Caso 60SA. Ancora menzogne e calunnie? Anche basta!

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.09.2023 – Ivo Pincara] – Nel pomeriggio del 27 settembre prossimo, riprenderanno le Udienze del processo al Tribunale vaticano, formalmente sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. L’abbiamo chiamato Caso 60SA – per il filone più importante dei tre oggetti del procedimento penale vaticano 45/2019, la compravendita del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra – ma in realtà si tratta del processo-complotto contro il Cardinal Becciu.

Chi ha seguito – con la dovuta attenzione e la devozione alla lente – questo procedimento penale vaticano 45/2019, ha visto svelato le trame dei nemici del Cardinale Angelo Becciu, ha osservato Andrea Paganini, curatore della meritevole opera della Rassegna Stampa sul Caso Becciu, indispensabile per chi volesse informarsi seriamente [QUI], senza dimenticare ovviamente la copertura costante di questo Blog dell’Editore [QUI].

«Era – come si poteva intuire fin dall’inizio e come ormai è evidente per ogni persona in buona fede – un colossale complotto. La domanda è: come mai la “giustizia” vaticana non cerca la verità e protegge Chaouqui, Perlasca, Ciferri… e Diddi? Come mai le prove importanti sono piene di “omissis”? Cosa nascondono?», si chiede Paganini e noi con lui.

Il 26 luglio 2023, dopo l’ultima Udienza prima della pausa giudiziaria vaticana estiva, abbiamo scritto – ingenuamente – che c’era «da transitare la pazienza, in attesa che la parola passi alle parti civili e poi alle difese, e della sentenza prevista entro la fine dell’anno». Ma apparentemente, c’è chi della pazienza non ha fatto una virtù, che ha già condannato per mezzo stampa Sua Eminenza e freme di poter vederlo appeso dalla Loggia di San Pietro con la testa in giù.

Così, alcuni giorni fa, un sito – che evitiamo di nominare, per non diffondere il pantano che rimescola e sparge come si fa con il liquame sui terreni agricoli – ha ricominciato con il fango, composto da menzogne, disinformazione e  calunnie, partendo dal titolo: la mafia in Vaticano e definendo Becciu “eminenza del potere nero”. Poi, riporta senza batter ciglio l’oscena requisitoria, che il Cardinale Becciu nelle sue azioni alla Segreteria di Stato “ha abusato dei fondi del Santo Padre” ed “ha sempre mantenuto un comportamento che di fatto ha boicottato il processo in corso in Vaticano”, e che “fosse il veicolo delle truffe“. Per poi concludere con la somma calunnia di “tentativo di truffa verso il Santo Padre”. Ovviamente, del diritto umano alla presunzione d’innocenza non hanno mai sentito parlare, come neanche del codice deontologico della comunicazione.

Andrea Paganini ha risposto sulla pagina Facebook del sito: «Ancora menzogne e calunnie? Anche basta! Nonostante il suo accanimento, Diddi che fra l’altro è pagato anche con l’Obolo di San Pietro e non ha obbedito al Giudice, nascondendo le prove dell’innocenza di Becciu – non ha portato una briciola di prova a sostegno dei suoi teoremi assurdi e difende la manipolatrice Chaouqui e lo pseudo testimone Perlasca. Fra l’altro il palazzo di Londra è stato acquistato quando Becciu non era più in Segreteria di Stato. Piuttosto: come mai Chaouqui implorava la Ciferri di “proteggere Diddi”? Fa parte anche lui del colossale complotto montato ad arte – quello sì mafiosamente! – contro un innocente?».

Poi, il suo commento è stato cancellato e lui è stato bloccato. Evidentemente non sopportano la verità, mentre amano spargere fango e diffondere menzogne, disinformazione e calunnie. Certo, chi censura il dibattito su Facebook – come chi riempie di “omissis” le testimonianze o chi nasconde 120 messaggi su 126 – non ama né la verità né il dibattito civile e democratico.

«Ormai mi risulta chiaro, chi muove i fili di questa colossale montatura… Quell’esponente della mafia infiltrata in Vaticano, che ormai tutti conoscono, spara fango su un innocente (il Cardinal Becciu), censura chi dice la verità (anche sul suo conto!) e si illude di essere irriconoscibile. Ma non taceremo e le calunnie cadranno come birilli. Fosse anche in tribunale (tanto le fotografie le teniamo)! Ormai è chiaro chi c’è dietro la macchina del fango, riattivatasi in questi giorni. Che la verità venga alla luce!», ha commentato Paganini.

Fortunatamente ci sono ancora testate che fanno onore alla professione di comunicazione e non cadono nel tranello teso dal processo mediatico impostato dal Promotore di (in)giustizia vaticano; e che si sono adoperati a seguire i fatti e i documenti depositati durante la fase dibattimentale del processo. Un impegno molto faticoso, vero, e che necessità anche una grande pazienza, ma è indispensabile per servire la verità fattuale e la giustizia autentica.

Un esempio positivo è un recente l’articolo dal titolo Riparte il processo a Becciu: ecco cosa non torna. Svelate le trame dei suoi nemici. Le indicazioni della Santa Sede sugli investimenti londinesi a firma di Felice Manti su Il Giornale del 4 settembre 2023 [QUI], di cui riportiamo alcuni stralci:

«A giorni ripartirà quello che sarebbe dovuto essere il processo del secolo, gli ingredienti c’erano tutti (…). Alla fine in mano al Promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi non è rimasto nulla. Le prove che avrebbero dovuto incastrare Becciu si sono sgretolate, ma non basta. Durante il processo presieduto da Giuseppe Pignatone, già procuratore capo della Repubblica di Roma, si è scoperto che il presunto memoriale che avrebbe dovuto sostenere l’accusa (…) sarebbe stato sapientemente ispirato da persone totalmente estranee all’ufficio della Segreteria di Stato. Invano Perlasca ha tentato di rivelarne l’identità, salvo poi scoprire che si trattava di una vecchia conoscenza dei casi Vatileaks, Francesca Chaouqui.
Era chiaro a tutti, sin dall’inizio, che per l’acquisto degli ex magazzini Harrod’s di Londra è stata decisiva la viva raccomandazione proprio di Perlasca, incaricato di valutare la bontà tecnica delle scelte finanziarie, e con espresso placet dei due Segretari di Stato avvicendatisi negli anni, Tarcisio Bertone e Pietro Parolin. In casi come questi gli uffici predispongono una mens, ovvero un appunto concettuale che contiene pro e contro di ogni decisione. Il cardinale non si è mai distaccato da queste indicazioni. Becciu ha solo seguito i suggerimenti provenienti dall’ufficio. Dunque, sia la scelta di investire che di disinvestire (frettolosamente, e questo è stato il vero danno alle casse vaticane) non è di Becciu ma è stata indicata dai vertici della Santa Sede. Ogni operazione era rendicontata periodicamente anche al Santo Padre. Ci sono stati anche dei colpi bassi, come la diffusione illegale di una conversazione privata tra il cardinale e Papa Francesco e di una piccola parte di alcune conversazioni via whatsapp, buona per distrarre l’opinione pubblica dall’assenza di prove. (…)».

Inoltre, dello stesso autore e sullo stesso quotidiano, alcuni giorni dopo, La verità sul processo a Becciu è nei verbali. Così è stato imbeccato il superteste Perlasca [QUI]: «Sette anni e tre mesi di reclusione all’ex sostituto della Segreteria di Stato monsignor Giovanni Angelo Becciu per aver eseguito gli ordini. Presumibilmente entro fine anno sapremo se il presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone darà ragione al Promotore di giustizia vaticana Alessandro Diddi o se il sedicente «processo del secolo» sui fondi della Segreterie di Stato si sgonfierà definitivamente. Presto parleranno le parti civili: staranno con lui o contro? Vedremo.
(…) è emersa l’assoluta innocenza del cardinale, sia per la compravendita dell’ex magazzino di Harrod’s a Londra, sia per la cattiva gestione di una parte dei soldi destinati alla liberazione di una suora. Becciu ha fatto sottoscritto decisioni prese da altri, portate avanti senza dinieghi dal Vaticano e senza conseguenze per i successori. La colonna portante dell’accusa era il famoso memoriale del grande accusatore di Becciu, Monsignor Alberto Perlasca, che si è scoperto essere stato “suggerito” dall’amica di famiglia Genoveffa Ciferri e da Francesca Chaouqui (…). Solo sei dei 126 messaggi tra le due donne, inviati a Diddi dopo il controesame di Perlasca, è stata risparmiata dagli omissis. Perché? Nel suo primo interrogatorio 29 aprile 2020 si capisce che pressione aveva subito dall’Ufficio del Promotore, tra minacce di sequestri e revoca della cittadinanza vaticana. (…)».

Indice – Caso 60SA [QUI]

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