Riflessioni sparse nell’era dei bambini onnipotenti al potere. Per capire (spiegare non è giustificare) cosa sta succedendo realmente in Ucraina – Parte 17

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Prosegue da Parte 16: QUI.

Proseguiamo con la nostra “antologia messo insieme con pazienza” (come è stata definita dall’amico e collega Marco Tosatti), dedicata al conflitto russo-ucraino, con riflessioni sulla guerra in Ucraina. Qui non si fa cronaca di una terribile guerra, di cui siamo già sommersi (non stiamo a ripetere di cui i mainstream media sono già stracolmi), con bassa possibilità di verificare le notizie con cui veniamo bombardati, senza fare un fact checking vero e realmente indipendente. E occuparsi della crisi ucraina significa non solo vedere le atrocità che la guerra porta con sé, ogni guerra, ma anche dedicarsi all’archeologia storica. E facendo ciò si comprende che la questione è un po’ più complicato della scelta pro o contro Putin (anche se “chi prova a fare analisi è solo un complice di Putin”, un “putinversteher” da odiare in questi tempi di odio, ma questo non ci fa cambiare idea: non è la pecora nera che è diversa, ma sono le pecore bianche che sono tutte uguali tra loro).

«Lo Stato in guerra si permette tutte le ingiustizie, tutte le violenze, la più piccola delle quali basterebbe a disonorare l’individuo. Esso ha fatto ricorso, nei confronti del nemico, non solo a quel tanto di astuzia permessa, ma anche alla menzogna cosciente e voluta, e questo in una misura che va al di là di tutto ciò che si era visto nelle guerre precedenti. Lo Stato impone ai cittadini il massimo di obbedienza e di sacrificio, ma li tratta da sottomessi, nascondendo loro la verità e sottomettendo tutte le comunicazioni e tutti i modi di espressione delle opinioni ad una censura che rende la gente, già intellettualmente depressa, incapace di resistere ad una situazione sfavorevole o ad una cattiva notizia» (Sigmund Freud, 1856-1939).

Confermo, a richiesta di amici: no, il nostro non è un regime autoritario.

Il Ministero della Verità ha cancellato la biografia del Professor Alessandro Orsini a causa delle sue opinioni non conformiste sulla crisi bellica e geopolitica in Ucraina [QUI]. Decisione che dimostra un altissimo spirito democratico (così mi ha spiegato George Orwell. Orwell chi? Se trattano così un tremante cacasotto, figuriamoci cosa pensano di fare con le pecore nere.

«”Noi siamo il mondo libero, noi incarniamo la democrazia”. Da ripetere ogni mattina cento volte davanti allo specchio. È molto utile, serve a convincersi. All’inizio della pandemia dissi che quando avrebbero eretto il nuovo muro sanitario-burocratico, la gente si sarebbe fatta sparare pur di saltarlo al contrario. Voleva essere una provocazione che faceva il verso al meraviglioso film “Good Bye Lenin”. A questo punto comincio a crederlo veramente» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

Ringrazio per la solidarietà l’amico e collega Marco Tosatti: Facebook Blocca Korazym. Troppo Pacifista, non Guerrafondaio, Quel Blog [QUI]: «Facebook si dimostra ancora una volta per quello che è: un luogo a libertà limitata, controllata e vigilata dai censori del politically correct e degli interessi di chi manovra i burattini dei main stream media. Il blog dell’editore dell’amico e collega Vik van Brantegem è stato bloccato, come potete vedere qui sotto. Quindi su Facebook si possono pubblicare frasi di odio verso Putin e i Russi in generale, con tanti saluti all’hatespeech, ma non opinioni a favore del dialogo e della discussione piuttosto che delle bombe».

Per il momento – certo, niente nella vita in questa valle di lacrime è permanente e il temporaneo finirà per diventare “per sempre”, come noi credenti sappiamo (o dovremmo ricordare) – il blocco di Facebook consiste solo nell’oscurare post non graditi dal social dell’amico di Zelensky e il blocco è solo minacciato (in termini soavemente minacciosi).

Peggio la sorte toccata all’inviato di Visione TV nel Donbass che merito tutta la nostra solidarietà, Giorgio Bianchi Photojournalist, che i nostri attenti lettori conoscono bene per il suo lavoro professionale nel nome della verità.

«Oggi ho denunciato pubblicamente su Facebook un’intimidazione da me ricevuta via Messenger e cosa fa la piattaforma? Mi blocca per 30 giorni per linguaggio d’odio e mi declassa i post per 60 giorni. Ovviamente ho fatto opposizione. Vediamo che succede» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

Cito e facciamo tutti nostre le parole del Professore Angelo d’Ursi rivolto ad un Direttore di giornale che brama per la Terza Guerra Mondiale e l’Apocalisse Termonucleare: «Conserverò tra le medaglie al merito della mia carriera queste preziose definizioni (sedicente storico, povero webete e pseudogiornalista, oltre che, naturalmente, “miserabile lacchè di Santa Madre Russia”). Sì, perchè gli insulti di siffatti personaggi costituiscono per me altrettante conferme che sono dalla parte giusta della barricata».

Intanto ricordo l’avviso di alcuni giorni fa : «Con l’occasione ripeto mio invito di seguire i miei social: il canale Telegram, Instagram, VKontakte, LinkedIn, YouTube  o – meglio – di seguire direttamente questo mio Blog dell’Editore. Sempre in previsione di prevedibili censure o blocchi dei profili social in futuro. Praemonitus praemunitus.

In questi giorni sto pensando molto alla guerra, come è ovvio. Sono un comunicatore (non un attivista) e quindi comunico. In tutto ciò, sono molto parsimonioso nell’esternare i miei pensieri, che come regola tengo per me. Oggi 19 marzo, festa del papà, pensando ai miei figli, faccio uno strappo alla regola e dico che il mio pensiero è pacifico (spiritualità francescana), non guerrafondaio (e penso che i miei attenti lettori l’avranno capito).
A 27 anni non era più possibile rimandare il servizio militare e – essendo pacifico convinto – avevo deciso di scegliere il servizio civile. Però, ero un leader studentesco e i miei consiglieri me lo sconsigliarono (per non essere strumentalizzato). Quindi, fece richiesta di essere assegnato ad un’arma il meno offensivo possibile. Invece, fu destinato alla cavalleria corazzata, l’arma più offensivo che esiste e con la più bassa possibilità di sopravvivenza in uno scontro diretto tra carri armati (ci fu spiegato molto bene la questione)… che infatti, non avviene più.
Ho fatto tutto il mio servizio militare (prima di leva e poi nel corpo dei carristi istruttori) nella Scuola di Cavalleria Corazzata dell’Esercito belga in Leopoldsburg. Quindi, ho usato il mio servizio militare per capire bene cosa significa “fare la guerra”. Ne sono uscito più pacifico di prima (e non di maniera o di salotto televisivo).
No alla guerra. Non in mio nome.


Missione suicida
Un mercenario britannico che si è recato in Ucraina per “unirsi alla resistenza” contro la Russia è fuggito nel Regno Unito. Ben Spann, 36 anni, è tornato nel Regno Unito dopo aver compreso di essersi unito a una “missione suicida”. Ha trascorso cinque giorni in una casa sicura nell’Ucraina occidentale con quattro ex soldati britannici prima di decidere che si trattava di un “incubo assoluto” e tornare a casa (Fonte Sky News).

Comunque il Truman Show ci fa un baffo
«
Oramai la virtualizzazione della realtà prodotta dal nostro mondo mediatizzato è arrivata all’autofagia, alla recita alla seconda potenza che diventa (parvenza di) realtà. Dopo averne visto il potenziale recitativo nel ruolo presidenziale, dopo averne finanziato l’elezione, ora il blocco economico-militare dell’impero americano propone il proprio ventriloquo – che sta caldeggiando la Terza Guerra Mondiale – per il Nobel per la Pace. Questo mentre, sempre nel nome della Pace, stiamo inviando in luogo di guerra sterminati convogli di armi e mercenari. L’unica vera domanda è: esiste un limite alla capacità di manipolare e rovesciare la realtà che non possa essere superato? Esiste un livello di resistenza da qualche parte nelle coscienze che consente ancora di sottrarsi alla trasformazione del mondo in un’unica grande menzogna?» (Andrea Zhok).

«Sicché il buon Mattia Feltri mi fa sapere di attendere una mia risposta alla sua aggressione giornalistica,  in cui mi accusa addirittura di “falsificazione”. Ma qui si tratta di usare o non voler usare l’intelligenza. Riepilogo i fatti: io invio una lettera, il giorno 16 marzo, al direttore della “Stampa”, denunciando la volgare mistificazione prodotta con la prima pagina di quel giorno, e invitandolo quanto meno a una risposta che naturalmente non c’è stata.
Nella mia lettera, e in successivi miei interventi osservavo che la foto usata scorrettamente (oltre che indebitamente, senza neppure fornire i “credits” obbligatori, con indicazione dell’autore dello scatto, dell’agenzia di riferimento, e ovviamente del luogo e della data dello scatto), si collocava, a mo’ di ciliegia sulla torta, in un contesto di titoli e sommarieti di articoli (con rinvio alle pagine interne) tutti antirussi, e violentemente antirussi, unilateralmente antirussi, con un delirante Scurati che hitlerizzava Putin.
Al fondo pagina, nella sua rubrica “Buongiorno”, Mattia Feltri si concedeva uno sfottò diretto a Luciano Canfora, classificato, implicitamente, tra i “putiniani” e i “pacifisti da salotto” (del resto il titolo era assai chiaro: “Canfora da salotto”). Certo, con un espediente retorico assai facile, Feltri jr, si sperticava in lodi di Canfora, dicendo che certo non lo si può insultare come si può fare con un qualunque “Vito Petrocelli”. E che per parlare bene di Stalin ci vuole la sapienza argomentativa di un Canfora (qui era di nuovo un implicito riferimento a Putin come nuovo Stalin, naturalmente). E che lui, Feltri (che si dichiarava “zelenskiano” e si confessava “guerrafondaio da salotto”) in salotto ci stava benissimo “con i libri di Canfora”. Ebbene tutto il pezzo era un tentativo di sbeffeggiare Canfora, pericoloso nemico, pericoloso proprio per le sue capacità e la sua scienza, riducendolo a un simpatico signore di cui si possono leggere e magari apprezzare i libri, basta non dargli retta sul piano politico.
Questo intendevo quando scrivevo che il pezzo di Feltri ” vorrebbe esser sarcastico su Luciano Canfora, me che fa ridere solo chi l’ha scritto”.
Mentre il suo capo Giannini tace, a parte la figuraccia a “Otto e mezzo” in cui ha sostenuto che al suo giornale interessa “far vedere la guerra”, non indagare sulle responsabilità delle “carneficine, Feltri mi attacca su “Huffington Post”,. ricorrendo allo stesso schema retorico usato con Canfora: lodi iniziali, tutte sottilmente ironiche, per poi arrivare, come dicevo, ad accusarmi niente meno che di “falsificazione”. Dove sarebbe la falsificazione? Ma Feltri conosce il significato e il peso delle parole? “Le parole sono importanti”, tuonava Nanni Moretti, in una indimenticabile scena di “Palombella rossa”… E un giornalista dovrebbe essere particolarmente attento sia al contenuto (il significato) di ciò che scrive, sia al contenitore (il “significante”, per i semiologi, ossia la forma). Ma evidentemente un giornale che opera una falsificazione clamorosa (falsificazione in senso proprio, documentata) come quella della copertina del 16 marzo, non è attento a tale problematica.
Un amico avvocato mi suggerisce di querelare Feltri, data la gravità dell’accusa, ma come ho già annunciato, non posso permettermi di sprecare il mio tempo (poco, considerando l’età). Osservo che nella mia lettera a Giannini, che ho diffuso su questa pagina e sul mio profilo privato (immediatamente ripresa da moltisssime testate anche straniere) supponendo che il direttore della “Stampa” non avrebbe risposto, si ponevano questioni generali di gravissimo peso.
Feltri, nel suo narcisismo, non ha colto che le ultime due righe, in cui veniva citato. Pure questo non è un bel segno deontologico, direi. Perciò, gentile Feltri si goda pure il trionfo del suo fasullo smascheramento, mentre io continuo nel mio lavoro autentico di denunciare (intellettualmente, non per via giudiziaria) i bugiardi e i mistificatori. A cominciare da quelli annidati nel suo giornale» (Angelo d’Orsi).

«Allora, dopo Mattia Feltri, scende in campo, con tutta la sua autorevolezza, Massimo Giannini, direttore de “La Stampa”. Si potrebbe pensare: ah, finalmente! Ha risposto alla lettera inviatagli da Angelo d’Orsi! E invece no, il dottor Giannini (uno straccetto di laurea non si nega a nessuno), replica a suo modo con un tweet: “Vedo che miserabili lacchè di Santa Madre Russia (sedicenti storici, poveri webeti e pseudo-giornalisti) continuano ad infangare La Stampa”.
In altri tempi si sarebbe ricorso al duello. Oggi si ricorre al tribunale. Ma, insisto, perchè perdere tempo? Perchè intasare le aule di giustizia, già sovraccariche? Perchè infastidire i magistrati, già oberati di lavoro (grazie ai tagli governativi)?
Mi basta segnalare l’eleganza del dottor Giannini, e la sua correttezza: non ha risposto alla mia lettera, non è entrato nel merito delle contestazioni, non soltanto mie, per l’incredibile mistificazione compiuta dal giornale da lui diretto il 16 marzo, con la famigerata copertina sulla “Carneficina” (che ripubblico a scorno del giornale e del suo direttore); ma dopo giorni, finalmente, dà un segno di vita, e come? Ricorrendo all’insulto.
Io non ho bisogno di mostrare a lui le mie credenziali scientifiche, professionali e intellettuali. Se vuole, si informi.
Lo assicuro però che conserverò tra le medaglie al merito della mia carriera queste preziose definizioni (sedicente storico, povero webete e pseudogiornalista, oltre che, nauturalmente, “miserabile lacchè di Santa Madre Russia”). Sì, perchè gli insulti di siffatti personaggi costituiscono per me altrettante conferme che sono dalla parte giusta della barricata.
Certo, rimane l’amarezza di constatare il livello di barbarie in cui il giornalismo è caduto in questo Paese. E rimane lo sconcerto davanti al precipitare verso il pensiero unico (se pensiero si può chiamare). Questa guerra, come tutte le guerre,  fa venire a galla tutto il peggio, dalla menzogna alla violenza, non solo fisica, ma verbale. In particolare questa guerra sta mostrando un vero tracollo dell’intelligenza, e la tendenza paurosa verso un “Tribunale della Verità” che pretende di dirti cosa pensare, cosa dire, cosa scrivere: una tendenza che a quanto pare, sta contaminando anche quelle pochissime isole in cui era consentito respirare.
Saliremo sugli alberi (come il Barone Rampante di Italo Calvino) per guardare dall’alto, con disgusto, questo mondo non solo terribile, ma immerso nella stoltezza e nell’inganno?
O ci toccherà fare una diversa salita? Magari in montagna come i nostri Partigiani, per dar vita a una nuova Resistenza?» (Angelo D’Orsi).

Scemi di guerra
Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano, 18 Marzo 2022


Dall’inizio della guerra i veri esperti, come Caracciolo, Mini e Orsini (che da oggi scriverà sul Fatto), spiegano che uno dei primi guai dell’Ucraina è l’enorme quantità di armi. Lo era già prima dell’aggressione russa. Lo è durante le ostilità (difficile distinguere gli obiettivi civili da quelli militari). E lo sarà vieppiù nei negoziati che – come molti, ma non tutti, sperano – potrebbero chiudere la guerra. Per paura di dare ragione a Putin (mission impossible), le nostre Sturmtruppen hanno negato quest’evidenza, finché il loro spirito guida – il sempre lucido Biden – l’altroieri ha confessato: da almeno sette anni, cioè dalla rivolta spontanea che cacciò il presidente filorusso Yanukovich (vincitore delle elezioni nel 2010), gli Usa armano Kiev. E – come osserva Caracciolo – Putin ha attaccato adesso perché tra un anno l’armamento ucraino avrebbe rappresentato una seria minaccia per la Russia. Ora, non contenti, Biden manda altre armi per 1 miliardo di dollari e la Ue per 1 miliardo di euro, senza che nessuno si domandi a chi, visto che l’esercito regolare ne già ha a sufficienza.
Gli scemi di guerra raccontano che armiamo la gente comune per resistere. Ma il trasporto è affidato ad agenzie private di mercenari, che non le consegnano certo al ragioniere di Kiev o al panettiere di Mariupol aspiranti partigiani: le passano a gente del mestiere, come le milizie paramilitari che affiancano le truppe regolari senza che il governo faccia un plissé. Incluso il battaglione Azov, la milizia neonazista inquadrata nella Guardia nazionale, che sventola vessilli con la svastica e bandiere Nato, segnalata da Onu e Osce per crimini di guerra, torture e stragi di civili in Donbass e non solo. L’altroieri un miliziano di Azov s’è fatto un selfie con un mitra Beretta Mg42/59 appena giunto dall’Italia. E il sottosegretario ai Servizi Franco Gabrielli, su Rete4, ha candidamente ammesso che sappiamo bene di armare anche i neonazi, ma “quello è un ragionamento che faremo dopo: ora urge portare Putin al tavolo delle trattative”. Già, ma se ci sarà un “dopo”, chi glielo spiega a quei gentiluomini che devono ridarci le armi? E, se non ce le ridanno, non saranno un ostacolo alla pace, che inevitabilmente passa per il ritiro delle truppe russe e il disarmo di queste opere pie? Non sarebbe il caso, mentre il negoziato procede, di bloccare le armi non ancora partite, onde evitare che al prossimo giro – come al solito – qualche amico divenuto nemico ce le punti contro e ci spari?
Ps. Resta da spiegare la malattia mentale che ha portato tutti i partiti ad aumentare la spesa militare italiana da 26 a 38 miliardi l’anno, quando non c’è un euro neppure per il caro-bollette. Ma lì servirebbe un esercito di psichiatri e la sanità è quella che è.

«All’uscita da Mariupol le truppe russe controllano i tatuaggi dei profughi per verificare che non si tratti di millantanti di Azov in borghese» (La Mia Russia).

«L’Ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, ha rivelato alla platea delle Nazioni Unite e al mondo intero tutti gli orrori commessi dalla feccia neonazista al soldo del regime di Zelensky. I neonazisti perseguitavano da anni le popolazioni del Donbass e avevano scelto Mariupol come loro base per vessare i russofoni che vivono nell’area. I nazisti avevano trasformato l’aeroporto di Mariupol in un luogo di torture indicibili. I corpi delle vittime venivano mutilati con delle motoseghe. Erano anni che andavano avanti questi crimini contro l’umanità nel silenzio generale della NATO e dell’UE che piuttosto che denunciare queste efferatezze stringevano le mani bagnate di sangue di Zelensky. Coloro che oggi parlano di “pace” sono coloro che ieri abbracciavano sorridenti i carnefici nazisti del regime di Zelensky [QUI].

Il Ministro degli Esteri Russi, Sergej Lavrov: è difficile prendere sul serio quello che dice Zelensky, la vita dimostra quanto vale la sua parola. La Russia non intraprenderà nessuna iniziativa per migliorare rapporti con l’Occidente: vediamo come loro stessi usciranno dall’impasse in cui si sono cacciati.

«Invito a tutti i giornalisti che tifano terza guerra mondiale, con i continui appelli alla NoFlyZone e alla fornitura di armi all’Ucraina: alzatevi dalle poltrone, prendete un aereo, recatevi presso un centro di reclutamento ucraino e combattere al fronte» (Francesca Totolo).

Russia a Italia: “Con altre sanzioni conseguenze irreversibili”
«La Russia mette in guardia l’Italia dall’assumere un atteggiamento ancora più duro sul piano delle sanzioni e minaccia “conseguenze irreversibili”. È quanto affermato all’agenzia Ria Novosti da Alexei Paramonov, Direttore del dipartimento europeo del Ministero degli Esteri russo. Mosca, ha detto Paramonov senza però fornire dettagli, sta lavorando a una risposta alle sanzioni “illegittime” degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Citando la dichiarazione del Ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire sui piani dell’UE per lanciare una “guerra economica e finanziaria totale” contro la Russia, Paramonov ha affermato: “Non vorremmo che la logica delle dichiarazioni del Ministro trovasse seguaci in Italia e provocasse una serie di corrispondenti conseguenze irreversibili”» (Adnkronos, 19 marzo 2022).

«Il Cremlino con tono fermo ma sereno ricorda – rivolgendosi a Roma – che la Russia ha molto aiutato l’Italia per il Covid, aggiungendo che le aziende russe non hanno ridotto o sospeso le forniture di energia. Avverte che se la guerra economica e finanziaria mossa dall’Europa – a dispetto di accordi e trattati sottoscritti e in essere – dovesse assumere toni più aspri, le conseguenze potrebbero ritorcersi e i rapporti, anche con l’Italia, potrebbero arrivare a livelli di rottura irreversibile. Un ragionamento logico e prevedibile. Risposta della Farnesina: “le minacce di Mosca sono inaccettabili”. Non avevo dubbi, abbiamo capito tutto. Complimenti» (Claudio Giordanengo).

«Grazie alle sanzioni della NATO, tutti i Paesi non allineati stanno comprando gas dalla Russia a prezzi stracciati. L’ultimo in ordine di tempo è l’India. Già eravamo poco competitivi prima dell’escalation del conflitto in Ucraina, ma a questo punto, rischiamo veramente che l’Asia intera ci faccia un grosso “ciaone”, e si avvii verso un futuro di supremazia e benessere, lasciando l’Europa occidentale ad affondare assieme all’alleanza atlantica, oramai vero e proprio cappio legato al collo dei popoli europei. L’impero morente della menzogna, i suoi Quisling e le masse bovine ipnotizzate dalla TV, ci stanno trascinando nell’abisso. L’invio di armi all’Ucraina e l’aumento delle spese militari sono soltanto gli ultimi decisivi passi verso il baratro. Bisogna rimuovere Draghi ad ogni costo, il perno dell’apparato di controllo dell’Italia è lui, e tornare il prima possibile ad un governo politico, altrimenti il prossimo Natale sarà indimenticabile» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

Le narrazioni ucraine si iniziano a contraddire
di Dmiti Kovalevic
L’AntiDiplomatico, 18 marzo 2022


I rapporti ucraini sulla situazione a Mariupol rivelano divergenze. Ci sono due linee, entrambe ucraine: quella del Battaglione Azov e quella delle autorità di Kiev.
1. I neonazisti di Azov che sono intrappolati nella città chiedono disperatamente aiuto. Chiedono di sbloccare la città. Lanciano appelli in varie lingue a tutta la comunità mondiale affinché faccia tutto il possibile per liberare i “difensori dell’Ucraina”. Dicono: “Non vogliamo diventare eroi postumi”. Ma il consigliere di Zelensky, Arestovich, dice che non c’è possibilità di farli uscire perché le truppe ucraine sono piuttosto lontane e il loro movimento verso Mariupol le renderebbe un facile bersaglio. “Non c’è una via militare per salvarli”, dice il consigliere e chiede di fermare questi appelli irresponsabili.
2. Il battaglione Azov a Mariupol sostiene che diversi civili sono morti durante l’attacco al teatro d’arte drammatica della città, e fa appello a un intervento della comunità mondiale. Ma il sindaco ucraino di Mariupol, S. Taruta, ha detto ieri che i civili erano nei sotterranei, e vivi.
Delle due versioni, è importante ribadire come la stampa italiana filo NATO corra dietro alle false flag dei nazisti Azov che mirano a scatenare la terza guerra mondiale. Sul teatro di Mariupol anche la notizia delle “130 persone estratte vive” suscita perplessità vista la totale assenza di immagini dei sopravvissuti.
Alberto Negri a Piazza Pulita ci ricorda che negli ultimi 20 anni gli Stati Uniti d’America hanno causato oltre 800.000 morti e 30 milioni di profughi durante le guerre che hanno scatenate (Fonte Brown University).

11 anni dopo la guerra Nato alla Libia uccide tuttora nel Sahel. Grazie al terrorismo
di Marinella Correggia
L’AntiDiplomatico, 18 marzo 2022


“Dopo dieci anni di violenza armata nel Sahel”… così esordiva, fin dal titolo, il resoconto della visita compiuta nel febbraio scorso dal Presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC) Peter Maurer in Niger. Lo scopo: verificare le insostenibili condizioni di tante famiglie sfollate a causa della violenza di gruppi terroristici. Omicidi di civili e di soldati, razzie, miseria. Il dramma di chi scappa dai jihadisti si somma a quello di chi non ha più modo nemmeno di coltivare a causa dei cambiamenti climatici. Si prevede che da qui al mese di giugno nel Sahel si arrivi a un totale di 3,5 milioni di sfollati (che non diventeranno certo rifugiati in Europa…) Gruppi jihadisti sono arrivati perfino in aree lontanissime, come il Mozambico. Ma è tragica in particolare la situazione nell’area dei “tre confini”: Niger, Mali e Burkina Faso.
Va avanti dunque dagli inizi del 2012 il terrorismo nella fascia del Sahel.
Ma che cosa ha dato avvio, appunto dieci anni fa, a questo fenomeno che prima risparmiava l’Africa sub-sahariana? “Tutto è iniziato dopo la distruzione dello Stato libico”, spiegavano nel 2019 alcuni capi di Stato della fascia saheliana nel corso della trasmissione Débat Africain a Radio France Internationale. “Le armi della Libia si sono diffuse presso tanti gruppi armati nel Sahel. Ed è in Libia che i terroristi adesso vengono formati. (…) La decisione di intervenire in quel paese, nel 2011 la apprendemmo dalla radio, ma oggi siamo noi a subirne le conseguenze. Certo, esistevano già minacce terroristiche in Algeria e nel nord del Mali, e organizzazioni criminali in Sahel. Ma tutte queste tragedie sono state amplificate dalla caduta di Gheddafi” si rammaricava in quell’occasione il presidente del Niger.
Libia, 19 marzo 2011. La Francia di Sarkozy, gli Stati uniti del premio Nobel per la pace Obama e il Regno unito di David Cameron danno avvio ai bombardamenti contro il paese nordafricano, sulla base della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’Onu che istituiva una zona di interdizione al volo (no-fly zone) ufficialmente per tutelare la popolazione civile (“Salvare vite umane”), sulla base di enormi accuse orchestrate contro il governo della Jamahiryia e poi rivelatesi false. Quasi accorrono a bombardare altre potenze occidentali e mediorientali. L’operazione viene chiamata Unified Protector (Protettore unificato) ed è guidata dalla Nato.
Inizialmente, la coalizione preposta ai bombardamenti aerei e al blocco navale è formata da: Italia (non ci siamo fatti mancare una guerra internazionale, dal 1991), Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Norvegia, Qatar, Spagna, Regno unito, Stati uniti. Via via si aggregano altri paesi – fra i quali la Turchia.
In sette mesi di bombe nel silenzio della sinistra e dei movimenti in Occidente, la coalizione a guida Nato funge di fatto da potentissima aviazione dei cosiddetti “ribelli” libici.
Il seguito è noto. Distruttivo per la Libia, ma non solo. Si è scoperchiato un vaso di Pandora che ha permesso a gruppi armati e jihadisti non solo di disfare la Libia e poi di sciamare in Siria (guerra tuttora in corso), ma anche di infettare molti paesi africani perpetrando stragi di civili e soldati e provocando spostamenti di centinaia di migliaia di persone. Soprattutto nella fascia del Sahel.

Responsabilità e fine
Segnaliamo un pregevole e fondamentale lavoro (un video più un’intervista) pubblicato oggi, 19 marzo 2022 da L’AntiDiplomatico [Di chi è la responsabilità della guerra in Ucraina e come finirà? Le risposte del Prof. Mearsheimer] [QUI]. È importante vederlo, almeno da chi vuole avere un quadro più ampio della vicenda ucraina che aggiri la propaganda dei media filo NATO 24/24 (ah sì, vuol dire essere un “putinversteher”). Si tratta della traduzione italiana a cura di Voci dall’Estero di un’ intervista di Isaac Chotiner su The New Yorker del 1° marzo 2022al Prof. John Mearsheimer, politologo e studioso delle relazioni internazionali tra i più autorevoli e conosciuti nel suo campo,  una assoluta autorità in materia, in cui lo studioso svolge una argomentata e severa critica alla politica estera americana degli ultimi decenni e più in generale dell’occidente, accusati di una pericolosa mancanza di realismo e di una grave miopia nei confronti del vero concorrente degli USA, che non è la Russia, ma la Cina. Il politologo afferma da anni che l’aggressione di Putin nei confronti dell’Ucraina è causata dall’intervento occidentale. Gli eventi recenti gli hanno fatto cambiare idea? La sua conclusione: “Le ho detto che non pensavo che i Russi intendano occupare l’Ucraina a lungo termine. Ma, per essere molto chiari, ho detto che prenderanno almeno il Donbass e, si spera, non più della parte più orientale dell’Ucraina. Penso che i Russi siano troppo intelligenti per rimanere coinvolti in un’occupazione dell’Ucraina”.
Continua a leggere [QUI].

La guerra biologica
Ritorniamo oggi sulla questione delle scoperte relative ai biolaboratori in Ucraina durante l’attuale azione militare russa di cui abbiamo già parlato a più riprese [QUI], con il documento Sullo sviluppo delle armi biologiche USA in Ucraina preparato dal Ministero della Difesa della Federazione Russa, pubblicato dall’Ambasciata russa in Italia [QUI], che contiene notizie sconvolgenti sugli esperimenti condotti: dalla diffusione di malattie tramite le migrazioni degli uccelli, alla raccolta di DNA slavo per lo studio di patogeni su base razziale, al traffico di materiale pericoloso per tutta l’Europa continentale:
«Dopo il 2014 nel territorio dell’Ucraina è stata dispiegata, con il supporto finanziario e organizzativo degli Stati Uniti, una rete di oltre 30 laboratori biologici impegnati in lavori di ricerca sullo studio di malattie letali, in particolare agenti patogeni e virus estremamente pericolosi. I lavori sono stati svolti su ordine della Direzione del Ministero della Difesa degli Stati Uniti per la riduzione delle minacce alla difesa (DTRA).
L’attività di ricerca ha riguardato tre aree principali:
– Secondo quanto afferma il Pentagono veniva monitorata la situazione biologica nelle presunte aree di spiegamento dei contingenti militari dei paesi membri della NATO.
– Su base regolare si effettuava la raccolta e l’esportazione negli Stati Uniti dei ceppi di microrganismi pericolosi.
– Si svolgevano lavori di ricerca per lo studio dei potenziali agenti di armi biologiche, specifici di una determinata regione, che hanno focolai naturali e possono essere trasmessi all’uomo.
Nel corso dell’operazione speciale delle Forze Armate della Federazione Russa, i dipendenti di questi laboratori, fedeli allo stato e di sentimenti patriottici, hanno consegnato alla parte russa documenti che evidenziano come gli americani abbiano in tutto fretta ripulito le tracce del programma biologico militare in corso in Ucraina, finanziato dal Ministero della Difesa degli Stati Uniti. Quindi, è emerso che a partire dal 24 febbraio dell’anno corrente il Ministero della Salute dell’Ucraina ha dato un ordine di distruggere completamente i bioagenti nei laboratori. Questo fatto conferma che Washington e Kiev temevano seriamente che gli esperti russi avessero ottenuto prove inconfutabili del lavoro pratico mirato ad intensificare le proprietà patogene dei microrganismi utilizzando metodi di biologia sintetica. Ciò, a sua volta avrebbe smascherato la sistematica violazione da parte dell’Ucraina e degli Stati Uniti della Convenzione internazionale sulla proibizione delle armi biologiche e tossiche, come più volte segnalato da Mosca.
A questo proposito di grande interesse risulta il progetto che reca il nome in codice UP-4. Scopo di questo studio era identificare le malattie degli uccelli più pericolose per l’uomo che hanno il massimo potenziale per destabilizzare in tempi molto limitati la situazione epidemiologica in una particolare regione. Un altro compito era di studiare le rotte migratorie degli uccelli per determinare quelle che attraversano il territorio della Russia e in misura minore colpiscono i paesi europei. A favore di questa versione si registrano, tra l’altro, la cattura intenzionale di uccelli sul territorio russo con successivo trasporto nel territorio dell’Ucraina e tracciamento del loro percorso di ritorno. Inoltre, nel corso dell’attività, gli scienziati hanno individuato i luoghi con la maggiore concentrazione degli uccelli, dove sarebbe possibile infettare l’intero stormo con un agente patogeno particolarmente pericoloso.
Lo svolgimento di tali studi può indicare che i biologi militari americani e ucraini intendevano utilizzare gli uccelli come mezzi di trasporto di armi di distruzione di massa. Quest’approccio è uno dei metodi di guerra più sconsiderati, disumani e altamente irresponsabili. Infatti, lanciando una tale «arma vivente», i suoi creatori ne perderebbero inevitabilmente il controllo su di essa e l’epidemia in pochi giorni potrebbe non solo diffondersi in tutto lo spazio post-sovietico, ma anche colpire l’Europa Occidentale. Particolarmente preoccupante è che esperimenti simili al progetto UP-4 sono in corso in prossimità di aree densamente popolate di paesi europei considerati alleati degli Stati Uniti, la cui sicurezza, tuttavia, è palesemente trascurata dai «partner» americani.
Altri documenti ottenuti dal Ministero della Difesa della Federazione Russa mostrano che gli scienziati ucraini hanno regolarmente donato campioni di biomateriali alle persone e organizzazioni straniere interessate. I campioni inviati includono non solo portatori di malattie (pulci, ecc.), ma anche il siero del sangue di rappresentanti del gruppo etnico slavo. Questo fatto indica che gli specialisti dei laboratori biologici americani in Ucraina hanno condotto uno studio sull’impatto degli agenti patogeni sull’uomo tenendo conto dei fattori razziali ed etnici. Ciò può indicare l’interesse del Pentagono nello sviluppo di armi biologiche selettive rivolte a determinati gruppi etnici (armi «etniche»).
Inoltre, i documenti confermano che la Germania sta svolgendo il suo programma biologico militare in Ucraina. L’obiettivo è quello di studiare il potenziale di malattie letali, come la febbre emorragica Crimea-Congo, nelle condizioni dell’Europa Orientale.
Pertanto, nell’ambito di questo lavoro, l’Istituto tedesco di medicina tropicale di B.Nocht ha cooperato con il Centro per la salute pubblica del Ministero della salute dell’Ucraina il quale si è impegnato a fornire campioni di sangue del gruppo etnico slavo da diverse regioni del paese. Inoltre, specialisti tedeschi hanno regolarmente visitato gli ospedali ucraini di Kiev, Kharkov, Odessa e Leopoli dove hanno personalmente constatato le peculiarità del decorso delle malattie nella popolazione locale. Il progetto è stato finanziato dal Ministero degli Esteri tedesco e dal Bundeswehr.
Le azioni tedesche, precedentemente sconosciute al grande pubblico, costituiscono una minaccia pari a quella degli esperimenti biologici statunitensi e richiedono uno studio dettagliato.
La divulgazione di documenti sulle attività dei biolaboratori statunitensi in Ucraina ha prodotto un effetto devastante nello spazio internazionale dell’informazione. Il vicesegretario di Stato Americano V. Nuland, in un’audizione al Congresso, è stata costretta ad ammettere l’esistenza di laboratori biologici americani in Ucraina, ma ha negato le accuse di aver sviluppato i tipi proibiti di armi di distruzione di massa. In questo contesto, il Ministro degli Esteri Cinese Wang Yi ha espresso seria preoccupazione per la natura disumana del programma biologico militare americano e ha chiesto a Washington di divulgare informazioni sui suoi obiettivi, compiti e contenuti. Ha anche proposto di organizzare ispezioni internazionali sugli impianti del programma biologico militare statunitense. I media conservatori americani chiedono l’immediata chiusura di tutti i biolaboratori statunitensi all’estero. La delegazione russa al Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha sollevato la questione dell’opportunità di un’indagine internazionale sul programma biologico militare americano.
I documenti pubblicati testimoniano innegabilmente lo sviluppo di un nuovo tipo di arma biologica da parte degli Stati Uniti nei laboratori ucraini.
L’attività biologica militare degli Stati Uniti in Ucraina viola la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione e dello stoccaggio di armi biologiche e tossiche ed è una minaccia diretta alla sicurezza biologica non solo della Russia, ma anche degli stati dell’Europa Centrale ed Orientale».

La NATO sarebbe un “pretesto”?
«Ho letto e sentito dire, anche da N. Tocci direttrice IAI, che nella guerra ucraina “la NATO non è il punto della questione”, che la NATO è un pretesto russo, che la Russia, anzi “Putin” ha ambizioni imperiali e usa l’integrazione dell’Ucraina nella NATO come pretesto, che “comunque l’adesione alla NATO dell’Ucraina non era all’ordine del giorno” [quest’ultima cosa l’hanno detta anche i dirigenti americani nei mesi di dialogo con la Russia tra il 15 dicembre 2021 e il 24 febbraio 2022].
Bene, vediamo se la NATO è un pretesto. Leggiamo un documento ufficiale del Dipartimento di Stato USA [QUI]: Dipartimento di Stato USA, 10 novembre 2021. US-Ukrainian Charter on Strategic Partnership. Rilevo l’ultimo paragrafo dell’introduzione: “Guided by the April 3, 2008 Bucharest Summit Declaration of the NATO North Atlantic Council and as reaffirmed in the June 14, 2021 Brussels Summit Communique of the NATO North Atlantic Council, the United States supports Ukraine’s right to decide its own future foreign policy course free from outside interference, including with respect to Ukraine’s aspirations to join NATO” e il punto 5: “The United States remains committed to assisting Ukraine with ongoing defense and security reforms and to continuing its robust training and exercises. The United States supports Ukraine’s efforts to maximize its status as a NATO Enhanced Opportunities Partner to promote interoperability” (= integrazione del comando militare ucraino nelle strutture NATO).
È un pretesto la NATO?» (Roberto Buffagni).

Riportiamo quanto segue, pubblicato con il consenso dell’autrice da Giorgio Bianchi Photojournalist sul suo canale Telegram [QUI]:
«Buonasera, mi chiamo Svetlana, anzi Svitlana perchè la vostra alleata e nazidemocratica Ucraina non mi ha mai permesso di usare il mio nome di battesimo russo e lo ha ucrainizzato e così sui miei documenti sono Svitlana.
Sono nata vicino Lugansk, che voi della stampa, fino ad un mese fa, pensavate fosse in Svizzera e fosse un modo differente di chiamare Lugano.
A Lugansk mi sono laureata e in periferia di Lugansk ho acquistato un appartamento, appartamento che dal 2014 è solo un cumulo di macerie grazie ai bombardamenti del vostro amico Poroshenko.
Ho assistito con i miei occhi al primo Maidan e all’epoca mi chiedevo come mai l’unione Europea non intervenisse in questa farsa, ho ascoltato con le mie orecchie quando la Timoshenko gridava che bisognava mettere il filo spinato al Donbass e cacciare tutti i russi da questo territorio.
Continuate a cancellare e a minimizzare le prove inconfutabili del nazismo in Ucraina, dove è venerato come un eroe nazionale Stepan Bandera, a proposito vi allego la foto scattata da me a Lviv dove è presente in pieno centro il monumento a questo criminale nazista (un po’ come se a Berlino ci fosse la statua di Adolf Hitler), ed oltre a Lviv ci sono ben 40 monumenti a Stepan Bandera in tutto il territorio dell’Ucraina (ovviamente non nel Donbass).
Volete trasformare il clown Zelenski nell’uomo dell’anno, un comico che è stato eletto dopo aver interpretato un professore che diventava Presidente della Repubblica in Ucraina, omettete di informare che il Servitore del Popolo è stata una serie tv di ben tre stagioni (Quattro anni in prima serata) e che l’ultima puntata della terza serie è terminata pochi giorni prima del primo turno per l’elezione del presidente della Repubblica.
Ma siete gli stessi che parlano di conflitto d’interesse quando vi riferite a Berlusconi? Immaginate una Serie TV che per 4 anni va in onda su Rai uno con Berlusconi che interpreta se stesso e termina una settimana prima delle elezioni politiche.
Per decenza vi ometto di scrivere chi abbia prodotto tale serie Tv e a quale mondo politico occidentale sia legato.
Ingenuamente mi chiedevo perchè l’unione europea, perchè l’occidente non intervenisse, ingenuamente perchè ora che vivo nella democratica Italia assisto alla manipolazione della veriità, il culmine lo avete raggiunto oggi quando nella vostra prima pagina avete associato i bombardamenti a Kiev, con l’atto terroristico compiuto dai nazisti ucraini contro la popolazione civile a Donetsk la mattina del 14 marzo
Di questa vostra democrazia sulla carta  non so che farmene e se sperate che con le sanzioni e le discriminazioni piegherete la Russia, vi sbagliate di grosso.
Ho inoltrato questa lettera alle redazioni di altre giornali, certa che nessuno di voi la pubblicherà».

Sheliazhenko: «La guerra era evitabile»
di Francesca Ciarallo
Semprenews.it, 4 marzo 2022


Intervista al referente del movimento nonviolento ucraino: «Nessun conflitto ha solo due facce, noi e loro, c’è sempre un terzo lato, quello della verità. Invece si mandano armi».
«Il potere si basa su grandi bugie, che servono a dividere le persone per governarle – dice da Kiev il professor Yurii Sheliazhenko -. Solo la verità che unisce le persone, autorizza e porta la pace in modo nonviolento». Yurii Sheliazhenko, obiettore di coscienza, referente del movimento nonviolento ucraino, docente alla KROK University in Ucraina, è esponente del Beoc (Ufficio europeo obiezione di coscienza) e della War Resisters’ International (Internazionale dei resistenti alla guerra). Vive a Kiev, in centro. «Dove sono io – dice nell’intervista realizzata pochi giorni fa – la situazione è tutto sommato tranquilla. C’è il coprifuoco ma qui fino ad ora non sparano e a dir la verità il cibo, l’acqua e l’elettricità non mancano. Non manca neppure Internet. Si sentono a tratti i bombardamenti in lontananza».
Continua a leggere [QUI].

In chiusura riportiamo un testo, preceduto da un avviso: prima di leggere quanto segue – se volete – consigliamo di ritornare prima a riflettere sul titolo di questa serie di antologie. Per capire – ah sì, chi vuole capire è un “putinversteher”… – occorre informarsi non in una, non in due, ma in pluri-direzioni. Una guerra è complessa (ah sì, proibito sottolineare che il mondo è complesso). Sono due stralci da un testo scritto da Aleksandr Gelevič Dugin [*].

«Questa non è una guerra con l’Ucraina. È un confronto con il globalismo come fenomeno planetario integrale. È un confronto a tutti i livelli – geopolitico e ideologico. La Russia rifiuta tutto nel globalismo – unipolarismo, atlantismo, da un lato, e liberalismo, anti-tradizione, tecnocrazia, Grande Reset in una parola, dall’altro. È chiaro che tutti i leader europei fanno parte dell’élite liberale atlantista.
E noi siamo in guerra esattamente con questo. Da qui la loro legittima reazione. La Russia viene ormai esclusa dalle reti globaliste. Non ha più una scelta: o costruire il suo mondo o scomparire. La Russia ha stabilito un percorso per costruire il suo mondo, la sua civiltà. E ora il primo passo è stato fatto. Ma sovrano di fronte al globalismo può essere solo un grande spazio, un continente-stato, una civiltà-stato. Nessun paese può resistere a lungo a una completa disconnessione.
La Russia sta creando un campo di resistenza globale. La sua vittoria sarebbe una vittoria per tutte le forze alternative, sia di destra che di sinistra, e per tutti i popoli. Stiamo, come sempre, iniziando i processi più difficili e pericolosi.
Ma quando vinciamo, tutti ne approfittano. È così che deve essere. Stiamo creando i presupposti per una vera multipolarità. E quelli che sono pronti ad ucciderci ora saranno i primi ad approfittare della nostra impresa domani. Scrivo quasi sempre cose che poi si avverano. Anche questo si avvererà».
«Cosa significa per la Russia rompere con l’Occidente? È la salvezza. L’Occidente moderno, dove trionfano i Rothschild, Soros, Schwab, Bill Gates e Zuckerberg, è la cosa più disgustosa della storia del mondo. Non è più l’Occidente della cultura mediterranea greco-romana, né il Medioevo cristiano, e nemmeno il ventesimo secolo violento e contraddittorio. È un cimitero di rifiuti tossici della civiltà, è anti-civilizzazione. E quanto prima e più completamente la Russia se ne stacca, tanto prima ritorna alle sue radici. A cosa? Cristiano, greco-romano, mediterraneo… – Europeo… Cioè, alle radici comuni al vero Occidente. Queste radici – le loro! – l’Occidente moderno le ha tagliati fuori. E sono rimaste in Russia.
Solo ora l’Eurasia sta alzando la testa. Solo ora il liberalismo in Russia sta perdendo il terreno sotto i piedi.
La Russia non è l’Europa occidentale. La Russia ha seguito i greci, Bisanzio e il cristianesimo orientale. E sta ancora seguendo questa strada. Sì, con zigzag e deviazioni. A volte in vicoli ciechi. Ma si sta muovendo.
La Russia è sorta per difendere i valori della Tradizione contro il mondo moderno. È proprio quella “rivolta contro il mondo moderno”. Non hai imparato?
E l’Europa deve rompere con l’Occidente, e anche gli Stati Uniti devono seguire coloro che rifiutano il globalismo. E allora tutti capiranno il significato della moderna guerra in Ucraina.
Molte persone in Ucraina lo capivano. Ma la terribile propaganda rabbiosa liberal-nazista non ha lasciato nulla di intentato nella mente degli ucraini. Torneranno in sé e combatteranno insieme a noi per il regno della luce, per la tradizione e una vera identità cristiana europea. Gli ucraini sono nostri fratelli. Lo erano, lo sono e lo saranno.
La rottura con l’Occidente non è una rottura con l’Europa. È una rottura con la morte, la degenerazione e il suicidio. È la chiave del recupero. E l’Europa stessa – i popoli europei – dovrebbero seguire il nostro esempio: rovesciare la giunta globalista antinazionale. E costruire una vera casa europea, un palazzo europeo, una cattedrale europea».
[*]Aleksandr Gelevič Dugin (Mosca, 7 gennaio 1962) è un politologo e filosofo russo. Dugin ha stretti legami con il Cremlino e le forze armate russe, avendo servito come consigliere del Presidente della Duma di Stato, Gennadiy Seleznyov e del membro di spicco di Russia Unita, Sergei Naryshkin. Per questi motivi la stampa lo ha soprannominato “il Rasputin del Cremlino” e “l’ideologo di Putin” descrivendolo come un suo consigliere o ispiratore filosofico. È inoltre noto anche al di fuori della Russia per aver teorizzato la fondazione di un “impero euro-asiatico” in grado di combattere l’Occidente guidato dagli Stati Uniti d’America. L’ideologia eurasiatista di Dugin mira all’unificazione di tutti i popoli di lingua russa in un unico paese attraverso lo smembramento territoriale coatto delle ex–repubbliche sovietiche. Nel 2019 Dugin e Bernard-Henri Lévy (considerati esponenti ideologici di spicco degli opposti sovranismo e mondialismo) si sono confrontati sul tema di quella che è stata definita “la crisi del capitalismo” e l’insurrezione dei populismi nazionalisti.

«Dicono che la guerra sia tra invasori e invasi. Sto vedendo ogni giorno di più una guerra tra INVASATI» (Kattoliko Pensiero).

Segue la Parte 18: QUI.

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