61ª Udienza del Processo 60SA in Vaticano. Iniziata la requisitoria del Promotore di Giustizia: si arrampica, sostenendo di non aver seguito un teorema e che ha retto il suo impianto accusatorio

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.07.2023 – Ivo Pincara] – Secondo il Promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi (foto di copertina), che in Italia svolge l’attività di avvocato penalista, l’accusa non si è mossa seguendo un teorema, sostenendo che i 10 imputati sarebbero andati oltre le leggi dello Stato della Città del Vaticano (che ha fatto cambiare dal Sovrano in corso di indagine). La difesa del Cardinale Angelo Becciu – che assiste alla continuazione dell’accanimento contro di lui, nell’assenza di un ombra di prova – dichiara che invece sono state smentite tutte le contestazioni a suo carico.

Ci eravamo lasciati più di un mese fa, il 13 giugno 2023, con la Sessantesima Udienza del processo in corso in Vaticano per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato, che era stata di tipo procedurale e con cui si era chiuso il dibattimento nell’Aula, allestita nella Sala Polifunzionale dei Musei Vaticani. Ieri, martedì 18 luglio, è iniziata la requisitoria del Promotore di Giustizia vaticano, che si terrà in sei udienze, durante le quali dovrà delineare la sua ricostruzione dei fatti e spiegare – prima di formulare le sue richieste mercoledì 26 luglio 2023 – il perché dei capi di imputazione dei dieci imputati e quattro società, che però riguardano tre diversi filoni di indagine.

Si tratta di tre processi in uno: il primo, e più grande, è quello che riguarda l’investimento della Segreteria di Stato in un immobile di lusso al numero 60 di Sloane Avenue a Londra; poi, c’è il filone di processo che riguarda il Cardinale Angelo Becciu, accusato di peculato perché, da Sostituto della Segreteria di Stato, ha accordato una donazione di 125 mila euro alla Caritas di Ozieri che li avrebbe destinati alla cooperativa SPES diretta dal fratello per il progetto di un forno che avrebbe creato lavoro (la donazione era vincolata al progetto, ed è ancora “in pancia” alla Caritas di Ozieri); infine, c’è il filone che riguarda l’ingaggio della sedicente esperta di intelligence Cecilia Marogna per aiutare la Segreteria di Stato in alcune operazioni di liberazione di persone sequestrati, come quelle di Suor Cecilia Narvaez, la missionaria colombiana rapita in Mali e rilasciata solo due anni dopo (per lei, l’accusa è di aver usato il denaro per acquisti personali, e non per il motivo per cui era stato erogato).

In questa prima parte della sua requisitoria, Diddi ha detto: “Sono convinto che l’impianto accusatorio del processo, dal nostro punto di vista, abbia tenuto. Sarebbe stata una grossa sconfitta se gli episodi non fossero stati ricostruiti correttamente. Ma sotto il profilo fattuale, anche grazie alle consulenze tecniche, il processo ha confermato lo svolgimento dei fatti”. Ha aggiunto: “Il processo, sul piano fattuale, ci ha dato ragione, e questa è la prova che non ci siamo mossi seguendo un teorema”. Ha inteso “sgombrare il campo da equivoci o da critiche che ci sono state mosse sull’aver seguito piste precostituite, e non l’emergenza dei fatti”. E ricordando le due “piccole denunce” da cui tutto è partito – dell’Ufficio del Revisore generale (nove pagine) e dello IOR (due pagine), ha detto: “Non immaginavamo allora dove saremmo arrivati”. Ha anche rigettare la “rappresentazione mediatica secondo cui questo sarebbe un processo alla Segreteria di Stato: non è mai stato questo l’intendimento dell’Ufficio del Promotore di Gustizia, anche se la perquisizione iniziale è stata qualcosa di storico, in quello che era una sorta di giardino proibito”. È stato piuttosto un processo a delle persone, a dei funzionari, o settori, ha dichiarato Diddi, “che non hanno capito quel è la missione della Chiesa, a cui avrebbero dovuto attenersi anche nello svolgimento del servizio”.

Tra i funzionari coinvolti, all’inizio c’era anche il Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, Mons. Alberto Perlasca, verso cui Diddi ha però chiesta l’archiviazione, “decisione molto criticata”, e sulla quale si è rimesso ad un’eventuale diversa valutazione del Tribunale. Comunque Perlasca, ha dichiarato, “non è né un super-testimone né un super-pentito del processo”: tutt’al più “una persona fragile”, che nel momento delle testimonianze dell’amica Genoveffa Ciferri e di Francesca Immacolata Chaouqui è apparso anche “manipolato o manipolabile”. In ogni caso, anche su queste testimonianze “c’è stato un approfondimento” e secondo lui “non hanno interferito sulla ricostruzione die fatti, che poggia su elementi super-provati”.

Soffermandosi poi sul calvario a cui è stato sottoposto il Cardinale Angelo Becciu, Diddi ha detto: “Per noi fin dall’inizio non è mai stato un obiettivo dell’indagine. Anzi, ha cercato di intromettersi lui nelle indagini, cosa che abbiamo scoperto dalle chat di Perlasca: cercava d’intromettersi molto pesantemente sia sullo svolgimento delle indagini sia con altri personaggi per attivare campagne di stampa contro l’inchiesta”. In ogni caso, ha aggiunto Diddi, tutti i reati in ballo nel processo – dal peculato all’abuso d’ufficio, dalla truffa all’estorsione, dal riciclaggio all’appropriazione indebita fino alla corruzione – “sono contro la pubblica amministrazione”, in cui “i capitali sono stati gestiti in maniera assai poco oculata, per usare un eufemismo”, e in cui c’è chi ha tratto cospicui “vantaggi”, anche per “attività proprie”.

La difesa del Cardinal Becciu: dimostrata la sua assoluta innocenza

Totalmente opposta al teorema del Promotore di Giustizia, la valutazione della difesa del Cardinale Angelo Becciu.

“Il dibattimento ha ampiamente dimostrato l’assoluta innocenza del Cardinale Angelo Becciu, che ha sempre agito in totale buona fede e nell’esclusivo interesse della Santa Sede”. È quanto dichiarano gli Avvocati Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, i legali del Cardinal Becciu. “Le evidenze emerse sono ampiamente sufficienti a smentire radicalmente tutte le accuse e le illazioni che per troppo tempo hanno inquinato la ricostruzione delle diverse vicende. La requisitoria odierna ha tentato di colmare il vuoto assoluto di prove a carico del cardinale esaltando aspetti non pertinenti alle imputazioni. Davvero incomprensibile poi quanto affermato a proposito di Mons. Perlasca, che nonostante sia stato il proponente degli investimenti censurati dall’accusa, non è stato ritenuto responsabile degli stessi”.

“Quasi arrivati al capolinea”, ha detto il Promotore di Giustizia in questa prima giornata, quando è andata in scena la prima parta della sua requisitoria, prolungata per circa quattro ore e incentrata principalmente a tracciare una panoramica generale dei fatti e delle condotte che hanno portato al rinvio a giudizio degli imputati. “Diddi scatenato. Oggi ha iniziato la requisitoria delirante contro Becciu”, ha titolato il Faro di Roma un articolo del Direttore Sante Cavalleri: «Finalmente è entrato nella sua fase finale il processo vaticano per la gestione dei fondi della Santa Sede. Si può parlare senza esagerare di un’agonia: sessanta udienze dalle quali non sono emerse chiare responsabilità penali, al di là di quelle di chi ha impudicamente calunniato il Cardinale Giovanni Angelo Becciu e in generale la Segreteria di Stato. (…) Siamo insomma alle comiche finali. E due anni di questa tragicommedia non sono bastati: ”L’accusa – ha detto Diddi – avrà bisogno di almeno altre cinque udienze per ricostruire fatti e storie intrecciate che, a suo dire, confermano – a due anni dall’inizio del processo – la validità dell’impianto accusatorio, con l’avvertenza che “non è un processo alla Segreteria di Stato, ma ad alcuni funzionari o meglio ‘servitori’ che non hanno saputo interpretare lo spirito e gli ideali della Chiesa a cui attenere nello svolgimento della professione”. Un modo per colpevolizzare senza alcuna prova gli imputati: il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, Sostituto (per ancora un breve periodo) all’epoca dei fatti, l’ex funzionario dell’ufficio amministrativo, Fabrizio Tirabassi, ed Enrico Crasso, per anni consulente finanziario. Purtroppo dovremo aspettare ancora vari mesi per avere una sentenza che spazzerà via ogni ombra dall’operato del Card. Becciu, colpevole proprio di nulla. E intanto bisogna ascoltare il vero delirio di un accusatore evidentemente fazioso».

Parlando dei “vaneggiamenti” del Promotore di Giustizia, Cavalleri conclude: «Un teorema quello accusatorio guarda caso sviluppato sulla falsariga del copione suggerito dalla due signore che sono all’origine dell’inchiesta al “povero” Perlasca. Benché Diddi ha messo le mani avanti dicendo: “Non ci siamo mossi seguendo un teorema: l’avvio delle indagini ci ha portato fino ad oggi senza sapere dove saremmo arrivati, senza togliere nulla all’importanza delle intenzioni autori”. Diddi, volendo sgombrare il campo da alcuni “equivoci” e “rappresentazioni mediatiche”, ha spiegato che l’ufficio da lui guidato “non aveva nessun tipo di idea preconcetta”. L’avvocato Diddi (abile difensore di Salvatore Buzzi nel processo per Mafia Capitale) continuerà su questo spartito ancora per quattro udienze, dedicandosi a far danno, nel tempo libero dall’aula, sul caso Orlandi».

Indice – Caso 60SA [QUI]

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