245° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Chi fermerà l’Azerbajgian terrorista? Preghiamo per l’Artsakh!

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.08.2023 – Vik van Brantegem] – Il popolo armeno indigeno della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh (ci sono rimaste ancora 120.000 persone, compresi 30.000 bambini) sta affrontando un moderno genocidio, poiché l’Azerbajgian ha imposto il blocco dal 12 dicembre 2022. La fame è stata usata dagli Turchi Ottomani come strumento per il genocidio armeno nel 1915 e dall’URSS come strumento per l’Holodomor ucraino nel 1932/33, ed è ancora in uso oggi dall’autocrate Ilham Aliyev dell’Azerbajgian terrorista per la pulizia etnica in Artsakh/Nagorno-Karabakh. Quello che sta facendo ora l’autocratico Azerbajgian, il fratello minore della Turchia, in Artsakh ha fatto lo stesso con gli Armeni a Nakhijevan: genocidio per fame di 120.000 armeni indigeni e rivendicando l’Armenia vera e propria.

«Ciao Mondo, sono Lia del Nagorno-Karabakh. Probabilmente saprete che 120.000 Armeni sono sotto blocco».

Se il checkpoint installato illegalmente dall’Azerbajgian presso il ponte Hakari fosse aperto agli Armeni per “passare liberamente” lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin), come l’Azerbaigian sta falsamente affermando da 8 mesi, i media statali dell’Azerbajgian non avrebbero bisogno di filmare ogni singolo passaggio di frontiera dei sporadici convogli del Comitato della Croce Rosse Internazionale, come Adnan Huseyn fece al blocco degli “eco-terroristi” all’inizio del #ArtsakhBlockade. E quelli che attraversano non sarebbero esclusivamente i malati critici che viaggiano con il CICR.

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha ribadito che la proposta da parte azera riguardante l’uso di vie di trasporto alternative al Corridoio di Berdzor (Lachin) fa parte della politica dell’Azerbajgian volta a sfruttare la catastrofe umanitaria che ha creato e la minaccia della fame come arma e mezzo per soggiogare con la forza l’Artsakh e il suo popolo. Ha inoltre osservato che la proposta da parte azera mira essenzialmente a limitare l’uso del Corridoio di Berdzor (Lachin) esclusivamente per l’evacuazione di pazienti per cure mediche in Armenia, ed eventualmente per importazioni estremamente limitate dall’Armenia in Artsakh, previa approvazione da Baku.

Questa proposta da parte azera cerca anche di minare il concetto del Corridoio di Lachin, un elemento chiave di una risoluzione del conflitto completa, equa e dignitosa. Vale la pena sottolineare, osserva il Ministero degli Esteri dell’Artsakh, che né le disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, né le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio e del 6 luglio 2023, prevedono una presenza azera nel Corridoio di Lachin o limitazioni alla circolazione delle persone, veicoli e merci in entrambe le direzioni. È interessante notare che il 28 febbraio 2023, mentre si trovava a Baku, il Ministro degli Esteri russo ha confermato che l’istituzione di posti di blocco nel Corridoio di Lachin non era prevista dalla Dichiarazione trilaterale.Le realtà del blocco dispotico a cui sono sottoposti gli Armeni indigeni dell’Artsakh da parte del regime autocratico di Alijev in Azerbajgian, dopo 8 mesi di incubo, ormai sono più che documentate e sotto gli occhi di chi vuole vedere. In Artsakh non entrano più cibo, elettricità, gas, carburante, medicine, prodotti per l’igiene e altri di prime necessità. Gli Armeni dell’Artsakh stanno per morire di fame.

Mentre gli 120.000 Armeni dell’Artsakh vengono sottoposti dall’Azerbajgian da 8 mesi ad un genocidio lento attraverso il #ArtsakhBlockade, nessuno ha mosso un dito per fermare questo Holodomor, cioè il genocidio per fame. Per chi espone la bandiera dell’Ucraina sul suo profilo, probabilmente #UkrinianLives conta più di #ArmenianLives? Salvate l’Artsakh e la sua gente dal genocidio.

Non solo il mondo ha assistito impassibile allo sterminio degli Armeni un secolo fa, ma lo sta facendo proprio ora con il #ArtsakhBlockade. I Turchi non solo non hanno ricevuto alcuna punizione, ma i loro fratelli, gli Azeri nomadi Tartari, stanno continuando la politica del genocidio per fame in questo momento, mentre l’Europa firma accordi sul gas e si rifiuta di imporre sanzioni. Basta con questo “ambedue le parti”. La parte che sta commettendo la pulizia etnica è l’Azerbajgian e va fermato.

Da candidato alla Presidenza USA, Biden ha giustamente martellato Trump per aver approvato gli aiuti militari statunitensi all’Azerbajgian. Poi – una volta in carica – ha approvato gli aiuti militari statunitensi all’Azerbajgian.

Nella cattedrale dell’Intercessione della Santa Madre di Dio a Stepanakert «era giunto il momento per la preghiera unita in Artsakh, per chiedere a Dio la pace e una vita libera. Giorno 245 #ArtsakhBlockade» (Ani Abaghyan giornalista di Artsakh).

Il giorno di oggi, XIX Domenica del Tempo Ordinario, ci troviamo come Elia (Cfr. 1Re 19,9.11-13), che «entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore». «Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna». Come Elio ci copriamo il volto e attendiamo la brezza leggera del Signore, che soffia sul popolo orante dell’Artsakh.

Il giorno di oggi, il primo del nono mese del #ArtsakhBlockade, è solo una giornata normale, in cui le forze armate dell’Azerbajgian continuano con gli spari indiscriminati quotidiani ai civili che lavorano nei campi. L’obiettivo di Aliyev è di impedire la coltivazione dei prodotti alimentari e il raccolto, per togliere anche questa possibilità di sostentamento alla popolazione dell’Artsakh con quanto possono produrre localmente.

«Per quanto riguarda la crisi umanitaria in corso nel Nagorno-Karabakh, il nostro unico cibo di sopravvivenza proviene dagli orti degli abitanti dei villaggi, che ovviamente non è sufficiente per 120.000 Armeni completamente tagliati fuori dal mondo dal regime genocida dell’Azerbajgian» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian, diffondendo due disinformazioni durante la giornata di ieri, sta cercando di giustificare le violazioni del regime di cessate il fuoco da parte delle sue unità armate dislocate nei territori occupati della Repubblica di Artsakh, nonché di distogliere l’attenzione internazionale dal disastro umanitario che l’Azerbajgian ha creato nell’Artsakh a seguito del blocco illegale del Corridoio di Lachin.

Nel messaggio diffuso dal Ministero della Difesa dell’Artsakh al riguardo, è anche specificato che la mattina presto del 12 agosto, le unità armate azere hanno aperto il fuoco sulle apparecchiature dell’infrastruttura di comunicazione della Repubblica di Artsakh, e intorno alle ore 14.15 sui civili che facevano lavoro agricolo nei campi della comunità di Sarushen.

Il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Armenia, Anahit Manasyan, ha denunciato la diffusione di foto e video di prigionieri di guerra armeni da parte degli utenti azeri dei social network. Ha scritto in un post su Twitter: «Gli utenti azeri dei social network continuano a condividere foto e video di prigionieri di guerra armeni detenuti in quel Paese dal settembre 2022, il che è inaccettabile. I prigionieri di guerra armeni continuano a essere tenuti prigionieri in Azerbajgian e dovrebbero essere rilasciati quanto prima».

L’agenzia 301.am ha reso noto che la fabbrica della menzogna del Ministero della Difesa dell’Azerbakgian – Caliber – ha diffuso un altro video fuorviante. In concreto, il sito web ha diffuso un video del movimento delle forze armate armene sul territorio dell’Armenia (questo ovviamente non è considerata “ingerenza degli affari interni dell’Armenia”), presentandolo come un assembramento di truppe al confine. In tal modo, l’Azerbajgian cerca di convalidare le sue attività illegali, che intendono eseguire riguardanti il territorio sovrano dell’Armenia (partendo dai territori sovrani dell’Armenia, che ha già occupato con la forza), insieme alla pulizia etnica nell’Artsakh.

L’Azerbajgian è una terra terroristica di drammatiche falsità, guidate dalla mente perversa di un megalomane fascista con gravi problemi di deprivazione della figura paterna, con una serie complessa di conseguenze sull’autostima e l’adattamento personale, sul comportamento impulsivo ed antisociale, sulla difficoltà nei rapporti interpersonali e psicopatologia. Lui e tutti i suoi compari da un soldo bucato (così si diceva quando ero giovane, e la più piccola moneta era il 25 centesimi, appunto una moneta con il buco) un giorno saranno all’Aia a pagare per i loro crimini di guerra e le loro politiche di pulizia etnica.

Un posto in prima fila sarà assegnato a Hikmet Hajiyev, l’Assistente per la politica estera del Presidente dell’Azerbajgian, capo stratega e portavoce dei troll azeri, che sta diffamando e attaccando quotidianamente i giornalisti, i studiosi e gli esperti che denunciano il crudele blocco dell’Artsakh da parte del suo padrone.

Tra i troll pagati dalla fabbrica di menzogne dell’Azerbajgian, Adnan Huseyn avrà un posto riservato in prima fila quando dovrà rendere conto in tribunale del suo ruolo in questa crisi umanitaria. In precedenza questo ometto razzista armenofobo era il portavoce della squadra della finta protesta ecologica che il 12 dicembre 2022 ha iniziato ad intrappolare gli Armeni nel #ArtsakhBlockade, per poi essere sostituito dalle forze armate dell’Azerbajgian.

Tutto è documentato. Per prepararsi al futuro che gli attende, quando verrà il momento di fare giustizia per tutti i crimini di guerra azeri in corso, a cui hanno partecipato e stanno partecipando, potrebbero guardare qualche filmato del Tribunale di Norimberga.

Eminenti esperti di genocidio chiedono un intervento immediato delle Nazioni Unite in Artsakh

Eminenti studiosi del genocidio hanno indirizzato il 9 agosto 2023 una lettera aperta in merito al potenziale di genocidio in Artsakh/Nagorno-Karabakh) a Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite; Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani; Alice Wairimu Nderitu, Consigliere Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Prevenzione del Genocidio; Stati membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Di seguito il testo della lettera nella nostra traduzione italiana dall’inglese:
Noi, studiosi ed esperti di genocidio sottoscritti, vi scriviamo con un travolgente senso di urgenza e preoccupazione per il potenziale di genocidio nella Repubblica di Artsakh (nota anche come Repubblica di Nagorno Karabakh). Come studiosi profondamente impegnati nello studio del genocidio, testimoniamo gli orrori della storia, analizziamo rigorosamente le atrocità passate e presenti, lavorando per impedire che si verifichino nuovi genocidi. Al momento, ci troviamo profondamente preoccupati per l’emergere di inequivocabili segni premonitori di genocidio nell’Artsakh. Il fattore di rischio più significativo è il blocco illegale del Corridoio di Lachin, che funge da collegamento vitale tra l’Artsakh e l’Armenia.
Dal 12 dicembre 2022, il Corridoio di Lachin, l’unica ancora di salvezza che collega la popolazione dell’Artsakh al mondo esterno, è stato illegalmente bloccato dalle autorità azere. Questa situazione angosciante ha raggiunto un momento critico il 15 giugno 2023, quando l’Azerbajgian ha chiuso totalmente questa strada vitale, sottoponendo la Repubblica di Artsakh e i suoi 120.000 residenti a un terribile stato d’assedio. Negli ultimi due mesi, l’Artsakh è stato forzatamente privato della sua capacità di accedere a forniture essenziali come cibo, medicine e altri beni di prima necessità. Anche gli sforzi di soccorso umanitario condotti dalle forze di mantenimento della pace russe e dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) sono stati ostacolati, aggravando una già grave crisi umanitaria.
L’aggravarsi della crisi umanitaria ha spinto il CICR, l’unica organizzazione internazionale presente sul campo, a lanciare un grave allarme. In una dichiarazione pubblica rilasciata il 25 luglio [QUI], il CICR ha inequivocabilmente documentato che “la popolazione civile sta ora affrontando la mancanza di farmaci salvavita e di beni essenziali come prodotti per l’igiene e latte artificiale. Frutta, verdura e pane sono sempre più scarsi e costosi, mentre alcuni altri prodotti alimentari come latticini, olio di semi di girasole, cereali, pesce e pollo non sono disponibili”.
Inoltre, il Global Center for the Responsibility to Protect ha emesso un allarmante avviso di atrocità per il Nagorno Karabakh [QUI], evidenziando il rischio persistente di subire atrocità di massa crimini.
Considerando le circostanze di cui sopra e attingendo a ulteriori informazioni pertinenti fornite da varie organizzazioni imparziali, organizzazioni per i diritti umani e altre parti interessate rilevanti, noi, in qualità di esperti nel campo degli studi sul genocidio, riteniamo che esistano indicatori convincenti che in assenza di tempestivi e un’azione energica, un genocidio contro la popolazione etnica armena dell’Artsakh è una possibilità incombente. La prevenzione del genocidio e la salvaguardia delle popolazioni vulnerabili rappresentano obblighi fondamentali della comunità globale, come sottolineato dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Convenzione sul Genocidio del 1948, insieme ai successivi impegni assunti dagli attori internazionali. Guidati da questi principi, esortiamo con forza gli Stati membri e gli organi delle Nazioni Unite a farsi avanti prontamente e risolutamente, esercitando la loro responsabilità per prevenire qualsiasi ulteriore perdita di vite innocenti e impedire il verificarsi di atrocità su larga scala.
Nello specifico, chiediamo alle Nazioni Unite di attivare il suo meccanismo di allerta precoce, come stabilito nei suoi mandati, per affrontare rapidamente la minaccia tangibile e imminente di genocidio nell’Artsakh. Sollecitiamo uno sforzo internazionale concertato per portare questa grave situazione all’attenzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe intraprendere un’azione decisiva per evitare la progressione del genocidio, rimuovendo urgentemente il blocco sul Corridoio di Lachin, ripristinando così il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo questo corridoio vitale in entrambe le direzioni. L’azione del Consiglio di Sicurezza dovrebbe anche sostenere l’ordine di misure provvisorie della Corte Internazionale di giustizia del 22 febbraio 2023 (riconfermato il 6 luglio 2023), che ha ordinato all’Azerbajgian di “prendere tutte le misure a sua disposizione per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambi le direzioni’. Un ordine di misure provvisorie è vincolante e l’Azerbajgian continua a violare i suoi obblighi di diritto internazionale non ottemperando all’ordine della Corte Internazionale di Giustizia. Inoltre, sollecitiamo che le Nazioni Unite istituiscano e inviino una missione conoscitiva nell’Artsakh per un’analisi approfondita dei dati, segnalazioni in loco e impegno con le comunità e le organizzazioni locali per identificare ed eliminare le conseguenze del crimine in corso.
La prevenzione del genocidio richiede uno sforzo collettivo, una risoluzione unificata e un impegno incrollabile da parte della comunità internazionale. Esortiamo le Nazioni Unite e i suoi organismi a dare priorità alla prevenzione del genocidio nell’Artsakh e ad intraprendere azioni decisive per proteggere la vita e la dignità di migliaia di persone innocenti.
Il tempo è essenziale. Vi esortiamo ad agire rapidamente e con decisione, guidati dai principi delle Nazioni Unite e dal mandato di proteggere l’umanità dal flagello del genocidio.
Rispettosamente firmato,
Melanie O’Brien, Professore associato di diritto internazionale, Università dell’Australia occidentale; e Presidente dell’Associazione internazionale degli studiosi di genocidio
Henry C. Theriault, Vicepresidente associato per gli affari accademici presso la Worcester State University, ex Presidente dell’Associazione internazionale degli studiosi di genocidio (2017-2021)
Andrew Woolford, Professore, Capo del Dipartimento di sociologia e criminologia, Università di Manitoba, ex Presidente dell’Associazione internazionale degli studiosi di genocidio (2015-2017)
Israel Charny, Direttore dell’Istituto sull’olocausto e il genocidio di Gerusalemme, ex Presidente dell’Associazione internazionale degli studiosi di genocidio (2005-2007)
Armen Marsoobian, Professore di filosofia, Southern Connecticut State University, ex Primo Vicepresidente dell’International Association of Genocide Scholars (2019-23)
Elisa von Joeden-Forgey, Presidente del Dipartimento di studi sull’olocausto e sul genocidio, Keene State College, ex Primo Vicepresidente dell’Associazione internazionale degli studiosi di genocidio (2015-17)
Hervé Georgelin, Professore associato, Dipartimento di Studi Turchi e Moderni Studi Asiatici, Università Nazionale e Capodistriana di Atene
Dr. Vasileios Meichanetsidis, studioso del genocidio greco


Gli Azeri tentano costantemente di recidere i legami profondi tra l’Artsakh e l’Armenia

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha risposto all’articolo del giornale russo Kommersant. L’articolo intitolato Artsakh vs. Karabakh, citando una fonte anonima nelle strutture statali russe, informava di una proposta del Ministero degli Esteri russo di aprire prima la strada attraverso Aghdam e poi riprendere il movimento attraverso il Corridoio di Lachin:
«La Repubblica di Artsakh ha costantemente mantenuto una posizione di principio nell’affrontare la grave crisi umanitaria derivante dal blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. Questa posizione è saldamente radicata sia nelle disposizioni delineate nella Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, in particolare l’articolo 6 che definisce chiaramente i parametri operativi e il regime del Corridoio di Lachin, sia nei principi del diritto internazionale umanitario.
Va notato che qualsiasi iniziativa che cerchi di collegare l’uso del Corridoio di Lachin, anche che in modo limitato, con questioni non correlate o percorsi alternativi, anche attraverso Aghdam, sono essenzialmente tentativi di legittimare la violazione da parte dell’Azerbajgian dei suoi impegni internazionali riguardanti il Corridoio di Lachin e di mettere in discussione la Dichiarazione trilaterale firmata dal Presidente del loro Paese il 9 novembre 2020. Questo approccio, proposto dall’Azerbajgian, viola intenzionalmente i diritti e la dignità del popolo dell’Artsakh ed è in contraddizione con le norme del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani.
Rifiutando di garantire pienamente la circolazione sicura e senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il corridoio in entrambe le direzioni e proponendo percorsi alternativi, le autorità azere tentano costantemente di recidere i profondi legami tra il popolo dell’Artsakh e l’Armenia, con l’intenzione di privarli della loro identità, autosufficienza e opportunità di sviluppo».

Blocco del Corridoio di Lachin. Appello del Patriarca Minassian, “è un crimine contro l’umanità e nessuno fa nulla”
di M. Chiara Biagioni
Sir, 11 agosto 2023


“Arrivano notizie sempre negative. Avevano promesso di mantenere la via aperta e invece il corridoio è rimasto circondato e bloccato ormai da 8 mesi. È un crimine, un crimine contro l’umanità. Ci sono bambini, vecchi, malati, persone affamate. E di fronte a questo scenario di disperazione, nessuno fa nulla. Si dichiari almeno che è in atto un nuovo genocidio”. Raggiunto telefonicamente dal Sir, Sua Beatitudine Raphaël Bedros XXI Minassian, Patriarca di Cilicia degli Armeni, lancia un grido di denuncia su quanto sta accadendo attorno al Corridoio di Lachin, un piccolo fazzoletto di terra del Caucaso meridionale (11.458 chilometri quadrati) di cui nessuno purtroppo parla. Il Lachin è l’unico collegamento terrestre tra il Nagorno-Karabakh e la Repubblica di Armenia, ed è di fatto bloccato dall’Azerbaigian dal 12 dicembre 2022.
Nonostante la Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, la circolazione regolare di persone, veicoli e merci è gravemente compromessa e ciò mette a rischio la vita di 120 000 armeni, di cui 30 mila sono bambini, che vivono nel Nagorno-Karabakh.
Nei giorni scorsi, anche il Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) e la Conferenza delle Chiese europee (Cec) sono scesi in campo inviando una lettera congiunta all’Unione europea, per chiedere di attivarsi affinché sia immediatamente tolto il blocco. I due organismi ecumenici parlano di “livelli tragici” di “privazioni e sofferenze prolungate dei civili”, di “popolazione stremata, completamente isolata, senza cibo, medicine, elettricità e carburante”. Alcuni giorni fa, diciannove tir carichi di 360 tonnellate di aiuti umanitari sono stati bloccati all’ingresso. Preoccupa anche la totale assenza di benzina. Sia il trasporto pubblico che quello privato sono completamente fermi. Il Patriarca degli armeni si unisce alla denuncia e lancia un appello: “Mi rivolgo prima di tutto a tutti coloro che proclamano i diritti umani. Chiedo di prendersi la responsabilità di quello che dicono e di mettere in pratica ciò che hanno definito. E poi mi rivolgo anche a chi si sta approfittando di questa situazione per interessi personali o nazionali”.
“Non è con il sangue degli innocenti che si può guadagnare. No, non è giusto. Questo è un grido di giustizia che sale da questa terra. Le manifestazioni di simpatia non ci servono. Abbiamo bisogni di fatti”.
Da più di 30 anni Armenia e Azerbajgian si contendono il territorio, popolato maggiormente dall’etnia armena. Per il possesso dell’area i due Paesi hanno combattuto due guerre, in cui sono state uccise migliaia di persone. Nel 2020, la Russia ha mediato un accordo di cessate il fuoco che ha permesso all’Azerbajgian di riprendersi buona parte del territorio nazionale che l’Armenia occupava dai primi anni Novanta. La tregua non ha però assicurato la pace, e gli episodi di violenza sono frequenti e costanti. A questo proposito, Sua Beatitudine puntualizza: “È chiaro che basta conoscere la storia e andare a vedere le mappe geografiche di quei territori per capire che su quelle mappe e in questa storia l’Azerbajgian non esisteva”.
“Il fatto che oggi abbiano occupato queste terre non significa che siano loro proprietà. Il popolo che è rimasto su quei territori oggi rivuole la sua libertà e il rispetto dei diritti umani. Se si proclamano a parole i diritti ma si uccidono le persone, si sta commettendo un crimine”.
Il Patriarca si rivolge alla comunità internazionale. “L’Europa, gli Stati Uniti, la Russia, tutte le grandi potenze mondiali sono testimoni di un genocidio del 21° secolo ma non fanno nulla”, dice. “Anche nel 1915, gli ambasciatori di tutto il mondo erano presenti, sono stati testimoni di quello che stava accadendo ma non hanno fatto nulla per fermare il genocidio. Oggi quella storia si ripete. È stato presentato un patto di pace ma non è rispettato. Siamo aperti alla pace ma senza condizioni e senza ingiustizia”.
Questa notizia è stata ripresa il 12 agosto 2023 anche da Vatican News con il titolo Minassian: un crimine contro l’umanità a Lachin, bimbi e vecchi alla fame [QUI].

Segnaliamo

“Non è una crisi, è un genocidio”, afferma l’ex procuratore della corte internazionaleCivilnet, 12 agosto 2023 [QUI]: «In un rapporto rivoluzionario sul Nagorno-Karabakh (Artsakh), il procuratore fondatore della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha classificato la situazione nella regione come genocidio. “Il blocco del Corridoio di Lachin da parte delle forze di sicurezza azere che impediscono l’accesso a qualsiasi cibo, forniture mediche e altri beni essenziali dovrebbe essere considerato un genocidio ai sensi dell’articolo II, (c) della Convenzione sul genocidio: ‘Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolato per provocare la sua distruzione fisica’”». Va osservato che Civilnet riferisce sul #ArtsakhBlockade dall’inizio, con un team di giornalisti e fotoreporter in Artsakh.

Gli Armeni affrontano il genocidio in Azerbaigian, avverte l’ex procuratore della Corte penale internazionaleCTV News, 12 agosto 2023 [QUI].
Finalmente, dopo 9 mesi di #ArtsakhBlockade, CTV News si è svegliato.
Grazie a Luis Moreno Ocampo per aver parlato e aver assicurato che il mondo sentisse parlare degli Armeni e del genocidio armeno nel 2023. CNN, The Wall Street Journal, Reuters, Newsweek, Forbes, The Associated Press, The Washington Post ne hanno riferito, quindi ora è leggermente interessante, dice il Mondo, con otto mesi di ritardo.

È “Ragionevole” credere che viene commesso un genocidio contro gli Armeni, afferma l’ex procuratore capo della Corte Penale Internazionale di Eve Brennan, Jessie Gretener e Nic Robertson – CNN, 12 agosto 2023 [QUI]: «Un ex procuratore capo della Corte Penale Internazionale ha affermato che esistono “ragionevoli basi per ritenere che viene commesso un genocidio contro gli Armeni” nella regione contesa del Nagorno-Karabakh. “Non ci sono crematori e non ci sono attacchi di machete. La fame è l’arma invisibile del genocidio. Senza cambiamenti drammatici immediati, questo gruppo di Armeni sarà distrutto in poche settimane “, ha dichiarato lunedì Luis Moreno Ocampo in una perizia».
Finalmente la CNN ha riferito del genocidio in corso degli Armeni in Artsakh. Grazie alla CNN per la copertura sul #ArtsakhBlockade, anche se ci ha messo “soltanto” otto mesi.

Negli ultimi giorni c’è stato un significativo aumento dell’attenzione internazionale sulla questione dell’Artsakh e delle pressioni sull’Azerbajgian, ha scritto il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, in post sulla sua pagina Facebook: «È positivo che, tenendo conto delle sollecitazioni delle autorità della Repubblica di Artsakh, la Repubblica di Armenia abbia inviato una lettera al Presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la richiesta di convocare una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza in relazione con il deterioramento della situazione umanitaria a seguito del blocco totale imposto alla popolazione civile del Nagorno-Karabakh. È importante che nella lettera sia anche sottolineato ufficialmente lo scopo della prevenzione del genocidio».

Harutyunyan ha accolto con favore anche la dichiarazione di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite che sottolineano l’urgente necessità di aprire il Corridoio di Lachin e garantire la sicurezza, la dignità e il benessere di tutti gli persone in Artsakh.

Secondo il Presidente Harutyunyan, è ovvio che il suo ultimo messaggio alla comunità internazionale e il rapporto del primo procuratore capo della Corte penale internazionale, Luis Moreno Ocampo, abbiano ricevuto una grande risposta nei media internazionali. Di conseguenza, decine di importanti media hanno fatto riferimento alla situazione attuale e presentato le valutazioni e gli appelli delle autorità dell’Artsakh e dei maggiori esperti in merito al genocidio in corso: «La dichiarazione di famosi esperti di genocidio conteneva anche un’importante perizia e ammonimento, che sottolinea la necessità di azioni immediate e decisive per prevenire il genocidio contro il popolo dell’Artsakh. Naturalmente, in questi giorni e nei precedenti, sono state rilasciate anche altre dichiarazioni da parte di rappresentanti di una serie di organizzazioni e Stati internazionali, in cui la percezione dell’urgenza di passi pratici internazionali è visibilmente in aumento. Naturalmente, il tempo è molto importante per la nostra gente e il ritardo costa vite umane e sofferenze».

A nome degli Armeni dell’Artsakh, il Presidente Harutyunyan ha esortato e chiesto a tutti i principali attori di non ritardare e attendere ulteriori tragedie su larga scala, adottando misure pratiche ed efficaci per fermare l’ulteriore corso di questo genocidio.

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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