Papa Francesco e la questione delle élite

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.11.2022 – Andrea Gagliarducci] – In Bahrein, a conclusione del Forum del Bahrein per il dialogo: Oriente e Occidente per la convivenza umana [QUI], Papa Francesco ha ribadito la sua nozione di Chiesa e popolo che si impegnano nel dialogo e nella resilienza e che si oppone ai “potenti che si prendono cura dei propri interessi”.

Il tema dei potenti e quello delle élite sono temi centrali nella predicazione di Papa Francesco. Visitando l’Università di Roma Tre il 17 febbraio 2017 [QUI], Papa Francesco ha puntato il dito contro la cosiddetta educazione elitaria, sostenendo invece l’educazione popolare. E anche, il Patto Educativo Globale varato dal Papa alla vigilia della pandemia mira, in fondo, a creare nuovi percorsi educativi.

Il mondo di Papa Francesco sembra essere molto chiaro: da una parte ci sono i potenti, quelli che prendono le decisioni; dall’altra c’è il popolo, chiamato a resistere, a diventare gruppo, a creare l’antidoto al bene di pochi, e a fare del bene a tutti. E ancora: da una parte ci sono le élite, che si chiudono in se stesse, che perpetuano il loro potere, e che creano una distanza con i poveri, poco istruiti, fuori dai circuiti decisionali, emarginati anche nell’accesso alle risorse.

Quella che Papa Francesco propone nei suoi discorsi sembra essere una gigantesca lotta di classe in cui la Chiesa è ovviamente dalla parte dei poveri. Lo stesso Bergoglio, durante la dittatura argentina, disse che alcuni principi della Dottrina Sociale della Chiesa potevano facilmente sembrare leninisti o trotzkista. Eppure, erano i principi dei Padri della Chiesa.

La visione del mondo di Papa Francesco, tuttavia, sembra essere un fondamentale cambio di paradigma nella storia della Chiesa Cattolica. Il motivo è diverso da quello che potresti pensare.

Nel corso della sua storia, la Chiesa ha sempre difeso i poveri, gli orfani e le vedove (queste sono le categorie bibliche) sulla base del fatto che siamo tutti fratelli e tutti figli dello stesso Padre. Tuttavia, c’era un altro principio guida dato dal Vangelo stesso: “Dare a Cesare ciò che è di Cesare”.

In altre parole, la Chiesa non mira a una trasformazione politica della società. Invece, punta alla conversione dei cuori e a partire da quella conversione per creare una società più giusta, più adatta a Dio, più fondata sullo sviluppo umano integrale.

Non era un percorso liscio ma accidentato. Dovevamo uscire dalla mentalità del tempo e creare una nuova civiltà. Era un lavoro sulla cultura, che era accompagnato dal lavoro religioso. Come ha detto Benedetto XVI nel suo memorabile discorso il 12 settembre 2008 al Collège des Bernardins di Parigi [QUI], i monaci benedettini che hanno plasmato, formato e creato la civiltà europea, hanno fatto cultura ma mossi da un unico principio: quaerere Deum, cercare Dio.

Nella visione di Papa Francesco, però, tutto sembra diventare più pragmatico e, in qualche modo, politico. Nell’opzione preferenziale per i poveri, che è sempre stata alla base dell’attività della Chiesa, vede anche un atto politico concreto, quasi rivoluzionario.

Tuttavia, il divario tra potenti e non potenti rimane. Quindi, invece, l’obiettivo è ribaltare gli equilibri per mettere al primo posto i poveri. Anche in questo caso il modello è quello del Magnificat: «Ha rovesciato i potenti dai loro troni. Ha esaltato gli umili» (Lc 1,52).

Ma questa elevazione non era intesa come scambio di posizioni di potere, ma come rinnovata dignità accordata a tutti.

Mentre Papa Francesco sostiene che è necessario un rinnovamento spirituale e una conversione dei cuori, e si sofferma sul concetto ignaziano di “corruzione”, che è prima di tutto corruzione dell’anima, in realtà sembra promuovere un mondo in cui i poveri rimarrà povero. I ricchi rimarranno ricchi, il che dipende solo dalla dignità loro data.

La Chiesa Cattolica invece ha lavorato non perché non esistessero élite o in opposizione alle élite, ma per formare élite. La formazione nelle scuole cattoliche, aperte a studenti di tutte le fedi, è sempre stata considerata di altissimo livello.

Non solo. Partendo dal concetto della dignità della persona umana, la Chiesa ha fondato ospedali e diffuso una cultura della cura dei malati prima praticamente inesistente.

Lo dimostrano i numeri, diffusi in occasione della Giornata Missionaria Mondiale: la Chiesa gestisce nel mondo 72.785 scuole materne frequentati da 7.510.632 alunni, 99.668 scuole primarie per 34.614.488 alunni, e 49.437 scuole secondarie per 19.252.704 alunni. Supervisiona inoltre l’istruzione di 2.403.787 alunni delle scuole superiori e 3.771.946 studenti universitari.

Le istituzioni sanitarie, di beneficenza e di assistenza gestite dalla Chiesa in tutto il mondo includono 5.322 ospedali, 14.415 dispensari, 534 lebbrosari, 15.204 case per anziani, malati cronici e portatori di handicap, 9.230 orfanotrofi, 10.441 asili nido, 10.362 centri di consulenza matrimoniale, 3.137 centri di educazione o rieducazione sociale e 34.291 altre istituzioni.

Tutto racconta una storia che non mira a mettere i potenti contro i poveri, ma a dare forza ai poveri. Creare un mondo di uguali e farlo al rialzo. Non dando assistenza ai poveri ma rendendoli ricchi. Non opponendo potere ma creando nuovo potere.

Papa Francesco intende fare questo, e lo dice apertamente. Ma poi la narrazione che porta avanti, che rivela anche una linea di pensiero, è diversa, più laica e meno impattante di quanto si possa pensare. Funziona a breve termine e funziona per i media. Ma dà l’immagine di una Chiesa che propone, non di una Chiesa al centro della storia. E non si tratta di mantenere la rilevanza. Si tratta di avere una certa dignità nel mondo. La diplomazia fluida, la centralizzazione delle decisioni sul Papa e l’uso personalista di determinate circostanze mostrano una Chiesa che vuole avere voce nel mondo, qualunque esso sia.

Quella che Papa Francesco mostra è una visione un po’ pessimistica, forse, e indubbiamente pragmatica. Ma questo stesso pragmatismo è un cambio di paradigma da definire.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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