Processo 60SA in Vaticano: anche con la sesta udienza di oggi non parte. L’epicedio accompagnato da danze come era il costume greco si aggiornerà il 18 febbraio
Il Tribunale vaticano, su richiesta del Promotore di Giustizia Aggiunto, ha oggi nuovamente rinviato a giudizio i quattro imputati del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, nato dall’acquisto del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra, per i quali gli atti erano stati rinviati allo stesso ufficio dell’accusa. Le nuove citazioni firmate oggi dal Presidente Giuseppe Pignatone riguardano anche il Cardinale Angelo Becciu. Nei suoi confronti sono emerse dati in riferimento di inaccettabili comportamenti del Promotore di Giustizia, che continua a tenere nascosti. «Se l’ha detto Crozza, qualcosa ci sarà…»: è così che ragionano e agiscono i pubblici ministeri del Vaticano. D’altronde li ha qualificato già tempo fa in una sentenza il Giudice Tony Baumgartner della Southwark Crown Court di Londra. Il giudice britannico ha criticato i Promotori di Giustizia vaticani per aver fornito false dichiarazioni alla corte di Londra, parlando di “aberranti conclusioni”. Quindi, sub sole nihil novum.
L’abbiamo scritto il 6 novembre 2021 e lo ripetiamo oggi: Come nello scandalo Watergate, che costò la Presidenza a Nixon, in Vaticano quei “minuti mancanti” nelle registrazioni originali della “prova regina”. Solo “pinzillacchere”? Ma potrebbero essere prodotti ancora…
Il 7 ottobre 2021 abbiamo scritto e lo ripetiamo oggi: «La farsa vaticana è diventata una tragicommedia, con un nuovo giro di valzer, come era da costume greco. E colui che sta in Altissimis – che ne ha il potere legittimo e interviene pure a favore dell’accusa – non si decide di tirare il sipario e farla finita. Il vero scandalo in Vaticano è tutto lì».
All’inizio della sesta udienza nella Sala polivalente dei Musei vaticani, durata oggi poco più di 40 minuti, chiedendo scusa per le quasi due ore e un quarto di ritardo, il Presidente Pignatone ha attribuito il contrattempo al fatto che proprio stamane sono state depositate dall’Ufficio del Promotore di Giustizia le nuove richieste di citazione a giudizio riguardanti il troncone di processo precedentemente stralciato. Pignatone ha riferito di aver firmato il decreto di citazione, non avendo il potere di opporsi, fissando l’udienza alla data del 18 febbraio prossimo, quando il troncone con i quattro nuovi rinviati a giudizio sarà riunito a quello con gli altri sei che nel frattempo è continuato.
Oggi in aula non c’era alcun imputato, nemmeno il Cardinal Becciu, che fino ad oggi non aveva perso un’udienza. Ha preferito non partecipare per non ascoltare le falsità sul suo conto.
Le difese hanno nuovamente avanzato eccezioni di nullità “assoluta e radicale” del procedimento per l’ancora omesso o incompleto deposito degli atti da parte dell’Ufficio del Promotore di Giustizia.
Il difensore del Cardinal Becciu, l’Avv. Fabio Viglione ha rinnovato la richiesta di nullità “radicale e assoluta” del rinvio a giudizio, a causa della mancanza di atti richiesti dalla difesa, già denunciata dall’inizio del processo del 27 luglio. “Siamo arrivati a gennaio – ha detto l’avvocato – con ancora un omesso deposito di atti e documenti informatici”. Si tratterebbe di una “ampissima parte ancora mancante” nell’hard disk depositato dall’accusa il 23 dicembre scorso. Secondo l’esame di un consulente tecnico di fiducia della difesa, Luca Governatori, della totalità dei 255 supporti informatici sequestrati, 239 non sarebbero stati rilasciati in copia. Dei 16 dispositivi nessuno “può essere qualificato come copia forense”. Inoltre, i dati esaminati sarebbero il risultato di un’esportazione selettiva e parziale con l’utilizzo di parole chiave. Lo ripetiamo: cosa aspetta il Sovrano dello Stato della Città del Vaticano di mettere fine a questo epicedio? O vuole che il Promotori di Giustizia (mai un nome fu così sbagliato come in questo caso) Aggiunto, il Prof. Avv. Alessandro Diddi chiama Crozza a testimoniare in Aula?
L’Avv. Maria Concetta Marzo, sempre del collegio difensivo del Cardinal Becciu, ha spiegato che proprio la discussione odierna su questo mancante deposito di atti “ha motivato l’assenza del Cardinale, per non ascoltare contenuti di dialoghi”, in particolare con riferimento alle dichiarazioni del testimone chiave, Mons. Alberto Perlasca. Secondo la legale, infatti, “ci sono punti di prova trattati negli interrogatori di cui negli atti consegnati non viene riportata neanche una parola, e neanche un omissis”. Il riferimento è a quando, nell’interrogatorio di Perlasca del 23 novembre 2020 “viene esplorato un sospettato rapporto intimo tra il Cardinal Becciu e Cecilia Marogna”. Si sente il promotore di giustizia chiedere a Perlasca dei rapporti tra il cardinale e la donna e la risposta dell’interrogato è di non saperne nulla, “neanche una parola”. Ma il magistrato insiste: “Ma come non sa nulla? L’ha mai sentito Crozza che cosa ipotizza nelle sue trasmissioni? Il Cardinale ha querelato l’Espresso e non fa niente a Crozza? Io l’avrei massacrato, gli avrei fatto male, cosa fai, non lo sfidi?”. Ma Perlasca si limita a osservare che magari col settimanale procedere per vie legali “era più facile”. “Di questo tema di prova nel verbale non c’è neanche una parola”, ha sottolineato l’Avv. Marzo, secondo cui comunque sia i riferimenti alle “voci correnti” come nel caso di Crozza, sia i riferimenti alla “moralità” del Cardinale eccepiscono la nullità del processo di trascrizione “perché viziato”. Un’altra violazione si riscontrerebbe in un interrogatorio del 15 marzo 2021, in cui, parlando dei riscatti per il sequestro di missionari cattolici, si facevano battute sulla provenienza del Cardinal Becciu dalla Barbagia, terra tristemente nota per i riscatti e i rapimenti. L’avvocato ha quindi eccepito la nullità di entrambi gli interrogatori. Comprensibile che il Promotori di Giustizia vuole nascondere il suo modo di ragionare e interrogare, con la calunnia usando le esternazioni di un comico.
Qualche “organo” (evitiamo epiteti che potrebbero turbare i nostri attenti lettori) di stampa ha travisato – anche qui, nel mondo dei collusi con i pubblici ministeri del Vaticano, nihil sub sole novum – la questione dell’assenza del Cardinal Becciu in Aula oggi. Quindi, è doveroso evidenziare per bene il motivo perché non si è presentato. Lo ha precisato nella lettera che ha scritto al Presidente del Tribunale, da cui citiamo: «Mi sentirei fortemente a disagio al sentire i miei difensori mettere in evidenza quanto di inaccettabile è emerso negli interrogatori a Mons. Alberto Perlasca, condotto dall’Ufficio del Promotore di Giustizia in data 23 novembre 2020 e 15 marzo 2021. Il metodo seguito, i gravi apprezzamenti e le sordide insinuazioni nei miei riguardi mi hanno turbato e indignato profondamente come persona e come uomo di Chiesa. Le illazioni che si è tentato di esplorare ponendo domande all’interrogato sono gravemente lesive della mia dignità sacerdotale e suonano indirettamente come un’offesa verso tutto il Collegio cardinalizio, del quale sono membro».
Con l’occasione esprimiamo ancora una volta nostra stima e nostra solidarietà nei confronti del Cardinale Angelo Becciu, augurando che la tragicommedia di cui è destinatario, oggetto e vittima possa vedere calare il sipario presto, lasciando il palcoscenico osceno ai Crozza e suoi compari di merenda nei media vaticani e tra i vaticanisti, collusi con gli Affossatori di Giustizia vaticani.
L’agghiacciante uso giudiziario di una (sgradevole) parodia tv
di Salvatore Izzo
Faro di Roma, 26 gennaio 2022
“Noi siamo lontanissimi dal fare pettegolezzi, però uno guarda la tv e vede Crozza che insinua delle cose… Uno pensa davvero male di fronte a una aggressione così forte. E tra l’altro mi viene da pensare che se si fanno aggressioni così forti su un cardinale qualcosa di vero ci deve essere. Ma lei la ha vista quella parodia?”. Il promotore di giustizia aggiunto Alessandro Diddi si è rivolto con queste parole irridenti a mons. Alberto Perlasca, testimone nell’istruttoria del processo sul palazzo di Londra.
Mons. Perlasca peraltro diventerà testimone chiave dell’accusa sulla base di quanto delle sue dichiarazioni è stato riportato da Diddi. E se i metodi usati dal pm sono questi, si può certo dubitare della validità dell’intera deposizione del sacerdote.
Ad esempio, nello specifico, da come mons. Perlasca risponde al fervorino di Diddi, si capisce che è piuttosto sgomento per la domanda e comunque non accoglie la tesi colpevolista sostenuta dal pm semplicemente sulla base della parodia di Crozza.
In effetti nel processo assistiamo ad un capovolgimento dei criteri che normalmente vengono utilizzati dalla magistratura. Infatti, restando all’episodio della citazione impropria della parodia di Crozza, normalmente le affermazioni relative alla presunta colpevolezza del card. Becciu contenute in uno spettacolo televisivo verrebbero utilizzate per decidere l’eventuale rigetto dei magistrati (anche inquirenti) che si dichiarassero influenzati dalle tesi del comico. Come esplicitamente fa Diddi nell’interrogatorio, tanto da incorrere nella remissione del processo per legittima suspicione, ovvero per il ragionevole sospetto, nel caso concreto riferito all’imparzialità del giudice.
Nel procedimento penale, in Italia, dunque la citazione in istruttoria di una parodia televisiva dichiaratamente e acriticamente colpevolista sarebbe molto probabilmente motivo di legittima assegnazione del processo a un ufficio giudiziario diverso rispetto a quello competente secondo le regole ordinarie.
Inoltre, essendo cittadino italiano, il porporato sbeffeggiato da Crozza potrebbe intentare una causa per danni tanto al comico quanto al pm che ha costruito la sua tesi sulla parodia, come ha ammesso lo stesso Diddi durante l’interrogatorio.
Una dei difensori del cardinale, l’avvocatessa Concetta Marzo, ha eccepito che questo viola l’articolo 246 del Codice penale vigente. Inoltre, nei verbali non sarebbero stati riportati questi passaggi, né le risposte di Perlasca: “Ci sono prove non riportate neanche con una parola o un omissis”, ha detto la legale.
Un’altra violazione si riscontrerebbe in un interrogatorio del 15 marzo 2021, in cui, parlando dei riscatti per il sequestro di missionari cattolici, si facevano battute sulla provenienza del cardinale Becciu dalla Barbagia, terra tristemente nota per i riscatti e i rapimenti. L’avvocatessa Marzo ha quindi sostenuto la nullità di entrambi gli interrogatori.
Nella sesta udienza odierna, a tutte le eccezioni si è associato il difensore del finanziere Enrico Crasso, l’Avv. Luigi Panella. “L’imputato ha diritto a che non si facciano domande sulla moralità o su fatti mai accaduti – ha sottolineato -, pena “la radicale nullità del procedimento di citazione a giudizio” e lamentato il fatto che a Perlasca sarebbe stato chiesto conto, il 29 aprile 2020, di un presunto incontro di fine 2018 tra Crasso, Tirabassi e Torzi a Milano. Incontro “mai avvenuto”, ha affermato il difensore: alcune chat certificherebbero che Crasso era Lugano. “Nulla so”, avrebbe risposto Perlasca per poi ritrattare all’insistenza dei promotori, dicendo di “dubitare della trasparenza dei rapporti tra Crasso e Tirabassi”. Frase messa a verbale.
Il Promotore di Giustizia Aggiunto, il Prof. Avv. Alessandro Diddi, ha spiegato di non sapere quali parti di atti mancano nei supporti consegnati in copie, materialmente fatte dalla Polizia giudiziaria (il Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano), e il Presidente Pignatone gli ha dato un termine fino al 31 gennaio per verificare. Per quanto riguarda le mancate trascrizioni citate, ha aggiunto, “si è cercato di rappresentare tutto quello che è stato dichiarato, ma anche di non lasciare tracce che avrebbero potuto ledere la reputazione. Si è cercato di tutelare la moralità dell’assistito”. Le eccezioni, quindi, per l’accusa “sono destituite di ogni fondamento”. Per noi, invece, le spiegazioni forniscono prova che non ha voluto lasciare traccia dei suoi modi di condurre le “indagini”, passabili da cacciata immediata.