Ventiseiesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Il Corridoio di Lachin: la via più breve tra propaganda azera e realtà genocida…

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 06.01.2023 – Vik van Brantegem] – … e voi, che leggete e state in silenzio, non venitemi a dire, quando sarà troppo tardi: “Wir haben es nicht gewußt” (non lo sapevamo), come era la difesa stereotipata usata dai Tedeschi nel tentativo di deviare le accuse di non aver fatto abbastanza per fermare i crimini nazisti contro l’umanità durante la Seconda Guerra Mondiale, in particolare la Shoah.

È sempre attivo il blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin). Tutto il traffico (di persone e merce) tra l’Artsakh/Nagorno-Karabakh e l’Armenia (e il resto del mondo) rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere e il contingente di mantenimento della pace russo che presiede il Corridoio… il blocco. Ciò significa che i 120.000 cittadini Armeni Cristiani (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) dell’Artsakh sotto assedio vengono tenuti in ostaggi, con mancanza di cibo, carburante, medicine e altri beni di prima necessità.

Շնորհավոր Սուրբ Ծնունդ. Buon Natale. Fede e speranza aiutino il popolo dell’Artsakh. Oggi, venerdì 6 gennaio 2023 è il Natale armeno, a cui abbiamo dedicato la foto di copertina: «Natale sotto assedio #ArtsakhBlockade» (Foto di Siranush Sargsyan @SiranushSargsy1, giornalista di Armenian Weekly, bloccata dal 12 dicembre 2022 a Stepanakert).

Una festa di Natale sotto cupi presagi per l’Artsakh. Per quanto tempo resisterà la popolazione? Fino a quando ci sarà ancora cibo? Il tempo di Natale avrebbero dovuto essere un momento di gioia e di pace, ma per gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, ogni giorno che passa è una lotta disperata per la sopravvivenza. L’Occidente è complice nel crimine contro l’umanità che sta commettendo l’Azerbajgian con il sostegno attivo della Turchia nel Caucaso meridionale. Non solo l’incapacità di ritenere responsabile l’Azerbajgian darebbe il via libera a un genocidio di logoramento contro gli Armeni Cristiani dell’Artsakh, ma segnalerebbe la volontà dell’Occidente di abbandonare le comunità a rischio ai capricci degli autocrati quando è opportuno per il proprio tornaconto.

Oggi, a Stepanakert il Vescovo Vrtanes Abrahamyan, Primate della Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena ha officiato una Santa Liturgia in occasione del Natale.

Hanno partecipato il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, il secondo Presidente, Arkady Ghukasyan, e il terzo Presidente, Bako Sahakyan, , nonché rappresentanti degli organi legislativo ed esecutivo, tra cui il Ministro di Stato, Ruben Vardanyan.

«Quest’anno festeggiamo il Natale sotto un blocco. Tuttavia, lo spirito del nostro popolo ha resistito e nulla può spezzare la nostra volontà di vivere nella nostra patria. Buon Natale! Քրիստոս ծնաւ եւ յայտնեցաւ [Cristo è nato ed è apparso]!», ha scritto Vardanyan in un post su Twitter.

Sulla sua pagina Facebook ufficiale Vardanyan ha scritto: «Quest’anno festeggiamo il Natale in Artsakh in condizioni estremamente insolite. Ma la nostra gente non può essere sopraffatta dalle difficoltà. Nessun blocco, nessuna pressione, nessuna minaccia può spezzare lo spirito, la volontà e la determinazione del popolo dell’Artsakh a vivere nella propria terra natale. Abbiamo avuto fasi molto più difficili nella nostra storia. Coloro che vogliono conquistare la nostra patria sono andati e venuti, ma noi abbiamo vissuto in questa terra santa per migliaia di anni e continueremo a vivere. Ogni periodo difficile è temporaneo, i nostri valori, la nostra eredità, la nostra fede sono permanenti. Caro popolo dell’Artsakh, Buon Natale! Քրիստոս ծնավ և հայտնեցավ [Cristo è nato e si è rivelato]».

The HALO Trust è seriamente preoccupato per il blocco in corso del Corridoio di Lachin, l’unica via che collega il Nagorno-Karabakh al mondo esterno, si legge nel comunicato pubblicato sull’account Twitter della missione di HALO impegnata nelle opere di sminamento in Nagorno-Karabakh [QUI]: “Durante quasi un mese di blocco, ne stiamo monitorando da vicino le conseguenze umanitarie. HALO ha circa 100 dipendenti locali in Karabakh e stiamo monitorando la disponibilità di cibo e altri rifornimenti per loro e le loro comunità”. HALO esprime la speranza per una rapida risoluzione della situazione e anche la sua disponibilità ad aiutare: “Siamo in costante contatto con i nostri partner regionali e altre organizzazioni umanitarie per coordinare gli aiuti umanitari, se necessario”.

The HALO Trust è un ente di beneficenza britannico apolitico e non religioso registrato e un’organizzazione americana senza scopo di lucro, il più grande ente di beneficenza umanitario al mondo per lo sminamento antiuomo. Con oltre 10.000 dipendenti in tutto il mondo, HALO opera in 28 Paesi. È l’unica ONG internazionale che rimuove i pericoli esplosivi nel Nagorno-Karabakh, trasformando le comunità e salvando vite umane.

Alcune interessanti scoperte open-source sul blocco stradale organizzato dallo Stato dell’Azerbaigian nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Alcuni manifestanti azeri sono stati identificati come militari attraverso i loro post sui social media, si trovano al posto di blocco come “eco-attivisti”.

“Abbiamo fratelli in Karabakh, siamo venuti in loro soccorso”.

Il Presidente turco Erdoğan ha menzionato il Nagorno-Karabakh durante l’incontro parlamentare del suo partito, affermando che la Turchia è venuti in soccorso dell’Azerbaigian lì [nel guerra dei 44 giorni dal 27 settembre al 9 novembre 2020] proprio come hanno fatto in Libia, ha affermato.
Al riguardo è significativo ricordare i dettagli sulla guerra dell’Azerbajgian contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh nel 2020, che sono stati rivelati in una conversazione telefonica privata da un colonello azero, che furono pubblicati il 21 ottobre 2022 da Meydan TV, emittente azero indipendente non statale, con sede fuori dall’Azerbajgian.

Meydan TV – Poco prima della morte di Babek Samidli: sulle illegalità nell’esercito – REGISTRAZIONE SONORA – 21 ottobre 2022.
Anche il Colonnello Babak Samidli, Vice Comandante del 1° Corpo d’armata, partecipò alla seconda guerra del Karabakh, che durò 44 giorni. Pochi giorni dopo la fine della guerra, il 23 novembre, si dice che sia finito su una mina nel territorio dell’insediamento di Sugovushan. Dopo la sua morte, è stato insignito delle medaglie “Per la patria”, “Per la liberazione di Sugovusha” e dell’ordine “Vittoria”.
Meydan TV ha ottenuto la registrazione audio della conversazione che Babak Samidli ebbe poco dopo la guerra e pochi giorni prima della sua morte.
Non si conosce l’identità dell’interlocutore di Babek Samidli.

Il Colonello Babak Samidli era il Vice Comandante del 1° Corpo d’armata dell’Azerbajgian durante la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, sul fronte Terter-Martakert. La conversazione è avvenuta pochi giorni prima che fosse ucciso da una mina terrestre due settimane dopo il cessate il fuoco, parlando con un interlocutore sconosciuto.

Secondo Samidli, il Vice Capo di Stato Maggiore dell’esercito dell’Azerbajgian aveva cercato di assicurare agli ufficiali che le forze dell’avversario [dell’Armenia e dell’Artsakh] erano inferiori e che le forze azere avevano un vantaggio. A quanto pare alcuni comandanti lo hanno confutato, dicendo che le loro forze erano uguali, “Io non posso andare contro 140 carri armati con 140 miei, me ne servono almeno 250 [per andare contro 140]. Il superiore di Samidli, il Comandante del 1° Corpo d’armata è andato oltre, affermando che aveva bisogno di un vantaggio di 3 a 1 per evitare grosse perdite, affermando che non si può andare contro 9 battaglioni con solo 6, ha affermato. “L’avversario ha avuto 30 anni per costruire un sistema di difesa”, ha continuato Samidli.

Parlando della guerra dei 44 giorni, Samidli ha menzionato la Turchia e Erdoğan che sono venuti in aiuto dell’Azerbaigian: “Se i Bayraktars non fossero arrivati, non saremmo stati in grado di mantenere un vantaggio, avremmo avuto molti fallimenti nei nostri attacchi”.

Il Bayraktar TB2 è un aeromobile a pilotaggio remoto (drone) sviluppato dalla turca Baykar Technologies, utilizzato da parte delle Forze armate turche per la sorveglianza a lunga autonomia e a medie altitudini. Durante la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, sono stati usati dall’Azerbajgian contro le forze armate dell’Armenia e l’esercito di difesa dell’Artsakh in modo decisivo per l’esito della guerra. L’Azerbaigian ha utilizzato i Bayraktar TB2 per distruggere l’artiglieria armena, le postazioni di fanteria e vari mezzi militari.

Nella conversazione telefonica, Samidli afferma di aver ricevuto coscritti che avevano terminato il servizio militare obbligatorio intorno al 2005. Molti avevano dimenticato tutto e non erano in forma fisica. Ha detto che praticamente li ha “ricevuti, vestiti e armati”, e con solo 5 giorni per addestrarli. Se gli fossero stati concessi almeno 15 giorni, dice, la guerra non sarebbe durata 44 ma 20 giorni. Ogni giorno di guerra significa miliardi [in termini di denaro], osserva, e se la guerra fosse continuata, avrebbe avuto gravi conseguenze per l’economia.

L’avversario aveva l’artiglieria bielorussa D-20 con un raggio di 30 km, noi, dice Samidli, avevamo D-30 e D-44, con un raggio di 15 km. Era preparata solo la fanteria, incapace di combattere in montagna, per questo sono necessarie forze speciali. Samidli afferma anche di aver avuto solo 1 battaglione di ricognizione contro i 2 che l’Artsakh aveva di fronte a lui.

Dopo la guerra di aprile 2016, Samidli aveva cercato di trasformare le sue truppe motorizzate in truppe di montagna, ma è stato ignorato dai funzionari governativi. All’inizio della guerra del 2020, le sue truppe avevano proiettili di artiglieria per 2 settimane, il 62% aveva giubbotti antiproiettile, il 51% aveva dispositivi di comunicazione. Tre giorni prima della guerra, i carri armati T-55 arrivati, sprovvisti di dispositivi di comunicazione per comunicare con altri carri armati. Secondo Samidli, il suo 1° Corpo d’armata di 20.000 soldati aveva 7 dispositivi GPS Garmin, mentre ne avevano bisogno di almeno 100.

Riguardo alle perdite, Samidli afferma che il loro unico obiettivo era vincere la guerra a tutti i costi anche se perdendo battaglioni o brigate. “Non abbiamo considerato le perdite”, l’ordine del Presidente Aliyev doveva essere eseguito e completato il compito assegnato.

È chiaro che senza l’aiuto decisivo della Turchia, difficilmente l’Azerbajgian avrebbe potuto vincere la guerra del 2020 (e ottenere gran parte del territorio dell’Artsakh non conquistato, con l’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020). Infatti, come abbiamo già riferito più volte, da allora c’è stato una profonda riorganizzazione delle forze armate azere e eseguito una massiccio programma di addestramento speciale e di armamento.

Il Dipartimento di Stato può impedire un massacro. Perché non lo farà?
di Michael Rubin
1945, 5 gennaio 2022

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il blocco azero del Nagorno-Karabakh controllato dagli Armeni sta ora entrando nella sua quarta settimana. Gli scaffali dei negozi di alimentari e delle farmacie nella capitale Stepanakert ora sono spogli.

I diplomatici azeri inizialmente hanno negato qualsiasi blocco. La narrazione di Baku si riduce all’affermazione che l’intero Nagorno-Karabakh è azero, quindi i residenti armeni devono partire o dipendere dalla generosità azera. Gli Armeni sostengono sia di avere il diritto all’autodeterminazione nel Nagorno-Karabakh, sia che la retorica genocida dell’Azerbajgian rende suicida qualsiasi dipendenza dalla buona volontà di Baku. La gestione di questa controversia è stata la base del decennale processo del Gruppo di Minsk dell’OSCE, che è crollato negli ultimi mesi del governo Trump. Indipendentemente dalla prospettiva, il fatto che l’Azerbajgian usi la fame come punizione collettiva per promuovere i propri interessi è innegabile.

La storia non sarà gentile con il governo Biden se permetterà che la situazione continui. Certamente, il Presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha il potere e ha la responsabilità ultima. Tuttavia, il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il Segretario di Stato, Antony Blinken, non possono negare la responsabilità. Dopotutto, anche dopo che l’Azerbajgian ha lanciato il suo attacco militare contro le comunità armene nel Nagorno-Karabakh, Blinken ha dato il via libera a continuare l’aiuto militare all’Azerbajgian, sfidando il Congresso e la legge statunitense.

Biden afferma come un mantra che “la diplomazia è tornata”, ma quando segnala che non ci sono conseguenze quando viene sfidato, la diplomazia perde ogni significato. Né Biden né Blinken sembrano preoccuparsi molto della diplomazia nella regione. Nel suo primo briefing dell’anno, il Portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, si è sottratto alla responsabilità. “Non sta a noi prescrivere quale sia una soluzione globale a questo conflitto”, ha affermato. “Questo è il duro lavoro che dovranno fare le parti stesse”.

Né l’entrambidismo è una scusa. Nel settembre 2022, la Cornell University ha pubblicato uno studio utilizzando immagini satellitari che mostravano “la cancellazione quasi totale dei siti del patrimonio armeno” nell’exclave azera di Nakhchivan. In un’audizione al Senato due mesi dopo, l’Ambasciatore Philip Reeker, Consigliere anziano del Dipartimento di Stato per i negoziati sul Caucaso, ha ammesso durante l’interrogatorio di aver visto numerosi video delle forze azere che giustiziavano sommariamente prigionieri armeni. Né Reeker né Karen Donfried, Vice Segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici, potrebbero spiegare perché, secondo le parole del Senatore Bob Menendez, gli Stati Uniti “non abbiano fatto nulla per verificare i video e le prove delle munizioni a grappolo, del fosforo bianco, che sono illegale”.

Una tale performance richiama il fallimento sia di Franklin Delano Roosevelt che dell’incapacità dei suoi assistenti anziani di spiegare perché non hanno bombardato le linee ferroviarie di Auschwitz, anche quando sapevano delle atrocità condotte lì. Gli apologeti potrebbero dire che sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale, altri obiettivi avevano la precedenza. Nel Caucaso ora, tuttavia, nessuna argomentazione del genere potrebbe reggere, data la differenza di potere tra gli Stati Uniti da un lato e l’Azerbajgian e la Turchia dall’altro. Blinken ha molti strumenti a sua disposizione. La fine della rinuncia alla Sezione 907 del Freedom Support Act è solo la prima di queste.

La carenza morale dell’attuale politica di Biden si estende a Samantha Power. L’Amministratore di USAID ha basato la sua carriera sulla critica, nel suo libro vincitore del Premio Pulitzer A Problem from Hell, della riluttanza degli Stati Uniti a prevenire il genocidio. Si è occupata ampiamente dell’eredità di Raphael Lemkin – un avvocato polacco che ha coniato il termine genocidio e padre fondatore della Convenzione sul genocidio – e ha abbracciato pienamente il suo lavoro. Descrive dettagliatamente come tra le maggiori influenze di Lemkin ci sia stato il genocidio armeno dell’inizio del XX secolo. Sedersi in disparte, rimanere in silenzio e rifiutarsi di assistere la popolazione armena quando affronta la fame, macchierà permanentemente la sua eredità e bloccherà la sua ambizione di diventare un giorno lei stessa Segretario di Stato.

I funzionari statunitensi possono eludere la responsabilità sostenendo che il Nagorno-Karabakh è lontano e che Washington non ha la capacità di aiutare. Questo è falso. Non solo gli Stati Uniti hanno una leva finanziaria sull’Azerbajgian, ma gli Stati Uniti potrebbero anche fornire un aiuto immediato fornendo cibo e altri rifornimenti dalla base aerea di Incirlik vicino ad Adana, in Turchia.

I guerrieri dei think tank a Pennsylvania Avenue possono negare l’esistenza di qualsiasi blocco, ma perché il Dipartimento di Stato non dovrebbe inviare diplomatici a [Corridoio di] Lachin per osservare di persona? Il genocidio prospera nell’oscurità. Non procede così agevolmente quando viene illuminata da una luce. Biden e Blinken devono smetterla di estinguere i simili.

[*] Dr. Michael Rubin è Senior Fellow presso l’American Enterprise Institute (AEI). È autore, coautore e coeditore di diversi libri che esplorano la diplomazia, la storia iraniana, la cultura araba, gli studi curdi e la politica sciita, tra cui Seven Pillars: What Really Causes Instability in the Middle East? (Sette pilastri: cosa causa realmente l’instabilità in Medio Oriente?) (AEI Press 2019), Kurdistan Rising (L’ascesa del Kurdistan) (AEI Press 2016), Dancing with the Devil: The Perils of Engaging Rogue Regimes (Ballando con il diavolo: i pericoli di compiacere regimi corrotti) (Encounter Books 2014) e Eternal Iran: Continuity and Chaos (L’eterno Iran: continuità e caos) (Palgrave, 2005).

Il Corridoio di Lachin, bloccato dall’Azerbaigian da dicembre: la via più breve tra propaganda e realtà
di Sophie Flamand
Causeur, 4 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dal francese)

Certo, il potere azero sta annaffiando copiosamente politici e giornalisti, in Europa e altrove, per acquistare rispettabilità grazie alla sua “lavatrice”, il famoso scandalo “Laundromat” [*], denunciato da Le Monde e da altre dieci redazioni europee, tra cui l’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP) [QUI]. Ma le lavatrici non sono tutte potenti e faticano a nascondere del tutto i fatti, peraltro di una chiarezza rara.

Il Nagorno-Karabakh è un territorio popolato da Armeni fin dal XVIII secolo a.C., dove l’Azerbajgian conduce una politica nazionale di odio e conquista, puntualmente segnalata dalle organizzazioni internazionali, tra cui il Consiglio d’Europa [QUI]. Ma c’è di peggio; dalla guerra del 2020, l’Azerbajgian ha preso il 75% del territorio del Nagorno-Karabakh, e lo ha svuotato della sua popolazione armena. Oggi, il Nagorno-Karabakh è limitato a un piccolo territorio intorno alla capitale, Stepanakert, completamente senza sbocco sul mare in Azerbajgian. Ma ovviamente è ancora troppo per alcuni!

Va notato, tuttavia, che secondo il diritto internazionale il Nagorno-Karabakh fa parte dell’Azerbajgian e che gli accordi dell’Armenia basati sul diritto all’autodeterminazione non sono stati accettati dagli organismi internazionali. Così anche l’Armenia non ha riconosciuto ufficialmente l’autoproclamata Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Se il distretto di Lachin (e i suoi villaggi) fa parte de jure e de facto dell’Azerbajgian, è solo dalla fine dello scorso agosto e in seguito all’accordo tripartito firmato dai Presidenti armeno, azero e russo, nel novembre 2020, per porre fine la seconda guerra del Karabakh.

Se ne parliamo oggi è perché con il blocco dell’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia, non è solo il Nagorno-Karabakh ad essere minacciato, ma l’Armenia nel suo insieme.

Il Presidente azero ha dichiarato in diverse occasioni e ancora molto recentemente che diverse regioni dell’Armenia sono territori azeri che intende annettere [QUI], compresa la capitale Yerevan [QUI]. L’Azerbajgian non fa mistero della sua fedeltà alla Turchia, che a sua volta non nasconde più il suo desiderio di ricreare un impero ottomano. Ricorda che la Turchia e il suo vassallo Azerbajgian sono stati negazionisti, agli occhi dei quali il genocidio del 1915 fu un’escursione in qualche modo sportiva. Le autorità turche arrivano al punto di glorificare regolarmente gli autori di questo quando non chiamano per finire il lavoro! Durante la celebrazione della sua vittoria a Baku il 10 dicembre, Recep Tayyip Erdogan, non ha forse invocato, con le stelle (o le mezzelune?) negli occhi, Enver Pasha, cioè uno dei principali artefici del genocidio del 1915, così come l’esercito islamico del Caucaso, che ha proseguito nella regione l’epurazione compiuta in Turchia?

Certo, le riunioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si svolgono regolarmente sull’argomento e la Corte Internazionale di Giustizia è stata investita della questione. Ha persino ordinato misure provvisorie contro l’Azerbajgian [QUI]. Per non parlare del fatto che le associazioni di specialisti del genocidio lanciano regolarmente l’allarme [QUI]. Ma l’Unione Europea tace e distoglie lo sguardo compiaciuto, dimenticando il suo passato non così lontano. Gli Europei potranno, ancora una volta, lamentarsi che “non sapevano”?

[*] La “laundramat” (lavanderia a gettoni) azera è un complesso schema di riciclaggio di denaro organizzato dall’Azerbajgian, che è stato rivelato dall’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP) nel settembre 2017. Le indagini hanno rivelato che durante due anni tra il 2012 e il 2014 circa 2,9 miliardi di dollari sono stati dirottati attraverso società e banche europee. Il denaro è stato utilizzato per pagare politici e giornalisti europei nel tentativo di ripulire la reputazione dell’Azerbajgian all’estero.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].

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