“Roccia del mio cuore è Dio”. 56° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina in Colombia. Unire i puntini
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.05.2023 – Vik van Brantegem] – Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami è di nuovo in viaggio, dal 30 aprile all’11 maggio 2023 in Colombia. Ho iniziato con la pubblicazione del racconto di questo suo 56° viaggio di solidarietà e speranza alle ore 17.00 di oggi 3 maggio, mentre iniziava alle 10.00 (ora locale) la Santa Messa di inaugurazione del dormitorio per una struttura che ospita tossicodipendenti a Silvania nei pressi di Bogotá, realizzato dalla Fondazione Santina. Don Gigi ha visitato questa struttura durante il suo 52° viaggio, come ha raccontato nel Report 52/2. Mauricio: il nuovo volto di speranza [QUI].
Come ricorda Don Gigi nel suo Report 56/1. 1.003.605 chilometri che segue – scritto il 30 aprile in volo verso Bogotà – il 3 maggio è un giorno fatidico nella sua vita: un “puntino” che segna il termine del suo servizio in Segretaria di Stato e – soprattutto – il suo ritorno a Bergamo… Quello che il bruco chiama la fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla.
Report 56/1. 1.003.605 chilometri
Sono per la cinquantaseiesima volta in viaggio, grazie alla bontà del mio Vescovo di Bergamo che mi concede, ormai da due anni, di vivere totalmente impegnato sul fronte della solidarietà di Fondazione Santina e dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus. Sento forte la responsabilità di non deludere l’Ordinario di Bergamo e nel cuore la forza di ormai più di duecento amici mi accompagna in questi viaggi.
Mi ricordo il primo viaggio di solidarietà compiuto; era a Salvador de Bahia in Brasile, dove con 20.000 euro abbiamo inaugurato un nuovo refettorio per i poveri della favela di Novos Alagados. Era con me in viaggio un amico, il Dottor Marco De Murtas, psichiatra affermato, che con me ha condiviso quella esperienza. In quel viaggio ci venne l’idea di prendere in adozione a distanza alcuni bambini vittime di degrado e violenza. Una bimba di quelle morì accoltellata ferocemente l’anno dopo. Mi ricordo il forte fenomeno dell’alcolismo con donne ubriache a terra alle 4 del mattino… Quanto degrado e povertà!
Da quel primo viaggio fatto nello stesso periodo di questo sono passati ben 9 anni. Erano i primi di maggio del 2014. Non esisteva ancora la collana #VoltiDiSperanza e non avremmo mai immaginato con Marco di creare una realtà tanto vasta e significativa. Sono passati ben 9 anni e la nostra carità si è più strutturata, si è diffusa, dal viaggio in Brasile ad oggi davvero cose fantastiche sono successe.
Ieri sera, prima di addormentarmi e dopo aver per l’ultima volta visto i bagagli e le pratiche di viaggio, sono andato sul nostro sito [QUI] e mi sono accorto che alla fine di questo viaggio saranno 1.003.605 i chilometri che ho percorso in questi anni. Sono tanti… mi sono divertito a dividere questo numero da capogiro per 42.000 chilometri, cioè più o meno un giro del mondo ed il valore ottenuto è poco meno di 24 viaggi attorno al nostro pianeta.
Un milione di chilometri! Va festeggiato, come andrà festeggiato a luglio l’anniversario di dieci anni della nostra Associazione. Gigi, ma non sei stanco, dopo 9 anni, 24 volte il giro del mondo, ed un milione di chilometri sulle spalle? E poi viaggi in condizioni pessime e talvolta pericolose… Grazie a Dio goda di ottima salute e questo è un grande dono di Dio che va custodito. Poi mi guardo dentro in questa sera quieta seduto al posto 31H mentre volo verso Bogotà e cerco con coraggio di valutare questi 10 anni e questi ultimi due a Bergamo e trovo pace. Soprattutto valutando i miei due ultimi anni.
La mia vita è radicalmente ed improvvisamente cambiata, ma il “ritorno a casa” ha aperto diverse sfide: la sfida della solitudine, la sfida di un più intenso rapporto con Dio, la sfida di scoprire una nuova Chiesa non fatta più di cardinali e vescovi, ma di persone concrete come Emanuele, Silvana, Fabrizio, Blanca – i quattro re magi ricordate – ma anche il nome di tutti voi 200. Sapete una cosa? Nella tasca dei jeans ho messo il vostro elenco ed in questi giorni proprio dalla Colombia pregherò per ciascuno di voi, scorrendo i vostri nomi. Questa sera, rileggendo lentamente i vostri nomi il cuore si è scaldato: è proprio vero, chi ha lasciato tutto per Gesù scopre in questa vita 100 volte tanto e se vi è già qui cento volte tanto spero proprio che nell’aldilà Gesù mi regalerà la Vita eterna.
E così torno con il pensiero a Gerusalemme dove ho svolto, guidato da Mons. Pierbattista Pizzaballa, i miei esercizi spirituali 2023. “Gigi, mi ha detto, riscopri il tuo essere prete e da lì riscopri la Chiesa fatta di cristiani normali e buoni che sono il vero Popolo di Dio!” Sono proprio queste parole di Pierbattista che mi aiutano a riflettere pacatamente ed a cercare di svolgere un bilancio.
In primo luogo mi sembra che vi sia un bellissimo rapporto con Don Davide Pelucchi, il mio Vicario Generale: lo tengo informato su tutto. E spesso mi conforta con la sua preghiera e cordialità.
Con il Vescovo Francesco il rapporto mi pare anch’esso molto buono, la frase: “Bentornato e Benedetto”, che mi ha scritto al rientro in Diocesi è per me una grande consolazione e nelle grandi liturgie di Natale, Pasqua… quando lo incontro, mi incontra con benevolenza. La domenica delle Palme mi ha benedetto l’anello di Felix che porto al dito e che esprime il mio impegno con i poveri e gli ultimi. A mia volta ho promesso a Lui obbedienza. Al ritorno da questo viaggio cambierò casa, non per mio volere, ma la bontà del Vescovo Francesco mi ha conferito un appartamento più luminoso e grande. Certo non posso lamentarmi. In questi due anni ho cercato di costruire una più grande maturità interiore pur con tutte le difficoltà e contraddizioni del mio carattere passionale, come diceva Padre Federico Lombardi lo scorso 3 dicembre nella presentazione del libro Mauricio a Roma.
Ho trovato un buon confessore in Don Francesco, Penitenziere della Cattedrale, che con i suoi 91 anni il prossimo 21 maggio, ascolta e sopporta benevolmente le mie confessioni settimanali…
Una volta al mese vado a Roma per il Consiglio di Amministrazione; in quella occasione con il Cardinale Comastri valuto il mese trascorso e ricevo da lui sagge indicazioni.
Ma ormai a Bergamo, il mio nuovo Padre Spirituale è Don Lino Casati, che il primo martedì del mese viene a casa mia alle nove. Ci beviamo un caffè e poi insieme esaminiamo il mio vissuto perché sia sempre più vicino al Vangelo.
La domenica celebro la Messa al monastero di Montello e se qualche parrocchia me lo chiede vado per alcune sostituzioni o aiuti pastorali.
Per questa Pasqua, oltre ad aver svolto i sacri riti nel monastero con la comunità monastica, è stato per me tanto bello passare una intera mattina nel confessionale in duomo in città alta a Bergamo.
Sono felice anche di avere buoni amici sacerdoti che mi incoraggiano e mi illuminano, alcuni mi offrono anche aiuti economici per la nostra opera.
Il Mercoledì Santo sono stato a trovare un prete, Don Tino, che per tanti anni ha lavorato in Segreteria di Stato ed il suo incoraggiamento è stato per me tanto significativo. Eravamo al santuario della Basella e mi ricordo perfettamente quanto Don Tino mi disse: “Don Gigi ottima scelta Don Lino come Padre Spirituale e “tieniti stretta la tua Associazione” perché vedo che fa tanto bene agli altri ed a te!”
Carissimi, forse non vi aspettavate questo scritto tanto intimo e personale, ma sempre questi viaggi hanno il potere di togliermi maschere e di presentarmi a me stesso e a tutti voi con questi report nella mia debolezza, nella mia povertà e miseria nella convinzione che “quando sono debole allora sono forte!”
Mancano ancora 6 ore a Bogotà e nel lungo tempo rifletto. Sicuramente la vita è cambiata radicalmente ma come nel 2005 per la malattia di mamma, così nel 2023 riscopro il valore forte della frase: “Roccia del mio cuore è Dio” (Sal 73,26). Certo in questi ultimi due anni la figura della Madonna Calpestata è divenuta sempre più importante per me: la invoco spesso, la prego, ci parlo!
Ed ora vorrei farvi una grande confidenza che mai vi ho fatto. Quando ero piccolissimo, all’età di 5 anni volevo diventare missionario come mio zio Padre Luigi…. È sì! Cosa vuoi fare da grande Luigino? Ed un piccolo bimbo di 5 anni diceva: il missionario! Andavo tutti i giorni al santuario Madonna dei Disperati e recitavo il rosario. Piccolissimo! Oggi direbbero che mi hanno plagiato… Eppure, se così fosse, quel plagio è la più bella e profonda educazione di mia madre fatta di esempio e preghiera.
Don Filippo Paravici, prete diocesano, visitando una volta la mia casa, disse a mia madre: “Signora se suo figlio vuole farsi missionario, lo lasci pensare così! Ma non lo metta in un istituto missionario, ma al seminario diocesano. È vicino a casa, viene a casa il sabato e la domenica e poi da più grande potrà andare all’istituto missionario di suo fratello. E così il 13 ottobre 1971 sono entrato in seminario, dicendo, tanto poi dopo farò il missionario. Questo fatto lo posso connotare come un primo puntino sul foglio della mia vita. Nella formazione in seminario approfondii la figura del sacerdote diocesano ed alla fine scelsi felice il sacerdozio nella Diocesi di Bergamo e sono stato ordinato felice il 21 giugno 1986.
Un secondo puntino sul foglio della mia vita è stato 10 anni fa, il 18 luglio 2013, data della nascita della nostra Associazione e quel puntino non conosceva per nulla il puntino dell’anno 1966, quando avevo soli 5 anni.
Un altro puntino ancora, il terzo, è stato il 5 marzo 2015, con la nascita della Fondazione. Anche questo puntino appare sul grande foglio della mia vita, senza alcuna connessione con gli altri fatti.
Il quarto puntino è il 3 maggio 2021, quando mi viene comunicato in modo improvviso la fine del mio servizio in Segreteria di Stato. Anche questo puntino non c’entra nulla con gli altri.
Ve ne è un quinto di puntino, ed è la data del 3 maggio 2022 quando a Khe Nhao in Vietnam inauguro la rete elettrica in questo sperduto villaggio ai confini della Cina.
Come Steve Jobs ho imparato anche io ad individuare i puntini presenti sul foglio della mia vita e soprattutto ad unirli tra loro. Non si possono vedere prima questi puntini, bisogna avere il coraggio di guardarli dopo.
Chi mai avrebbe pensato, che un bambino di 5 anni nel 1961 a 62 anni totalizzasse in soli nove anni più di un milione di chilometri in giro per il mondo e producesse 1.700.000 euro di opere solidali? Chi avrebbe immaginato che la costituzione dell’Associazione, nata quasi per scherzo, e della Fondazione portasse a tutto ciò? E che dire del 3 maggio 2021 e del 3 maggio 2022? I puntini si riuniscono dopo in un disegno completo e la felicità sta nel saper riunire questi puntini. Sono ammirato del discorso di Steve Jobs del 2005, ma non avrei mai immaginato che mi avrebbe aiutato a fare sintesi nella mia vita. E questa sintesi la faccio anche con voi questa sera volando verso la Colombia, dove a Bogotà inaugureremo il dormitorio per tossicodipendenti.
Dopo un milione di chilometri giungo in questa terra con questo 56° viaggio di solidarietà e di speranza, ma… questa volta vi è qualche cosa di sorprendente: il puntino questa volta lo vedo prima che sia segnato: la data della inaugurazione? 3 maggio 2023! Allora: 3 maggio 2021 lascio il Vaticano; il 3 maggio 2022 inauguro in Vietnam una rete elettrica; il 3 maggio 2023 inaugureremo un dormitorio per tossicodipendenti. Il disegno è chiaro, semplice e lineare. Lo posso riassumere per tutti voi in una frase suggeritemi da un grande amico il cardinale Pietro Parolin: “Getta in Dio ogni tua preoccupazione perché Lui ha cura di te!” Trovate il tempo in questi giorni per leggervi il discorso di Steve Jobs [*] ne vale la pena.
Ora rileggo questo report, chiudo il tablet e mi bevo una coca cola. Tra due ore si cena e tra cinque ore e mezza atterriamo a Bogotà, sette ore di differenza in meno rispetto all’Italia.
[*] La prima parte del discorso di Steve Jobs ai neolaureati di Stanford, 12 giugno 2005
Sono onorato di essere qui con voi oggi, nel giorno della vostra laurea presso una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. A dir la verità, questa è l’occasione in cui mi sono di più avvicinato ad un conferimento di titolo accademico. Oggi voglio raccontarvi tre episodi della mia vita. Tutto qui, nulla di speciale. Solo tre storie.
La prima storia parla di “unire i puntini”.
Ho abbandonato gli studi al Reed College dopo sei mesi, ma vi sono rimasto come imbucato per altri diciotto mesi, prima di lasciarlo definitivamente. Allora perché ho smesso?
Tutto è cominciato prima che io nascessi. La mia madre biologica era laureanda ma ragazza-madre, decise perciò di darmi in adozione. Desiderava ardentemente che io fossi adottato da laureati, così tutto fu approntato affinché ciò avvenisse alla mia nascita da parte di un avvocato e di sua moglie. All’ultimo minuto, appena nato, questi ultimi decisero che avrebbero preferito una femminuccia. Così quelli che poi sarebbero diventati i miei “veri” genitori, che allora si trovavano in una lista d’attesa per l’adozione, furono chiamati nel bel mezzo della notte e venne chiesto loro: “Abbiamo un bimbo, un maschietto, ‘non previsto’; volete adottarlo?”. Risposero: “Certamente”. La mia madre biologica venne a sapere successivamente che mia mamma non aveva mai ottenuto la laurea e che mio padre non si era mai diplomato: per questo si rifiutò di firmare i documenti definitivi per l’adozione. Tornò sulla sua decisione solo qualche mese dopo, quando i miei genitori adottivi le promisero che un giorno sarei andato all’università.
Infine, diciassette anni dopo ci andai. Ingenuamente scelsi un’università che era costosa quanto Stanford, così tutti i risparmi dei miei genitori sarebbero stati spesi per la mia istruzione accademica. Dopo sei mesi, non riuscivo a comprenderne il valore: non avevo idea di cosa avrei fatto nella mia vita e non avevo idea di come l’università mi avrebbe aiutato a scoprirlo. Inoltre, come ho detto, stavo spendendo i soldi che i miei genitori avevano risparmiato per tutta la vita, così decisi di abbandonare, avendo fiducia che tutto sarebbe andato bene lo stesso. OK, ero piuttosto terrorizzato all’epoca, ma guardandomi indietro credo sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’istante in cui abbandonai potei smettere di assistere alle lezioni obbligatorie e cominciai a seguire quelle che mi sembravano interessanti.
Non era tutto così romantico al tempo. Non avevo una stanza nel dormitorio, perciò dormivo sul pavimento delle camere dei miei amici; portavo indietro i vuoti delle bottiglie di coca-cola per raccogliere quei cinque cent di deposito che mi avrebbero permesso di comprarmi da mangiare; ogni domenica camminavo per sette miglia attraverso la città per avere l’unico pasto decente nella settimana presso il tempio Hare Krishna. Ma mi piaceva. Gran parte delle cose che trovai sulla mia strada per caso o grazie all’intuizione in quel periodo si sono rivelate inestimabili più avanti. Lasciate che vi faccia un esempio: il Reed College a quel tempo offriva probabilmente i migliori corsi di calligrafia del paese. Nel campus ogni poster, ogni etichetta su ogni cassetto, erano scritti in splendida calligrafia. Siccome avevo abbandonato i miei studi “ufficiali” e pertanto non dovevo seguire le classi da piano studi, decisi di seguire un corso di calligrafia per imparare come riprodurre quanto di bello visto là attorno. Ho imparato dei caratteri serif e sans serif, a come variare la spaziatura tra differenti combinazioni di lettere, e che cosa rende la migliore tipografia così grande. Era bellissimo, antico e così artisticamente delicato che la scienza non avrebbe potuto “catturarlo”, e trovavo ciò affascinante.
Nulla di tutto questo sembrava avere speranza di applicazione pratica nella mia vita, ma dieci anni dopo, quando stavamo progettando il primo computer Machintosh, mi tornò utile. Progettammo così il Mac: era il primo computer dalla bella tipografia. Se non avessi abbandonato gli studi, il Mac non avrebbe avuto multipli caratteri e font spazialmente proporzionate. E se Windows non avesse copiato il Mac, nessun personal computer ora le avrebbe. Se non avessi abbandonato, se non fossi incappato in quel corso di calligrafia, i computer oggi non avrebbero quella splendida tipografia che ora possiedono. Certamente non era possibile all’epoca “unire i puntini” e avere un quadro di cosa sarebbe successo, ma tutto diventò molto chiaro guardandosi alle spalle dieci anni dopo.
Vi ripeto, non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: dovete quindi avere fiducia che, nel futuro, i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi nel futuro. Dovete credere in qualcosa: il vostro ombelico, il vostro karma, la vostra vita, il vostro destino, chiamatelo come volete… questo approccio non mi ha mai lasciato a terra, e ha fatto la differenza nella mia vita. (…)