Armenia e Artsakh sono in pericolo. No a “pace e prosperità nel Caucaso meridionale” attraverso il genocidio degli Armeni

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 26.11.2022 – Vik van Brantegem] – «Azerbajgian non vuole incontrare [Armenia] a Brussel e la scusa è la presenza di Emmanuel Macron, mentre ieri sera hanno aperto il fuoco con armi da fuoco di vario calibro verso le postazioni armene, come vero segno di “pace” offerto all’Armenia», ha scritto Edmon Marukyan, Ambasciatore con incarichi speciali armeno, questa mattina in un Tweet. Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha accusato la Francia di pregiudizi filo-armeni e ha detto che rifiuterà di incontrare il Primo Ministro armeno a Brussel previsto per il 7 dicembre prossimo, nel caso in cui l’Armenia insistesse sulla presenza del Presidente francese. Il Ministero degli Esteri armeno ha replicato che la parte armena era pronta per un incontro nel formato concordato a Praga all’inizio di ottobre. Il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan e il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Alyev, si sono incontrati a Praga il 6 ottobre scorso con la mediazione del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e del Presidente francese, Emmanuel Macron.

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian continua a diffondere disinformazione. La guerra delle parole, insieme alle notizie quotidiane di violazioni del cessate il fuoco, da parte dell’Azerbajgian, hanno sollevato timori di una nuova escalation o addirittura una guerra su vasta scala dell’Azerbajgian contro l’Armenia e l’Artsakh possa essere imminente. Al riguardo vale la pena rileggere quanto scritto recentemente da Renato Farina in un articolo che abbiamo pubblicato il 18 novembre scorso: Il Molokano su Tempi – Il formichiere turco nel formicaio. Voi Europei non avete occhi per vedere il piano diabolico in atto contro gli Armeni.

Le Forze Armate azere hanno aperto il fuoco con armi leggere di vario calibro contro le posizioni di difesa armene schierate nella parte orientale del confine armeno-azerbajgiano dalle ore 21.30 alle 22.30 del 24 novembre, ha dichiarato il Ministero della Difesa armeno in una nota. La parte armena non ha subito perdite e alle ore 08.30 del 25 novembre la situazione in prima linea era tornata relativamente stabile.

Degli agricoltori in Artsakh sono finiti nuovamente sotto il fuoco azero mentre lavoravano nei campi agricoli in due diversi villaggi. Intorno alle ore 11.30 del 25 novembre, un contadino che lavorava con il suo trattore nei campi agricoli del villaggio di Taghavard è stato costretto ad abbandonare le sue attività quando le truppe azere hanno aperto sporadici colpi con armi leggere. Un incidente simile è avvenuto nel villaggio Tchankatagh di Martakert, dove le truppe azere hanno aperto il fuoco in direzione dei contadini. La polizia dell’Artsakh ha affermato di aver fornito i fatti al contingente russo di mantenimento della pace.

Il Ministero della Difesa armeno ha riferito nella prima mattinata di oggi, 26 novembre, che unità delle Forze Armate azere hanno violato l’accordo di cessate il fuoco durante la notte, aprendo il fuoco con armi leggere di vario calibro in direzione delle posizioni di difesa armene situate nella parte orientale della linea di contatto armeno-azerbaigiana. Nessuna vittima è stata segnalata dalla parte armena. Alle ore 08.30 la situazione nella zona di confine tra Armenia e Azerbajgian era tornata relativamente stabile.

Il Ministero della Difesa armeno ha smentito ancora una volta le notizie da parte azera secondo cui unità delle Forze Armate armene alla mezzanotte di oggi hanno aperto il fuoco in direzione delle postazioni azere situate nella parte orientale della linea di contatto armeno-azera.

Il Ministero degli Esteri dell’Artsakh ha smentito le accuse da parte azera, che le forze di difesa dell’Artsakh tra le ore 09.25 e le 10.10 di oggi avrebbero hanno aperto il fuoco in direzione delle posizioni azere situate nei territori delle regioni di Askeran e Martuni della Repubblica dell’Artsakh, occupati dalle forze armate azere.

Il sito azero News.az ha scritto: «Il 25 novembre, dalle ore 09.55 alle 12.10, membri di un distaccamento armato armeno illegale [sono intese le Forze Armate di difesa dell’Artsakh] nel territorio dell’Azerbajgian [sono intesi i territori della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh occupati dalle Forze Armate azere con la guerra dei 44 giorni di fine 2020], dove sono temporaneamente dispiegati i caschi blu russi, hanno sparato contro le postazioni delle Forze Armate azere dislocate in direzione delle regioni di Aghdam e Khojavand, ha dichiarato il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian, aggiungendo che le Unità delle Forze Armate azere hanno preso “adeguate misure di ritorsione”.

«Illegale postazione militare azero davanti alla scuola del villaggio di Shurnukh a Syunik, Armenia. C’è scritto “ÖNCE VATAN” (prima la patria), uno slogan nazionalista (e aggressivo) turco fondamentale, creato durante il governo di Ataturk negli anni ’30. La scuola è sotto tiro degli azeri con armi e videosorveglianza per intimidire i bambini» (Arman Tatoyan).

L’Azerbajgian continua a diffondere fake news riguardo presunte violazioni armene in Artsakh e in Armenia che, stante la situazione sul campo, sono del tutto improbabili. Aliyev si prepara il terreno per un’altra operazione militare mentre i suoi soldati continuano a sparare sui civili in Artsakh.

In particolare, Azerbajgian si sta preparando a una nuova azione militare contro quello che rimane dei territori non ancora occupati della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh, con obiettivo principale il corridoio di Lachin. A sentire le parole del Ministro degli Esteri azero, Jeyhun Bayramov, il controllo della strada da parte dell’Armenia sarebbe una violazione dell’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020.

Bayramov ha messo in guardia l’Armenia sul corridoio di Lachin. “I passi distruttivi dell’Armenia sono inaccettabili; sono un duro colpo per la normalizzazione delle relazioni nel periodo post-conflitto del Karabakh (secondo l’Azerbajgian il conflitto è risolto perché il Nagorno-Karabakh è azero e il futuro degli Armeni nella regione verrà risolto in Azerbajgian)”, ha detto Bayramov ai giornalisti a margine della conferenza internazionale di Aghdam all’Università ADA il 24 novembre scorso. “I principi fondamentali della dichiarazione trilaterale [firmata tra i leader azeri, armeni e russi il 9 novembre 2020 dopo la guerra dei 44 giorni] vengono violati [dall’Armenia]. L’obbligo assunto [fantomatico] in conformità con questi principi di ritirare tutte le truppe armene dal territorio dell’Azerbajgian [è inteso quello che rimane della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh non ancora occupato dalle Forze Armate dell’Azerbajgian] non è stato ancora adempiuto”, ha affermato. Secondo Bayramov, dall’agosto 2022 sono state scoperte in Azerbajgian circa 2.700 mine di fabbricazione armena, fabbricate nel 2021. Sono stati consegnati lì attraverso il corridoio Lachin, altrimenti non è possibile”, ha affermato Bayramov. Ha osservato che ciò è in contraddizione con lo scopo dell’utilizzo del corridoio nella dichiarazione trilaterale e questo dovrebbe essere posto fine. Bayramov ha affermato che l’Azerbajgian prenderà “misure necessarie” per impedire il presunto trasferimento di armi al Nagorno-Karabakh attraverso il corridoio di Lachin.

Il 25 ottobre 2022, il Ministero degli Esteri azero ha rilasciato una nuova dichiarazione in cui ha invitato la comunità mondiale a fare pressione sull’Armenia affinché adempia ai suoi obblighi internazionali. “In violazione della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, l’Armenia continua attività militari illegali sul territorio dell’Azerbajgian [è inteso la parte della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh non occupata dalle Forze Armate azere]”, afferma il documento. Il ministero degli Esteri azero afferma che l’Armenia “non solo non ritira le sue forze militari dal territorio dell’Azerbajgian [idem], ma continua anche a installare un gran numero di mine sul suo territorio [idem]. Ciò porta ad un aumento del numero di persone che vengono fatte saltare in aria dalle mine, e non solo lungo la precedente linea di contatto”.

Dopo guerra dei 44 giorni del Nagorno-Karabakh, il corridoio di Lachin divenne l’unico collegamento aperto tra l’Artsakh/Nagorno-Karabakh e l’Armenia, così come con il resto del mondo. Il corridoio è sotto il controllo del contingente russo di mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh, che fa affidamento anche sul percorso per mantenere la propria presenza.

Foto dall’account Twitter dell’Ambasciatore Edmon Marukyan.

L’Ambasciatore dell’Armenia con incarichi speciali, Edmon Marukyan, ha scritto in su Twitter: «L’Azerbajgian afferma che l’Armenia ha utilizzato il corridoio di Lachin per trasferire delle mine antiuomo nel proprio territorio. Questa è una bugia totale. L’Azerbajgian ha preso delle mine antiuomo dai territori armeni occupati, le ha trasferite nel territorio controllato dall’Azerbajgian in Nagorno-Karabakh per mostrarle ai partner internazionali e creare false basi per contestare il corridoio di Lachin. L’Azerbajgian ha occupato Saribaba [Regione di Sushi] ad agosto, ma solo a novembre ha rivendicato l’esistenza di nuove mine lì. Come mai? Perché a settembre hanno invaso l’area di Jermuk, territorio sovrano dell’Armenia, hanno avuto accesso alle mine, trasferite a Saribaba per accusare falsamente l’Armenia di aver utilizzato il corridoio di Lachin per trasferire munizioni».

I commenti del Ministro degli Esteri azero, Jeyhun Bayramov, hanno fatto eco a quelli del Vice Capo del Servizio di sicurezza statale dell’Azerbajgian, Jeyhun Shadlinski, che ha anche affermato che armi e munizioni venivano trasportate illegalmente nel Nagorno-Karabakh.

Peraltro, i recenti commenti non sono stati i primi da parte di funzionari azerbajgiani riguardanti il corridoio di Lachin. Lo stesso Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, in precedenza aveva messo a confronto l’accordo con i collegamenti di trasporto proposti tra l’Azerbajgian occidentale e il Nakhchivan, a cui si riferisce come il “corridoio di Zangezur”. “Il corridoio di Zangezur è un obbligo dell’Armenia, a cui si è impegnata. Da due anni non tocchiamo le macchine che vanno dall’Armenia al Karabakh e viceversa attraverso la strada di Lachin”, ha detto Aliyev in un discorso a Shushi nel secondo anniversario della guerra dei 44 giorni, che aveva scatenato contro l’Artsakh alla fine del 2020. “’Ci siamo impegnati, e lo stiamo realizzando, per la libera circolazione. Anche l’Armenia si è impegnata in questo tra le regioni occidentali dell’Azerbajgian e la Repubblica autonoma di Nakhchivan. Che ci sia un collegamento stradale tra di loro. Due anni dopo, nessuno studio di fattibilità, nessun movimento, nessuna ferrovia, nessuna strada. Quanto tempo dobbiamo aspettare?”, ha detto Aliyev.

Il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan ha precedentemente accusato l’Azerbajgian di “aver inventato motivi” per chiudere il corridoio di Lachin e isolare il Nagorno-Karabakh; e di preparare un “genocidio degli Armeni del Nagorno-Karabakh”.

Parigi non può partecipare al processo di pace tra Baku e Yerevan, l’incontro del 7 dicembre non avrà luogo, ha dichiarato il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, il 25 novembre alla Conferenza internazionale “Lungo il corridoio centrale: geopolitica, sicurezza ed economia” all’università ADA University di Baku. “L’incontro a Brussel avrebbe dovuto svolgersi il 7 dicembre. Ma ieri Hikmet Hajiyev [Assistente del Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian, Capo del dipartimento per gli affari esteri dell’Amministrazione presidenziale] mi ha informato di essere stato contattato dall’ufficio di Charles Michel [Presidente del Consiglio Europeo] e gli è stato detto che il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha acconsentito all’incontro solo in caso di partecipazione del Presidente francese, Emmanuel Macron. Ciò significa che questo incontro non avrà luogo”, ha detto Aliyev.

“Meno di una settimana dopo l’incontro di Praga, il Presidente francese Macron nella sua intervista ha criticato l’Azerbajgian e ci ha accusato di ciò che non abbiamo fatto. È stata seguita da una nota risoluzione del Senato francese [Il Senato francese a quasi unanimità ha espresso sostegno per l’Armenia e la necessità di riconoscere la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh], che è assolutamente inaccettabile e offensiva”, ha detto Aliyev. Questa, ha ricordato Aliyev, è stata seguita da “un’altra risoluzione anti-azera” dell’Assemblea nazionale francese e da un “tentativo di attacco” attraverso il vertice della francofonia, che è “inaccettabile” ha detto Aliyev. Ha anche affermato che la parte azera ha il testo originale redatto dalla Francia in tandem con l’Armenia, che, secondo lui, è “pieno di accuse e insinuazioni”. “Dato tutto ciò, è chiaro che la Francia non può prendere parte al processo di pace. E non è colpa nostra, ma loro, dal momento che né gli Stati Uniti né la Russia si sono mai schierati ufficialmente. Ciò significa che la riunione del 7 dicembre non avrà luogo. E prenderemo in considerazione altre alternative. Vediamo chi fungerà da intermediario e su quale piattaforma”, ha detto Aliyev.

Armenia è pronta per un incontro con Azerbajgian il 7 dicembre, sulla base degli accordi e del formato raggiunti a Praga, ha detto il Portavoce del Ministero degli Esteri armeno, Vahan Hunanyan. Ha ricordato che il precedente incontro di Praga si è svolto in formante quadrilatera e ha aggiunto che “logicamente, il formato dell’incontro e la composizione dei partecipanti dovrebbero essere gli stessi”. I commenti arrivano dopo che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha dichiarato che l’incontro a Brussel non avrà luogo poiché l’Armenia insiste sulla partecipazione della Francia come mediatore, accusando la Francia di schierarsi con l’Armenia.

“Tutte le dichiarazioni della parte azera secondo cui la parte armena sta cercando di interrompere l’incontro e il processo di pace non hanno nulla a che fare con la realtà. La Repubblica di Armenia è pronta per l’incontro del 7 dicembre, secondo l’accordo e il formato raggiunto a Praga”, ha affermato Hunanyan. Ha aggiunto che l’Azerbajgian deve ancora rispondere alle proposte dell’Armenia su un trattato di pace, presentate il 7 novembre a Washington, durante una riunione dei Ministri degli Esteri dei due Paesi.

Il sito azero in inglese News.Az il 28 ottobre 2022 ha pubblicato una “analisi” dal titolo La “libertà dei media” in stile occidentale: chi c’è dietro la campagna anti-azerbajgiana?, a firma del caporedattore, Sig.ra Ulviyya Zulfikar. La riportiamo in una nostra traduzione dall’inglese, ad esempio come funzione l’agitprop dell’Azerbajgian, dove la libertà di espressione continua ad essere minacciata:

«I media di diversi Paesi occidentali, in particolare la Francia, hanno recentemente intensificato la pubblicazione di articoli faziosi contro l’Azerbajgian. La cosa più interessante è che il numero di tali articoli è aumentato dopo le osservazioni espresse dal Presidente francese Emmanuel Macron contro l’integrità territoriale dell’Azerbaigian [in riferimento all’Artsakh/Nagorno-Karabakh].
Basta dare uno sguardo ad alcuni articoli per vedere l’uso di tesi generali contro l’Azerbajgian e la ripetizione a pappagallo delle stesse accuse calunniose. Tali articoli indicano che molti elementi dei media occidentali, che si definiscono “liberi”, sono controllati da un unico centro.
Non c’è dubbio che questo centro abbia stretti legami con la lobby armena e che il centro parli dalla posizione armena contro l’AzerbaJgian ed esprima opinioni che sono state memorizzate per anni e che sono state ripetutamente ripetute di recente. Allo stesso tempo, le osservazioni filo-armene espresse da Macron, che sono inaccettabili per il Paese co-Presidente [del Gruppo di Minsk dell’OSCE], e la posizione filo-armena del Presidente francese sono deplorevoli.
Non tutti i Paesi europei appoggiano la posizione del Presidente francese, e sono interessati a stabilire una partnership strategica con l’Azerbajgian e ad approfondire ulteriormente i legami bilaterali, che è uno dei fattori che irritano gli ambienti filo-armeni. E chi prenderà sul serio le loro sporche accuse? Quale sarà la risposta quando la diaspora armena chiederà ai suoi burattini i soldi spesi? Per questo motivo, questi circoli, comprese le stesse organizzazioni della diaspora, hanno iniziato ad agire in preda al panico. Il fatto che la Francia sia la patria della più grande lobby armena non è un segreto nemmeno per i Francesi.
Dopo la sua partecipazione al vertice quadrilatero tenutosi a Praga il 6 ottobre con la partecipazione del Presidente azero, Ilham Aliyev, e del Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, il Presidente francese, Emmanuel Macron, ha iniziato ad agire pienamente contro i processi di pace in corso. Macron ha tratto una conclusione sedicente da questo incontro e ha espresso commenti negativi. Macron ha incaricato gli elementi mediatici che lavorano per lui e ha stretti legami con la lobby armena, di cui lo stesso Presidente francese è al servizio, di pubblicare articoli a sostegno di queste tesi.
Attualmente stiamo vivendo nel periodo in cui la guerra di 44 giorni è avvenuta nel 2020. Nemmeno una volta questi elementi mediatici hanno messo in evidenza gli attacchi di missili balistici dell’Armenia contro le città dell’Azerbajgian, Ganja, Barda e Tartara al di fuori della zona delle ostilità e l’uccisione di civili, tra cui donne e bambini, a seguito di questi attacchi. Dopotutto, i media dovrebbero essere neutrali, non prevenuti. O questi valori non appartengono a questi elementi stessi?
Oggi l’Azerbajgian continua ad essere un partner energetico dell’Europa e questo processo si sta approfondendo. Quale Paese occidentale che si rispetti vorrà cooperare con una comunità che si perde nelle sue calunnie e spende soldi sporchi nelle sue campagne diffamatorie quando c’è l’opportunità di cooperare con un Paese che tende allo sviluppo sostenibile, promette sviluppi positivi e ha un futuro radioso? Certo, escludendo chi non ha reputazione nei propri Paesi e ha bisogno del sostegno della lobby armena per le elezioni».

Nonostante le posizioni opposte delle parti nel conflitto del Nagorno-Karabakh, l’Artsakh è propenso a continuare il processo negoziale sotto gli auspici del Gruppo di Minsk dell’OSCE, ha affermato il Presidente del parlamento dell’Artsakh, Artur Tovmasyan, durante una conferenza dedicata alla questione dell’Artsakh. “Oggi, quando lo Stato dell’Artsakh è in pericolo, anche la prospettiva dell’esercizio del diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh è affiancata alla risoluzione finale del conflitto. La nostra posizione dovrebbe essere percepibile anche per i Paesi che perseguono i propri interessi regionali nel Caucaso meridionale. La comunità internazionale deve rispettare la richiesta degli Armeni dell’Artsakh in quanto è conforme ai principi e alle norme fondamentali del diritto internazionale”, ha affermato Tovmasyan. La risoluzione del conflitto, la pace duratura e stabile nella regione, ha affermato Tovmasyan, sono impossibili senza la conservazione del patrimonio culturale e religioso armeno nei territori che sono passati sotto l’occupazione azerbajgiana, nonché senza l’organizzazione del monitoraggio con tutte le possibili mezzi per prevenire gli atti commessi finalizzati alla pulizia etnica degli Armeni. “Fino ad oggi, l’Azerbajgian, in violazione delle disposizioni della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, sta conducendo regolarmente atti aggressivi contro l’Artsakh, che sono definiti come manifestazione di armenofobia, e anche come manifestazione insidiosa di violazione della pace e della stabilità nella regione e in particolare la neutralizzazione della missione di mantenimento della pace. Continueremo i nostri sforzi per la protezione dei risultati della guerra di liberazione dell’Artsakh condotta per l’autodeterminazione e la sicurezza del popolo dell’Artsakh, per raggiungere una soluzione pacifica ed equa della questione”, ha affermato Tovmasyan. Ha detto che in questo momento il compito chiave è garantire la sicurezza affidabile del Paese. “Sottolineo in particolare l’atteggiamento e le misure concrete intraprese dalla Russia su questa questione”, ha affermato Tovmasyan.

L’Istituto Lemkin sostiene il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh

L’Istituto Lemkin ha espresso la sua solidarietà e il suo sostegno al popolo della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, che si è presentato a Stepanakert il 30 ottobre in numeri storici per manifestare per l’autodeterminazione [QUI].

L’Istituto Lemkin per la prevenzione del genocidio è cresciuto dal Progetto Iraq per la prevenzione e la responsabilità del genocidio, lanciato nel 2017 per affrontare la necessità di sviluppare capacità a lungo termine nella prevenzione del genocidio in Iraq. Sulla scia dei genocidi dell’ISIS, l’Istituto ha visto un enorme interesse di base nel porre fine al ciclo di violenza e promuovere una pace duratura. Ora sta portando quel lavoro su base globale.

L’Istituto Lemkin ha condannato il Presidente azero, Ilham Aliyev, e il suo governo per l’uso di “retorica intrinsecamente genocida” durante i discorsi del Giorno della Vittoria. “Condanniamo il Presisente Ilham Aliyev e l’uso da parte del governo azero della retorica intrinsecamente genocida durante i discorsi del Giorno della Vittoria”, si legge in una dichiarazione dell’11 novembre 2022. “Gli eufemismi tentano di mascherare la retorica e l’intento genocida. Chiediamo alla comunità internazionale di condannare questa retorica e proteggere gli armeni”, ha affermato l’Istituto Lemkin.

In un comunicato del 25 novembre 2022, l’Istituto Lemkin ricorda che l’Artsakh è abitato da una popolazione a maggioranza armena da migliaia di anni. Le menzioni di Armeni nella regione risalgono almeno al VI secolo a.C. L’Istituto Lemkin ha presentato brevemente la storia della regione e delle guerre in Artsakh.

“Al centro di questo conflitto ci sono due fattori che sono comuni negli scenari di genocidio: l’indebolimento di uno o più gruppi attraverso il genocidio e la continua impunità (e l’ideologia del genocidio) dei gruppi di autori. In questo caso, abbiamo, da un lato, le conseguenze del genocidio armeno nella regione, che ha completamente sradicato la presenza armena nell’Armenia occidentale (l’odierna Turchia orientale) e ridotto sostanzialmente la capacità di combattimento e l’influenza politica degli Armeni nel Caucaso dalla fine degli anni ’10 e l’inizio degli anni ’20. D’altra parte, abbiamo lo sviluppo del nazionalismo azero come fenomeno anti-armeno e l’ostilità genocida continua e incontrollata dei nazionalisti azeri nei confronti degli Armeni. Nessuno di questi problemi dovrebbe essere ignorato dalla comunità internazionale nella costruzione della politica nei confronti della regione”, si legge nella dichiarazione.

L’Istituto Lemkin afferma che “sembra esserci l’errata percezione tra molti membri della comunità internazionale che l’Artsakh dovrebbe semplicemente essere ‘rinunciato’, consegnato all’Azerbajgian a causa delle perdite territoriali subite dagli Armeni nel 2020”.

“In effetti, molti governi occidentali sembrano promuovere politiche che porteranno al controllo dell’Azerbajgian sull’Artsakh in nome della ‘pace’ e della ‘prosperità’, due termini ripetutamente usati dai funzionari statunitensi in un’audizione del 16 novembre alla Commissione per le relazioni estere del Senato su ’Valutare la politica degli Stati Uniti nel Caucaso’. All’origine di questa visione occidentale c’è, ancora una volta, il desiderio di compiacere la Turchia e di ottenere l’accesso al petrolio del Caucaso oltre che a posizioni strategiche in Asia centrale. Una tale visione nega il legittimo diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh e rischia la collusione con uno stato genocida”.

Il comunicato sottolinea che “ciò che il mondo occidentale, e in particolare la NATO, non riesce a capire è che ‘rinunciare’ all’Artsakh significherebbe condonare al genocidio gli Armeni: lo sfollamento forzato e la persecuzione degli Armeni, diffusi crimini di atrocità, distruzione del patrimonio culturale e una delle più grandi crisi umanitarie nella regione del Caucaso negli ultimi decenni, ha comportato un enorme afflusso di rifugiati verso l’Armenia vera e propria”.

“È importante sottolineare che, date le attuali bandiere rosse per il genocidio in Turchia e in Azerbajgian, nonché ciò che sappiamo del processo di genocidio in generale, è inverosimile che la ‘rinuncia’ all’Artsakh metta fine al conflitto nella regione, tanto meno al raggiungimento della ‘pace’ e della ‘prosperità’. I progetti di genocidio dell’Azerbajgian e del suo alleato forte, la Turchia, assicurano quasi che l’aggressione contro il territorio armeno continui. L’odio anti-armeno promosso da entrambi i Paesi, e in particolare dal regime di Aliyev, non si placherà con lo spopolamento dell’Artsakh”, si legge nella dichiarazione.

L’Istituto Lemkin rileva che lo spopolamento dell’Artsakh dovrebbe essere visto come l’inizio di una spinta molto più ampia per cancellare una volta per tutte la presenza armena dalla regione.

“Il popolo dell’Artsakh merita che le sue richieste di autodeterminazione siano ascoltate e prese sul serio dalla comunità internazionale”, afferma l’Istituto Lemkin, ricordando che il diritto all’autodeterminazione è uno dei fondamenti più importanti del sistema legale internazionale, insieme a alla sovranità e integrità territoriale degli Stati.

“Il diritto fondamentale all’autodeterminazione non dovrebbe diventare un’altra finzione legale; invece, dovrebbe essere inteso come un elemento essenziale della pace e della sicurezza internazionali durature. Inoltre, la responsabilità della comunità internazionale di proteggere i gruppi identitari è una norma essenziale che deve essere esercitata in questo caso, in cui il mondo ha la rara possibilità di prevenire il genocidio prima che inizi l’uccisione di massa”, osserva l’Istituto Lemkin.

“Solo quando questi diritti saranno pienamente protetti e rispettati, il mondo sarà in grado di mantenere le promesse tanto attese della Carta delle Nazioni Unite”, afferma l’Istituto Lemkin.
L’Istituto Lemkin chiede la creazione di una commissione internazionale indipendente per studiare le questioni coinvolte nell’Artsakh, con l’obiettivo di stabilire un esito giusto e una pace stabile.

“Non deve essere consentito all’Azerbajgian di usare la forza per rivendicare il territorio armeno e la comunità internazionale deve chiarire che difenderà vigorosamente la vita armena contro una ripresa del genocidio del 1915”, conclude la dichiarazione.

La Svizzera ha approvato aiuti per quasi 1 milione di euro per la resilienza e la ripresa economica delle comunità di confine in Armenia colpite dall’escalation militare azero nel settembre 2022

L’Agenzia svizzera per lo sviluppo e la cooperazione ha approvato un aiuto di 960.000 franchi svizzeri (975.000 euro) all’Armenia per migliorare la resilienza delle comunità di confine in situazioni di crisi. In collaborazione con il Programma Alimentare Mondiale per l’attuazione, la Svizzera fornisce un sostegno umanitario immediato ed economico a lungo termine a Gegharkunik, Vayots Dzor e Syunik con il progetto “Resilienza e ripresa economica delle comunità di confine in Armenia – REBCA”.

I recenti progressi dell’Armenia con il suo programma di riforme socio-economiche sono stati messi in discussione da fattori esterni come il COVID-19, l’aggressione militare dell’Azerbajgian del 2020 in Nagorno-Karabakh e gli shock economici esterni internazionali, in particolare dalla guerra in Ucraina.

Inoltre, a causa dell’escalation militare nel settembre 2022, sei comunità armene nelle aree confinanti con l’Azerbajgian nelle regioni di Gegharkunik, Syunik e Vayots Dzor (per un totale di 133 insediamenti e 133.165 persone) sono direttamente colpite, anche in termini di mezzi di sussistenza economica e sicurezza alimentare.

Il progetto umanitario REBCA della durata di 12 mesi proteggerà e ripristinerà i mezzi di sussistenza delle persone che vivono nelle zone di confine in Armenia e fornirà mezzi economici per migliorare la resilienza alle situazioni di crisi. Il progetto si rivolge a 15 insediamenti di confine colpiti dal conflitto delle comunità allargate di Vardenis (Gegharkunik), Sisian (Syunik) e Jermuk (Vayots Dzor) rispondendo direttamente ai bisogni di oltre 1.000 famiglie.

Il progetto REBCA, finanziato dalla Svizzera, è ideato e realizzato congiuntamente dal Programma Alimentare Mondiale con il coinvolgimento di World Vision Armenia, Child Development Foundation e Strategic Development Agency, ciascuno responsabile di specifici interventi nei campi di competenza necessari. Il progetto sarà sostenuto anche dal Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali della Repubblica d’Armenia, dal Ministero dell’Amministrazione Territoriale e delle Infrastrutture della Repubblica di Armenia e dalle autorità locali delle regioni interessate.

Una caratteristica importante del progetto è la combinazione di una risposta umanitaria immediata con gli sforzi per la ripresa economica e la crescita a lungo termine. In collaborazione con i suoi subappaltatori, il Programma Alimentare Mondiale fornirà assistenza in denaro, sostegno al lavoro sociale, sviluppo delle risorse e delle capacità delle comunità locali, sostegno alle attività agricole e promozione del lavoro.

Il progetto REBCA traduce in azione i principi e gli obiettivi della politica estera e della cooperazione allo sviluppo della Svizzera. Con il suo programma di cooperazione svizzera per il Caucaso meridionale 2022 – 2025, la Svizzera sostiene la transizione dell’Armenia verso un’economia di mercato e uno sviluppo economico inclusivo. REBCA è un’altra espressione di una lunga tradizione di aiuto umanitario svizzero all’Armenia nel momento del bisogno, iniziata con il terremoto di Spitak del 1988.

Inoltre, l’intervento REBCA si inserisce nell’iniziativa Team Europe “Together for Syunik” lanciata all’inizio di novembre 2022 dalla delegazione dell’Unione Europea e da cinque Stati membri dell’Unione Europea, dalla Banca europea per gli investimenti e dalla Svizzera in qualità di partner esterno.

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