Riflessioni sparse nell’era dei bambini onnipotenti al potere. Per capire (spiegare non è giustificare) cosa sta succedendo realmente in Ucraina – Parte 19
Prosegue da Parte 18: QUI.
Proseguiamo con la nostra “antologia messo insieme con pazienza” (come è stata definita dall’amico e collega Marco Tosatti), dedicata al conflitto russo-ucraino, con riflessioni sulla guerra in Ucraina. Qui non si fa cronaca di una terribile guerra, di cui siamo già sommersi (non stiamo a ripetere di cui i mainstream media sono già stracolmi), con bassa possibilità di verificare le notizie con cui veniamo bombardati, senza fare un fact checking vero e realmente indipendente. E occuparsi della crisi ucraina significa non solo vedere le atrocità che la guerra porta con sé, ogni guerra, ma anche dedicarsi all’archeologia storica. E facendo ciò si comprende che la questione è un po’ più complicato della scelta pro o contro Putin (anche se “chi studia le complessità e prova a fare analisi è solo un complice di Putin”, un “Putinversteher” da odiare in questi tempi di odio, ma questo non ci fa cambiare idea: non è la pecora nera che è diversa, ma sono le pecore bianche che sono tutte uguali tra loro).
Non è l’Arena su La7. Di Battista: «I popoli hanno diritto a difendersi ma non deve passare il concetto che un Paese quale il nostro che “ripudia la guerra” debba inviare armi o sennò dovete spiegarmi perché non inviamo armi ai curdi massacrati da Erdogan, membro Nato, agli Yemeniti bombardati dell’Arabia Saudita, ai palestinesi che non hanno uno stato per colpa di quest’ipocrita comunità internazionale ma vivono sotto occupazione militare e in stato di apartheid». Lo interrompe Floris: «Sì, ma questi sono come noi, sono fratelli europei». Ecco, chi è in grado di capire ancora, capisca.
«Speculari in tutto la guerra in Donbass e quella in Siria, a partire dalla propaganda e dal sostegno degli organi di informazione occidentale alle forze di opposizione interne degli “Stati canaglia”, pure se terroristiche. In Siria coi terroristi, e vi ricordo la commemorazione di Repubblica del terrorista vicino all’Isis che definiva fratelli i combattenti di Jabhat al-Nusra (ramo siriano di Al Qaeda). In Ucraina coi nazisti, oggi Repubblica commemora la morte del combattente Azov» (Fiorangela Altamura).
«In questo momento sono 70 i Paesi in guerra per un totale di 869 guerre e guerriglie» (Arianna Porcelli Safanov).
«L’allargamento a Est dell’Alleanza Atlantica, fino ai confini della Russia, si potrebbe trasformare nell’errore più fatale della politica americana dalla fine della Guerra Fredda… questa decisione susciterà tendenze nazionaliste e militariste anti-occidentali nell’opinione pubblica russa, potrà avere un effetto avverso sullo sviluppo della democrazia russa, ripristinare l’atmosfera della Guerra Fredda nelle relazioni Est-Ovest, e spingere la politica estera russa in direzione contraria a quella che vogliamo» (George Frost Kennan, 1904-2005 – New York Times, 1997).
«Abbiamo un Ministro degli Esteri che ha definito il Capo di Stato di una nazione con cui intratteniamo vitali rapporti economici un animale. Giornali che parlano di necessità di ucciderlo, senza filtri, costringendo l’ambasciatore a sporgere denuncia presso la Procura della Repubblica. Un Presidente straniero che invia un messaggio preregistrato al nostro Parlamento in cui sostanzialmente recita il ruolo della vittima mettendosi quasi a piangere citando donne e bambini, senza fare proposte politiche utili alla risoluzione del conflitto. Il nostro Primo Ministro che 2 minuti dopo gli “risponde” leggendo una velina preconfezionata imbevuta di retorica pseudosolidale tra scroscianti applausi di senatori e deputati ignoranti e in malafede. Un professore universitario, di comprovata “fede” atlantista e di formazione liberale, censurato ed estromesso dai palinsesti televisivi perché ha osato dissentire dalla linea di pensiero sulla questione ucraina del sistema, basata sulla puerile equazione Zelensky=bene e Putin=male. Può far sorridere, ma se a ciò aggiungiamo anche la mancata qualificazione ai mondiali della nazionale di calcio, sintomo di un malessere generale, si può dire che il dado è tratto. Una nazione fallita e senza futuro. Poi ci si può anche prendere in giro sulla speranza che non muore mai. Muore nello stesso momento in cui i presupposti della sua esistenza vengono eliminati ogni giorno che passa con un governo vile, servile e nemico della Patria» (Weltanschaung Italia).
Biden contro Putin “il macellaio” che “non può restare al potere”
«Se sei il presidente USA, Stato guida della NATO e prima potenza militare non puoi certo permetterti gaffe. Men che meno errori, soprattutto in campo diplomatico. Ecco perché la sguaiata uscita di Joe Biden a Varsavia contro il “macellaio” Putin che “non può restare al potere” ha creato un caos tale che rischia di mettere in imbarazzo l’intero mondo occidentale. Perché una cosa è contrastare l’autocrazia di Vladimir lo Zar, criticarne i metodi, sanzionarne l’economia o contrastarlo sul campo ucraino; un’altra è evocare un cambio di regime di una potenza nucleare» (Nicolaporro.it).
«Se la maggioranza dei cittadini si mette in fila per la 7° dose, la minoranza ha torto, si deve adeguare e va massacrata. Se solo il 21% vuole più forza contro la Russia mentre la maggioranza assoluta vorrebbe dei negoziati, allora questa maggioranza è fatta da ignoranti che danno la risposta sbagliata e che devono adeguarsi a quel 21% di scienziati della geopolitica. Come al solito Putin vi spiccia casa!» (Anonimo).
Brigata Azov, “Putin ci chiama nazisti come scusa per le stragi”
Comandante all’ANSA: “Obiettivo salvare Ucraina e sua integrità”
(ANSA) – ODESSA, 27 MAR – “Non c’è alcun legame tra noi e il movimento nazista. Il nostro scopo è salvare l’Ucraina e la sua integrità. Putin usa la sua propaganda per chiamarci nazisti per trovare un pretesto per uccidere gli ucraini”. È quanto sottolinea in un’intervista all’ANSA Maksim Zhorin, terzo comandante della brigata Azov, attualmente operativo nell’Oblast di Kiev. “Ad Irpin in questi due giorni gli attacchi sono diminuiti, abbiamo distrutto alcuni tank russi e li abbiamo buttati nel fiume. Ora sono lì, assieme ai pesci”, racconta Zhorin, tra massimi esponenti del reggimento Azov e tra i combattenti che, nel 2014, cacciarono i russi da Mariupol. (ANSA).
«Credevo di aver visto tutto in termini di falsità della propaganda Occidentale, ma mi sono dovuto ricredere non appena stamane mi sono imbattuto in questo articolo dell’Ansa. L’Ansa ha messo nella sua prima pagina di oggi un nazista ucraino del famigerato battaglione Azov, Maksim Zhorin, lasciandolo libero di dire che il fatto che loro sono nazisti sarebbe una “invenzione” di Putin. Poco importa che questa gente abbia il corpo ricoperto di svastiche e che indottrini le giovani generazioni facendo leggere loro l’opera di Adolf Hitler, il Mein Kampf, o piuttosto insegnandogli il saluto nazista “Sieg Heil”. Così come poco importa che questi nazisti abbiano ucciso innocenti civili ucraini aprendo il fuoco su di loro impendedogli di lasciare le città. Così come poco importa che questi nazisti abbiano portato avanti un genocidio nel Donbass da 7 anni. All’Ansa non importa denunciare dei nazisti e dei genocidi. All’Ansa importa metterli in prima pagina e farli passare come “eroi”» (Cesare Sacchetti).
Qui è detto tutto. Capirà chi è capace di capire ancora le Narrazione del Pensiero Mediatico Unico con l’Elmetto.
I media ucraini hanno paragonato le forze armate ucraine all’ISIS
«Le nostre forze armate non devono scendere al livello dell’Isis, per non perdere il sostegno dell’Occidente”, hanno commentato i media ucraini il video con le torture dei prigionieri russi» [QUI].
Video choc di prigionieri russi umiliati e feriti fa il giro del mondo. Media costretti a minimizzare
«E alla fine, sono stati costretti ad ammetterlo. In Rete sta girando da due giorni un terrificante video (che evitiamo di pubblicare qui), che mostra le torture a cui sono sottoposti soldati russi prigionieri ad opera di militari ucraini. Ai soldati, a terra ed ammanettati, vengono inflitti botte ed insulti e alla fine gli si spara alle gambe lasciandoli lì a sanguinare sul piancito. Se non soccorsi subito, con ferite del genere si è destinati alla morte per dissanguamento.
Il video sta appunto girando in Rete da giorni e destando orrore: infierire così su dei prigionieri, ferirli, e per giunta riprenderli con le telecamere, va contro la Convenzione di Ginevra ed ogni regola di comportamento in guerra. È, in parole povere, un crimine. Un crimine che in particolare desta raccapriccio perché i governi e i media mondiali hanno finora descritto l’esercito ucraino come dei santi votati al sacrificio che rappresentano la parte dei “buoni”, mentre i russi efferati si divertirebbero a stuprare anziane e a bombardare bambini. Inclusi i propri, cioè quelli del Donbass, perché si sa il diavolo quando vuole divertirsi non bada alle appartenenze.
Ma ora la narrazione globale finisce contro un muro ad alta velocità, perché quando tutti vedono simili immagini dell’orrore difficilmente ci si può mettere una pezza: ok, i nazisti dell’Azov vanno bene per difendersi, è gente raffinata che legge Kant (come faceva Eichmann, peraltro), ma vai a spiegare alla casalinga di Voghera che sparare a gente ammanettata è roba da eroi che vanno per giunta sostenuti inviando altre armi.
E così, alla fine anche i giornaloni si sono dovuti piegare alla potenza della diffusione in Rete. La Stampa oggi pubblica il video e titola Ucraina, il video choc dei soldati russi colpiti alle gambe. Poi, forse in seguito a polemiche, aggiunge al titolo la parola “prigionieri” perché sia chiaro quanto accade. Naturalmente si cerca di metterci una pezza, scrivendo poi: soldati in divisa ucraina (per dare ad intendere che potrebbero non essere veri soldati ucraini) sparano su militari russi ammanettati. Un filmato ancora senza riscontri (si insinua che il filmato non sia “certificato” dalle fonti che piacciono a loro, anche se l’ha pubblicato Bild).
Repubblica invece titola direttamente Ucraina, il video shock dei soldati colpiti alle gambe, e non si vede dove sia la notizia: in guerra è normale che dei soldati siano colpiti. Nessun riferimento al contesto, a chi siano le vittime ed i carnefici, ma nel testo ci si profonde in dettagli su altre efferatezze ad opera dei russi.
Open invece ci fa capire la piega che prenderà la questione, riportando direttamente che Kiev lo considera un false flag. Si sa: i false flag li fanno sempre gli altri, mentre quando li fai tu è solo complottismo e propaganda russa» (Debora Billi, Visione Tv).
A casa dei “kantiani moderati”
«Le forze speciali russe sono arrivate nella casa della “bestia”, il capo dei nazisti a Berdyans. Plotnikov Viktor Ivanovich, noto come “Bacha” è il leader della cellula nazista del “Settore Destro”, bandito a Berdyansk, dove ha tenuto nel terrore gli abitanti dell’intera città. Plotnikov ha più di cinquanta crimini sul suo conto ed è diventato famoso per le sue atrocità contro civili e le torture verso i prigionieri. In precedenza, Bacha ha combattuto nel battaglione nazionale Aidar. La sua casa è piena di uniformi naziste, galloni, armi varie, fotografie e documenti che confermano l’idolatria nazista. Per Repubblica e il Pd sono “kantiani moderati” a cui inviare armi» (Giorgio Bianchi Photojournalist, inviato nel Donbass).
Tra gli scudi umani liberati
«Mariupol. Non so a voi, ma a me emoziona vedere i soldati ceceni distribuire il pane alla gente. A quella gente che gli ucronazi hanno usato come scudi umani e costretto a vivere nelle cantine in condizioni disumane. Mi emoziona vedere questi ragazzi del Caucaso che quando infuriava la guerra in Cecenia erano appena nati. Mi emoziona perché mi dà speranza per le prossime generazioni di Ucraini. 20 anni fa i padri dei ragazzi ceceni sparavano ai Russi, esattamente come fanno oggi gli Ucraini» (Laura Ru).
«I bambini sorridenti di Enerhodar, in Ucraina, liberati dalla guardia nazionale russa. Erano anni che i nazisti ucraini tormentavano le popolazioni locali con violenze e orribili abusi. Ovviamente né all’epoca né adesso la stampa Occidentale o Bergoglio che parla di “pace” denunciavano i crimini subiti dagli Ucraini e dalla popolazione russofona. Né tantomeno ci mostrano adesso la gioia di chi è stato liberato. Ci mostrano videogiochi e attori che recitano la parte delle vittime dei bombardamenti russi» (C.S.).
Le fake news per la crassa ignoranza dei lettori
«Didascalia della foto del FT: passeggeri lasciano la stazione ferroviaria di Lviv. Peccato che la foto sia stata scattata in Siria. Io mi chiedo: in una redazione nella quale lavorano decine di giornalisti, possibile non ci sia un pirla che si fa venire il dubbio che quei volti abbiano poco a che vedere con i tratti somatici degli Ucraini? La cosa bella è che si sono sprecati anche a scrivere la didascalia. Almeno Massimo Giannini quando confeziona le sue fake ha l’accortezza di evitare di lasciare tracce scritte. Lui butta la foto lì e si affida alla crassa ignoranza dei suoi lettori» (Giorgio Bianchi Photojournalist, inviato nel Donbass).
L’ennesima figuraccia del TG1
Il conduttore viene sputtanato dal suo stesso inviato. Generalmente la RAI trasmette le veline di Kiev senza verifica alcuna, ma per una volta che lo fa, sentite cosa accade. Bombardato l’Istituto di fisica nucleare, dice il conduttore nel lancio, così come riferito dall’esercito ucraino. Ma sorpresa! Giunti sul posto si può osservare l’Istituto integro. Come rimediare? Affermando che l’esercito ucraino potesse riferirsi a bombe “nell’area dell’Istituto”, ad uno due km da esso (naturalmente non verificate).
“Drone abbattuto coi cetrioli”. La folle guerra della propaganda in Ucraina
Mosca e Kiev hanno dato il via ad una battaglia a suon di propaganda. A chi dobbiamo credere?
di Toni Capuozzo
Nicolaporro.it, 21 marzo 2022
Ci sono due propagande. Sì, però l’una è la propaganda dell’aggressore, connaturata a un regime. L’altra è la propaganda dell’aggredito, che pur di resistere e invocare aiuto deve spararla un po’ grossa. Vero, ma l’audience israeliana, che purtroppo di Storia ne ha patita, non ha abboccato al paragone tra Putin e Hitler, e al genocidio degli ucraini. E’ guerra, e mettere in conto la propaganda in Ucraina non vuol dire mettere tutto sullo stesso piano, confondere e confondersi: vuol dire semplicemente non cascarci. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha firmato un decreto in cui accorpa tutti i canali televisivi nazionali in una singola piattaforma, citando l’importanza di “una politica d’informazione unificata” sotto la legge marziale: lo riporta l’agenzia di stampa Reuters…
La guerra della propaganda in Ucraina
Adesso che la guerra si è incistata, e minaccia davvero di durare, la propaganda si è affilata, da entrambe le parti. Tra l’aggressore, ma anche tra l’aggredito. La Russia fa spot in cui i manifestanti non vengono trascinati in commissariato ma si mettono sottobraccio ai poliziotti per formare una Z. L’Ucraina rifà del buon vecchio rock, come vediamo. Va peggio quando la propaganda diventa cronaca. Leggiamo di violenze sessuali dei soldati russi. Ci vengono in mente i numeri delle violenze nella Germania che veniva liberata dal nazismo, o gli stupri etnici dei Balcani: possiamo escluderlo? Possiamo escludere che una nonna abbia fatto fuori 8 soldati russi con una torta avvelenata? Che una massaia abbia abbattuto un drone con un vasetto di cetrioli sottaceto?
Le notizie che non fanno notizia
Ci sono notizie che non diventano tali. Come quel conduttore della televisione ucraina che ha citato esplicitamente Eichmann sostenendo la necessità di uccidere i bambini del nemico, prima che diventino vendicatori. Certo, rovinerebbe il No pasdaràn. Non fa notizia la diserzione di un estremista di destra americano dalla legione dei volontari: racconta che sequestrano loro i passaporti. Ci sono almeno tremila passaporti statunitensi nei cassetti. Ovviamente c’è propaganda nel guardare al mondo, e a come si schiera: Boris Johnson che dice che la Brexit è simile alla resistenza ucraina -amore per la libertà – passa inosservato. Se un attore sconosciuto si pronuncia in modo gradito, megafono, se Nikita Michalkov si esprime per Putin, gli oci cjornie, gli occhi neri, restano chiusi.
La propaganda sui morti in Ucraina
È peggio, la propaganda, quando riguarda i civili la ricerca infinita dei morti nel Teatro di Mariupol, l’eterna domanda: bombardamento sbagliato, ricerca volontaria del civile da punire perché più facile, in guerra a chi capita capita, e del resto hanno distribuito le armi ai civili, o scudo umano da esibire, quando lo scudo si spezza, allo sdegno del mondo e alla domanda di nuove armi? O solo prezzo inevitabile, senza bandiera, dell’orrore di una guerra urbana? Vale anche per i deportati. Ho visto filmati di persone fuggite da Mariupol verso le zone “russe” che raccontano di essere state trattenute a forza in città, dal battaglione Azov che occupava i loro appartamenti per farne postazioni. È impossibile? Sembra vero che ci siano treni carichi di morti russi che viaggiano nella notte. Ed è logico che li nascondano alla propria opinione pubblica, e i nemici se potessero pubblicherebbero orario di partenza e di arrivo. Ma è credibile che siano morti ormai migliaia di russi e i numeri dei morti civili sono grazie a Dio bassissimi, nonostante i russi siano crudeli e bombardino le camere da letto dei bambini?
“Ma che assedio è?”
È normale che non si veda mai, anche se i giornalisti e i fotografi sono tutti o quasi dal lato ucraino [*], un morto militare ucraino? Li ho visti per la prima volta ieri sera, nel programma di Massimo Giletti, spintosi lodevolmente fino a Odessa. Ma il senso di quel mostrare era: dateci la no fly zone. E l’assedio di Kiev, di cui non si vantano i russi ma di cui si lamentano gli ucraini, che assedio è se i leader di Slovenia, Repubblica Ceca e Polonia arrivano in città in treno? Se funzionano i telefonini, e c’è acqua e corrente elettrica: è il primo assedio soft della mia vita. Bisogna continuare a guardare, ad aiutare, a cercare di capire, ma senza rinunciare a ragionare. In Russia sono pochi quelli che si sottraggono alla propaganda.
E in Occidente? Il giorno in cui diremo tra noi e noi questo è troppo, non posso limitarmi a lanciare salvagente, a soccorrere naufraghi, devo buttarmi in acqua, il giorno in cui diremo più armi, il giorno in cui coerenza ci porterà a dire no fly zone, sarà tardi per chiedercelo. L’unica cosa in cui si può credere sono le foto dei carri armati bruciati, e i volti dei civili che fuggono. Per quanto la propaganda di entrambi, aggressore e aggredito, ci inzuppi il pane quotidiano, sono la nuda sostanza della guerra, e non mentono. Hanno il mistero definitivo della morte, quelle Z sulle carcasse fumanti, e la solitudine senza tempo del dolore che ti porti dietro come un povero fagotto. Lì non conta la geopolitica, né il prender parte dei politici, né la chiacchiera di noi giornalisti, sul campo o in studio, è brusio. Ci sono solo quelle facce impietrite e quei ferri ritorti. Dicono poco, a volte niente, e dicono tutto.
[*] Nel Donbass “qualcuno” c’è, per esempio Giorgio Bianchi Photojournalist [QUI] e Vittorio Rangeloni [QUI].
«Continua lo sporco lavoro dei media nel tentativo di scatenare un conflitto su larga scala in grado di servire gli interessi dei venditori di armi, spesso proprietari anche di note testate giornalistiche. L’obiettivo è uno solo: demonizzare Putin e magnificare le virtù dell’Ucraina di Zelensky. Riusciranno questi pericolosi personaggi a gettare il mondo nel panico, con un pubblico di analfabeti funzionali in preda a russofobia e dissonanza cognitiva. Ne parlano con Francesco Toscano a “Dietro il Sipario”, Giorgio Bianchi, Paolo Borgognone, Francesco Amodeo e Prof. Franco Cardini» (Visione Tv).
«Credo che Giorgio Bianchi nella sua domanda al Prof Cardini abbia condensato il pensiero dominante o la paura dominante di chi come lui sta intravvedendo un percorso già battuto nella storia e che potrebbe però a differenza della seconda guerra mondiale, portarci a vivere in un nuovo scenario che non siamo pronti nemmeno lontanamente ad immaginare. Lasciamo che i sogni notturni ci vengano in soccorso con le loro profezie e speriamo non si rivelino degli incubi. I miei pensieri sono tutti per lei e sono affini ai suoi. Che il Cielo la protegga Bianchi» (Avverse Sincronicità).
Sondaggio. Qual è, a vostro parere, la bufala più ridicola pubblicata dai nostri “media” sulla guerra in Ucraina?
«1) La nonna che avvelena con la torta 8 soldati russi
2) il missile russo che entra in casa e colpisce il lavello lasciando intatto il soggiorno, la cucina e persino il tetto
3) Gli eroi dell’isola dei serpenti prima morti e poi resuscitati
4) La moschea di Zaporozhe distrutta dai russi, ma l’indomani intatta
5) Il teatro di Mariupol bombardato con 300 morti e l’indomani invece nessun morto
6) L’ospedale, rigorosamente pediatrico, di Mariupol con un solo paziente, una nota blogger e attrice
7) Il generale russo investito da un carro armato guidato dai suoi stessi soldati diventati improvvisamente ucraini
8) Le svastiche nei muri di Mariupol disegnate apposta dai soldati russi per far sembrare l’ucraina piena di nazi
9) La notizia per cui Azov pure se ha la svastica non è nazista (o meglio sono nazisti buoni) e il comandante legge Kant tutte le sere ai soldati
10) il carro armato russo che gira per il centro Kiev investendo le macchine nonostante i Russi siano tutt’ora a 25 km dalla città
11) Gli elicotteri russi distrutti a Kherson, ma è un videogioco
12) Le vecchiette improvvisate anti-aeree per droni
13) I Russi che pagherebbero il pane a rate
14 ) La nonna ucraina che con un barattolo abbatte il drone russo
Sono così tante che non me le ricordo tutte…
Faccio mio il sondaggio proposto dal canale Telegram LR Geopolitica e News» (Giuseppe Masala Chili).
Russofobia. Per quando la Z sul petto per i Russi che vivono da noi (e per i putiniani)?
«Con questa guerra psicologica, antropologica e sociologica alla gente russa, alla cultura russa, agli sportivi russi, agli artisti russi, ai cibi russi, ai simboli russi, alle lettere dell’alfabeto, con qualsiasi mezzo accusando tutti i non acriticamente allineati alla weltanschauung del regime occidentale di essere pagati da Putin – oltrepassando il ridicolo – le istituzioni stanno perdendo definitivamente qualsiasi autorevoleZZa e credibilità, sempre che ne abbiano avuta una.
Non ho capito se debbano convincere più se stessi o semplicemente siano affetti da una psicosi trasformata in sociopatia di gruppo, oppure ancora sia emersa una malattia psichiatrica ben dissimulata ed palesata chiaramente con gli stimoli adatti. Dormono la notte con questi pensieri ossessivi?
Mi aspetto a questo punto, da parte delle autorità, il costringere i russi che vivono nelle nostre zone ad andare a giro indossando una Z, come una volta successe a un altro popolo» (Ilaria Volpi).
Realtà parallela e realtà della guerra
di Roberto Buffagni
Italiaeilmondo.com, 27 marzo 2022
Sintetizzo con la massima brevità i punti essenziali dall’operazione di guerra psicologica condotta dall’Occidente nell’ambito delle ostilità tra Russia e Ucraina, volta alla creazione di una vera e propria Realtà Parallela; operazione disinformativa di una vastità, capillarità, radicalità senza precedenti storici. Elenco gli snodi essenziali della “narrativa” occidentale, e li metto a confronto con le realtà fattuali e documentali che essi distorcono e occultano.
Dall’inizio delle ostilità in Ucraina l’Occidente ha organizzato una vastissima, capillare, radicale campagna di guerra psicologica volta alla creazione di una Realtà Parallela.
Che cos’è una Realtà Parallela? Quale caratteristica essenziale la distingue dalla realtà? La Realtà Parallela è dove muoiono solo gli altri. La realtà è dove muori anche tu, dove muoio anche io. Come il desiderio, la Realtà Parallela non ha limiti. La realtà è ciò che impone limiti al desiderio.
A creare la Realtà Parallela è lo sforzo internazionale di circa 150 aziende di Pubbliche Relazioni, coordinate da Nicky Regazzoni, cofondatore di PR Network [1] e Francis Ingham [2], un esperto di pubbliche relazioni strettamente legato al governo britannico. Nell’articolo di Dan Cohen linkato in calce, abbondanti informazioni e documentazione in merito [3].
Gli snodi narrativi fondamentali della Realtà Parallela sono:
L’invasione russa dell’Ucraina è solo il primo passo di un progetto di espansione imperiale russa a danno dei paesi europei. Vanno dunque occultate tre realtà: che la Russia ha invaso l’Ucraina per difendersi dalla NATO, l’alleanza militare più potente al mondo; che un’espansione imperiale russa a danno di altri paesi europei implicherebbe un conflitto diretto con la NATO; che la Russia non dispone dei requisiti fondamentali (potenza demografica, potenza economica, potenza militare) per tentare un’espansione imperiale ai danni di altri paesi europei.
L’Ucraina può vincere da sola contro la Russia, se l’Occidente la sostiene con le sanzioni alla Russia e l’invio di armi. Vanno dunque occultate le seguenti realtà: che la Russia sta impegnando in Ucraina circa 180.000 effettivi, e può disporre di altri 600-700.000 uomini, per tacere della sua netta superiorità di mezzi, mentre l’Ucraina sta impegnando tutti i suoi uomini e i suoi mezzi: l’esito militare del conflitto è dunque predeterminato. La Russia sta vincendo. Lo prova il fatto che essa non fa affluire ingenti rinforzi in Ucraina, come certo farebbe se fosse in difficoltà sul campo.
La Russia è in malafede quando sostiene che l’invasione è motivata dal possibile ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica. Per la Russia, la guerra ha sia motivazioni di espansione imperiale [v. sub a] sia ideologiche: è “una guerra contro la democrazia”. La posta in gioco sono dunque i “principi universali” [4], il diritto di ciascuno Stato alla propria sovranità e indipendenza. Va dunque occultata la realtà che il 15 dicembre 2021, la Russia ha aperto una trattativa diplomatica con gli USA, nella quale chiedeva due sole cose: firma di un trattato a garanzia che l’Ucraina non sarebbe entrata nella NATO; applicazione dei Trattati di Minsk a tutela delle popolazioni russofone del Donbass (per intenderci, sul modello Alto-Adige). Nella proposta russa, non si faceva alcuna menzione del regime politico ucraino, né si chiedevano menomazioni territoriali o politiche della sovranità ucraina. L’iniziativa diplomatica russa del 15 dicembre seguiva immediatamente la sottoscrizione, in data 10 novembre 2021, dello US-Ukrainian Charter on Strategic Partnership [5], che ribadiva la dichiarazione del Summit NATO di Bucarest 2008 sull’ingresso dell’Ucraina nella NATO [6], e l’integrazione operativa tra FFAA ucraine e NATO [7]. Se gli USA avessero accettato le richieste russe del 15 dicembre 2021, in Ucraina non si sarebbe sparato un colpo.
Dopo la dichiarazione del Summit NATO di Bucarest 2008 preannunciante l’ingresso nell’Alleanza Atlantica di Georgia e Ucraina, la scelta di compiere anche formalmente l’ingresso nella NATO spettava esclusivamente alla libera scelta del governo ucraino, democraticamente eletto. Va dunque occultata la realtà che il presidente Zelensky si è lasciato sfuggire in un’intervista con il giornalista della CNN Fareed Zakaria [8]: “Zelensky: ‘In Occidente tutti mi hanno detto che non abbiamo alcuna possibilità di entrare a far parte di NATO o UE. Ho chiesto loro di non mettere all’angolo il popolo ucraino perché il nostro popolo è coraggioso e anche l’Occidente dovrebbe avere il coraggio di dire apertamente al popolo ucraino che, beh, non diventerai un membro NATO-UE. Non hanno una posizione consolidata, e l’ho chiesto personalmente. Ho chiesto loro, personalmente, di dire apertamente che vi accetteremo nella NATO tra un anno, o due, o cinque. Ditelo apertamente e chiaramente, o semplicemente dite di no, e la risposta è stata molto chiara, non diventerete un membro della NATO o dell’UE, ma pubblicamente le porte rimarranno aperte” [9]. Va insomma occultata la realtà che gli USA e la NATO, con la complicità della UE, hanno intrappolato l’Ucraina in una situazione senza via d’uscita, facendole credere che ne avrebbero garantito la sicurezza con la deterrenza NATO, la prosperità con l’ingresso nella UE: per poi sacrificarla e regalarle guerra e miseria. Come disse già nel 2015 il professor John Mearsheimer, “L’Occidente sta guidando l’Ucraina sul ‘sentiero delle primule’, e il risultato finale sarà la distruzione dell’Ucraina” [10]. Mearsheimer impiega una locuzione idiomatica anglosassone coniata da Shakespeare: il primrose path, il sentiero delle primule, è la via facile del piacere che conduce all’eternal bonfire, il fuoco eterno.
Questi sono gli snodi essenziali della “narrazione” occidentale che crea la Realtà Parallela. Da essi conseguono numerose derivazioni, digressioni e spin-off che qui per brevità e chiarezza non elenco, e che sono d’altronde facili da individuare quando si abbiano chiari i punti fondamentali della costruzione narrativa e li si confronti con i dati di realtà.
[1] [2] [3] [4] [5]
[6] “Guided by the April 3, 2008 Bucharest Summit Declaration of the NATO North Atlantic Council and as reaffirmed in the June 14, 2021 Brussels Summit Communique of the NATO North Atlantic Council, the United States supports Ukraine’s right to decide its own future foreign policy course free from outside interference, including with respect to Ukraine’s aspirations to join NATO”.
[7] “The United States remains committed to assisting Ukraine with ongoing defense and security reforms and to continuing its robust training and exercises. The United States supports Ukraine’s efforts to maximize its status as a NATO Enhanced Opportunities Partner to promote interoperability”.
[8] [9] [10]
Oltre la propaganda il “metaverso”
«Uno dei tratti distintivi dell’informazione mainstream da quando è iniziato il conflitto in Ucraina è rappresentato dall’utilizzo di fotogrammi e filmati e suoni pescati “distrattamente” dal repertorio dei videogame e della cinematografia hollywoodiana.
Se inizialmente queste “sbadataggini” potevano essere comprensibili sia in quanto distrazioni del montatore di turno che non sapeva come riempire i servizi, sia in quanto precisa volontà mistificatrice da parte dei sedicenti professionisti dell’informazione, oggi ho un sospetto diverso.
Un filmato divulgato dal Ministero della Difesa Ucraino che ritrae alcuni missili nel momento in cui starebbero abbattendo elicotteri Russi, è in realtà preso da un videogame in computer grafica. Dunque nessuna distrazione. Nessun montatore frettoloso. Ma precisa volontà di un Ministero.
Eppure non può essere nemmeno propaganda: quale Ministero potrebbe mai attribuire all’operato delle proprie forze armate qualcosa che in dodici secondi – facendo il giro della rete nel mondo – verrebbe smascherato? Sarebbe un autogol clamoroso. Si coprirebbero di ridicolo.
E allora: a quale gioco stanno giocando? Perché questo abbondante abuso di immagini false, in computer grafica, prese dal mondo dello Spettacolo? Videogame, film, 3d e via cantando.
Nel mondo che sempre più si avvicina all’implementazione liquida dei principi della realtà aumentata, nel mondo che avanza a passi da gigante verso i crismi mortiferi del metaverso, nello stesso mondo in cui per poter partecipare al consesso sociale si richiede un codice da parafrasare in pixel e codice binario, temo ci sia la precisa volontà di operare nell’immaginario collettivo una sovrapposizione tra ciò che è fasullo e ciò che è reale.
Mi spiego meglio: se mentre guardo un film o gioco a un videogame so che cosa sto facendo perché la mia attenzione è filtrata dalla consapevolezza della finzione, quando invece quelle stesse immagini le percepisco durante quello che mi viene proposto come un contesto realistico, e anche drammatico, la mia mente rimuove il distacco interposto dalla finzione e assorbe quelle immagini come vere, educandosi a una percezione differente. Educandosi a una grammatica immaginifica irreale, scambiandola per realtà. Educandosi a sprofondare nel metaverso. Livellandosi a una qualità del dettaglio inferiore rispetto a quella fornita dalla realtà. Facendoci accettare come normali elementi irreali.
In sintesi, l’operazione potrebbe essere voluta affinché le masse implementino un ulteriore innesto all’interno del retropensiero collettivo percepito, in modo tale da poter loro proporre in futuro ogni sorta di (ir)realtà, spacciandola per vera.
Teniamo a mente questa possibilità. E – è proprio il caso di dirlo – occhi aperti.
Freud ci è di enorme aiuto per interpretare il comportamento del progressista durante questi giorni di guerra.
In condizioni normali, il progressista finge di amare gli stranieri, finge di essere antirazzista, di odiare i fascisti, di essere per la democrazia e la verità. Ma sono appunto bugie, bugie e ancora bugie.
La sua vera natura è costantemente repressa e alla prima occasione buona vien fuori, salta il tappo di lava-ipocrisia ed erutta con violenza. Come il bigotto che di notte va a prostitute o il borghese perfettino che in realtà è un serial killer. Jekyll & Hyde, centinaia d’anni di letteratura ci aiutano a capire.
Ed eccolo lì l’antirazzista intento a odiare un popolo intero con la bava alla bocca, eccolo lì il democratico intento a chiedere che venga tacitata ogni voce dissenziente.
E ancora eccolo lì il pacifista intento a chiedere omicidi a mezzo stampa, eccolo lì il pacifista intento a invocare la terza guerra mondiale. Eccolo lì l’antifascista a braccetto con i nazisti.
Eccolo lì, finalmente libero di manifestarsi per quel che è, con il pistolino in mano a masturbarsi tutto eccitato dalla sua pulsione di morte» (Alberto Scotti).
Le dinamiche repellenti
«C’è qualcosa di quasi rasserenante nel rivedere sempre le stesse dinamiche, per quanto repellenti. Così per mesi abbiamo ricevuto dall’apparato mediatico come unica verità asseribile una camionata di menzogne, omissioni, e distorsioni lunari sulla strategia pandemica, il tutto accompagnato da censure violente e stigmatizzazioni delle voci dissonanti. Ora è cambiato il tema, ma le modalità sono rimaste esattamente identiche, con la differenza – non piccola per chi si trova dal lato del dissenso – che in questo caso un numero maggiore di cittadini hanno esperienza pregressa sufficiente a insospettirsi, o addirittura a rilevare distintamente l’inaffidabilità della propaganda mediatica (Sul tema pandemico il pubblico era “epistemologicamente vergine”, e quindi l’appello a fidarsi degli “esperti bollinati” di regime funzionava praticamente senza resistenza, qui invece una parte significativa del pubblico ha quel tanto di memoria storica per non bersi tutto senza percepire almeno delle dissonanze). Ma nonostante questa sorta di quasi-serenità che possiamo avvertire nel re-identificare un medesimo pattern, lo stupore – e il disagio – di fronte alla potenza di costruzione mediatica della realtà rimane grande. Così, riuscire a far passare appelli in prima pagina all’assassinio politico di leader di potenze straniere per “libertà di stampa di cui siamo orgogliosi alfieri”, mentre vengono sospesi (su richiesta politica) contratti di informazione TV a voci dissenzienti (Orsini) è al tempo stesso meraviglioso e angosciante. O similmente, sbattere fuori con ignominia ogni cenno alla Russia e alla cultura russa da ogni contesto possibile, letterario, musicale, sportivo, accademico e poi rivendicare di parlare a nome dei valori di tolleranza dell’Occidente, anche questo è bellissimo. Oppure, dopo aver costruito per mesi e anni la catena di equivalenze riduttive per cui chi rivendicava gli interessi della sovranità nazionale era “sovranista”, se eri “sovranista” eri “nazionalista”, e se eri “nazionalista” allora eri nazifascista, ora parte la riduzione inversa, per cui nazisti col bollino sono nazionalisti, che a loro volta in fondo sono solo buoni patrioti scesi in campo a difesa della sovranità nazionale. Oppure si spiega che la sovranità nazionale ucraina non ammetteva mitigazione alcuna e che non c’era assolutamente nessun pericolo rappresentato da NATO/USA, e poi si menziona come minuzie trascurabili che l’Ucraina era luogo di ripetute esercitazioni militari NATO, che l’esercito ucraino era già in precedenza addestrato e armato dagli USA, che l’Ucraina ospitava 16 biolaboratori sotto la sovraintendenza diretta degli USA, che il figlio del presidente in carica era (è) nel CdA della maggior azienda energetica ucraina e che il babbo fece licenziare il pubblico ministero (ucraino) che lo stava indagando, che il colpo di stato del 2014 era stato finanziato con soldi di provenienza estera, ecc. ecc. (tutto nel nome dell’autonomia sovrana dell’Ucraina, va da sé). Oppure si applaude in Parlamento, nel nome della democrazia, un presidente che ha appena soppresso ed eliminato tutti i partiti di opposizione nel proprio Parlamento. Questo lavoro ai fianchi da parte del Ministero della Verità non è semplicemente ignobile e disgustoso per chiunque abbia ancora un briciolo di onestà intellettuale; questo sarebbe il meno; il problema è che esso prepara sempre il terreno a decisioni radicali che devono apparire necessarie, fatali, richieste dalle circostanze. Così in Italia è già passato, dopo anni di stand-by, un finanziamento militare straordinario (60 miliardi nei prossimi 15 anni); così in Germania è ripartito in grande stile il riarmo bellico dopo il ’45; e così, giorno dopo giorno, la menzione americana di possibili “incidenti” che potrebbero portare “come ultima risorsa” all’utilizzo dell’arma nucleare prende piede» (Andrea Zhok).
Il punto nello spazio-tempo
di Pierluigi Fagan
Giorgiobianchiphotojournalist.com, 26 marzo 2022
In questi giorni, siamo triplicemente schiacciati. Siamo schiacciati su un racconto dei fatti che è coerente in sé, ma che non sembra molto relativo ai fatti. Come alcuni hanno notato, il succo del post di ieri non era solo evidenziare l’operazione narrativa di spettacolare ed inquietante forzatura delle opinioni, era anche il notare come nonostante questo sforzo immane, proprio la sua protervia sembra generare rendimenti decrescenti. Non so dire di altre parti d’Europa, ma qui da noi sembra esserci uno scarto vistoso tra ciò che dicono noi si debba pensare e ciò che larghe fette della popolazione pensa. Questo secondo dato mostra fatti da interpretare. Come mai molti hanno una diversa visione di ciò che succede? La manipolazione info-cognitiva è di dimensioni semi-totalitarie. Non c’è alcuna rappresentazione pubblica della perplessità, per non dire della contrarietà. Un vasto e prudente silenzio nell’intellettualità critica conferma che passati decenni a parlare di economia, moneta, turbocapitalismo et affini, pochi avevano incluso le grammatiche di potenza e la ricchezza delle nazioni nel loro armamentario critico.
Né si nota una insorgenza dal basso, spontanea o in parte alimentata, nel mondo on line, nulla a che vedere ad esempio con la recente esperienza Covid che fossero posizioni no-vax o no-pass o paranoie da Great Reset. Né la destra americana, né i russi, né nessun altro, sta agendo nel tentativo di creare una contro-narrazione. Come si spiega allora questa vasta incredulità spontanea?
Tento l’analisi. Da una parte, è evidente che la regia narrativa di questo evento è decisamente nelle mani americane che poi le si voglia chiamare atlantiste o NATO o demo-liberali o come altro preferite. Gli americani ragionano del mondo partendo per lo più dal loro mondo, che è un mondo particolare, che non è un frattale che rappresenta in più piccolo il più grande. L’intera narrativa di ciò che sta succedendo, mostra parecchie ingenuità ed esagerazioni manifeste e ciò mina dal di dentro la stessa credibilità dell’intera operazione. E se oggi ha comunque catturato molti, è probabile che nelle prossime settimane e mesi, questi molti rifletteranno criticamente su ciò che è avvenuto.
Dall’altra, uscendo dalla narrazione ed occupandoci dei fatti duri, la svolta impressa al corso storico dagli americani, sembra una strategia di molta dubbia pregnanza. Del resto, quasi nessuno tra gli analisti del mondo, è mai stato convinto del fatto che gli americani fossero dei grandi strateghi. Soprattutto, mai come oggi gli americani si trovano nella condizione del salmone che deve risalire forti correnti contrarie, correnti di fatti non di narrazioni. Ci sono quindi problemi di forma e contenuto nella credenza che ci impongono di condividere.
Il secondo schiacciamento è nello spazio. Ormai consociamo la cartina dell’Ucraina meglio di quella di casa nostra. Ma se allarghi lo zoom, ecco l’Europa vs Russia. Se lo allarghi ancora un po’ ecco gli USA vs Russia, Cina e vari stakeholders del mondo multipolare. Se lo allarghi al massimo, ecco l’intero pianeta. Un pianeta che passa di colpo dalla globalizzazione con recenti preoccupazioni ambientaliste, ad un pianeta in forte conflitto, che si arma sempre di più, concentrato su sentimenti di paura, rabbia, timore, preoccupazione, odio, l’eterno ritorno identitario.
Ma non c’è spazio senza tempo e quindi eccoci al terzo schiacciamento. Siamo incollati alla cronaca dell’Adesso! Non si vogliono curiosità che tentino le ricostruzioni del come siamo finiti in questo pasticcio, che si retroceda al 2014 o al fallimento del mondo unipolare profetato negli anni ’90. E non si vogliono previsioni che saltando il come andrà a finire il confitto, fatto però per niente ininfluente, rifacciano il quadro previsionale sconvolto oggi dagli eventi.
Ma ecco che, nelle élite occidentali di sistema, comincia a prodursi una non domabile preoccupazione. Non è che l’élite capital-globalista sia così disposta a cambiare i propri quadri cognitivi e comportamentali, più di quanto siano disposti i comuni cittadini. Non è che i sistemi delle pratiche e delle immagini di mondo che le riflettono, siano propense di loro natura a salti di paradigma improvviso e radicale.
Ieri ho ascoltato un molto attonito e profondamente preoccupato De Benedetti dalla Gruber. Il poverino sembrava non riuscire a far capire agli altri in quale immane casino siamo precipitati. Saltando il brodino retorico cucinato di prammatica nel tipico formato talk poco show, DB enunciava uno scenario a dir poco drammatico.
Ricordando che l’Oil Shock anni ’70 portò ad un repentino aumento dei costi energetici del +300% che generò stagflazione, come provava a ricordare il Giannini ansioso di mostrare che lui i libri di storia li ha letti, DB replicava che non c’entrava nulla la stagflazione perché con il repentino attuale incremento del +400% ci sarà solo recessione e depressione. Il che è definizione dal punto di vista macroeconomico, salvo poi doverne conseguirne necessariamente catene di fallimenti aziendali e disoccupazione a due cifre andanti, sul piano più concreto. A cui aggiungere i danni della già declinante globalizzazione prima maniera. A cui aggiungere pagine e pagine di catene di conseguenze che qui non possiamo scrivere e che forse, molti ignari della logica dei sistemi e poco pratici con il Sistema-mondo, non hanno ancora il piacere di immaginare.
DB ricordava poi la carestia, sì proprio la “fame” come ha più volte provato a dire allarmato. Ne abbiamo già scritto qui molti giorni fa sebbene i più forse erano allora interessati alla cronaca potente degli eventi in diretta. L’Egitto, per dirne una tra le tante, è il più grande consumatore ed importatore di frumento di cui primo e quarto paese produttore sono Russia ed Ucraina. Sono poco meno di 100 milioni di persone per poco meno del 50% sotto i 19 anni. Stanno lì davanti le coste greche, confinano con i già disordinati libici, con il Sudan, con il mondo arabo. E Georgieva IMF ha già avvertito dei prossimi 40-60 milioni di nuovi poveri assoluti per lo più africani ed arabi, nel mondo che ci è dirimpetto. Ma aggiungeva oltre agli olii di semi, mais e varie materie prime che riempiranno di buchi la catena logistica delle forniture di base, i fertilizzanti anch’ essi una specie con forte peso russo-ucraino-bielorusso.
Spalancando gli occhioni, ripeteva “il Brasile! Il Brasile sta già finendo i fertilizzanti!”. Lui riesce a collegare i fertilizzanti alla produzione agricola, gli altri sembra di no. La produzione agricola diminuirà non solo per sottrazione diretta ed improvvisa di prodotto russo-ucraino e forse anche bielorusso (1 su 8 calorie mondo, sono prodotte dai russi ed ucraini), ma anche per via dei problemi di coltivazione provocati dalla scarsità di fertilizzanti. Ne conseguono ulteriori patatrac economici e finanziari. È una specie di ictus-mondo sul piano alimentare e noi il piano alimentare ce lo siamo scordati, come problema, da decenni visto che eravamo tutti intenti a scoprire il fascinoso mondo dei Data, le promesse del digitale e l’imperativo categorico dei bagni riservati al terzo sesso.
Shock energetico, recessione, fallimenti e disoccupazione, crollo borse (e su questo DB spalancava gli occhioni ancora di più), disordine sociale in dimensione mondiale e fame, sì la fame, ragione per cui falliranno anche i fitness center tanto dimagriremo in via naturale. Il tutto nel già noto processo di profonda corruzione ecologica ed instabilità climatica.
Ecco perché c’è il caposaldo con cui inizia ogni narrazione pubblica: “… qui bisogna dire che c’è un invasore ed un invaso”, notazione la cui ovvietà sembra necessiti di continue ripetizioni come dire “l’acqua è liquida!” o “la Terra è rotonda!”. È questo il fondamento del discorso pubblico, reagire al sopruso, difendere il nostro stile di vita, sconfiggere il pazzo di Mosca, adorare il simbolo vivente dell’occidentalità incarnato nell’attore ucraino, credere, obbedire, combattere o almeno mandargli le armi perché combatta in nostro nome e per conto che noi siamo anziani e post-storici.
Niente complessificazione di analisi, niente risalita alle cause di lunga e media durata, niente distrazioni sul “mondo grande e terribile”, niente sguardo al futuro che ci attende e, non del tutto ma per molto, già a prescindere dall’esito del conflitto. Dovete solo agire, costi quel che costi e soprattutto non preoccupandovi oggi dei costi. Avrete tempo per rendervene conto. Ecco, forse, il medio buonsenso da cui siamo partiti all’inizio, si spiega proprio con questa sproporzione tra ciò che si dice e ciò che “si sente”. Si sente senza chiavi di analisi profonda, si sente nell’intuizione del mondo.
Eravamo convinti si fosse nel migliore dei mondi possibili, ma ci sbagliavamo, era apparenza, era distrazione, era falsa percezione. Ecco forse molti cominciano ad avvertire su quanta apparenza, distrazione, falsa percezione è basato il nostro modo di stare al mondo e quanto il mondo che verrà richiederà un forzato bagno nelle acque fredde e tempestose della cruda realtà. Un mare ostile e nero verso il quale siamo spinti a forza dalla forza della storia che pensavano finita, mentre scopriamo che è finita solo la nostra Grande Illusione.
Gli sceneggiatori di Zelensky
«Dopo che Zelensky ha ufficialmente bandito i restanti partiti di sinistra (quello comunista era già stato messo al bando nel 2015), i suoi sceneggiatori gli indicano la mossa successiva: terminare la videoconferenza al vertice NATO di Brussel col pugno chiuso. Perché? Per confondere. Perché un’immagine è più potente delle parole, qualsiasi sceneggiatore lo sa, e quel pugno ci dice molte cose. Quel pugno ci dice che il problema dell’ultranazionalismo in Ucraina non esiste. Ci dice che di rifugiati politici in Ucraina non ce ne sono mai stati. Che non vi è mai stato nessun morto tra i dissidenti. Che nessun n4zista di nome Bandera è diventato eroe nazionale. Che nessuna bandiera dei collaborazionisti di H1tler è mai stata sventolata nel 2014, durante una rivoluzione democratica. E il Battaglione Azov? Un’aggregazione in cui si legge Kant, dicono i media. Per questo motivo, forse, il presidente Zelensky ha conferito il titolo di “eroe dell’Ucraina” a Denis Prokopenko, comandante dello stesso battaglione. Cosa dire, invece, degli altri battaglioni punitivi neon4zisti, regolarmente inseriti nell’esercito ucraino? Il Dnepr, il Donbass, l’Aidar? Nulla, non se ne parla, quindi non c’è niente da dire. Persino il massacro compiuto dagli estremisti del Settore Destro contro i civili a Odessa: non è stato mostrato, quindi evidentemente non c’è stato. E otto anni di guerra in Donbass, i profughi, le migliaia di vittime, i disabili? Spariti, non ci sono prove, forse è partito solo qualche sparo. I media russi che potevano testimoniare sono stati oscurati in Occidente. È stato cancellato quasi tutto. Non si può più verificare. Restano quattro pazzi a gridare che questa è fiction, non è la realtà. La fiction e il pugno chiuso. Gli sceneggiatori di Zelensky usano la stessa tecnica utilizzata all’epoca del movimento Otpor (in serbo: “resistenza”), il cui simbolo era appunto un pugno chiuso. Il movimento, che alle elezioni in Serbia ottenne appena il 2% dei voti, ma che ebbe una sovraesposizione mediatica in Occidente, utilizzava un’insospettabile estetica di sinistra per promuovere una politica di destra. Nulla di nuovo dunque: si svuota l’oggettività del suo significato e, mistificando il reale, si falsificano deliberatamente i fatti. Chi è ancora lucido, coglie la differenza che c’è tra fiction e realtà. Del resto, non erano reali neanche le armi chimiche, pretesto usato per distruggere l’Iraq: la stessa provetta agitata da Colin Powell faceva parte di una fiction. Ormai si sa. Ma le armi sono state usate nella realtà. La guerra non è un film, i morti sono veri. In molti vogliono la pace, in molti dichiarano di volere la fine dell’occupazione russa. Ma nessuna mediazione è possibile nella fiction, al di là della realtà» (Sarà Reginella).
Ponzio Pilato e la spettacolarità del sangue
«Tutta l’Europa dei valori, tutta l’Europa democratica, che cosa vuole? Poiché i pensieri complessi devono essere messi al bando, diciamolo in maniera chiara, binaria, semplice, che anche un Severgnini può capirlo: vogliono infliggere lutti ai russi, rendere sanguinosa questa guerra, danneggiare la Russia, sperando magari in un improbabile regime change. E per farlo non importa se portaranno al macello il popolo ucraino. Stiamo facendo la guerra alla Russia sulla pelle degli Ucraini, e se Putin è un aggressore, noi siamo altrettanto responsabili di quei morti, come ne è responsabile Zelensky, che sta facendo un film sulla pelle del suo popolo. Non vogliamo intervenire, ma mandiamo a morire gli ucraini sapendo che senza un intervento NATO, che ovviamente sarebbe follia, questa guerra po’ solo essere una carneficina. Siamo con voi, vi mandiamo le armi, resistete, ah Dio, come vi ammiriamo, come vi amiamo, come ci duole il cuore a vedervi morire. Ma soprattutto come ci piace mostrare che morite, perché le vostre morti sono necessarie per costruire la figura del mostro, che ci serve tanto, che è necessaria, per perseguire i nobili scopi della storia, che non vi dimenticherà. E vi inviamo le armi, che faranno tanto male ai Russi, che si arrabbieranno, e vi massacreranno, e noi trasmetteremo tutto ciò in mondo visione, e il mondo odierà ancora di più il mostro, e amerà le stelle e le strisce. Non vi arrendete, non negoziate. Non vorrete mica deluderci vero? Il progresso e la democrazia globale hanno bisogno del vostro sangue. E lo spettacolo è così bello, ci ha tolto di dosso quella noia che si respirava, diamine, un po’ di brio, di adrenalina, ma al calduccio, si intende» (Vincenzo Costa).
Segue la Parte 20: QUI.