L’abbandono minorile, la quarta emergenza umanitaria
Secondo le stime dell’Unicef i bambini che nel mondo crescono soli, abbandonati e senza una famiglia sono 168 milioni. Un numero allarmante, che aumenta ogni anno di 5 milioni e che classifica l’abbandono minorile come la quarta emergenza umanitaria.
Nel territorio italiano i bambini abbandonati che vivono in condizioni di gravi difficoltà sono circa 100 mila. Molti di essi vivono sotto la tutela di strutture assistenziali di vario genere dove, talvolta, non mancano ostacoli da superare sia dal punto di vista economico che dal punto di vista educativo. Eppure sono tante le famiglie che desiderano adottare un bambino e che si trovano spesso a dover superare innumerevoli barriere e ostacoli burocratici, in Italia e all’estero, prima che venga loro affidata la tutela di un bambino.
Scorrendo alcuni dei principi contenuti nel testo della Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo (ma anche in altri documenti per la difesa e la tutela dei minori) si incontrano alcune espressioni che sembrano incastonarsi dentro un vero e proprio progetto di lavoro, volto a tutelare la vita dei minori. Viene affermato, per esempio, che “il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un clima di felicità, di amore e di comprensione. La garanzia di tali presupposti però non sempre si realizza totalmente, soprattutto quando la responsabilità dei genitori viene meno!
C’è da chiedersi se davvero la nascita di un bambino viene accolta, oggi, come un dono dalla nostra società. E pensare che è proprio dalla radice tematica del termine “feto” (clinicamente utilizzato per stabilire una gravidanza), attraverso una serie di passaggi consonantici, che si giunge a comporre la parola “figlio” e la parola “felicità” (feto, felicità, figlio)!
Uno dei giuristi più rappresentativi del nostro secolo (nell’ambito della tutela ai minori), Carlo Alfredo Moro, commentando la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, affermava: “Il bambino reale è divenuto un bambino declamato: una mera risorsa per i mass media; per la pubblicità; per il mercato del lavoro; per la criminalità organizzata… C’è dunque bisogno di una nuova cultura dell’infanzia e dell’adolescenza, una cultura dell’attenzione e del rispetto, una cultura della solidarietà e di un rapporto positivo fra le generazioni. Ogni adulto che viene a contatto con un bambino deve saper contribuire al suo difficile itinerario di crescita con molta umiltà e molto rispetto, con disponibilità non invadente e con capacità di ascolto, non verbalizzando i valori, ma vivendoli e testimoniando la speranza”.
Molte Associazioni lavorano in prima linea per garantire ai minori un residuo di umanità molto spesso negata dal mondo esterno e dai genitori stessi. Nonostante il lavoro e le mille iniziative prodotte manca però sempre qualcosa…
Giovanni Paolo II a tal proposito diceva: “Penso con grata ammirazione a coloro che si prendono cura della formazione dell’infanzia in difficoltà e alleviano le sofferenze dei bambini e dei loro familiari causate dai conflitti e dalla violenza, dalla mancanza di cibo e di acqua, dall’emigrazione forzata e da tante forme di ingiustizia esistenti nel mondo. Accanto a tanta generosità si deve però registrare anche l’egoismo di quanti non “accolgono” i bambini. Ci sono minori che sono feriti profondamente dalla violenza degli adulti: abusi sessuali, avviamento alla prostituzione, coinvolgimento nello spaccio e nell’uso della droga; bambini obbligati a lavorare o arruolati per combattere; innocenti segnati per sempre dalla disgregazione familiare; piccoli travolti dal turpe traffico di organi e di persone. (…) L’umanità non può chiudere gli occhi di fronte a un dramma così preoccupante!”.
L’indifferenza nei confronti dei bambini, soprattutto per quelli abbandonati, è la povertà del nostro secolo. “Quando i saggi – scriveva Georges Bernanos – hanno raggiunto il limite estremo della loro saggezza, conviene ascoltare i bambini”.