«Signore, ti amo» Le ultime parole di Benedetto XVI

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.01.2023 – Renato Farina] – Da ieri mattina ci mettiamo in fila, nella Basilica di San Pietro, per guardare il suo corpo. Le fotografie celo avevano già proposto nel pomeriggio di ieri.

Benedetto XVI nella cappella del Monastero Mater Ecclesiae, prima della traslazione in Basilica di San Pietro.

Eccolo. Sta adagiato su cuscini color oro pallido davanti al tabernacolo della cappella nel Monastero Mater Ecclesiae. L’albero di Natale, il presepe, la casula rossa, la mitra, le scarpette nere, il volto minuto, tutto congiura a consegnarcelo più da umile bambolina imbacuccata che da glorioso Papa emerito. Il catechismo da lui redatto, e promulgato da san Giovanni Paolo II senza correggere una virgola, ci avverte inutilmente che la carcassa di Joseph-Ratzinger-Benedetto-XVI è stata tempio dello Spirito Santo e risorgerà. Sarà vero? C’è speranza?

Istanti d’eternità

Ci sono stati istanti profumati di eternità. Alle ore 09.34 di sabato 31 dicembre, mentre stava attraversando «la porta oscura della morte» (così egli stesse aveva previsto il suo ultimo istante, senza eufemismo alcuno, l’8 febbraio scorso), Joseph ha sussurrato: «Signore, ti amo». Davvero c’era lì Qualcuno? Chi era? Un fantasma, la proiezione di un illusorio desiderio? Oppure, forse, una Presenza, un Amico, l’Alfa e l’Omega dell’Universo, il Centro del tempo e oltre il tempo, il Centro della storia e al di là di essa? Siamo tutti, credenti e non credenti, affogati dall’acqua salmastra del dubbio. Il credente dubita dell’Amen, il non credente della sua incredulità. Io mi fido di Joseph, questo antico bambino bavarese. Qualcuno ce lo ha mandato. Impossibile che un tipo così, un amico come lui, sia destinato al Nulla.

Joseph Ratzinger è stato ed è un provocatore della libertà. Cerca ancora di sfondare l’indifferenza esistenziale che non ha nome ma ci fa infelici. Dice parole dimenticate in quel luogo della coscienza dove abita la libertà di ciascuno. Egli ha inondato i circa suoi 800 titoli, tra libri e saggi teologici e biografici, della preziosa certezza confessata l’ultimo istante, sottoposta in 95 anni ogni mattino al suo sì. Cito come so a memoria, evitando per rispetto le virgolette. La fede è l’unico porto sicuro della ragione. La sola scommessa che valga la pena giocarsi nell’esistenza riguarda questo Mistero del Dio incarnato. Non esiste nulla di più razionale che dire di sì. Non per un calcolo delle probabilità, ma perché appena con l’intelletto scegli di dire di sì, subito sperimenti un centuplo, un gusto della vita, un piacere della musica, degli scampoli di cielo, della carezza a un gatto, della donazione assoluta di sé alla Santa Chiesa, dove Dio si comunica.

L’essenza di questo Papa, la sintesi del suo messaggio al mondo e del suo sorriso, della sofferenza accettata e dei tradimenti subiti e perdonati, sta in questa fantastica provocazione. Chiede a tutti, credenti e non credenti, di scardinare il cassetto sigillato delle risposte mummificate sul senso o il non senso della vita, e esporle al vento primaverile del modo di morire di un vecchio che nel momento supremo dice: «Gesù, ti amo». Lo stesso bacio a «Gesù bambino e del Volto Santo» lo soffiò, scolpendo le ultime briciole del suo respiro a 24 anni, Santa Teresa di Lisieux, il 30 settembre del 1897. La piccola carmelitana scrisse a mano pochi quaderni sfondando le ridicole pretese dello scientismo e della miscredenza, oltre che il moralismo pedestre di troppi ecclesiastici inamidati. Diversissimi per titoli accademici, studi, età, nazione, nome. Esattamente uguali, però questi due. Felicità nello strazio, letizia nel dolore del mondo. La morte come amarissimo calice che apre all’infinita tenerezza. Per chi? Per noi!

Viaggio Apostolico in Terra Santa – Papa Benedetto XVI arriva sul Monte del precipizio a Nazaret, 14 maggio 2009 (Foto di Luca van Brantegem/AP Photo).

Un tuffo nel passato

È permesso un ricordo lontano? Piazza della Città Leonina numero 3. Avevo appreso dove abitasse dall’Annuario Pontificio. Erano i primi anni ’80. Imparai a fargli la posta prima delle 8 del mattino. Non c’erano motivi. Stavo in un albergo vicino e desideravo vedere la fede specchiarsi nell’intelligenza e viceversa. Lo salutavo, rispondeva «buonciorno», mi riconosceva: gli facevo la posta dovunque andasse per conferenze o prediche, Milano, Foggia, Siena, Cascia. Teneva la borsa nera con la destra e andava a passo spedito verso il suo (santo) uffizio. Cinquecento metri. Non è che osassi stargli al fianco. Facevo trenta passi con lui, poi lo guardavo allontanarsi perso nei suoi pensieri. Quando volevo capirci qualcosa, gli facevo una domandina. Rispondeva sempre. Posso dirlo: in quegli anni mi fece da maestro deambulante. Divenne infine suo malgrado Benedetto XVI. Ma poi ha accettato che lo Spirito Santo voleva lui, così com’era. Imbranato e docile, proprio «un umile operaio della vigna del Signore». Un Papa minimo nei gesti di governo. Delegava e non correggeva, lasciava che gente screanzata agisse in suo nome, senza riuscire a raddrizzare le cose. Un genio assoluto in un carattere fanciullo.

Il temperamento di un bambino troppo buono. Racconta ne La mia vita che non era capace di giocare a calcio, perciò si nascondeva quando nel campetto del seminario si formavano le squadre, così la sua imbranataggine non danneggiava nessuno. Il genio totalmente offerto al suo Dio e alla umanità ha allargato i confini della ragione in questo mondo ateo e/o misticoide, spingendola ai bordi del Mistero, dandogli il biglietto d’ingresso. Ma c’è la libertà. E c’è la cattiveria, che lui ha sperimentato come spada nel fianco.

Benedetto XVI esposto per il saluto dei fedeli in Basilica di San Pietro. Secondo il Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, circa 25 mila persone hanno reso omaggio al Papa emerito Benedetto XVI prima delle ore 12.00 di oggi.

Sfida al relativismo

La cifra assoluta della sua lezione all’Università di Regensburg il 12 settembre del 2006 [QUI] ha avuto questo cuore meraviglioso e questo esito crudele, da cannibali. Lì aveva chiesto di allargare la ragione e che nessuno più osasse imporre alcuna fede con la violenza. Certo, valeva per l’Islam, per le religioni tutte, compreso un cattolicesimo che esaspera la trascendenza di Dio, non accettandone l’Incarnazione. Più dell’Islam, più del cristianesimo, Benedetto sfidò il totalitarismo relativista, che è la religione del Potere globalista vincente. Dio non è quel fesso che fanno credere costoro, un effluvio sentimentale e volontaristico. Dio è Logos, e il Logos è verità+amore. Cioè Cristo stesso, il quale spezzando la nostra solitudine si propone nel suo fascino di bellezza e di misericordia fino a morire per tutti. Questa lezione fu volutamente equivocata.

Lo accusarono di intolleranza, prima i liberal (New York Times, Cnn), poi i progressisti cattolici ed infine i musulmani. Da dentro il Vaticano e dalle diocesi progressiste accusarono Benedetto di aver esposto suore inermi alla vendetta. Si trattò di una gigantesca truffa semantica da parte di chi in realtà aveva capito benissimo quale fosse l’essenza di questo Papato. Benedetto portava una sfida mortale dentro le casematte del Pensiero Unico. Una ragione che rinuncia alla domanda di senso, al caso serio di Cristo, non è ragione, ma anemia tragica dell’umano.

Partì allora la decisione di liquidare Benedetto. Fu identificato dai mass media globalizzati come il male in sé. Il pastore tedesco ringhiante, che mentre azzanna alla gola i diritti e la tolleranza, lascia fare al clero pedofilo i suoi comodi. Furono i servizi americani a orchestrare l’uscita di documenti riservati sottratti dalla scrivania del Papa. Fu lasciato solo. Finché, in un confronto serrato con Dio, come Giacobbe ebbe slogata l’anca, e riconobbe, umiliandosi ma dicendo il vero, di non essere in grado di tenere il timone della nave di Pietro. Aveva esaurito il suo compito, plasmato la dottrina legandola all’esperienza, ma governare non era il suo mestiere. Aveva scritto l’opera decisiva su Gesù di Nazaret. La burrasca esigeva mani forti, lui le avrebbe sostenute pregando.

Spaventa come oggi si asciughino le lacrime gli ipocriti. Ci si dimentica che l’agguato più disgustoso fu condotto in Roma, quando un manifesto infame firmato da più di cento docenti gli sbarrò le porte dell’Università “La Sapienza” accusandolo di intolleranza e di clerico-fascismo. Questo ateneo e i suoi occulti mandanti dentro e fuori la Chiesa saranno giudicati l’ultimo giorno con più severità di Sodoma e Gomorra.

Ma il solito Ratzinger perdonerà.

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