A Verona i festeggiamenti del IV centenario della canonizzazione di San Filippo Neri, il santo della gioia e dell’amore

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Come ormai da anni, la Festa in onore di San Filippo Neri, patrono del clero veronese e compatrono della Città di Verona, viene celebrata nella chiesa di San Fermo Minore di Brà ai Filippini in via Filippini 16 a Verona, che per quest’anno, in occasione del IV centenario della canonizzazione di San Filippo Neri, è chiesa Giubilare con rescritto della Sede Apostolica ed è quindi possibile lucrare l’indulgenza plenaria alle solite condizioni. La Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri di Verona ha organizzato i festeggiamenti di San Filippo Neri in occasione quest’anno del IV centenario, da mercoledì 25 a sabato 28 Maggio 2022.

Mercoledì 25 maggio alle ore 20.30 la Solenne Santa Messa di apertura dei festeggiamenti è stata presieduta dal Preposito della Congregazione, Padre Michele Nicolis, assistita dal Cardinale Gerhard Ludwig Müller, con i pellegrinaggi parrocchiali e accompagnata dal Coro Polifonico di Ponte Catena di Verona.

Giovedì 26 maggio alle ore 10.30 la Solenne Santa Messa nella memoria liturgica di San Filippo Neri è stata presieduta dal Cardinale Gerhard Ludwig Müller, Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, Gran Priore del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e accompagnata dalla Cappella Musicale San Filippo Neri di Verona [riportiamo di seguito il testo integrale dell’omelia].

Una Rappresentanza di Cavalieri e Cappellani delle Delegazioni Triveneto e Lombardia, guidati dai rispettivi Delegati Vicari Dott. Ing. Gilberto Spinardi e il Nob. Avv. Paolo Borin, ha partecipato giovedì 26 maggio alle ore 18.00 al Solenne Vespro Maggiore nella memoria liturgica di San Filippo Neri presieduto dal Gran Priore e accompagnato dalla Cappella Musicale San Filippo Neri di Verona.

Giovedì 26 maggio alle ore 20.30 è stato eseguito dalla Cappella Musicale San Filippo Neri di Verona l’Oratorio Grande, diretto dal Maestro Federico Franchini, con musiche dal fondo musicale della Congregazione.

Video – Oratorio Grande del 26 maggio 2022: QUI.

Brochure – Oratorio Grande del 26 maggio 2022: QUI.

Testi – Oratorio Grande del 26 maggio 2022: QUI.

Venerdì 27 maggio alle ore 20.30 la Solenne Santa Messa è stata presieduta dal parroco con i parroci e i fedeli del centro storico, accompagnata dal Coro Perosi di Verona.

Sabato 28 maggio alle ore 17.45 la Solenne Santa Messa di chiusura del Triduo è stata presieduta dal Procuratore Generale della Confederazione delle Congregazioni dell’Oratorio di San Filippo Neri e accompagnata dalla Cappella Musicale San Filippo Neri di Verona. È seguita la processione con la statua del santo per le vie del quartiere, accompagnata dalla Banda Musicale di San Michele Extra. Al termine si è svolto un momento conviviale nel cortile dell’Oratorio.

Video Telepace – Feste di San Filippo Neri 2022: QUI.

«Il Signore non manda un travaglio
senza inviare poi una consolazione.
Se arriva una difficoltà state allegri,
arriverà anche la consolazione»
(San Filippo Neri).

Omelia del Card. Gerhard Müller durante la Messa in occasione del 400° anniversario della canonizzazione di san Filippo Neri a Verona, 26 maggio 2022

San Filippo Neri (1515-1595) non ha bisogno di presentazioni. Con la sua brillante allegria e il suo zelo apostolico, questo piccolo fiorentino si è assicurato l’appellativo di “secondo apostolo di Roma”. È un santo simpatico, che nemmeno i più efferati nemici della Chiesa riescono a disprezzare.

Eppure, egli non ha mai detto ciò che la gente voleva sentire, non ha mai adulato le loro vanità. Allo stesso modo, non ha mai urtato i poveri peccatori o offeso gli atei egocentrici. Il suo umorismo innato gli ha permesso di aprire i cuori e far riflettere le persone.

La nostra fede in Dio e la nostra sequela di Cristo non sono pesi opprimenti che rendono i fardelli e le sofferenze della vita ancora più insopportabili, ma piuttosto ali che ci elevano alla nostra dignità, avvicinandoci alla meta gloriosa della vita.

E se san Filippo Neri è rimasto nella memoria della Chiesa come un santo simpatico, che ha aperto i cuori della gente a Dio attraverso gli affetti, i miei pensieri vanno anche a san Tommaso d’Aquino, che il nostro “Pippo buono” stimava tanto.

Nella sua Summa contra gentiles, il dottore angelico – Doctor angelicus – parla degli affetti e delle “passioni” di Dio, chiarendo gli evidenti equivoci in cui potremmo inciampare.

Infatti, spesso ci crea problemi dover leggere nelle Sacre Scritture che Dio si è arrabbiato per l’apostasia del suo popolo, che si è pentito di aver creato l’umanità e rattristato per i peccatori perduti.

Ogni credente pensante sa che tutto ciò può essere inteso soltanto metaforicamente, perché Dio «è spirito e verità» (Gv 4,24). Egli, infatti, non va confuso con un essere umano potenziato, che la nostra mente immagina collocato in Cielo come in uno spazio tridimensionale.

Nel senso metafisico vero e proprio, in Dio esistono soltanto due affetti, che coincidono con la sua essenza e che, nell’atto della Creazione, si riversano sulle creature dotate di spirito, permeandole dall’interno.

Uno è l’amore (amor, caritas), che costituisce e sostiene tutto. L’altro è la gioia (gaudium, delectatio), che è Dio stesso nella sua vita trinitaria e di cui Egli ci ricolma.

L’ira, il rimorso e la tristezza, invece, sono soltanto gli effetti dell’amore e della gioia divini, che sorgono sempre laddove l’uomo si oppone a Dio, portando così a un doloroso allontanamento da Lui. Non a caso diciamo che c’è gioia in Cielo per un solo peccatore che si converte. Infatti, l’amore di Dio è la nostra origine e la pienezza del senso della nostra esistenza. La gioia invece, è Dio stesso quale meta e pienezza della nostra vita imperitura (cfr. Summa contra gentiles, I, cap. 91).

Gioia e amore sono le due caratteristiche chiave che distinguono la vita e l’opera di san Filippo Neri; sono doni naturali e doni di grazia. Con questi carismi soprannaturali, il nostro santo ha portato ai suoi contemporanei l’amore e la gioia di Dio, facendoli risplendere nei cuori della gente e nella Chiesa di Dio dal lontano 12 marzo 1622, quando fu canonizzato, ben 400 anni fa. Ci affidiamo dunque alla sua preghiera e seguiamo l’esempio della sua vita cristiana e sacerdotale.

Soltanto in termini di tempo, la società del XVI secolo è lontana da noi. La condizione umana, con i suoi alti e bassi, le sue luci e ombre, la sua oscillazione tra il bene e il male, è la stessa dei nostri antenati e ci mette ancora davanti alla stessa prova.

La secolarizzazione della Chiesa e del papato nel Rinascimento, nonché la confusione totale del popolo, disorientato dalla divisione della cristianità occidentale in seguito alla comparsa di Martin Lutero e Giovanni Calvino, hanno fatto sì che anche in Italia la tradizione e la cultura cattolica andassero soggette a decadenza. Ma pastori buoni e devoti curatori di anime – fedeli all’ideale del vescovo e del sacerdote proposto dal Concilio di Trento – hanno reso possibile il rinnovamento della fede personale individuale e della vita comunitaria tra sacerdoti, religiosi e laici. Grazie ai santi, la Chiesa cattolica ha potuto vivere una nuova fioritura nella liturgia, nella pietà popolare, nella carità, nella catechesi, nell’educazione e nella formazione scientifica e teologica.

L’idea guida dell’Oratorio, che raccoglieva tutte le attività per il rinnovamento della Chiesa nelle anime dei redenti, era ed è il filo rosso che attraversa tutta l’azione di san Filippo Neri: sola caritas, basta solo l’amore.
Questo ci fa pensare alla formula dei Riformatori: sola fide (la sola fede è sufficiente per la giustificazione del peccatore). In questo modo separavano la grazia di Dio dalle buone opere degli uomini, creando una netta contrapposizione tra la giustizia per fede e una presunta auto-giustificazione che deriva dal compiere opere di carità.

È vero che tutto inizia con la grazia di Dio e tutto si completa in essa. Ma Dio ci rende anche nuove creature. E così siamo chiamati a «rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (Ef, 4, 24).

La sua gloria non consiste nell’abbassarci nella triste consapevolezza che siamo soltanto dei poveri peccatori. Santʼ’Ireneo, vescovo di Lione nel 180 d.C., la definì così: Gloria Dei est vivens homo. Vita hominis autem est visio Dei: La gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo è la visione di Dio (adv. haer., IV 20, 7).

Dio eleva gli uomini in Cristo affinché possiamo compiere le opere di Dio. E facendo così, sentiamo la gioia di Dio nel nostro cuore e irradiamo nel mondo l’amore che Egli ha per noi come amore per il prossimo. Sì, tutto ciò che è inconcepibile per la logica del “do ut des” e del “chi la fa l’aspetti” ci viene dato da Dio. Con l’esempio di Gesù, che dalla Croce ha perdonato i suoi nemici, Dio, nella sua traboccante grazia, ci dà la forza di amare i nostri nemici, rendendo possibile riconciliarci con loro. E così preghiamo: Padre nostro che sei nei cieli, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

La fede ci giustifica soltanto nell’amore per fede, come sostiene l’apostolo Paolo nella seguente interpretazione del messaggio della giustificazione del peccatore attraverso la fede in Cristo: «Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù … la fede si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,5-6).

Come san Filippo Neri nel suo tempo, oggi anche noi stiamo sperimentando una crisi del cristianesimo. Potenti politici, ideologi e opinionisti, dall’America e dall’Unione Europea, fino alla Russia e alla Cina, vogliono sostituire l’uomo come creatura e figlio di Dio con il costrutto economico e tecnologico della loro fantasia di onnipotenza che sogna un nuovo ordine mondiale, in cui l’uomo non è la creatura di Dio, ma il creatore e redentore di se stesso. Il loro nemico immaginario è l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, nella sua integrità corporea e nella sua dignità personale, il suo ambiente naturale e la sua comunità nella famiglia, nella cultura e nella lingua.

Ai loro occhi, la Chiesa cattolica è soltanto un’organizzazione creata dall’uomo che deve rendersi utile attraverso opere di carità e offerte spirituali, senza alcuna pretesa di una verità rivelata da Dio. Anche i politici italiani, quando strumentalizzano il Papa in nome della propaganda, per il loro mondo nuovo auto-costruito, si rendono colpevoli dell’identità cattolica di questo paese che vanta il patrimonio culturale più ricco del mondo e nella cui capitale si trovano le tombe dei principi degli apostoli, Pietro e Paolo. Ma quando devono confrontarsi con la coraggiosa presa di posizione del Pontefice a favore della vita, del matrimonio e della famiglia, della dignità dell’essere umano in quanto uomo o donna, essi invocano lo Stato laico in modo totalitario, come se lo Stato avesse in qualche modo autorità divina sulla nostra fede religiosa, sulla nostra coscienza morale e sulla condizione della nostra natura umana. Ma né i politici assetati di potere, né gli intellettuali materialisti dell’Occidente e dell’Estremo Oriente sono riusciti a proteggere l’umanità da un piccolo virus o dallo scoppio di una guerra assolutamente insensata. Come intendono allora migliorare o persino superare le opere di Dio, che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, riscattandolo dal peccato, dalla morte e dal diavolo con il sangue del proprio Figlio?

Molti cristiani temono che del cristianesimo in Europa possa rimanere soltanto qualche piccola isola in mezzo all’oceano della miscredenza. Altri vedono la salvezza della Chiesa nel suo adattamento al “mondo nuovo” (Aldous Huxley) delle famiglie patchwork, degli orfani dei divorzi, dei bambini geneticamente creati “su misura”, dell’ideologia gender e del cambiamento di sesso, del controllo totale e dell’equiparazione del nostro pensiero, dei nostri sentimenti e delle nostre azioni secondo ciò che dettano la correttezza politica e il mainstreaming nelle nuove tecnologie e grandi case farmaceutiche. Persino i vescovi, ai quali come successori è affidata la fedele conservazione della fede apostolica, cadono in sciocche dichiarazioni sul celibato sacerdotale, sulle donne che potrebbero immaginarsi come sacerdoti ordinati, sull’abolizione del ministero ordinato, sulla benedizione delle cosiddette coppie gay e sull’ideologia LGBT, che mettono al di sopra della Parola di Dio nella Sacra Scrittura, nella Tradizione apostolica e nella Divina Liturgia.

Di fronte alla pomposa sapienza di coloro che esercitano il potere di questo mondo, ci si può consolare allora con l’umorismo di san Filippo Neri sostenendo che Dio ha scelto di salvare tutti coloro che credono, attraverso la stoltezza dell’annuncio della Croce di Cristo: «Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1Cor 1, 25).

Ciò di cui la Chiesa e il mondo oggi hanno bisogno, sono cristiani come san Filippo Neri, che sanno smascherare con umorismo la follia dell’uomo senza Dio, e condurre i peccatori verso Dio con amore.

Perché l’amore che Dio ha per noi è la fonte della nostra vita. E la Sua gioia in noi è la sorgente le cui acque sgorgano dalla beatitudine eterna.
L’unico sonetto di san Filippo Neri che è stato tramandato fino a noi, chiude con queste parole:

Qual prigion la ritien [l’anima]
ch’indi partire non possa,
e al fin col piè calcar le stelle,
e viver sempre in Dio, e a se morire?

San Filippo Neri, voglia Dio, per tua intercessione, donarci le uniche qualità che ci aiutano nella vita e nella morte: gioia e amore.
Amen.

Foto di copertina: San Filippo Neri e i ragazzi come possibilità di gioia per la società. Ha lasciato un solco profondo nella concezione nuova del recupero e dell’educazione dei giovani. È uno dei religiosi che ha cambiato profondamente la storia della Chiesa e la sua immagine agli occhi degli uomini e delle donne del suo tempo. Era un uomo che credeva negli uomini, nel loro talento, nella naturale predisposizione a stare insieme e condividere i momenti della vita. Arrivò a Roma pochi anni dopo il terribile sacco del Lanzichenecchi, e cambiò la visione di un concetto di solidarietà che mancava o non era organizzato. Un individuo moderno, a suo modo, anche se immerso comunque nel suo contesto storico e nelle sofferenze degli ultimi. Quando giunge nella città sede del Papa, Filippo conosce un mondo corrotto e pericoloso, ma anche pieno di profondi cambiamenti, tra tutti la Controriforma e il passaggio dentro al Concilio di Trento, convocato per reagire alla diffusione della riforma protestante in Europa. Sono gli anni del pellegrinaggio nei luoghi del primo cristianesimo: le catacombe, le antiche basiliche. Gradualmente Filippo inizia a vivere come un eremita, dorme sotto i portici o in ripari di fortuna, passeggia vestito con una tonaca munita di cappuccio, incontra i giovani che riesce a conquistare con la sua simpatia, si occupa degli infermi, degli abbandonati, dei pazienti negli ospedali di San Giovanni e Santo Spirito, si interessa ai poveri. La sua esperienza pastorale è subito impegnata con le classi meno abbienti e nella spiegazione delle Sante Scritture. Avvicina un gruppo di ragazzi di strada, li inserisce nelle celebrazioni liturgiche, attiva un suo modo di attirare i più piccoli alla fede con il gioco e il canto, senza distinzioni tra maschi e femmine. È l’anticipazione del concetto di Oratorio moderno, sviluppatosi attorno alla Chiesa di Santa Maria della Vallicella. Proprio per questi motivi sarà ricordato più come il “Santo della gioia”. L’innovazione dell’Oratorio è uno dei passi fondamentali che ha introdotto il concetto di condivisione partendo dai fanciulli. Rappresentò il tentativo di assorbire pietà e carità e di formare una comunità che non fosse solo costituita dalla vita ritirata, ma dalla frequentazione collettiva dei sacramenti e della vita sociale. Una compagnia di persone laiche, religiose, povere e anche di ceto abbiente legate dal vincolo dell’amicizia, dell’esistenza comune e dell’informalità. Così, tra il Cinquecento e il Seicento, la capitale dello Stato della Chiesa oltre ad essere cosmopolita e più numerosa, conosce una forma di riscatto dentro quelle fasce di povertà molto ampie in quel periodo. Per questo, oltre a creare nuove forme di aggregazione e solidarietà, in questi anni prende corpo un’ampia rete ospedaliera e la Confraternita per i malati e i convalescenti, che assiste i pellegrini durante gli anni santi, opera dello stesso Filippo Neri. Il Papa stesso, talvolta, colpito dall’attività di questo centro, si reca sul posto per lavare i piedi ai pellegrini e a servire loro i pasti. Filippo Neri, trascorrendo nel corso della sua vita matura molto tempo con i suoi ragazzi, diede un’occasione di gioia nella società in cui viveva, un messaggio sempre attuale. Si arricchì di speranza. E quando qualcuno si lamentava della troppa esuberanza dei suoi giovani, rispondeva: “Lasciateli brontolare quanto vogliono. Voi seguitate il fatto vostro. State allegramente: non voglio scrupoli, né malinconie; mi basta che non facciate peccati”. Poi consigliava ai suoi piccoli amici: “State buoni, se potete”. Applicò in tutto e per tutto “l’allegria del Vangelo”, quella che non esclude e mostra la bellezza della vita, delle piccole cose, dello stare assieme e dell’amore per gli ultimi. Rifiutò di fare il cardinale perché – disse – preferiva il Paradiso. Quando morì, il 26 maggio del 1595, tanti romani lo considerarono già santo prima della canonizzazione (che avvenne nel 1622) (Fabrizio Giusti).

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