Il cardinale Koch spiega l’ecumenismo di Papa Francesco in attesa dell’anno di Lutero

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Il cardinale della curia romana Kurt Koch spiega, in un’intervista rilasciata alla KIZ, (KirchenZeitung im Netz – Linz, 03.09.2013)  l’importanza di Lutero come figura spirituale e fa un confronto tra i due pontefici Benedetto XVI e Francesco. Ecco la traduzione di  Simona Storioni per Korazym:

L’Anno di Lutero 2017 è ormai prossimo. Rappresenta una sfida per l’ecumenismo tra i cattolici e le Chiese della riforma. Che cosa possono imparare i cattolici da Lutero? 

Cardinale Kurt Koch: Ciò che possiamo imparare da Lutero è già stato molto ben definito da Papa Benedetto in occasione dell’incontro con i rappresentanti della Chiesa evangelica tedesca a Erfurt: Lutero era una persona che cercava Dio. Dobbiamo riscoprire questa centralità della questione di Dio. E, in secondo luogo, Lutero non ha cercato un dio qualunque, bensì quel Dio che si è manifestato in Gesù Cristo. Proprio il concentrarsi sulla questione di Dio e la centralità di Cristo mi sembrano gli elementi decisivi.

È già stato percorso un lungo cammino di dialogo con la Chiesa luterana. Nel corso di tale cammino sono nati documenti importanti, testi in parte anche molto spirituali. Che cosa si può fare per evitare che questi risultati vadano persi?

È proprio questo il grande pericolo per quanto riguarda l’ecumenismo: la smemoratezza. Da cinquant’anni intratteniamo un dialogo con i luterani. Oggi tante cose rischiano di finire nuovamente nel dimenticatoio. Dobbiamo fare ciò che ha fatto il mio predecessore al Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il cardinale Kasper, negli ultimi anni della sua presidenza: “harvesting the fruits”, ovvero raccogliere i frutti, pubblicare i testi dei dialoghi, affinché non vadano più persi, bensì continuino a servire da orientamento per il futuro.

Qual è il successo più grande ottenuto nel dialogo con i luterani?

La dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione. Ha un carattere particolare, poiché è stata accettata dalle guide di entrambe le Chiese, e non solo da esperti.

Quale sarebbe un prossimo passo?

Ritengo auspicabile una dichiarazione analoga a quella sulla dottrina della giustificazione sui grandi temi “Chiesa, eucaristia e ministero”. Secondo me consentirebbe di compiere un passo avanti. Sono ormai finiti i tempi in cui abbiamo preparato documenti solo sull’eucaristia o solo sul ministero. Vorrei che questi temi non fossero più separati.

Papa Francesco è amico e buon conoscitore delle Chiese orientali. Quali impulsi dà al dialogo? 

Papa Francesco desidera proseguire il cammino intrapreso da Papa Benedetto: curare il dialogo fraterno, avere rapporti cordiali e amichevoli. È molto importante per Papa Francesco. Ho visto come ha accolto il papa copto, come accoglie i rappresentanti dell’ortodossia, quanto tempo vi dedica. Naturalmente, oltre a questo deve proseguire anche il dialogo teologico.

Molte Chiese ortodosse hanno la propria sede negli stati arabi, nella regione della “primavera araba”. Queste Chiese soffrono per la situazione politica. 

Trovo difficile chiamare la primavera araba con questo nome. Secondo me è diventata largamente un autunno islamista. Nonostante tutto, adesso il dialogo è più che mai necessario. Le persone, però, hanno soprattutto bisogno del nostro sostegno. L’ottanta percento di tutti coloro che vengono perseguitati per motivi legati alla fede è cristiano. Oggi la persecuzione dei cristiani è maggiore rispetto a quella dei primi secoli della Chiesa. Ciò dovrebbe motivare in modo del tutto diverso la solidarietà tra i cristiani.

Negli ultimi anni le Chiese libere e le comunità evangeliche stanno ricevendo sempre più attenzione. Si ha l’impressione che la Chiesa cattolica parli volentieri con loro perché sono interlocutori comodi. 

Non sono comodi. Alcuni movimenti evangelicali e pentecostali sono anticattolici e anti-ecumenici. Sono inoltre piuttosto eterogenei. Cerchiamo però di avviare un dialogo con tutti. Le Chiese pentecostali e quelle libere sono, numericamente, il secondo gruppo di cristiani dopo la Chiesa cattolica romana. Ed è un gruppo che cresce molto rapidamente. Rappresenta una grande sfida. Come Chiesa cattolica dobbiamo porci soprattutto una domanda: che cosa ci sta succedendo, visto che tanti fedeli lasciano la nostra Chiesa e si rivolgono a questi movimenti?

Dove c’è il dialogo con le Chiese libere c’è però anche unità nella comprensione della Bibbia e nelle questioni etiche come la comprensione del matrimonio o l’omosessualità…

Questo vale per le Chiese evangelicali  nell’Europa centrale. Di fatto, su alcune questioni in campo etico ci sono più vicine delle grandi Chiese evangeliche.

In Europa centrale intensificate il dialogo con le Chiese libere?

È soprattutto desiderio degli evangelici intensificare il dialogo con noi. Si aspettano un sostegno nelle questioni a loro particolarmente care. Ciò non vale solo per l’etica, ma soprattutto per la professione di Cristo. Molti cristiani evangelicali hanno l’impressione che oggi la professione di Cristo venga custodita meglio nella Chiesa cattolica che in alcune Chiese evangeliche.

Più sono lunghi i dialoghi, meno si parla di unità della Chiesa. Sembra essere stata allontanata o addirittura non essere più un obiettivo…

Spesso oggi l’unità della Chiesa viene intesa solo come riconoscimento reciproco, sicché l’unità sarebbe costituita dalla somma di tutte le Chiese esistenti. Dobbiamo metterci nuovamente d’accordo su dove il cammino ecumenico può e deve portare. Per noi cattolici, la meta continua ad essere l’unità visibile. È questo il mandato del Signore, che nella sua preghiera sacerdotale ha pregato affinché siamo una cosa sola perché il mondo creda. Di recente, un ospite africano ha domandato: lei ritiene che il cristianesimo è credibile quando da diverse montagne ci viene gridato un messaggio differente di Cristo? È proprio in considerazione dell’evangelizzazione che l’ecumenismo deve ricevere una nuova forza d’attrazione.

In passato le Chiese sono state più concordi riguardo ai traguardi da raggiungere?

Sì, ritengo che all’inizio del movimento ecumenico e al tempo del concilio Vaticano II ci sia stata una maggiore comunanza di vedute riguardo agli obiettivi rispetto ad oggi.

Come si presenta, secondo lei, la situazione ecumenica in Austria?

Noto molte iniziative positive e vedo in Austria una grande apertura ecumenica. Penso anche alla straordinaria opera Pro Oriente, fondata dal cardinale König. Ancora oggi Pro Oriente offre un grande servizio nell’ambito della riconciliazione e dei rapporti ecumenici con l’oriente.

Come vede il nuovo Papa Francesco?

Vedo Papa Francesco come una personalità molto diversa rispetto a Papa Benedetto. Tuttavia noto una continuità fondamentale. Se guarda, per esempio, all’intervista rilasciata da Papa Francesco durante il viaggio di ritorno da Rio de Janeiro … avrebbe potuto anche essere stata rilasciata da Papa Benedetto. Però Papa Benedetto sarebbe stato criticato da diversi media. Papa Francesco, invece è stato elogiato. Il modo in cui si avvicina alle persone, in cui interpreta il suo ministero, sono un grosso punto a suo favore. Tuttavia, sono convinto che quando si scoprirà ciò che pensa realmente, allora forse il favore del pubblico non sarà più tanto grande.

Avrebbe già dovuto essere scoperto. Al momento, però, ogni sua affermazione viene applaudita. 

Di fatto lo considero un miracolo. Mi viene in mente, per esempio, il clamore suscitato dal discorso di Papa Benedetto a Friburgo sulla liberazione dalle forme di mondanità. Papa Francesco dice le stesse cose in termini ancora più chiari e viene apprezzato. Forse è il modo in cui lo dice che lo fa accettare.

Ad ottobre si riunirà la commissione che Papa Francesco ha istituito per riformare la curia. Quale risultato ci si attende? 

Un solo membro della commissione di consultazione lavora in Vaticano. Lo trovo una cosa eccezionale. Questo rende maggiormente presente la Chiesa universale e promuove la sinodalità. È una grande sollecitudine di Papa Francesco, e certamente la realizzerà.

Ci sarà qualcuno in curia che tirerà il freno? 

Qualcuno c’è sempre. Ma non sono in grado di identificarlo. Per me sarebbe importante che tutti nella curia romana si dedicassero al compito che è stato loro affiato. La cosa importante è soprattutto è che il Papa possa adempiere al suo mandato. Il  Papa rappresenta la missione di tutta la Chiesa, e la Chiesa ha la missione di annunciare il Vangelo. Se tutti ricordano qual è la missione originale, allora la domanda se tirare il freno o meno non si pone nemmeno.

Lei ha tenuto una conferenza scientifica su Gesù Cristo all’accademia estiva di Aigen. Che cosa significa Gesù Cristo per lei personalmente, per il cristiano Kurt Koch?

Sono infinitamente grato del fatto di poter conoscere Gesù Cristo, poiché lo considero l’accesso migliore e più bello a quella realtà che chiamiamo Dio. Sono grato perché Cristo mi aiuta a conoscere meglio Dio, che è soprattutto un Dio che vuole il nostro bene, che ama noi uomini e che vuole solo il meglio per noi, e che ha una sollecitudine personale per noi uomini. Sono grato perché attraverso Cristo entriamo in un rapporto personale con questo Dio e possiamo conoscerne il volto.

Com’è fatta una giornata lavorativa del cardinale di curia Kurt Koch?

È molto varia. Quando sto a Roma sono disponibile soprattutto per colloqui e incontri e partecipo a delle sedute. Ma per la maggior parte del tempo non sono a Roma. Sono spesso in viaggio, perché l’ecumenismo non può essere organizzato dalla scrivania. L’ecumenismo si realizza soprattutto negli incontri.

Nel corso del dibattito durante l’accademia estiva su  “Il futuro della fede e della Chiesa nel centro Europa”, il cardinale Kardinal Koch ha detto:

La voce dei pontefici può essere forte solo se viene rinforzata dal popolo di Dio. Nelle nostre latitudini europee scorgo un problema. È un peccato, per esempio, che gli straordinari impulsi dei discorsi di Papa Benedetto XVI vengano così poco accolti. Possiamo essere orgogliosi di ciò che il cristianesimo ha fatto in Europa. È straordinario. Per questo sono anche fermamente convinto che non ci sarà un’Europa senza cristiani. Stiamo vivendo la quiete del sabato santo. Nel silenzio nascono – di nascosto – molte cose nuove. Dobbiamo alimentare le nuove forze positive, che permettono di crescere e prosperare. Possiamo guardare con speranza verso il futuro dell’Europa.

Sulla persona

Papa Benedetto XVI ha nominato il cardinale Kurt Koch presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità die Cristiani nel 2010. Egli è quindi responsabile, nel mondo, per l’ecumenismo con le Chiese cristiane. Nel 1995 il cardinale Koch, che oggi ha 63 anni, era stato eletto vescovo della diocesi di Basilea dal capitolo del duomo. Si è fatto un nome anche come autore di oltre sessanta libri e scritti. Il cardinale Koch è stato relatore della XXV accademia estiva del circolo sacerdotale di Aigen. È intervenuto sul tema “Guardare il volto di Dio in Gesù Cristo. Fondamenti di una cristologia esistenziale”.

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