287° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. 5° giorno della resa dopo l’attacco terroristico azero. Stiamo con l’Artsakh. Stiamo, anche da soli
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.09.2023 – Vik van Brantegem] – Cercare di monitorare e raccontare quotidianamente tutto quello che sta succedendo nel Caucaso meridionale, dal 27 settembre 2020, pensiamo sia importante, ma non abbiamo mai nutrito vane speranze che arrivino a salvare gli Armeni. È semplicemente nostro dovere mostrare cosa sta succedendo lì, sul campo, mentre succede, contro un popolo (che è pure cristiano). Nel nome della verità e della giustizia. Per restare umani. Restiamo convinti che la storia non la fanno i cattivi. Non ha ragione Hegel, il male non è reale come parte necessaria del cammino storico. Ciò che è disumano alla fine è ingoiato dal nulla.
La verità è la via verso la libertà.
La manipolazione è mancanza di rispetto.
L’amore è più forte dell’odio.
Il male può essere sconfitto.
In copertina, la foto del giorno. Dolore e tristezza.
++++ AGGIORNAMENTO ORE 23.00 ++++
La benzina che Azerbajgian ha “generosamente” inviato a Stepanakert è servita. Il canale Telegram “Peacekeeper” del Contingente delle forze di mantenimento della pace russo informa alle ore 19.18: «In conformità con gli accordi raggiunti, il contingente di mantenimento della pace russo ha fornito scorta a 12 autobus e 41 auto personali di residenti locali dall’aeroporto di Stepanakert all’Armenia».
Gli Armeni stanno subendo un altro genocidio e il mondo continua a chiudere un occhio, e se parla sono soltanto parole, senza prendere azione contro il regime genocida di Ilham Aliyev. Sono di nuovo gli Armeni adesso, ma potremmo essere noi domani. Gli Europei devono ritenere responsabile i politici che guidano e sostengono i loro governi, tra cui il peggiore quello dell’Italia.
«Pensavamo che esodi e pulizia etnica fossero parole del passato. Invece stanno avvenendo proprio ora nel Nagorno-Karabakh. Il mondo non può stare a guardare silente il secondo genocidio armeno!» (Giulio Centemero, Capogruppo Lega Commissione Finanze – Camera dei Deputati).
L’Onorevole Centemero è stato sempre un’eccezione – con alcuni altri – tra i politici italiani, che si batte come un leone, un vero amico dell’Armenia. La maggioranza dei (dis)onorevoli politici italiani, quando abbiamo fatto appelli quotidiani per più di nove mesi di blocco imposto all’Artsakh dall’Azerbajgian e abbiamo avvisato del genocidio in corso, siete rimasti a guardare silente e non averte fatto niente, anzi, avete autorizzati accordi commerciali e militari con Baku. Adesso penseranno di pulirsi la coscienza per essere rimasti inattivi. Magari, adesso possono veramente salvarsi la faccia, impedire che l’Italia vende (illegalmente) armi all’esercito di Ilham Aliyev, che sta preparando l’aggressione all’Armenia.
«Che gesto “generosamente umano”. Dopo aver bloccato il corridoio per 9 mesi impedendo la consegna di beni essenziali e impiegando altri mezzi per terrorizzare gli Armeni di Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian ha riaperto il corridoio per consentire loro di fuggire – o almeno a quelli a cui hanno permesso di fuggire» (Sheila Paylan).
«Il mio cuore è irrimediabilmente spezzato. Non sarò mai più lo stesso. Stiamo assistendo ancora una volta alla deportazione come crimine contro l’umanità di migliaia e migliaia di Armeni. Avrebbe potuto essere completamente evitato. Non perdonerò mai il mondo per questo. Mai» (Melanie Altanian).
«Scuola materna di Martuni, Artsakh» (Liana Margaryan, giornalisa freelance).
Azeri molto “amanti della pace” e della “reintegrazione” degli Armeni con tutti i diritti. Pulizia etnica in corso.
Le famiglie lasciano tutto tranne i vestiti che hanno addosso. Bambini derubati dell’infanzia. La realtà per migliaia di persone in Artsakh in questo momento. È responsabilità collettiva di tutto il mondo che è rimasto a guardare, al massimo parole senza azione, assicurarsi che ci si prenda cura del popolo armeno dell’Artsakh. E che non se vendono più armi ai genocidi di Baku.
«Tutto è finito, non abbiamo più l’esercito, persone provenienti da tutte le regioni, da tutti i villaggi sono senza casa, 400 persone sono già partite per l’Armenia, altre sono senza riparo, dormono nelle strade, senza cibo, l’acqua è avvelenata dagli Azeri, è imbevibile, stiamo seppellendo gli uomini, le donne e i bambini uccisi, alcuni pensano di non seppellirli qui ma di portarli a Yerevan, code di 2000 persone davanti all’unica panetteria, tutti sono affamati, spaventati e senza speranza, è come il genocidio del 1915 (Scuola Antonia Arslan di Stepanakert).
Grazie ai governi europei (al primo posto l’Italia) e l’Unione Europea. Magari non vendete più armi ai genocidi.
«Nel punto di soccorso d’emergenza del Comitato Internazionale della Croce Rossa a Kornidzor, il primo villaggio dell’Armenia sulla strada dal Nagorno-Karabakh, un uomo anziano ha chiesto alle troupe televisive e ai giornalisti perché si fossero interessati solo una volta raggiunta questo punto della situazione di crisi. “Dov’eravate quando eravamo in Karabakh? Volete filmare? Ecco le mie gambe”, disse con rabbia, sollevando le estremità dei pantaloni per rivelare gli stinchi feriti e bendati.
“Questa mattina, un’ora prima della nostra partenza, mio marito ha chiamato per dire che era stata organizzata un’evacuazione”, ha detto Karina Kafyan, 32 anni, una delle prime a fuggire dal Nagorno-Karabakh. “L’evacuazione stava iniziando nei villaggi di Bernadzor e Mets Shen nella regione di Shushi: chiunque abbia benzina o gas può andarsene. Ora l’intero villaggio sta aspettando un autobus, un’auto o qualsiasi altra cosa che porti il carburante per poter partire insieme come villaggio. Ci sono forse 120 persone lì”» (Gabriel Gavin/Politico).
«Sto solo scattando le ultime foto a Stepanakert» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).
Auguriamo a Marut Vanyan e ai suoi colleghi giornalisti in Artsakh, che ci hanno fedelmente informato in questi 9 mesi del #ArtsakhBlockade sul campo, di raggiungere sano e salvo l’Armenia. La loro partenza per noi sarà una perdita incolmabile, perché non avremo più osservatori sul posto.
A Goris, un nuovo arrivato dall’Artsakh ha assistito al controllo dei bagagli presso il centro culturale per residenti sfollati e ha osservato: “Gli Azeri, i Russi e ora anche gli Armeni stanno controllando i bagagli?”.
«L’elettricità a Stepanakert è stata ripristinata. Anche se non è ancora chiaro se sia stata ripristinata la rete elettrica locale danneggiata o se sia stata ripristinata la rete elettrica completa dall’Armenia, la popolazione, che non disponeva di elettricità dall’aggressione del 19 settembre, ora dispone di fornitura elettrica. Una piccola tregua per decine di migliaia di persone che affrontano una crisi umanitaria in peggioramento, senza carburante, quasi senza cibo e sfollate dalle loro case e dalle loro vite. Prima di questo momento, le immagini satellitari mostravo chiaramente la completa oscurità in cui viveva Artsakh» (Artak Beglaryan, ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh).
++++ AGGIORNAMENTO ORE 19.00 ++++
«Armeni del Nagorno-Karabakh che arrivano a Goris, Armenia, dopo essere stati costretti a fuggire dalla loro patria in seguito all’attacco su larga scala dell’Azerbajgian» (Liana Margaryan, giornalista freelance).
Il primo giorno dell’esodo dall’Artsakh, alle 18.00, sono arrivati 377 profughi dall’Artsakh in Armenia. Su 216 persone registrati, 118 hanno scelto di trasferirsi nel luogo di residenza designato e 98 attualmente beneficiano di un alloggio fornito dal governo.
In Armenia arrivano donne, bambini e uomini anziani. Uomini giovani e adulti restano e c’è rischio di eliminazione (non “integrazione”).
«120.000 Armeni fuggiranno dal Nagorno-Karbakh in Armenia perché non vogliono vivere in Azerbajgian e hanno paura della pulizia etnica. “Il destino della nostra povera gente rimarrà nella storia come una vergogna per il popolo armeno e per l’intero mondo civilizzato” (David Babayan)» (Iniziativa italiana per l’Artsakh).
«La gente non sa cosa fare. Alcuni di loro hanno seppellito i loro parenti, alcuni stanno pensando a come trasportare i corpi in Armenia, e alcuni di loro stanno pensando se riesumare o meno il corpo del padre, figlio, fratello, marito» (David Ghahramanyan).
Il canale Telegram “Peacekeeper” del contingente delle forze di mantenimento della pace russo continua con la sua narrazione, però, adesso pattuglia le strade di Stepanakert: «La vita a Stepanakert continua a procedere pacificamente. Non sono previste repressioni contro la popolazione civile. Il contingente di mantenimento della pace russo sta pattugliando la città».
«Il contingente di mantenimento della pace russo nel Nagorno-Karabakh riferisce di pattuglie ora a Stepanakert nel mezzo di evacuazioni di massa dal territorio. Si presume che una volta che gli Armeni locali lasceranno completamente il territorio, se ne andranno anche le forze di mantenimento della pace russe» (Nagorno Karabakh Observer).
La comunità di Sarnaghbyur, nella regione di Askeran, contava 76 residenti prima dell’attacco terroristico dell’Azerbajgian del 19 settembre. 5 furono uccisi (2 uomini civili e 3 bambini), 15 furono feriti, 4 furono catturati dalle forze armate dell’Azerbajgian.
I residenti armeni bruciano massicciamente le case ad Agdere, riferisce l’organo di stampa statale Azernews, citando il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian. “Il 23 settembre intorno alle 19.35, i mezzi tecnici di sorveglianza del nostro esercito hanno registrato incendi di massa di case residenziali ad Agdere da parte di residenti armeni”, dice il rapporto, riferisce Azernews.
«Gli Azeri picchiano e torturano gli Armeni feriti nell’Artsakh/Karabakh» (Liana Margaryan, giornalista freelance).
Mentre sabato all’ONU l’Azerbajgian ha promesso di trattare gli Armeni dell’Artsakh come “cittadini con pari diritti”, su Telegram cominciano a circolare video che mostrano gli abusi degli Azeri.
«Voglio ribadire che l’Azerbajgian è determinato a reintegrare gli abitanti Armeni della regione del Karabakh in Azerbaigian come cittadini con pari diritti», ha detto il Ministro degli Esteri azero, Jeyhun Bayramov, all’Assemblea Generale. «La Costituzione, la legislazione nazionale dell’Azerbajgian e gli impegni internazionali che abbiamo preso costituiscono una solida base per questo obiettivo», ha aggiunto. «Continuiamo a credere che ci sia un’opportunità storica per l’Azerbajgian e l’Armenia per stabilire relazioni di buon vicinato e coesistere pacificamente fianco a fianco», ha detto ancora Bayramov.
Con il materiale pubblicato su Telegram che abbiamo riportato prima, si può avere un’idea del modo in cui l’esercito azerbaigiano rispetta gli “impegni internazionali” del suo Stato e la sua concezione di “relazioni di buon vicinato”.
Poi alla luce della visita del Presidente turco Erdoğan a Nakhichevan e delle dichiarazioni di ieri del Ministro degli Esteri azero, Jeyhun Bayramov, riguardo al cosiddetto “Corridoio di Zangezur” (rivendicazioni sulla regione di Syunik dell’Armenia), l’Azerbajgian continua a trasportare armi e personale militare a Nakhichevan. Certamente, per rafforzare le “relazioni di buon vicinato”.
La foto di Araksya Stepanyan dell’affresco del Monastero di Kobajr (Lori) in Armenia, pubblicato da Roberto Graziotto sul suo diario Facebook, con il commento: «Cristo e i suoi santi proteggano l‘Armenia».
++++ AGGIORNAMENTO ORE 13.00 ++++
È iniziata l’evacuazione da Martakert, con persone dirette verso la base delle forze di mantenimento della pace russa e la capitale Stepanakert.
Poco dopo mezzogiorno, il Centro d’informazione dell’Artsakh ha fornito il seguente aggiornamento per conto del governo dell’Artsakh, riguardo all’evacuazione delle famiglie sfollate:
«Cari connazionali,
desideriamo informarvi che, accompagnate dalle forze di mantenimento della pace russe, verranno evacuate le famiglie che sono state sfollate a seguito delle ultime azioni militari e che hanno espresso il desiderio di lasciare la repubblica.
Il governo fornirà informazioni sullo sfollamento di altri gruppi di popolazione nel prossimo futuro».
I veicoli hanno iniziato a lasciare l’Artsakh lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin) verso l’Armenia attraverso il ponte Hakari, accompagnati dalle forze di mantenimento della pace russe.
Civil Net armeno riferisce, che il primo gruppo di sfollati Armeni dell’Artsakh [circa 40] hanno raggiunto il punto di registrazione a Kornidzor dopo aver lasciato l’Artsakh. C’è una fila di auto fuori dalle tende allestite come punto di aiuto umanitario.
«Pulizia etnica parte seconda. La forza di mantenimento della pace russa sta portando in Armenia gli sfollati dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh). I primi sono già nel Syunik. Tempo qualche settimana e rimarranno pochi Armeni da confinare in qualche gabbia da zoo» (Iniziativa italiana per l’Artsakh).
«Fondamentalmente ora tutti i 120.000 abitanti del Nagorno-Karabakh devono essere evacuati in Armenia, poiché il territorio passa sotto il pieno controllo azero. Resta ora un compito immane, quello di evacuare 120.000 abitanti, e sarebbero necessari enormi sforzi logistici, se un autobus può ospitare da 40 a 60 persone, un camion militare 20-40… Alcuni hanno i propri veicoli, che possono ospitare da 5 a 8 o 9 persone. persone. Tutte le case e gli averi devono essere semplicemente abbandonati» (Nagorno Karabakh Observer).
Stepanakert, fila per il pane, oggi.
Mentre gli Armeni dell’Artsakh vengono massacrati e sono ancora affamati, gli aiuti umanitari dall’Armenia e dalla Francia, bloccati da settimane a Kornidzor, ritornano a Yerevan. Contrariamente alle sue fallaci promesse, l’autocrazia di Ilham Aliyev rifiuta ogni aiuto esterno, insomma ogni testimone.
Una volta occupata anche Stepanakert… «Aspettatevi un imminente blocco dell’Artsakh e la monopolizzazione dello spazio informativo da parte dell’Azerbaigian. Le prove delle atrocità e dei crimini contro l’umanità devono essere oscurate. È vitale insistere sull’ingresso immediato degli attori internazionali, delle Nazioni Unite, dei media internazionali credibili e delle ONG per monitorare la situazione sul campo» (Zohrab Mnatsakanyan, ex Ministro dello Stato dell’Armenia).
«Perché nessun Paese, media o autorità internazionale chiede a gran voce l’accesso all’Artsakh? Perché invece così tanti di loro stringono ancora la mano ai funzionari azeri durante le riprese fotografiche?» (Istituto Lemkin per la prevenzione del genocidio).
Un terrorista Azero che sta facendo quello che sa fare meglio.
++++ AGGIORNAMENTO ORE 12.00 ++++
«Ci scrivono. La situazione a Stepanakert è tesa, ma non vi sono repressioni da parte degli Azeri contro la popolazione civile. Nonostante le insignificanti scorte di cibo e medicine, la città continua a vivere una vita normale».
Quello che ho riportato, ha avuto il coraggio di pubblicare ieri il canale Telegram “Peacekeeper” del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh. NON SO SE DEVO PIANGERE, RIDERE O URLARE:
1. “Ci scrivono”: loro dove sono, a Timbuktu? O non escono più dalle loro basi dopo gli attentati che hanno subito da parte dei terroristi azeri?
2. Non ci sono “repressioni” da parte degli Azeri a Stepanakert dove la “situazione è tesa”: semplicemente perché non ci sono (per il momento) Azeri a Stepanakert, come invece altrove, da dove vengono segnalato le consueti atrocità azeri, che ho difficoltà di guardare. Poi, “teso”, sapendo così è diventato Stepanakert, a causa dell’attacco terroristico dei barbari di Aliyev.
3. “Vita normale”: qui ho spento il cervello. Mi rifiuto ancora connettere i gestori del canale Telegram “Peacekeeper” con il concetto di “umanità”. Questi sono extraterrestri scesi da Mosca per consegnare l’Artsakh al regime terrorista di Baku.
«Mattina Stepanakert» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).
«Stepanakert. Tombe. RIP» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).
«Le persone di giorno e di notte vengono all’ufficio del CICR per caricare i cellulari. Sono anche qui. Colleghi e amici mi dispiace, a volte non riesco a rispondere ai vostri messaggi. Mi dispiace. Grazie a tutti per le parole calorose. Non so come ringraziarvi tutti» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).
«Stepanakert. Una città diventata un campo profughi…» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – Email).
«Solo un po’ di tè e mezza pagnotta come unico pasto della giornata da condividere tra me e mia sorella. Questi sono lussi sotto il #ArtsakhBlockade e durante la guerra non tutti sono così “fortunati” nel Nagorno-Karabakh» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).
È fondamentale chiarire che le rivendicazioni di “reintegrazione” dell’Azerbajgian sono la politica di un’assimilazione forzata, accompagnata dalla minaccia di genocidio. Dobbiamo ricordare che gli Armeni nell’Artsakh non sono mai stati cittadini Azeri, quindi, non si tratta di “reintegrazione”.
Poi, come si può parlare di “integrazione” quando il governo azerbajgiano vieta ufficialmente l’ingresso in Azerbajgian a qualsiasi persona di nazionalità armena, come esplicitamente affermato sul sito ufficiale? Questa palese armenofobia non solo è discriminatoria ed è razzista, ma viola anche i diritti umani fondamentali e le norme internazionali.
Inoltre, i terroristi dell’Azerbajgian nei villaggi dell’Artsakh che hanno occupato, stanno dimostrando cosa significa “reintegrazione”. Stanno effettuando la pulizia etnica, commettendo genocidio uccidono la popolazione civile.
«Terroristi dell’Azerbajgian che uccidono civili e saccheggiano case» (Liana Margaryan, giornalista freelance).
Un terrorista azero, felice che entra in Artsakh, fa il segno dell’organizzazione fascista e ultranazionalista “Lupi Grigi”.
«Ai nostri soldati armeni è stato ordinato di difendere la loro patria, di non sparare e uccidere civili, bambini e donne incinte, di non violentare bambini. Sono stati educati per essere difensori della patria, non barbari» (Liana Margaryan, giornalista freelance).
«Un altro militare della forza di mantenimento della pace russo è stato ucciso dagli aggressori Azeri nell’Artsakh. Anton Shvoren, 39 anni, originario della regione di Rostov, viveva a Kamensk-Shakhtinsky con la moglie e due figlie. Secondo le informazioni che circolano online, le forze di mantenimento della pace russe hanno sorpreso gli Azeri mentre commettevano crimini contro i civili nei villaggi della regione di Martakert, per i quali sono stati fucilati come testimoni» (Canale Telegram Infoteka24).
Il Centro d’informazione dell’Artsakh comunica, che attraverso il Comitato Internazionale della Croce Rossa e le forze di mantenimento della pace russe, 215 tonnellate di carico umanitario sono state consegnate dall’Armenia all’Artsakh, attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin) lungo l’autostrada Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert. Il carico trasportato dalle forze di mantenimento della pace russe ammonta a circa 150 tonnellate (farina, sale, olio, lievito, pane). E il carico trasportato dal Comitato Internazionale della Croce Rossa ammonta a 65 tonnellate (farina). Come si può vedere, con l’opportunità di importare merci dall’Armenia, sono state portati all’Artsakh gli ingredienti necessari per fare il pane. Tuttavia, è ovvio che l’Azerbajgian con il blocco di più di 9 mesi ha creato una situazione umanitaria così difficile in Artsakh, che le merci importate non possono alleviare completamente e immediatamente la situazione di carestia.
Questa mattina 23 ambulanze accompagnate da specialisti con il Comitato Internazionale della Croce Rossa hanno trasportato all’Armenia attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin) 23 cittadini dell’Artsakh gravemente feriti dai terroristi dell’Azerbajgian.
«L’ho detto prima. Non è stato che dopo l’aggressione, che l’Azerbajgian ha deciso di essere abbastanza “generoso” da consentire l’arrivo degli aiuti umanitari. È una questione di dignità. Gli Armeni in Nagorno-Karabakh sono trattati come animali da zoo» (Rasmus Canbäck, autore e giornalista svedese indipendente, che pubblica maggiormente su Blankspot).
Visto che ci siamo, un esempio di mancanza di dignità, dell’indifferenza e sulla mancanza di empatia georgiana: «I Georgiani nel 2008: “Perché al mondo intero non interessa la guerra in Georgia?” Georgiani nel 2023: “Che strano che ci sia una guerra tra questi popoli lontani dell’Armenia e dell’Azerbajgian di cui non sappiamo nulla. Ora passate il khachapuri [una delizia tipica della Georgia, pane a forma di gondola ricco di uova e formaggio]» (Alex Scrivener, Georgiano-Britannico, Direttore esecutivo del Democratic Security Institute).
Il Segretario di Stato americano Antony Blinken: «Ho parlato oggi con il Primo Ministro armeno Pashinyan per esprimere la nostra preoccupazione per la tutela dei diritti e la sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh. Gli Stati Uniti continueranno a sostenere fermamente l’Armenia e la sua sovranità e integrità territoriale». Coraggiosa iniziativa di Blinken, ma continueranno anche a sostenere fermamente l’Azerbajgian, fornendo addestramento militare e finanziamenti (che lui personalmente aveva sostenuto a marzo di non fermarlo, quando l’Azerbajgian aveva già messo sotto assedio genocida la popolazione dell’Artsakh), affinché potrà continuare il suo attacco alla sovranità e integrità territoriale dell’Armenia?
Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Ararat Mirzoyan, ha dichiarato alla 78ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite: «Le persone del Nagorno-Karabakh, intrappolate nel blocco disumano e nelle ostilità inflitte dall’Azerbajgian, sotto la minaccia della stessa esistenza, sperano ancora che la prevenzione non rimanga una caratteristica del linguaggio, ma diventi una linea di azione. “Mai più” dovrebbe essere un vero impegno». In un articolo seperato riporteremo il testo integrale dell’intervento.
Gli studenti dell’Artsakh rispondono all’annuncio vergognoso dell’American University of Armenia
Gli studenti dell’ American University of Armenia sono indignati per l’annuncio dell’amministrazione ai loro studenti sull’attuale situazione nell’Artsakh e per le velate minacce di non partecipare alle proteste.
Studenti di varie scuole, college e università hanno partecipato a scioperi per partecipare alla disobbedienza civile e chiedere un’azione per l’Artsakh.
È importante notare il contrasto con il 2018, quando l’Università fu molto coinvolta durante la “Rivoluzione di velluto” di Nikol Pashinyan. La scuola aveva ufficiosamente cancellato tutte le lezioni, consigliando agli studenti di partecipare al discorso civile, mentre i suoi docenti firmavano una lettera a sostegno di Pashinyan.
Infine, la nuova dichiarazione consiglia agli studenti di monitorare le “notizie locali” con attenzione, indicando l’intenzione della scuola di allontanare i suoi studenti dai media della diaspora.
La lettera dell’AUA
L’amministrazione AUA, come tutta l’Armenia, segue gli eventi di questa settimana in Artsakh con serio allarme. La nostra comunità universitaria è solidale con il popolo dell’Artsakh e condanna ogni aggressione contro il nostro popolo che vive nella sua patria ancestrale.
In questa situazione, invitiamo i membri della nostra comunità a mantenere la vigilanza e ad esercitare cautela. Monitora le notizie locali, ma fatelo con attenzione, e fate attenzione alla disinformazione progettata per dividere la popolazione armena o indebolire le sue tradizioni democratiche.
L’Amministrazione dell’Università continuerà ad aggiornare la comunità non appena le informazioni saranno disponibili. A meno che e fino a quando non avremo indicazioni contrarie da parte del Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica di Armenia, tutte le lezioni in Armenia continueranno come previsto, comprese quelle presso l’AUA.
La risposta degli studenti dell’AUA
Cara comunità AUA,
siamo delusi dalla nostra università. Vi comportate tutti come se nulla stesse accadendo; l’università funziona come se le famiglie dei vostri studenti non stessero affrontando un genocidio in questo momento.
Oh, dovremmo prepararci per i quiz ogni settimana, studiare per gli esami che sono letteralmente la prossima settimana e frequentare le lezioni come se i nostri genitori non venissero abbandonati dall’Armenia nelle mani dell’Azerbajgian.
Tutto quello che sappiamo è che non è così che reagiremmo se accadesse qualcosa a Aragatsotn, Ararat, Armavir, Gegharkunik, Kotayk, Lori, Shirak, Syunik, Tavush, Vayots Dzor o Yerevan. Ogni singola pietra dell’Armenia è la nostra patria e dovremmo condividere insieme la lotta e l’angoscia.
Ma parlare di Artsakh è politico, no? Parlare dei nostri genitori, fratelli e sorelle è politico, non è vero? Cercare di fare qualcosa in questo edificio è politico, non è vero?
Rimanete con le vostre convinzioni apolitiche e impotenti finché inviate e-mail “Eventi di oggi” che ci dicono come siete solidali con noi.
Vogliamo solo farvi sapere che questa università ha deluso tutti gli studenti dell’Artsakh nel periodo peggiore della loro vita.
Cordiali saluti,
Studenti dell’Artsakh
Aram Mardirossian, storico del diritto presso l’Università di Parigi I Panthéon-Sorbonne, specialista in cristiani orientali, in una conversazione con Le Figaro il 21 settembre 2023, ritiene che gli Occidentali non siano consapevoli del pericolo che minaccia la stessa Armenia
(Nostra trascrizione e traduzione italiana dal francese)
Le Figaro: Ci stiamo muovendo verso un’integrazione forzata di questa enclave armena [l’Artsakh] nell’Azerbajgian?
Aram Mardirossian: Il reinserimento è una delle opzioni, sapendo che ce ne sono almeno altre due, forse le più probabili: la partenza, forzata o meno, di una parte minoritaria o maggioritaria degli abitanti dell’Artsakh, o anche la liquidazione, il massacro. In questa fase le cose restano un po’ indecise. Ma in effetti da parte azera stanno promuovendo l’idea che tutto tornerà all’ordine, nel loro ordine, che è molto, molto oggettivamente un ordine di brutalità, di pulizia etnica, di sterminio. Gli Armeni sono presenti nel territorio chiamato Artsakh da almeno 2500, anzi 3000 anni, una presenza che gli Azeri oggi vogliono cancellare: monumenti, vestigi… Il massiccio attacco del 19 settembre non è che la continuazione, non oso dire la fine, di un processo che dura almeno da quasi tre anni, dall’accordo del 9 novembre 2020, e che in realtà è la continuazione di una guerra scoppiata con l’esplosione dell’Unione Sovietica (1991). L’equilibrio militare sul terreno non esiste più, il che significa che l’Artsakh ha dovuto difendersi da solo senza il sostegno dell’Armenia e dell’esercito armeno. L’esercito dell’Artsakh, che conta al massimo circa 10.000 uomini, dovette difendersi da solo contro un esercito azero che è decisamente più potente sotto tutti gli aspetti. Dopo 24 ore non aveva più munizioni.
Le Figaro: L’Azerbajgian si fermerà al Nagorno-Karabakh? O anche il territorio dell’Armenia è minacciato?
Aram Mardirossian: Questa è una delle colpe particolari dell’attuale governo armeno, ma anche di molte potenze, sia in Occidente che altrove: non vogliano vedere con chi hanno a che fare gli Armeni. L’obiettivo degli Azeri e del loro padrino, il loro protettore turco – gli Azeri e i Turchi si autodefiniscono “due stati per un popolo” – l’obiettivo finale è l’annientamento non solo dell’Artsakh. Questo è quasi fatto, ma anche di tutto l’Armenia e più in generale di tutti gli Armeni. Mi piacerebbe sbagliarmi nel dirlo, dicendomi “oh sta esagerando, è perché è di origine armena”, ahimè no, non sono all’altezza della realtà. Oggi è l’Artsakh, ma quello interessa soprattutto l’Azerbajgian, che interessa molto di più alla Turchia ma anche a tante altre potenze, è come ha detto lei, il Syunik, chiamato anche Zangezur, il confine meridionale dell’Armenia lungo una trentina di chilometri e che è il confine armeno-iraniano. È questa fascia territoriale che impedisce la continuità del mondo turco, dai Balcani allo Xinjang, alla Cina. Quindi, la Turchia, in un modo o nell’altro, sta facendo avanzare in modo significativo la politica neo-ottomana pan-turca di Erdoğan. Se per il momento il Syunik non è stato toccato è soprattutto grazie alle fortissime pressioni dell’Iran che, ogni volta che il pericolo si è fatto chiaro, ha effettuato massicce manovre militari al confine armeno per dimostrare agli Azeri che le cose non possono accadere così. L’Iran settentrionale, due province settentrionali dell’Iran, sono popolate da Azeri. Ci sono più Azeri in Iran che in Azerbajgian e ci sono desideri di unirsi alla Grande Azerbajgian, il che rappresenta un vero pericolo per l’Iran. Questa polveriera è in gran parte alimentata per lo Stato d’Israele perché Israele da anni arma in maniera massiccia e sofisticata l’Azerbajgian, non solo per ricevere idrocarburi, ma soprattutto per avere una testa di ponte sull’Iran. Russia e Stati Uniti si confrontano, come in Ucraina, ma in modo diverso, attraverso intermediari. È in tutto questo contesto che va compresa la cosa armena. E in definitiva l’Armenia è solo la fine dello spettro delle principali questioni.
Le Figaro: La Francia farà qualcosa?
Aram Mardirossian: A livello statale, spero di sbagliarmi, non succederà mai altro che buone parole, umanitarismo e perché no qualche misura a livello di quella che chiamiamo, qualcosa che non esiste, “comunità internazionale”. Ciò che farebbe la vera differenza, ciò che viene fatto per l’Ucraina, un aiuto militare sostanziale e reale, non ci credo nemmeno per mezzo secondo. Potremmo dire cinicamente: “Questi sono gli interessi della Francia”. È un cinismo perdente, perché non difendere l’Armenia vuol dire perdere, anche per la Francia. Dietro l’Azerbajgian c’è la Turchia di Erdoğan. L’obiettivo di Erdoğan è ricreare l’Impero Ottomano. Non nella forma che possa avere un impero stricto sensu, ma che l’influenza turca diventi totalmente generalizzata. In uno dei suoi discorsi, Erdoğan ha detto ai suoi connazionali Turchi (dell’Europa): “Voi siete il futuro dell’Europa, non fare due o tre figli, ma quattro o cinque”. E quindi, non frenando il più possibile le folli ambizioni di Erdoğan e della Turchia, da qualche parte la Francia lascia crescere un pericolo che, un giorno, finirà per toccarla.
Azerbaigian: garantire i diritti dei civili nel Nagorno Karabakh
La crisi umanitaria necessita di una risposta urgente
Human Rights Watch, 23 settembre 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Migliaia di civili nel Nagorno-Karabakh hanno disperati bisogni umanitari a seguito dell’operazione militare dell’Azerbajgian per riprendere il controllo sulla regione, ha affermato oggi Human Rights Watch. L’intervento militare è seguito a mesi di grave carenza di cibo, farmaci, prodotti per l’igiene e altre forniture essenziali per la regione, poiché l’Azerbajgian aveva interrotto il traffico veicolare e pedonale nella regione per oltre 9 mesi.
Le autorità azere dovrebbero adottare misure immediate per garantire la sicurezza e i bisogni umanitari della popolazione di etnia armena del Nagorno-Karabakh, consentendo l’accesso umanitario senza indugio. L’Azerbajgian dovrebbe consentire ai civili che desiderano evacuare temporaneamente in Armenia, così come alle persone che necessitano urgentemente di cure mediche che desiderano partire, rispettando il loro diritto al ritorno. Il trasporto di cibo, medicinali e altre necessità umanitarie nel Nagorno-Karabakh dovrebbe essere consentito da più direzioni, anche attraverso l’Armenia. È necessario un monitoraggio internazionale per garantire che l’Azerbajgian rispetti i propri obblighi in materia di diritti umani, in particolare nei confronti della popolazione di etnia armena del Nagorno-Karabakh.
“I civili nel Nagorno-Karabakh si trovano ad affrontare una terribile crisi umanitaria e una grave incertezza sul loro futuro”, ha affermato Hugh Williamson, direttore per l’Europa e l’Asia centrale di Human Rights Watch. “Le autorità azerbajgiane hanno affermato che i diritti di tutti saranno tutelati, ma è difficile dargli valore nominale dopo mesi di gravi difficoltà e decenni di conflitto”.
A meno che le autorità azerbajgiane non adottino misure immediate per affrontare i bisogni umanitari, compresi beni e servizi essenziali per i diritti economici e sociali delle persone, sarebbe credibile concludere che stanno deliberatamente cercando di rendere la vita degli Armeni così infelici che non avranno altra scelta se non quella di andarsene, ha detto Human Rights Watch.
Dal 19 settembre 2023, quando l’Azerbajgian ha avviato gli attacchi militari per riprendere il pieno controllo del Nagorno-Karabakh, migliaia di civili sono fuggiti dalle proprie case. Molti sono fuggiti a Stepanakert. I civili di etnia armena non possono evacuare la regione perché l’Azerbajgian non ha aperto il Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega la regione all’Armenia.
Il 22 settembre, il Ministero della Difesa russo ha affermato che le basi delle forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno-Karabakh “ospitano 826 civili” e che “sono forniti loro alloggio, scorte di cibo e assistenza medica”. Le forze di mantenimento della pace russe dovrebbero garantire i bisogni umanitari e la protezione dei civili che hanno cercato rifugio nelle basi militari russe, ha affermato Human Rights Watch. Il 22 settembre, il Ministero per le emergenze dell’Azerbajgian ha annunciato di aver inviato 40 tonnellate di assistenza umanitaria, compresi cibo e prodotti per l’ igiene, a Khankendi/Stepanakert per la distribuzione ai civili.
Per i civili che scelgono di evacuare, l’Azerbajgian è obbligato a consentire loro di tornare alle loro case secondo un precetto fondamentale del diritto internazionale sui diritti umani, ha affermato Human Rights Watch.
Il 22 settembre, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha emesso misure provvisorie che obbligano l’Azerbajgian ad “astenersi dall’adottare qualsiasi misura che possa comportare violazioni degli obblighi previsti dalla [Convenzione europea sui diritti dell’uomo], in particolare per quanto riguarda il diritto alla vita e il divieto di tortura e altri trattamenti o punizioni degradanti”.
Il Nagorno-Karabakh è una regione dell’Azerbajgian popolata da etnia armena che, insieme alle forze della Repubblica di Armenia, ha combattuto una guerra per l’indipendenza all’inizio degli anni ’90 ed è rimasta di fatto separata dall’Azerbajgian fino al 2020. L’Azerbajgian ha avviato le ostilità nel settembre 2020 per riconquistare l’area. Una dichiarazione di tregua che poneva fine alla guerra durata 44 giorni prevedeva che le truppe di mantenimento della pace russe fossero presenti nel Nagorno-Karabakh e controllassero il Corridoio di Lachin fino al 2025.
L’Azerbajgian ha iniziato a bloccare il Corridoio di Lachin il 12 dicembre 2022 e ad aprile ha istituito un checkpoint. A partire da metà giugno, l’Azerbajgian ha bloccato tutti i beni umanitari consegnati dalle forze di mantenimento della pace russe e dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), sostenendo che merci non autorizzate erano state introdotte di nascosto nel Nagorno-Karabakh. Inoltre, ha periodicamente impedito al CICR di trasportare pazienti fuori dall’enclave, hanno riferito rappresentanti del Nagorno-Karabakh a Human Rights Watch ad agosto.
Il 19 settembre, le forze azere hanno effettuato attacchi militari volti a ristabilire il controllo sulle aree del Nagorno-Karabakh, rimaste di fatto sotto il controllo delle autorità locali dopo la tregua del 2020. Il 20 settembre è stato annunciato un cessate il fuoco, seguito il giorno successivo dai primi colloqui tra le autorità azere e i rappresentanti della comunità armena del Nagorno-Karabakh.
Ad agosto, Human Rights Watch ha parlato a distanza con 16 persone che hanno descritto l’interruzione quasi totale della circolazione di persone, beni e servizi, tra cui elettricità, gas e benzina. Questa interruzione ha provocato una grave carenza di cibo, farmaci, prodotti per l’igiene e altre forniture essenziali per i diritti economici e sociali delle persone. Le persone hanno descritto di dover affrontare la carenza di questi beni essenziali con quasi nessun accesso a latticini, uova o carne e, a intermittenza, al pane.
I civili ora si trovano ad affrontare carenze ancora maggiori. A causa delle diffuse interruzioni di corrente, stanno cercando disperatamente di localizzare i loro cari.
Hikmet Hajiyev, Consigliere del Presidente azerbajgiano, Ilham Aliyev, ha pubblicato su X, ex Twitter, che i funzionari azeri hanno detto al CICR: “tutte le condizioni necessarie sono fornite e saranno fornite per la consegna di medicine, cibo e altri beni da parte del CICR” tramite Lachin e un’altra strada.
Stabilendo un checkpoint di frontiera sul Corridoio di Lachin e forzandone la chiusura per mesi quando non esistevano altri accordi per garantire i diritti dei residenti al cibo e alla salute, l’Azerbajgian ha effettivamente negato questi diritti, ha affermato Human Rights Watch.
Per sette mesi, l’Azerbajgian ha rifiutato di eseguire un ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia di “adottare tutte le misure […] per garantire la libera circolazione di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”. A dicembre, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha emesso una precedente serie di misure provvisorie, affermando che l’Azerbajgian dovrebbe “adottare tutte le misure che rientrano nella sua giurisdizione per garantire il passaggio sicuro attraverso il Corridoio di Lachin delle persone gravemente malate che necessitano di cure mediche in Armenia e altri che rimasero bloccati sulla strada senza riparo o mezzi di sussistenza”.
Il post di Hajiyev afferma anche che il personale militare del Nagorno-Karabakh che depone volontariamente le armi è “libero”, anche se ci sono seri motivi per temere che le autorità azere possano trattare tutti i maschi adulti senza disabilità come presunti combattenti. Il 19 settembre, quando sono iniziate le ostilità, il Ministero della Difesa azerbajgiano ha inviato un messaggio ai civili del Nagorno-Karabakh dicendo che sarebbero stati messi a disposizione ripari, cibo e acqua per donne, bambini, anziani, persone con disabilità e malati. La dichiarazione implicava che la maggior parte dei maschi adulti non sarebbero stati trattati come civili, ha affermato Human Rights Watch.
“Migliaia di persone di etnia armena sono sfollate e molte sono separate dalle loro famiglie, temendo l’incertezza e un futuro cupo”, ha detto Williamson. “Sono necessari urgentemente accesso umanitario e monitoraggio per garantire la sicurezza dei civili del Nagorno-Karabakh”.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]