divide in tre tronconi principali.

Il primo riguarda l’investimento, da parte della Segreteria di Stato, nelle quote di un palazzo di lusso a Londra. Dopo aver deciso di non dare seguito alla possibilità di partecipare ad una piattaforma petrolifere in Angola, la Segreteria di Stato diede in gestione al broker Raffaele Mincione un fondo utilizzato per comprare le quote di un palazzo da sviluppare. Poi, diede le stesse quote in gestione al broker Gianluigi Torzi, che – inizialmente all’oscuro della Segreteria di Stato – mantenne per sé le uniche azioni con diritto di voto, e di conseguenza il pieno controllo del palazzo. Infine, rilevò l’intero palazzo, che è stato recentemente rivenduto.

Il secondo filone si concentra sul contributo dato dalla Segreteria di Stato alla Caritas di Ozieri per lo sviluppo di un progetto della cooperativa SPES, presieduta dal fratello del Cardinale Becciu. L’accusa, nei confronti di Becciu, è quella di peculato.

Il terzo filone riguarda la sedicente esperta di geopolitica Cecilia Marogna, ingaggiata dalla Segreteria di Stato, che avrebbe utilizzato denaro a lei erogato per delle presunte operazioni di salvataggio di ostaggi (come quello della suora colombiana Cecilia Narvaez rapita in Mali) per fini personali.

La contestazione agli ex vertici dell’AIF è quella di aver consentito (addirittura favorito) l’estorsione di cui è accusato il broker Gianluigi Torzi, e in particolare di non aver bloccato il pagamento della transizione che riportava il controllo del palazzo di Londra sotto la Santa Sede consentendo così a Torzi un “ingiusto vantaggio” a danno della Santa Sede stessa. Addirittura, si è lamentata una insistenza dei vertici AIF perché l’Istituto delle Opere di Religione concedesse alla Segreteria di Stato l’anticipo di credito che sarebbe servito ad estinguere il mutuo gravante sul palazzo permettendo alla Santa Sede di risparmiare ingenti spese di gestione.

Non solo. La requisitoria del Promotore di Giustizia Alessandro Diddi lamentava che i vertici dell’AIF avessero omesso di denunciare al suo ufficio, accusa poi reiterata anche dall’Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria che si è costituita parte civile. Contro Brülhart si è anche agitato lo spettro del conflitto di interessi, perché lo stesso Brülhart era consulente della Segreteria di Stato.

Il Promotore di Giustizia aveva chiesto per René Brülhart 3 anni e 8 mesi di reclusione, l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e 10.329 euro di multa; per Tommaso Di Ruzza 4 anni e 3 mesi di reclusione, l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e 9.600 euro di multa. Per entrambi, gli avvocati hanno chiesto l’assoluzione con la formula più ampia possibile.

In generale, nel rinvio a giudizio si parla di “ruolo poco chiaro” dell’Autorità. In che modo però questo ruolo poco chiaro viene definito?

Gli avvocati della difesa, in effetti, hanno sottolineato che le conclusioni del Promotore di Giustizia nella sua requisitoria ha piuttosto ripetuto le congetture e speculazioni dei capi di accusa originali, senza tenere conto delle testimonianze raccolte durante il processo.

Processo in Vaticano. Come si può accusare di peculato la Signora Cecilia Marogna che non è un pubblico ufficiale del Vaticano?
Giancarlo Cavalleri
Faro di Roma, 6 ottobre 2023


In questo procedimento “sono state violate le regole del giusto processo”. “Come difesa non abbiamo avuto accesso alle chat tra il Promotore di Giustizia e Genoveffa Ciferri, ci sono dunque informazioni riservate non a nostra conoscenza. Lo ha denunciato nella sua arringa l’Avvocato Giuseppe Di Sera, difensore di Cecilia Marogna, imputata con le accuse di peculato e appropriazione indebita aggravata nel processo Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e sulla compravendita del Palazzo di Londra.

Inoltre, ha aggiunto il legale, “sulle comunicazioni tra la Marogna e il Generale Carta (ex AISE) sarebbe importante ascoltare Francesca Immacolata Chaouqui. Sarebbe anche utile chiarire cosa è successo nella cena al ristorante tra Becciu e Perlasca”, dove le conversazioni furono registrate illegalmente dalla Gendarmeria vaticana nel tentativo di costruire prove processuali a carico del porporato sardo.

Fiorino Ruggio, l’altro difensore della Marogna, ha invece sottolineato come la sua assistita abbia subito una vera e propria gogna. “Non ci sono prove di soldi passati dalla società di Marogna ad altre società. E dove è finito questo denaro? Come si può pensare che il Papa non sapeva? In uno Stato come questo il Papa sa tutto”, ha aggiunto Ruggio respingendo le accuse di peculato e appropriazione indebita aggravata nel processo in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e sulla compravendita del Palazzo di Londra.

“Il peculato – ha quindi osservato il legale – è un reato commesso da un pubblico ufficiale, ma la Marogna non lo è mai stata. I soldi sono arrivati a Marogna legittimamente tramite la sua società e non conosciamo quali accordi ci fossero tra la Segreteria di Stato e Becciu e tra Becciu e la Marogna – ha detto ancora -. Non esiste inoltre uno straccio di bene sequestrato che sia comprato con soldi frutto di peculato. L’unica cosa certa è la gogna a cui è stata sottoposta la nostra assistita: arrestata in Italia si è fatta 17 giorni di carcere”.

Per Cecilia Marogna dunque è stata chiesta dalla difesa l’assoluzione perché il fatto non sussiste o in subordine perché non costituisce reato.

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