Continua l’invasione dell’ideologia gender nei cartoni animati

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Dopo la Disney e Pixar anche Netflix si allinea nell’opera di indottrinamento dei bambini all’ideologia gender.

Dopo il clamore suscitato dal film di animazione prodotto dalla Pixar e la Disney Lightyear, lungometraggio che narra le origini di Buzz il simpatico robot co-protagonista della serie Toy Story, in cui appare una storia d’amore lesbico con tanto di bacio e di parto (con inseminazione artificiale), un altro cartone caro ai più piccoli si inchina ai diktat del pensiero gay.

Si tratta della fortunata serie per bambini Jurassic World: Camp Cretaceous prodotta da Netflix dove, nella quarta e ultima stagione, si offre al pubblico dei piccoli un bacio tra due ragazze, in particolare tra «due protagoniste queer» Yaz e Sammy.

Le due ragazze in questione fanno parte del gruppo di sei ragazzini (inequivocabilmente tre maschi e tre femmine) rimasti intrappolati nel parco d’avventura assieme a enormi e affamati dinosauri. I sei, ognuno col suo carattere e le sue peculiarità ben definite fin dalle prime puntate, riescono ad affrontare le pericolose avventure, a superare gli attriti e a scoprire numerosi misteri grazie alla loro capacità di lavorare assieme, di formare un gruppo affiatato, di sfruttare al massimo ognuno le proprie capacità mettendo da parte orgoglio e rivalità per aiutarsi a vicenda.

Una storia ben costruita capace di intrattenere i bambini offrendo, oltre al divertimento, anche qualche buon insegnamento. Peccato però che i produttori abbiano pensato di adeguarsi al pensiero omnicomprensivo politicamente corretto che vuole che fin da piccoli si venga iniziati, tramite ogni mezzo, all’omosessualità. Così con la scusa dell’accettazione e del rispetto le differenze ci si adopera per normalizzare ogni tipo di comportamento e di passione.

Una vera e propria “genuflessione verso una delle lobby più potenti, ricche e ‘orgogliose’ del Pianeta” – denuncia in un comunicato l’associazione Pro Vita & Famiglia – “Un cambio di rotta che segna l’allineamento proprio ai dettami Lgbt, seguendo l’esempio dei colleghi della Disney, che negli ultimi mesi hanno proposto sempre più personaggi e storie a sfondo omosessuale”.

Qui vale il discorso, e i discorsi, fatti riguardo all’inserimento nei programmi scolastici di corsi che presentino (in realtà promuovendolo) il tema dell’omosessualità. Un discorso che più volte si è fatto senza che dall’altra parte sembri esserci la volontà di ascoltare con ragionevolezza e buon senso. È ragionevole pensare che in nessuna famiglia si insegni ai figli a disprezzare le differenze, a odiare i compagni per qualche comportamento o atteggiamento e a discriminare coloro che la pensano diversamente. Se succedesse si tratterebbe di casi limite che potrebbero richiedere un’attenzione particolare.

Ma il fatto che si debbano rispettare le differenze (e che non sia giusto discriminare i grassi, i bassi, i timidi, i brutti, gli invalidi, gli stranieri, gli imbranati, i somari, i saputelli, i gay, i neri, i rossi, i tifosi delle altre squadre, ecc ecc) non comporta necessariamente che ogni “differenza” debba essere elogiata ed elevata al rango di modalità positiva (e superiore) di vita.

Rispetto per tutti e per tutte ma anche rispetto per chi vorrebbe rispettare i tempi e i modi di crescita dei bambini. In primo luogo i genitori, ai quali spetta la responsabilità dell’educazione dei propri figli senza che la scuola o la politica debba sostituirsi o sovrapporsi seguendo diktat del pensiero unico dominante.

Purtroppo, come spiega bene Marcello Veneziani nel suo saggio La Cappa. Per una critica del presente (Marsilio 2022), spesso dietro a queste politiche soggiace una battaglia contro la famiglia (chiamata con disprezzo “tradizionale”) mossa da un’ideologia “sexually correct” che pretende di condannare come antiquati, medievali, bigotti, rozzi e insensibili coloro che rifiutano di accettare ogni tipo di comportamento affettivo in nome del love is love.

Un’ideologia che pretende di rompere con la realtà naturale (gli innumerevoli generi a cui ognuno può aderire contro il giogo invasivo e patriarcale della sessualità binaria!!). Un ideologia dell’irrealtà (cfr. Anthony M. Esolen, Sex and the unreal city) estremamente pervadente che, dagli Stati Uniti (da dove viene il meglio e il peggio), sta dominando ed espandendosi a macchia d’olio non solo il mondo culturale ma anche (è lo scopo) le menti degli uomini e le donne di un Occidente nichilista sempre più vuoto di valori. A questo servono le giornate speciali (anzi i mesi), i corsi “anti-bullismo” (così amati dalla sinistra che domina la cultura), gli studi “scientifici” mirati, i talk show, i grandi show televisivi, i film a tema, i libri per bambini (in realtà intere case editrici), la letteratura per ragazzi (basti dare un’occhiata ai bestsellers tiktok-books) e ora anche i cartoni animati per i più piccoli. Un brutto segno per una società che si dice liberale e che eleva il principio di autodeterminazione a principio cardine della civiltà. L’indottrinamento dei più piccoli è infatti una strategia caratterizzante delle grandi dittature politiche. Questa è una dittatura del pensiero, ancora più insidiosa perché si presenta come umanitaria, tollerante e utile per un futuro più roseo. Il paradiso in terra che ciclicamente ci viene proposto.

Questo articolo è stato pubblicato ieri, 30 agosto 2022 dall’autore sul suo blog Testa del Serpente [QUI].

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