Le cure anti-Covid-19 precoci a domicilio ostacolate e la ferocia dell’infame Green Pass che non ha nulla di scientifico né sanitario

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Condividiamo quattro articoli che offrono due lati della stessa medaglia, da una parte gli ostacoli a cure che funzionano e d’altra la ferocia dell’infame lasciapassare verde senza giustificazione scientifica né sanitaria, che rispecchia il Male della società in cui viviamo.

  • Terapie domiciliari precoci anti Covid. Gli antinfiammatori funzionano. L’inchiesta di Report di Aldo Maria Valli e Giulia Alfieri su Duc in altum del 3 febbraio 2022
  • Ferocia Green Pass, ora vivere in Italia fa davvero paura. Se regole irrazionali che nulla hanno a che vedere con la pandemia (che pur esiste sia chiaro) vengono accettate così senza protestare, tutto da domani è possibile. Ogni inferno può aprirsi di Giuseppe Leonelli su Lapressa.it del 3 febbraio 2022
  • Consiglio d’Europa bacchetta l’Italia: “Il Green pass è discriminatorio, basta con gli obblighi”. Dossier dell’Assemblea: La certificazione verde è “contraria alla scienza” ed è punitivo per chi ha scelto di non inocularsi. Mentre l’obbligo vaccinale con sieri sperimentali è “antiscientifico” oltreché “ricattatorio” su Secondo Piano News del 5 febbraio 2022
  • Covid, la bomba della Gismondo: “Troppi morti, c’è un errore”. L’esperta sui decessi da Coronavirus: “Verosimile che molti decessi siano stati erroneamente attribuiti al virus” di Claudio Romiti su Nicolaporro.it del 5 febbraio 2022

Terapie domiciliari precoci anti Covid. Gli antinfiammatori funzionano. L’inchiesta di Report
di Aldo Maria Valli
Duc in altum, 3 febbraio 2022


L’ultima inchiesta di Report andata in onda su Rai Tre ha rimesso in primo piano la questione delle cure anti Covid precoci, a domicilio. Gli inviati di Report hanno intervistato Fredy Suter, primario emerito dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che insieme al collega Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto Mario Negri di Milano, ha già pubblicato uno studio e ne farà partire un secondo, controllato, che certificherà in via definitiva l’efficacia dell’utilizzo degli antinfiammatori per la cura precoce del Covid, battaglia portata avanti anche da tanti medici, come quelli che fanno parte del Comitato cura domiciliare Covid-19, in contrasto con le indicazioni ministeriali su “paracetamolo e vigile attesa”.

È ormai evidente che il protocollo ministeriale ha indotto la maggior parte dei medici a spingere i pazienti ad assumere paracetamolo per la febbre e attendere l’evolvere dei sintomi: una linea che si è tradotta in migliaia di ricoveri in ospedale, spesso con esito nefasto.

Secondo quanto elaborato da Suter e Remuzzi, se la febbre non è l’unico sintomo presente, i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) così come anche l’acido acetilsalicilico (aspirina), sono da preferirsi al paracetamolo. Quest’ultimo, infatti, non solo ha una bassa attività antinfiammatoria ma, secondo alcuni esperti, diminuisce le scorte di glutatione, una sostanza che agisce come antiossidante. La carenza di glutatione potrebbe portare a un ulteriore peggioramento dei danni causati dalla risposta infiammatoria, che si verifica durante l’infezione Covid-19. Il beneficio offerto dai FANS nel ridurre l’infiammazione potrebbe, invece, tradursi in una minore progressione della malattia.

Durante la puntata si è parlato anche della decisione del Tar del Lazio, su istanza dell’avvocato Erich Grimaldi, presidente del Comitato cura domiciliare, di sospendere il protocollo ministeriale perché “impedisce ai medici di svolgere il proprio lavoro, ovvero curare i pazienti”, e della successiva decisione del presidente del Consiglio di Stato, Frattini, di sospendere la decisione del Tar in attesa della discussione nel merito, prevista per oggi, 3 febbraio 2022.

In un fuori onda, al termine dell’intervista, il professor Suter ha detto: “Purtroppo chi fa le regole, chi dirige, chi parla, chi va ai congressi non è spesso la gente che vede i malati. Personalmente penso, solo con questa norma [cioè con l’applicazione del protocollo a base di antiinfiammatori], io credo che avremmo risparmiato migliaia di morti”.

Terapie domiciliari anti Covid: paracetamolo o antinfiammatori? L’inchiesta di Report
di Giulia Alfieri


Due studi condotti dal professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto Mario Negri, dimostrano che, in caso di cure domiciliari, gli antinfiammatori sono una “valida arma precoce” per il trattamento dei sintomi lievi del Covid, ma il protocollo Aifa consiglia l’uso del paracetamolo (Tachipirina), nonostante gli effetti e i risultati evidenzino differenze nei risultati.

Ecco cosa si evince dagli studi e dalle esperienze di altri medici intervistati dalla trasmissione Report di Rai Tre andata in onda lunedì 31 gennaio 2022.

La vigile attesa

La circolare del ministero della Salute, aggiornata al 26 aprile 2021, in merito ai pazienti risultati positivi e in isolamento domiciliare, perché con sintomi lievi, sostiene il principio della “vigile attesa” e la somministrazione di farmaci Fans (antinfiammatori) e paracetamolo.

“Vigile attesa” è un’espressione che ha fatto molto discutere, tanto che il protocollo è stato prima sospeso dal Tar del Lazio perché “impedisce ai medici l’utilizzo di terapie ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia Covid-19” e poi ripristinato dal Consiglio di Stato in attesa del giudizio definitivo atteso per il 3 febbraio.

Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione medici di medicina generale, a Report ha commentato così la questione: “Credo che la parola infelice di quella frase sia ‘attesa’ perché fa pensare che ci sia qualcuno che aspetta e non è così”.

Che cosa dice Remuzzi

Venendo alle cure domiciliari, il professor Remuzzi ha spiegato all’Adnkronos qualche giorno fa che “la capacità degli antinfiammatori di fermare la malattia Covid ai primi sintomi è ormai documentata in modo convincente nella letteratura. Noi abbiamo prodotto due studi al riguardo. E anche altri lavori condotti altrove nel mondo confermano i nostri risultati: indicano cioè che si può ottenere una riduzione molto importante della severità della malattia e dell’ospedalizzazione”.

“Noi – ha chiarito il direttore del Mario Negri – comunque pensiamo che anche gli antinfiammatori vadano presi sotto controllo medico, e riteniamo fondamentale che il medico vada a casa, visiti il paziente e poi lo tenga monitorato anche per telefono”.

Paracetamolo vs antinfiammatori

La sperimentazione condotta dall’Istituto Negri ha prodotto un primo studio pubblicato nel giugno 2021 in cui si osserva che su novanta pazienti trattati con le cure precoci si sono registrati due ricoveri, mentre nel gruppo di chi precedentemente aveva seguito il protocollo standard i ricoveri erano stati tredici. Adesso, ha annunciato Remuzzi, è in arrivo una seconda pubblicazione che conferma lo stesso trend.

“Noi utilizziamo nimesulide e ibuprofene, e aspirina per chi è intollerante ai primi due” ha spiegato il professore. “Poi c’è un altro studio pubblicato su The Lancet su uno spray nasale, un preparato anti-asma, che ottiene gli stessi risultati dei nostri lavori: una riduzione molto importante della severità della malattia e dell’ospedalizzazione. E, ancora, abbiamo studi indiani confermati anche da ricerche fatte in Italia, sull’indometacina, che è un altro antinfiammatorio”.

Le testimonianze di chi somministra antinfiammatori

Report ha intervistato alcuni medici che hanno prescritto ai propri pazienti Covid con sintomi lievi antinfiammatori invece che paracetamolo e hanno notato gli stessi effetti positivi di cui parla Remuzzi.

A Bergamo il professor Fredy Suter ha detto: “Abbiamo verificato che questi antinfiammatori non solo possono attenuare la sintomatologia della fase iniziale virale ma possono ridurre – e questo è un aspetto estremamente importante – le ospedalizzazioni e probabilmente anche i casi di morte. È essenziale che i farmaci siano somministrati dai primi sintomi”.

Il suo protocollo in questi mesi è stato applicato anche da diversi medici di base sul territorio. La dottoressa Katia Vezzana ha raccontato: “Il primo paziente Covid che ho trattato, gravissimo, fu mio padre, nella prima ondata. Diabetico, cardiopatico, iperteso, quasi allettato, l’abbiamo trattato con antinfiammatori. Mio padre si salvò. Da lì pensai: se sono riuscita a tirar fuori mio padre in queste condizioni, si può fare con qualsiasi altro paziente”.

E ha aggiunto che, con l’uso precoce degli antinfiammatori, i pazienti “rispondono e guariscono”. Nel suo caso, su 1.600 mutuati le “ospedalizzazioni sono state quasi nulle”.

Perché gli antinfiammatori funzionano?

Suter ha poi spiegato la differenza tra antinfiammatori e paracetamolo e perché quest’ultimo non è ugualmente efficace: “Con la tachipirina non si cura l’infiammazione. I farmaci antinfiammatori di cui abbiamo parlato, invece, vanno alla radice del problema, e riducono la probabilità di andare in una infiammazione grave. Oggi ci sono delle segnalazioni recenti che dicono che la tachipirina tende ad abbassare il glutatione, che è un antiossidante protettivo”.

Perché allora non si raccomanda di assumere subito gli antinfiammatori?

Pur ricordando che ci sono pazienti allergici ai farmaci Fans, antinfiammatori non steroidei, perché per gli altri non viene subito consigliato di assumere antinfiammatori?

“Gli enti regolatori, tipo Aifa, – ha spiegato Suter – possono dare delle indicazioni solo sulla base di studi scientifici estremamente rigorosi. Il nostro studio ha dei limiti e cercheremo di farne uno il più possibile corretto da tutti i punti di vista”.

“Il problema – gli fa eco Remuzzi – è che non c’è uno studio definitivo come quelli fatti dall’industria, che hanno tutte le caratteristiche degli studi controllati. E allora non si può pretendere che qualcosa di non definitivo venga suggerito dalle autorità regolatorie. Proprio per questo adesso siamo in contatto con l’agenzia italiana del farmaco, l’Aifa, per fare uno studio molto grande, che abbia tutte le caratteristiche necessarie per non avere poi obiezioni e per essere considerato come base per raccomandazioni future”.

Infine, Suter lancia una stoccata a chi prende le decisioni: “Purtroppo chi fa le regole, chi dirige, chi parla, chi va ai congressi non è spesso la gente che vede i malati. Personalmente, penso, solo con questa norma, io credo che avremmo risparmiato migliaia di morti”.

Ferocia Green Pass, ora vivere in Italia fa davvero paura
Se regole irrazionali che nulla hanno a che vedere con la pandemia (che pur esiste sia chiaro) vengono accettate così senza protestare, tutto da domani è possibile. Ogni inferno può aprirsi
Giuseppe Leonelli
La Pressa, 3 febbraio 2022


È come se si avvertisse un sadico piacere nella decisione del Governo Draghi di rendere illimitata la durata del Green Pass, ma solo per chi ha fatto tre dosi di farmaco. Lo abbiamo detto, non vi è nulla di scientifico, né sanitario che sottende a tale decisione. Lo dimostra in modo plastico che questa durata sine die del lasciapassare non viene concessa ai guariti che non si sono fatti inoculare il prodotto Pfizer o Moderna, J&J o Astrazeneca almeno due volte. A loro no, perché il braccio non la hanno porto.

Ed è questo sadismo, questa ferocia accolta con giubilo da una fetta di popolazione che fa paura. Il concetto è chiaro: “Noi abbiamo rischiato” (perché molti al di là della tanto sbandierata sicurezza del farmaco anti Covid ragionano così) e “adesso devi rischiare anche tu, altrimenti non è giusto”.

Un ragionamento che rispecchia il Male di una società. La giustizia ora non sta nel fare scelte personali che si ritengono sagge, ma nell’imporre a tutti le stesse scelte, una sorta di “mal comune mezzo gaudio” rispolverato in salsa sanitaria.

Un Paese così fa paura, sì.

Fa paura per la sua ottusa accettazione di ogni norma imposta dal Governo, non importa quanto razionale o irrazionale sia.

Fa paura per la cinica applicazione di tali norme in contesti peraltro non pertinenti. Ad esempio molti commercianti, non tutti sia chiaro, nonostante non sia obbligatorio per legge il controllo a tappeto del Green Pass, lo pretendono. Con meticoloso e pernicioso scrupolo.

Fa paura la totale spersonalizzazione nel recepimento di regole folli. “Hanno deciso”, “hanno detto”, “loro vogliono”… Come se tutto questo non fosse volontà di un Governo con nomi e cognomi, ma fosse frutto di un desiderata divino, o diabolico poco importa. Perché l’importante è poter continuare a fare la propria vita di sempre. Vuota di senso, quanto piena di accessori. Dove la stessa idea di un Dio che salva è ridotta a una app sul cellulare. Dove la accoglienza e la accettazione del diverso funziona solo se quel diverso è costruito a tavolino da chi impone cosa deve essere tutto uguale.

Vivere in Italia ora fa paura. Perché se regole irrazionali che nulla hanno a che vedere con la pandemia (che pur esiste sia chiaro) vengono accettate così senza protestare, tutto da domani è possibile. Ogni inferno può aprirsi.

E infatti tanti sognano di andarsene. Cercano in modo compulsivo speranza e libertà oltre i confini. “In Spagna si dice non sia così, in Inghilterra neppure…”, “se solo fossi più giovane me ne andrei”. E non sono frasi buttate lì in una serata tra amici, ma sono parole cariche di disillusione e amarezza. Emblema di una società frustrata e rassegnata.

Questa è l’eredità che il Governo Draghi ci ha consegnato. Mentre sui grandi giornali si batte la grancassa delle lodi sperticate, mentre un Brunetta qualsiasi promette un sol dell’avvenire radioso, nonostante una inflazione devastante e un caro-energia mai visto, mentre Sanremo canta la sua litania di sempre. Già Sanremo… Unico punto fermo uguale a se stesso, ricordo del Paese pieno di difetti che conoscevamo, un ricordo così dolce rispetto al baratro dal quale oggi osserviamo quel sogno malconcio, eppure appassionato, che un tempo rispondeva al nome di Italia.

Consiglio d’Europa bacchetta l’Italia: “Il Green pass è discriminatorio, basta con gli obblighi”
Dossier dell’Assemblea: La certificazione verde è “contraria alla scienza” ed è punitivo per chi ha scelto di non inocularsi. Mentre l’obbligo vaccinale con sieri sperimentali è “antiscientifico” oltreché “ricattatorio”
Secondo Piano News, 5 febbraio 2022


Il Consiglio d’Europa – da non confondersi con il consiglio Ue -, composto da 47 stati e con sede a Strasburgo interviene nuovamente sull’obbligo vaccinale introdotto surrettiziamente e sul Green Pass discriminatorio, misure adottate tra gli altri dall’Italia che a differenza di altri stati Ue, è quella nazione che sta pagando a carissimo prezzo le restrizioni e le discriminazioni di Draghi, mentre altri stanno eliminando progressivamente ogni limitazione.

Come racconta Il Fatto Quotidiano, articolo rilanciato da Il Paragone, “un rapporto approvato a fine gennaio a larga maggioranza ha bocciato l’utilizzo delle certificazioni per punire i non vaccinati. Nella riunione di gennaio l’Assemblea ribadisce che gli Stati vengono esortati a “informare i cittadini che nessuno deve farsi vaccinare se non lo vuole e a garantire che nessuno sarà discriminato se non è vaccinato”, al contrario del modus operandi di molti governi Ue, in primis l’Italia, che hanno adottato provvedimenti liberticidi sia sull’obbligo vaccinale per alcune categorie, compresi gli over 50, che sul Green Pass, strumento che non ha nulla di sanitario ma appunto punitivo e di mero controllo sociale.

Il testo del dossier, intitolato “Vaccini Covid-19: questioni etiche, legali e pratiche”, sostiene che il concetto di passaporto vaccinale (Green pass) è “contrario alla scienza”, in assenza di dati sull’efficacia dei vaccini nel ridurre la contagiosità e sulla durata dell’immunità acquisita. Questo testo, spiega ancora ‘Il Fatto’, “scredita di fatto i decreti dell’esecutivo di Mario Draghi che penalizzano i non vaccinati con divieti volti testualmente alla ‘prevenzione di Sars-CoV-2’, ossia alla neutralizzazione di infezioni e contagi. I vaccini approvati dall’Ema si sono rivelati efficaci nel prevenire le forme gravi del Covid (ricoveri e decessi). (Leggi Bourla, ad di Pfizer che afferma il contrario, ndr). Non impediscono invece al virus di infettare l’organismo e trasmettersi a terzi. È quanto emerge da trial clinici, bugiardini e studi condotti sulle varianti Delta e Omicron”. E quindi non dai no vax, che sono poi quelli, secondo Crisanti, che non si ammalano e in una minima parte finisce in terapia intensiva Leggi.

Secondo il dossier consegnato recentemente al Senato dall’avvocato Renate Holzeisen, “decadrebbe anche il mutuo riconoscimento tra i Paesi dell’Ue delle certificazioni vaccinali che, secondo la normativa comunitaria, è subordinato ad evidenze scientifiche sull’interruzione delle catene di trasmissione. Una settimana prima era stato il Comitato internazionale per l’etica della biomedicina (Cieb) a prendere di mira l’Italia (Leggi). La rete scientifica internazionale creata da docenti ed esperti per promuovere un dibattito critico sulla gestione politica della crisi Covid ha chiesto l’abolizione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 e del Green Pass”.

Il Cieb ha invitato gli altri Paesi e le organizzazioni internazionali a fare pressioni sul governo italiano affinché ponga fine alla “sperimentazione di massa di un medicinale sperimentale impropriamente denominato vaccino”. La scadenza della sperimentazione scade infatti tra il 2023 e il 2024.

E ora sono diverse le associazioni civiche che negli ultimi mesi hanno presentato esposti alla Corte penale internazionale de L’Aia per crimini contro l’umanità. Sarebbero tali “le imposizioni dei trattamenti con sostanze sperimentali col ricatto (privazione di diritti fondamentali come quello al lavoro, ai servizi pubblici e alla libera circolazione)”, dichiara Holzeisen riferendosi all’art 7 dello Statuto della Corte.

Covid, la bomba della Gismondo: “Troppi morti, c’è un errore”
L’esperta sui decessi da Coronavirus: “Verosimile che molti decessi siano stati erroneamente attribuiti al virus”
di Claudio Romiti
Nicolaporro.it, 5 febbraio 2022


Martedì scorso, ospite di Fuori dal coro, programma condotto da Mario Giordano su Rete4, la virologa Maria Rita Gismondo ha sganciato un’altra bomba. In merito alla sempre più sospetta conta dei morti attribuiti al Covid-19, così si è espressa la responsabile del reparto di Microbiologia clinica del Sacco di Milano: “È verosimile che molti pazienti che sono morti negli ultimi due anni siano stati erroneamente attribuiti al virus”.

Per capirlo, aggiunge Gismondo, “basta andare a leggere la definizione di decesso attribuito al virus sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità. Tale definizione dice che un qualsiasi paziente che non ha nessuna altra causa evidente (tipo un trauma), e che ha dei sintomi riconducibili al virus, anche senza aver fatto il tampone, viene considerato un paziente morto a causa del virus. Questo vuol dire ad esempio che se un paziente ha dei sintomi respiratori viene conteggiato nei dati, ma esistono anche altre polmoniti e infezioni“.

Quindi, avete capito? Chiunque manifesti i suddetti sintomi respiratori viene catalogato, nell’eventualità di una sua funesta dipartita, come vittima del Covid-19. Ciò spiegherebbe la ragione, apparentemente incomprensibile dell’ancora relativamente alto numero di decessi attribuito a tale malattia. A questo proposito abbiamo eseguito un semplice raffronto tra i morti conteggiati nelle due settimane che vanno dal 22 gennaio al 4 febbraio del 2021 e del 2022, con risultati piuttosto sorprendenti, soprattutto per chi continua a bersi le pozioni tossiche della comunicazione mainstream. Basti dire che se dai bollettini dello scorso anno, quando la vaccinazione di massa era appena partita, sono stati attribuiti al Covid 6.040 vittime, con una media di 431 morti al giorno, nel 2022 i decessi sono scesi non di molto, attestandosi a 5.204, con una media giornaliera di 372 morti.

A tutta prima, a fronte di una vaccinazione di massa, e dopo aver realizzato una abominevole segregazione dei pochi resistenti all’imposizione, siamo di fronte ad un colossale fallimento della strategia sanitaria fin qui adottata. Ciò ci porta a dire che le cose sono due: o i vaccini non rappresentano quella formidabile panacea con cui vengono ancora presentati e imposti; oppure, come sostiene la dottoressa Gismondo, da due anni stiamo contando in modo improprio e strumentale i decessi.

In realtà possiamo concludere che ambedue gli elementi giocano un ruolo nella tragica farsa che stiamo vivendo e subendo da troppo tempo. Se infatti da un lato siamo bombardati h24 da una propaganda pro-vaccini che induce a ritenerli una sorta di elisir di lunga vita, dall’altro lato la stessa macchina infernale del regime politico-sanitario, onde giustificare il mantenimento delle attuali, umilianti misure restrittive, continua ad usare la conta dei morti a mo’ di clava per tacitare ogni dissenso.

Si tratta di un evidente corto circuito nella narrazione dello stesso regime politico-sanitario che in un Paese dotato di una informazione indipendente verrebbe immediatamente colto e pubblicamente denunciato.  E se questo da noi accade solo in poche ridotte giornalistiche, dipinte come conniventi coi cosiddetti no-vax, è perché la medesima informazione indipendente rappresenta evidentemente un lusso per pochi eletti.

Infine, per smontare una volta per tutte la balla secondo la quale nella gestione della pandemia saremmo un modello che tutto il mondo ci invidia, è sufficiente confrontare i morti attribuiti al Covid con tre dei nostri principali partner europei: Spagna, Francia e Germania. Se difatti il modello Italia ad oggi conta 2.485 morti per milione di abitanti, la Spagna ne registra 2.000, la Francia 1.914 e la Germania 1.429.

Dunque, la possiamo mettere che ci pare, ma è fin troppo evidente pure da questi ultimi dati che i conti della nostra pandemia proprio non vogliono tornare.

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