Il governo “degli affari correnti” non trova i soldi per le bollette delle famiglie, ma per armi in Ucraina sì e per l’agenda arcobaleno del gender pure

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.10.2022 – Vik van Brantegem] – Il Ministro della Famiglia e delle Pari Opportunità del Governo Draghi, Elena Bonetti, annuncia che in extremis verrà varato il piano nazionale Lgbt+ [QUI], una specie di legge Zan che – come avevamo previsto – cacciata dalla porta, si fa rientrare dalla finestra, anche se hanno perso le elezioni e sono minoritari nel Paese. Da sempre vicina all’area cattolica, in particolare dello scoutismo, sin dal suo impegno in politica ha sostenuto incondizionatamente – prima nel Partito Democratico e poi in Italia Viva – le posizioni politiche di Matteo Renzi. Si era dichiarata favorevole alla proposta di legge Zan [QUI].

Alle elezioni politiche anticipate del 25 settembre 2022, Bonetti viene candidata nella lista Azione – Italia Viva per la Camera dei deputati nel collegio uninominale di Roma 1 oltreché come capolista in tre collegi plurinominali del Veneto e in quello della Sardegna. All’uninominale arriva terza con il 16% dietro a Paolo Ciani del centro-sinistra (38,4%) e Maria Spena del centro-destra (30,76%). Tuttavia verrà eletta al plurinominale Veneto 2 – 02.

Stiamo andando verso l’abisso economico, con il crescente pericolo atomico e questi ideologi del gender minoritari si occupano della “Strategia nazionale Lgbt+” inutili e pericolosi. E questo mentre nel 2020 le segnalazioni per atti discriminatori a danno di persone omosessuali sono state 61 e a danno di persone transessuali sono 8. Il percepito collettivo invece crede che i gay e i trans siano presi a sprangate a centinaia ogni giorno.

Sul caso condividiamo l’articolo di oggi da La Nuova Bussola Quotidiana, a firma di Tommaso Scandroglio, chesottolinea che il trend delle discriminazioni a motivo religioso è in crescita negli ultimi anni, quelle a motivo dell’orientamento sessuale invece in decrescita nell’ultimo anno. Forse sarebbe bene redigere una Strategia di tutela del sentimento religioso.

Intanto, è arrivato il Tweet delirante della Monica Cirinnà, che dopo la visita alla cuccia del suo cane risparmiatore scrive: “Il Pres. Mattarella non le ha ancora affidato l’incarico e già il partito di Giorgia Meloni pensa a mettere le mani sui provvedimenti contro le discriminazioni alle persone LGBT+ nelle scuole, mondo del lavoro e mezzi di comunicazione L’opposizione farà il suo lavoro”. Scendendo in piazza contro un Governo che ancora non esiste, che è il sommo male perché non ne fanno parte. Ricordiamo che alle elezioni politiche anticipate del 25 dicembre 2022 è candidata al Senato per il centrosinistra nel collegio uninominale Lazio – 04 (Roma Municipio VII), ma ottiene solo il 30,94% ed è sconfitta dalla candidata del centrodestra Ester Mieli (37,49%), non venendo dunque rieletta.

Tra le novità, viene introdotto il congedo parentale per i genitori dello stesso sesso, incentivi alle aziende che assumono transgender e il doppio libretto universitario sempre per le persone transgender. Vengono introdotte anche misure di contrasto agli effetti negativi dei cossiddetti “trattamenti di conversione” per i minori Lgbt. Con i complimenti della Bonetti e della Cirinnà, se non arrivate a pagare le bollette, potete cambiare sesso.

Spunta il piano Lgbt, la freccia avvelenata del Governo Draghi
di Tommaso Scandroglio
La Nuova Bussola Quotidiana, 8 ottobre 2022


Il Ministro Elena Bonetti annuncia su Repubblica l’imminente adozione della «nuova Strategia nazionale Lgbt+». Poi disinforma a proposito di discriminazioni, ignorando che le indagini esistono già e non sottolineano alcuna emergenza. È clamoroso il tentativo del Governo Draghi, ormai agli sgoccioli, di far passare l’indottrinamento arcobaleno. Al nuovo esecutivo il compito di stopparlo.

Il Ministro della Famiglia e delle Pari opportunità Elena Bonetti fa sapere, tramite intervista a Repubblica, che a brevissimo verrà approvata la “nuova Strategia nazionale Lgbt+, un piano articolato in azioni concrete per prevenire e contrastare le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere”. Questo piano esiste da tempo – e da tempo la Bussola ne parla – e viene rinnovato ogni tre anni in ossequio ai diktat europei. La Strategia, spiega il ministro, “individua le priorità in sei ambiti: lavoro, sicurezza, salute, educazione e sport, cultura e media, monitoraggio e valutazione. E indica azioni sistemiche da sviluppare. Ad esempio diffondere una cultura del lavoro che si fondi su diversity e inclusion, favorendo pratiche a livello aziendale che migliorino le condizioni lavorative. Promuovere il diversity management non solo nelle grandi aziende ma nelle realtà più piccole e anche nella Pa. Contrastare le discriminazioni dei giovani a scuola. Proteggere la salute, anche psicologica, accompagnando le persone transessuali nella fase della transizione, promuovere anche buone pratiche per le strutture penitenziarie”.

Tradotto significa che il governo diventa strumento di diffusione dell’agenda Lgbt, spingendo ancor di più all’indottrinamento di bambini e ragazzi secondo le coordinate del credo arcobaleno nelle scuole, formando gli operatori dei media e i datori di lavoro riguardo al corretto uso della neolingua Lgbt, trasformando la tutela delle persone omo e trans in corsie preferenziali in campo professionale e qualificando queste ultime come categorie di soggetti intoccabili.

Curioso poi che la Bonetti aggiunga: “Per la prima volta, inoltre, ci sarà un’indagine statistica che individui le discriminazioni”. Verrebbe da domandare: allora su quale base di dati reali tutti gridano alle discriminazioni a danno di persone omosessuali e transessuali? Se non abbiamo evidenze scientifiche perché mettere in piedi questo piano strategico? Abbiamo certezza che le discriminazioni esistano e siano molte oppure lo presumiamo? E quindi, perché curare se non sappiamo nemmeno se c’è la malattia?

In realtà le indagini sociologiche in questo campo ci sono da tempo e non evidenziano nessuna emergenza. Una di queste addirittura era citata proprio nel piano strategico Lgbt del 2013-2105: il Contact Center dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Unar) aveva allora individuato 144 casi di discriminazione per motivi legati all’orientamento sessuale nel 2012 (p. 5). Si è arrivati a questo numero perché, dato che nessuno chiamava, nella “maggior parte le istruttorie vengono aperte direttamente dall’Ufficio”.

Dicevamo che le indagini ci sono eccome. Per autorevolezza basta riferirsi al Monitoraggio dei crimini d’odio del 31 dicembre 2021 dell’Osservatorio per la Sicurezza degli Atti Discriminatori (Oscad) che fa capo al Ministero dell’Interno. Il report ci segnala che nel 2020 le segnalazioni per atti discriminatori a danno di persone omosessuali sono state 61, e a danno di persone transessuali sono 8: il percepito collettivo invece crede che i gay e i trans siano presi a sprangate a centinaia ogni giorno. Inoltre sono solo segnalazioni, ossia non tutte le segnalazioni corrispondono a reati veri e propri. C’è da aggiungere che nelle segnalazioni viene ricompresa anche la voce “incitamento alla violenza”, che è la principale, espressione assai generica e onnicomprensiva: anche il presente articolo potrebbe venire considerato “incitamento alla violenza” da parte di qualche attivista gay e così essere segnalato all’Oscad.

Inoltre, è da sottolineare che il trend delle discriminazioni a motivo religioso è in crescita negli ultimi anni, quelle a motivo dell’orientamento sessuale invece in decrescita nell’ultimo anno. Forse sarebbe bene redigere una Strategia di tutela del sentimento religioso. È quasi poi superfluo ricordare che gli strumenti penali e di carattere amministrativo per tutelare le persone omo e trans ci sono anch’essi da tempo e sono efficaci.

La Bonetti inoltre tiene a precisare che questo documento “nasce da un metodo di condivisione tra ministeri competenti, enti locali e 60 associazioni”. Peccato che l’orientamento di queste associazioni sia a senso unico. Nessuna associazione pro-family è presente. Viene poi da pensare che se abbiamo da tempo questa Strategia Lgbt che serve a tutelare le persone omosessuali e transessuali, il Ddl Zan dovrebbe essere inutile. E invece no. Secondo il ministro questo piano “non elimina la necessità di una legge che dia più tutela in ambito penale alle vittime di violenza omotransfobica”. Insomma il mondo non sarà mai abbastanza arcobaleno.

Un lettore di Repubblica ha così commentato l’intervista: “Incendiano i pozzi prima di andarsene?”. Infatti l’approvazione probabile di questo piano in zona Cesarini, poco prima dell’insediamento del nuovo governo, sembra proprio corrispondere all’intento di far più danni possibili prima che arrivi la Meloni. Occorre bruciare il villaggio prima che sia preso dal nemico, lanciarsi in un ultimo tentativo per avvelenare le fonti da cui dovranno bere gli Italiani per i prossimi anni. Naturalmente la Bonetti si appella all’Europa affinché il nuovo premier faccia i compiti a casa: “La strategia è triennale, ci viene chiesta dall’Europa anche ai fini di finanziamenti per progetti specifici, per i quali è vincolante. Sarà responsabilità del prossimo esecutivo rispettarla o meno”. Speriamo proprio che la Meloni non voglia aprire questo pacco bomba e lasciare la Strategia Lgbt lettera morta.

Gandolfini (Family Day): il Governo Draghi vara in extremis un ddl Zan mascherato. Il nuovo governo non segua direttive ideologiche già bocciate dagli elettori

Un governo uscente, mai votato da nessuno, non ha la competenza per assumere impegni per i prossimi tre anni sui temi sensibili affrontati dalla  Strategia Nazionale LGBT+ 2022-2025, approvata lo scorso 5 ottobre. Il testo è un ddl Zan mascherato, che parte dal presupposto che gli italiani siano un popolo omofobo da rieducare e che assume per buone tutte le controverse teorie propugnate dalle associazioni LGBT più radicali – che partecipano a un tavolo di ascolto nazionale – che non hanno mai nascosto sia di battersi per la legalizzazione di pratiche come l’utero in affitto e l’eterologa per tutti e per l’introduzione della carriera Alias nelle scuole di ogni ordine e grado.

Il testo ha molti aspetti liberticidi poiché pianifica l’ingerenza nel campo educativo, medico-scientifico e in quello dei media tramite “la formazione dei produttori di cultura”. C’è il serio rischio che un giornalista non possa più dire, salvo essere accusato di omofobia, che un bambino ha il diritto a non essere venduto tramite la maternità surrogata, che ha bisogno di un padre e una madre e che non deve essere esposto a strampalate teorie gender che indicano, anche ai bambini molto piccoli, più di 50 generi di riferimento a cui aderire.

Molti sono i punti controversi di una strategia che entra nelle scuole, nelle istituzioni e anche nei posti di lavoro senza essere passata per il parlamento. Il ddl Zan è stato bocciato anche da una parte della sinistra proprio per i suoi aspetti più liberticidi e per la distruzione del concetto di sesso biologico, criticata dalle femministe. Farlo rientrare dalla finestra a legislatura ormai chiusa è un atto meschino e anti-democratico che non rispetta il volere degli elettori che hanno punito le forze che hanno fatto di questi temi la loro bandiera. Ribadiamo che ci sono già tutti gli strumenti giuridici per colpire chi usa violenza e discriminazioni contro gli omosessuali e questi vanno implementati con la massima severità contro chi ancora discrimina in base all’orientamento sessuale. Altra cosa è imporre una visione ideologica della famiglia e relativizzare l’identità sessuata biologica tramite iniziative dettate dalle associazioni LGBT. Tutto questo è già stato bocciato dagli elettori che hanno dato bel altro mandato al prossimo Governo Meloni.

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