Meic: riprendiamoci la democrazia

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Nel fine settimana, appena concluso, il MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) ha svolto la sua assemblea annuale sullo stato del sistema politico italiano. Il presidente Renato Balduzzi ha aperto i lavori, lanciando un severo allarme sullo stato di salute del sistema politico italiano. “Una sana convivenza civile è quella in cui le leggi sono l’espressione di una giustizia al servizio di tutti e non il prodotto della pretesa di essere nel diritto solo perché si detiene il potere su di esso”, ha detto Balduzzi parafrasando un celebre discorso del 2004 dell’allora cardinale Ratzinger.

La proposta del Meic è quella di “un nuovo Patto per la cittadinanza sociale, che interessi, con il coinvolgimento dei poteri locali, tutti i residenti sul nostro territorio nazionale, nativi e migranti”. Balduzzi ha affrontato anche il tema della crisi economica e dei tagli all’istruzione e alla spesa pubblica: “Nella scuola, nella sanità, nell’università, nei servizi sociali, questo dovrebbe essere il tempo favorevole per investimenti mirati e convinti piuttosto che quello di tagli alla cieca”. L’impegno degli intellettuali cattolici del Meic, conclude il presidente, è per il dialogo: “Mondi e persone che un tempo avremmo considerato irrimediabilmente lontani rivelano una crescente disponibilità al confronto. Il tempo che stiamo vivendo ci sembra, per la Chiesa che è in Italia, un tempo propizio per aprire, non per chiudere. Chiudere significa cadere nella trappola di chi ha bisogno, a causa di un’identità personale sempre meno credibile, di inventarsi un avversario altrettanto intollerabile. Invece, c’è una domanda di persone che non proclamino come valori ciò che poi concretamente negano, ma che sappiano umilmente tenere insieme fede e ragione”.

Tre giorni intensi di dibattito, che ha visto come relatori il presidente del Comitato nazionale di bioetica Francesco Paolo Casavola, dell’economista Lorenzo Caselli, dell’urbanista Luigi Fusco Girard, del filosofo Marco Ivaldo e di ben cinque vescovi: Agostino Superbo, vescovo di Potenza e vicepresidente della Cei, Domenico Sigalini, assistente generale dell’Azione cattolica e vescovo di Palestrina, Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, Ignazio Sanna, arcivescovo di Oristano e Ferdinando Charrier, vescovo emerito di Alessandria e la concelebrazione della S. Messa del presidente della CEI, mons. Mariano Crociata, che nell’omelia ha affermato: “Il compito più difficile è sempre quello del giudizio sobrio, della spiritualità solida ed equilibrata, della tensione morale sostenuta dalla relazione personale con Cristo che diventa conversione continua. La comprensione della Chiesa nella luce di Cristo, il cammino di crescita e di conversione come costitutivo dell’esistenza cristiana, l’inseparabilità di verità e carità, di conoscenza di Cristo e di sequela di Lui, il senso della precarietà dell’esistenza, dell’incombere del giudizio, ma anche la fiduciosa sequela di Cristo: tutto questo è chiamato a diventare fermento di vita cristiana personale e comunitaria, e proprio per ciò costante e fattore costitutivo di una cultura cristianamente animata, nella sua elaborazione più consapevole, ma non meno anche nella sua forma più diffusa e divulgata”.

Negli incontri di gruppo l’arcivescovo Agostino Superbo, vicepresidente della Cei, ha ribadito che: “I cristiani devono amare la loro città, ha detto il presule, che ha coordinato il gruppo sulla cittadinanza, ha spiegato che “è nella città che vivono l’uomo e la Chiesa, qui dobbiamo portare il contributo dei nostri valori senza cadere nel relativismo ma nemmeno nel fondamentalismo: sono entrambi delle pericolose scorciatoie”. Per l’altro coordinatore, il filosofo morale Marco Ivaldo, bisogna “collegare la formazione della cittadinanza a un processo partecipativo dal basso, una democrazia partecipativa per contrastare il populismo”. Francesco Paolo Casavola, presidente del Comitato nazionale di bioetica, ha parlato della necessità di “un nuovo umanesimo per andare oltre le rivendicazioni e lo strapotere delle tecnoscienza”. Per l’arcivescovo Ignazio Sanna, membro della Commissione teologica internazionale, che ha guidato con Casavola il gruppo sulla bioetica, “oggi sarebbe opportuno dare meno precetti e più responsabilità, facendo attenzione a non scollegare il concetto di persona da quello di uomo”. Inoltre tra le mozioni approvate nell’ultima giornata, una boccia senza appello i decreti Gelmini: “I contenuti non sembrano essere il frutto di un chiaro e coerente disegno pedagogico”, si legge nel testo approvato, e “non manifestano alcuna finalità educativa, salvo che si consideri l’educazione come equivalente ad una più dura disciplina, e la valutazione degli studenti come identica ad una semplice assegnazione di voti numerici”. Un ‘no’ deciso anche ai tagli (“spendere meno non è spendere meglio”) e alle classi-ponte per immigrati (“condurrebbero a risultati opposti rispetto all’obiettivo dell’integrazione e della cittadinanza”).

Il Meic chiede perciò il ritiro immediato dei decreti e la loro trasformazione “in un disegno di legge da sottoporre alla discussione del Parlamento e ad un ampio dibattito nella scuola e nella società civile” senza consultare le quali le riforme non sono possibili. Una seconda mozione chiede più diritti per ‘i nuovi cittadini’, gli stranieri presenti nel nostro paese: possibilità del voto alle elezioni locali, acquisizione semplificata della cittadinanza, sollecitando un “ripensamento dell’identità nazionale non solo come eredità del passato, bensì come progetto rivolto al futuro e capace di includere quanti vivono e lavorano nel nostro Paese, realizzando per tutti un equilibrato sistema di diritti e di doveri”. In chiusura via libera anche a un terzo testo, dedicato al rilancio del Sud e promozione di una cultura della legalità. Infine il documento conclusivo ribadisce l’impegno del cattolico nella società: “Per un laico cattolico il mutuo apprendimento comporta sia rendere a Cesare ciò che gli appartiene, per poter affermare liberamente il primato dello spirituale, il primato di Dio, sia anche sapere che le istanze della fede entrano legittimamente nella discussione pubblica in uno Stato laico attraverso una mediazione culturale, che porti a soluzioni ‘giuste’, in quanto tengono conto della pari dignità dei soggetti in relazione, di ciò che a ciascuno va riconosciuto, della necessità di tutelare sempre e comunque le parti più deboli”.

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