Allarme rosso. Vergogna a Lampedusa. Inciviltà Lamorgese

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Le immagini choc pubblicate su Twitter [*] dall’ex sindaco dell’isola, Giusi Nicolini mostrano l’accoglienza di cui è capace la sinistra. Oltre 2.000 migranti in un centro per 350 persone. Il degrado in cui versano i disperati e la loro invasione di massa sono i prodotti dell’assurda geopolitica dem che ha rinunciato alla presenza italiana in Libia e accettato i ricatti di Erdogan.

Compassione e indignazione. O – come avrebbe scritto Sant’Agostino, che fu vescovo in Nord Africa, da dove oggi partono i disgraziati sui gommoni – inhorresco et inardesco, inorridisco e mi infiammo. Quelle foto dei migranti a Lampedusa, nel centro di “prima accoglienza”, figuriamoci come sarà la seconda, inducono a una rivolta morale. A dire: noi non siamo cosi, non in nostro nome. Eppure questa condizione di degrado bestiale di nostri fratelli uomini, che le nostre autorità hanno consentito, addirittura ritenendola «inevitabile» (Ministro Luciana Lamorgese dixit, come stigmatizzato ieri dal nostro Direttore [QUI]), riflette il volto di che cos’è diventata l’Italia. Un Paese sottomesso. Quando sei impotente, e accetti una condizione di minorità, vuol dire che non hai rispetto di te stesso, e allora non ne hai neppure del prossimo.

È uno dei casi in cui non possono stare su due piani diversi la riflessione morale e quella geopolitica. La decadenza etica determina e insieme riflette il tradimento dell’interesse nazionale: sono vasi comunicanti. E hanno comunicato tra loro uno schifo. Basti guardare a questi mesi di ipocrisia: la sinistra di fatto egemone a dispetto di Draghi ha dettato l’agenda estera del governo, nascondendo il disastro della Libia, che obbedisce ormai ad altre potenze confliggenti con il nostro bene, sotto le macerie di Mariupol e di Kharkiv. Uri operazione di distrazione di massa che viene dopo quella del Covid gestito dai giallo-rossi. Non che Ucraina e pandemia siano fatti secondari, tutt’altro, ma sono cascati a fagiolo per occultare l’impotenza internazionale coincisa con il cedimento strutturale della nostra presenza in Libia, architrave su cui si reggeva la nostra sicurezza a ogni livello (anti-terrorismo, non-proliferazione nucleare, immigrazione, energia) grazie alla formidabile rete operativa di relazioni e di informazioni, demolita scientificamente dal Pd pur di distruggere Berlusconi.

Masochismo

Risultato? La Turchia, la Russia, la Francia, con i loro apparati, sono i padroni della Libia e delle sue risorse energetiche. Ci tocca piatire accordi con il Sultano che ha rapinato fior di giacimenti all’Eni, e dobbiamo rivolgerci all’Angola e al Congo, quando avevamo il rubinetto aperto à gogo in Tripolitana. Non basta. Le citate potenze ci piegano le ginocchia con ondate programmate di profughi, ordite con le bande di criminali di mercanti della disperazione africana e asiatica. Qualcuno ha visto i filmati dei campi libici? Sono quelli che hanno scosso nel profondo l’anima di Papa Francesco. Torture e stupri. Ci sono prigioni sotterranee in cui sono fatti marcire i vecchi. Ecco. Questi orrori sono gestiti da quelle milizie, intrecciate a mercenari jihadisti, i capi delle quali hanno stipulato un accordo triennale nel febbraio del 2017 con il governo italiano a dominanza Pd, rinnovato nel 2020 (idem Pd), dai connotati misteriosi, ma costato più di un miliardo di euro. Buttati via.

Soprattutto si sono buttate migliaia di persone nelle grinfie di assassini o nella tomba del mare. Un nome tra tutti: Abd al-Rahman al-Milad, noto come “Bija”. Si tratta di uno dei trafficanti di esseri umani più potenti del mondo, assassino di bambini, stupratore seriale, che si fa passare per ufficiale della guardia costiera libica, ed è stato fotografato in Sicilia, a Mineo, in un vertice con alti dirigenti dei nostri apparati di sicurezza, ormai senza riferimenti fiduciari in Libia. All’inizio di quest’anno, per far vedere chi comanda, Erdogan ha fatto arrestare un turco accusato di aver passato informazioni all’Italia sulle trame del Sultano in quei paraggi. I patti con il diavolo trascinano all’inferno. Non che dalla nostra parte ci fosse gente cattiva a trattare. Ma non si pagano criminali. Quelli poi si vendono. Non c’è bisogno di essere Cartesio per intuire perché mai subito prima e in coincidenza con l’omaggio del nostro governo a Recep Tayyp Erdogan siano arrivati mille migranti. Un segnale. Si tenga conto poi che oltre ai porti nei pressi di Tripoli controllati dai turchi e dalle milizie mercenarie siriane, ce ne sono altri ai confini con la Tunisia, dove vari clan tribali sono attrezzati di canotti forniti per due soldi da Egitto e Cina, e che durano giusto il tempo di una traversata: costoro non sono contenti di essere stati trascurati nei pagamenti che invece hanno abbondantemente foraggiato i loro colleghi protetti dal mantello d’acciaio neo-ottomano.

Addio Mare Nostrum

La storia della Libia di questi ultimi 20 anni in realtà è specchio della storia d’Italia. Sta tra due fotografie: quella a Pratica di Mare, di Berlusconi (cioè Italia) che fa da ponte tra Bush e Putin; e una qualsiasi di quelle di Lampedusa. L’ascesa della nostra forza nel Mediterraneo è coincisa, piaccia o no, con i governi di centrodestra guidati dal Cavaliere, in forza di un chiaro voto popolare. E questa posizione di potenza regionale egemonica ha dato forza in quel decennio alla nostra voce ben al di là del “Mare Nostrum”. Non solo il citato summit della Nato a Pratica di Mare (maggio 2002), ma anche il G8 all’Aquila (luglio 2009), in entrambi i casi con la partecipazione della Russia.

Il 2011 è stato il punto di svolta, da cui il precipizio. E accaduto quando il Quirinale e la sinistra politica e giudiziaria si sono alleati a interessi forestieri (Sarkozy, Hillary Clinton, Cameron = Francia, Usa, Regno Unito) costringendo Berlusconi (febbraio 2011) a dichiarare un’assurda guerra contro noi stessi, attaccando Muhammed Gheddafi, che nei primi anni del millennio aveva addirittura mandato ad Arcore il suo capo dei servizi segreti in atto di conciliazione, con la rinuncia a perseguire il piano per costruirsi l’atomica, un’idea finita nel sacco dalla nostra rete operativa infiltrata anche nelle tende beduine del Rais.

L’assassinio di Gheddafi ha macchiato le mani francesi, ma qualche schizzo ha raggiunto anche la nostra faccia. «Sono cose che si pagano», direbbe Gennaro-Eduardo di Napoli Milionaria, dopo aver vissuto gli strazi della guerra. Cosi dopo la caduta dell’ultimo governo uscito dalle urne, che nel 2008 aveva firmato un patto di amicizia, in cui era compreso anche un accordo che bisognerebbe riprendere. La costruzione e gestione in Libia di strutture per migranti a standard umanitario elevato, a controllo dell’Onu. Intanto oggi in Libia è riscoppiata la guerra civile. E noi? Guardiamo e zitti. Siamo stati isolati dall’Europa e dalle potenze che oggi dominano la Libia e l’Africa. Russia, Turchia, Francia, Stati Uniti, Cina, Qatar. Il destino di chi cede a interessi stranieri pur di avere un potere di cartapesta, caro il nostro Partito democratico.

Questo articolo è stato pubblicato oggi su Libero Quotidiano.

[*] Le foto dell’ex sindaco di Lampedusa: hotspot come la Libia con 2.100 migranti in condizioni disastrose, tra spazzatura ed escrementi

Giuseppina Maria Nicolini, meglio nota come Giusi (Lampedusa e Linosa, 5 marzo 1961), è un’attivista e politica del Partito democratico, già Sindaco del Comune di Lampedusa e Linosa, salita alla ribalta italiana ed internazionale a partire dai primi anni 2000, per gli ingenti flussi migratori. Nel maggio 2012, Nicolini fu eletta alle elezioni amministrative sindaco. Appena eletta, inviò al governo italiano una lettera urgente sulla questione dei profughi. Poco dopo il tragico naufragio del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa con oltre 300 morti, pronunciò un discorso al vertice UE nel 2013 in cui chiedeva una nuova legge europea in materia di asilo e di immigrazione. Nel 2017 si è ricandidata a sindaco, non venendo però rieletta.

La denuncia nel tweet di Giusi Nicolini: «Sono 2.100 le persone ammassate nel Centro di accoglienza a Lampedusa. Anche donne (4 sono gravide), bambini, malati e bisognosi di cure dormono per terra, dove pure mangiano, tra i rifiuti. I posti letto sono meno di 200. Potrebbero essere foto della Libia. Ma no, è Italia» (Giusi Nicolini @giusi_nicolini – Twitter, 8 luglio 2022).

«Montagne» di sacchi della spazzatura, traboccanti di resti di generi alimentari, cartacce e bottiglie di plastica. Vestiti gettati alla rinfusa praticamente ovunque e una distesa infinita di bottiglie di plastica lungo i corridoi che portano ai bagni dove è praticamente impossibile entrare a causa del degrado lasciato dai bisogni fisiologici e dell’odore nauseabondo. È l’inferno all’hotspot di Lampedusa descritto dall’ex sindaco di Lampedusa e Linosa che si schiera contro il degrado, che le istituzioni fingono di non vedere.

Foto di copertina: nel centro profughi di Lampedusa si dorme su materassi buttati per terra all’aperto (Foto di Giusi Nicolini).

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