Reclinatio Capitis o Asimmetrie?

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Anzitutto a cosa ci riferiamo quando parliamo di reclinatio capitis? Sant’Agostino scriveva: «Potest in te habitare superbia et dolus; Christus non habet ubi in te habitet, ubi reclinet caput suum. Quia reclinatio capitis, humilitas Christi est. Nisi reclinaret caput, non iustificareris» (In eumdem Psalmum 90. Enarratio. Sermo 2) [1].

Il reclinatio capitis (reclinare il capo) si può riferire anche alla frase di Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». (Mt 8,20; Lc 9,58).

Ben sappiamo che alla fine Cristo trovò dove (ri)posare il capo solo sulla croce. Il Suo reclinare il capo ci ha giustificati, ma è certo anche un invito a reclinare il nostro con umiltà in segno di conversione.

Ma andiamo al concreto, perché di aspetti molto concreti, per quanto simbolici, tratteremo.

«E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: “Tutto è compiuto!”. E, chinato il capo, spirò» (Gv 19,30). Ecco che da quel momento in avanti, l’iconografia del Crocifisso, sia essa dipinta o scultorea, presenterà quasi universalmente, salvo eccezioni simboliche diverse (Cristo Re in croce o altre interpretazioni posturali), il reclinatio capitis. Il corpo esangue di Nostro Signore, appeso alla croce, il capo inevitabilmente e forse anche simbolicamente (il lato “del Padre”), reclinato sulla propria spalla destra.

Foto di Mario Barbieri.

In questi contesti non è certo difficile comprendere la presenza del reclinatio capitis, ma quello di cui trattiamo è la sua trasposizione nell’architettura e in particolare nella pianta di alcune chiese generalmente dei primi secoli. Ecco spiegato il perché del titolo “Reclinatio capitis o asimmetrie”, perché laddove questa simbologia persiste, non è difficile si sia portati a credere si tratti di asimmetrie, casualità o errori dovuti ad imperizia o altro. Cosa peraltro improbabile visto che già anticamente i maestri costruttori hanno dato prova di sorprendenti capacità e rigore.

Quindi come ritroviamo applicata questa simbologia nella pianta di una chiesa romanica se non proto-romanica?

Dobbiamo partire dalla tipologia di pianta più diffusa ed ancora molto presente se escludiamo tanti moderni stravolgimenti che forse per amore del “nuovo” e dell’originalità, hanno perso via via tutta la ricca simbologia dell’edifico sacro (narcete, rosone e via discorrendo).

La pianta a croce latina.

La simbologia della croce, come pianta fondante dell’edificio, presumo non sia indispensabile approfondirla, come la stessa Liturgia Eucaristica, è memoriale del Sacrificio di Cristo della Sua morte in croce e della Sua resurrezione, nell’attesa del Sua venuta.

Sapientemente nei primi secoli si considerò giusto che l’edificio consacrato e dedicato al culto ricordasse anche “fisicamente” la croce di Nostro Signore e di rimando la presenza della croce nella vita del Cristiano come in quella di ogni Uomo, ma per il primo “albero della Salvezza”, scandalo invece per chi Cristo non conoscesse. A rafforzare questa presenza del simbolo nella pianta stessa, ecco che il transetto (il braccio orizzontale della croce) piega il suo asse sulla sinistra (la destra del crocefisso visto di fronte) e con esso tutto l’abside, dove troveremmo il capo di Cristo se idealmente sovrapponessimo un grande crocefisso sulla pianta dell’edificio.

Ecco che come in Santa Prassede a Roma – la cui pianta utilizziamo come schema esplicativo – abbiamo una pianta che assume il reclinatio capitis, omaggia e “incarna” seppur nella pietra, il Cristo in croce. Poco importa se non sempre siamo in grado di percepire questa voluta asimmetria, bisogna porsi bene al centro della navata principale e avere un occhio molto attento. Nella vita di Fede, nei Sacramenti, nella Scrittura, non tutto è così immediatamente percepibile, eppure è presente se non addirittura basilare alla stregua della pianta di un edificio.

Un altro esempio lo troviamo nella Basilica di San Benedetto Po (foto qui sotto) opera dell’architetto Giulio Romano, che vi consiglio caldamente di visitare.

C’è da sottolineare che l’esistenza del reclinatio capitis nell’abside non è ascrivibile a Giulio Romano, semmai a lui si deve l’aver mantenuto l’impianto dell’originario monastero benedettino fondato nel 1007.

È proprio presso questa abbazia che ho scoperto questa simbologia, grazie alla sapiente guida di Luigi, volontario dell’associazione che si occupa delle visite di questo interessantissimo complesso che meriterebbe un articolo dedicato.

Foto di Mario Barbieri.

Qualche altro esempio.

La bellissima Cattedrale di Gerace risalente al 1100 c.a. che si sviluppa su  una superficie di 1.690 mq, la più grande della Calabria.

Foto di Simona La Rosa.

Abbazia di San Clemente a Casauria, nata da un ex voto, nell’871, anch’essa non a caso benedettina.

Foto di Lino Corradi.

Risulta evidentissima dalla pianta, la presenza dell’inclinazione non solo dell’abside, ma di tutto il transetto che forma il braccio orizzontale della croce.

La bellissima Concattedrale di Ostuni con un rosone ricco di simbologia.

Foto di Tango7174, Wikimedia.
Foto di Arch. Giacinto Giglio per Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici Arcidiocesi Brindisi-Ostuni.

Infine, ma solo per non dilungarsi troppo, dato che altre ce ne sarebbero, facciamo un salto anche all’estero nell’Abbazia di Saint Denis nei pressi di Parigi. Primissimo esempio e prototipo del Gotico in Francia.

Foto di Thomas Clouet.

Se osserviamo la sua pianta, balza subito agli occhi la marcata inclinazione della parte retrostante l’altare maggiore. Questa parte di abside (in arancione), meglio definibile come coro, realizzata tra il 1140 e il 1144 per volere dell’Abate Sugerio, si innesta sulla sottostante base della basilica Carolingia del VIII secolo (in verde) e ne rimarca l’inclinazione.

Anche in questo caso non credo si possa pensare ad una asimmetria “casuale” o accidentale, peraltro presente sin dall’originaria fondazione di epoca carolingia. Perché mantenerla in una struttura sovrapposta, geometricamente così rigorosa come il Gotico nascente, che definisce tutto il restante edificio?

Si tratta verosimilmente ancora una volta dell’omaggio e del richiamo alla morte di Cristo in croce e al reclinatio capitis.

Sia quel che sia, è interessante, laddove il richiamo simbolico è certo, constatare come questo sia posto a fondamento della pianta di queste chiese. Peraltro una simbologia che si potrebbe definire nascosta, un mysterium (qualcosa da svelare non che rimane per forza ignoto), come possono essere anche taluni Sacramenti se non approfonditi, come sono alcuni significati della Scrittura e che non di meno, sono e restano, fondamentali.

Abbiamo purtroppo perso molti di questi segni, di queste simbologie che educavano visivamente se non alla teologia, certamente all’idea del bello, del sacro, di ciò che veniva eretto a lode di Dio Onnipotente, Creatore del Cielo e della Terra, non perché Egli ne abbia necessità, ma perché si abbia luogo degno dove innalzare a Lui la Lode, la Preghiera, la Liturgia e venirne edificati.

[1] «Potranno, sì, abitare in te la superbia e l’inganno, ma Cristo non ha in te un posto ove abitare né dove reclinare il suo capo: il reclinare il capo infatti ben raffigura l’umiltà di Cristo. Se egli non avesse chinato il capo, tu non saresti stato giustificato» (Sant’Agostino, Sullo stesso Salmo 90. Esposizione. Discorso 2).

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