La Polonia attaccata dall’Europa dei doppi standard non cederà al ricatto, vuole il dialogo, ma non intende rinunciare alla propria sovranità nazionale

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Alla vigilia della riunione dei Capi di governo del Consiglio Europea il 21 e 22 ottobre, lo scontro tra la Polonia e l’Unione Europea è incandescente. L’ultima ira della Commissione Europea di Ursola von der Leyen è stata provocata dal veto della Polonia all’adozione delle conclusioni del “Consiglio sulla strategia dell’UE sui diritti del bambino” dello scorso 7 ottobre, che avrebbe potuto portare, tra l’altro, all’imposizione della legalizzazione obbligatoria dei “matrimoni” tra persone dello stesso sesso e all’adozione di bambini da parte di coppie arcobaleno Lgbtqi+.

«Voglio farvi preoccupare e attirare la vostra attenzione su un fenomeno pericoloso che minaccia il futuro della nostra Unione. Dovremmo essere preoccupati per la graduale trasformazione dell’Unione in un’entità che cesserebbe di essere un’alleanza di Stati liberi, uguali e sovrani, per diventare invece un unico organismo gestito centralmente, gestito da istituzioni private e senza il controllo democratico da parte dei cittadini dei Paesi europei. Se non fermiamo questo fenomeno, tutti ne sentiranno gli effetti negativi. Oggi può riguardare solo un Paese, domani, con un altro pretesto, un altro» (Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki, Lettera ai Capi di Governo e ai Presidenti del Consiglio Europeo, della Commissione Europea e del Parlamento Europeo sulle relazioni tra il diritto nazionale e il diritto europeo, 18 ottobre 2021).

Il 15 ottobre 2021 il Parlamento Europeo ha minacciato di denunciare la Commissione Europea alla Corte di Giustizia se non agirà rapidamente contro la Polonia e l’Ungheria (#bunchofidiots), mentre il Cancelliere tedesco Angela Merkel e il Presidente francese Emmanuel Macron si sono opposti e hanno chiesto al Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, di non inserire alcun punto sullo “Stato di diritto” in Polonia e Ungheria, né sul taglio dei fondi verso i due Paesi, invitando ad una ripresa del dialogo. Prevarrà il buonsenso franco-tedesco o il furore giacobino di Commissione e Parlamento europeo? Due visioni opposte, quella rispettosa delle identità e della sussidiarietà contro quella del neocentralismo democratico e sovietico. Ha chiesto e osservator Luca Volontè oggi su La Nuova Bussola Quotidiana.

Il 18 ottobre 2021 il Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki ha scritto una lettera alle massime istituzioni comunitarie (ai Capi di Governo e ai Presidenti del Consiglio Europeo, della Commissione Europea e del Parlamento Europeo) sulle relazioni tra il diritto nazionale e il diritto europea [QUI]. La lettera è stata pubblicata integralmente nella traduzione italiana a cura di Luca Volontè da La Nuova Bussola Quotidiana [QUI], di cui riportiamo di seguito il testo.

Nella sua lettera, Morawiecki ha messo le cose in modo chiaro. Visto che i Polacchi sono Europei, spiega, la Polonia non intende lasciare l’Unione Europea, ma nemmeno farsi schiacciare da un centralismo che calpesta le competenze nazionali, ignorando i trattati. Avverte che i Polacchi non si faranno intimidire da coloro che stanno portando le istituzioni comunitarie verso un centralismo oppressivo. Morawiecki denuncia senza mezzi termini l’«Europa dei doppi standard», ricordando che le decisioni prese dalla Corte costituzionale in Polonia sono le stesse di molti tribunali supremi di Francia, Germania, Italia. Ma Brussel e Strasburgo confermano i loro pregiudizi: Ursola von der Leyen dichiara che comunque la «Commissione agirà contro la Polonia», mentre Macron e Merkel invitano al dialogo.

Ponendo la domanda su quale linea prevarrà al Consiglio Europeo nello scontro tra la Polonia e l’Unione Europa, Luca Volontè ha scritto oggi su La Nuova Bussola Quotidiano[QUI]: «L’Ue ricatta, ma la Polonia smaschera i giacobini europei». «Il dibattito in corso al Parlamento europeo contro la Polonia dimostra un furore giacobino che mette a grave rischio l’Europa. La lettera di Morawiecki ha svelato il pregiudizio totale del Parlamento e di Ursula von der Leyen. Il premier polacco dimostra l’infondatezza delle ragioni della Commissione che vuole sanzionare la Polonia».

Morawiecki afferma: «Vi scrivo questa lettera per rassicurarvi e allo stesso tempo per farvi preoccupare. Voglio rassicurarvi che la Polonia rimane un membro fedele dell’Unione europea (…) che è un’organizzazione basata su trattati comuni, stabiliti da tutti gli Stati membri che hanno affidato un certo numero di competenze a istituzioni comuni e hanno regolato insieme molti settori della vita attraverso il diritto europeo. La Polonia rispetta questo diritto e riconosce il suo primato sulle leggi nazionali, conformemente a tutti i nostri obblighi del Trattato sull’Unione europea. Allo stesso tempo, però, voglio farvi preoccupare (…). Dovremmo essere preoccupati per la graduale trasformazione dell’Unione in un’entità che cesserebbe di essere un’alleanza di Stati liberi, uguali e sovrani, per diventare invece un unico organismo gestito centralmente, gestito da istituzioni private del controllo democratico da parte dei cittadini dei Paesi europei. Se non fermiamo questo fenomeno, tutti ne sentiranno gli effetti negativi. Oggi può riguardare solo un Paese, domani, con un altro pretesto, un altro. Per questo, vi chiedo di ascoltare gli argomenti polacchi, di fare riferimento ad essi e di essere aperti al dialogo».

Poi, Luca Volontè osserva che «nessun dialogo c’è stato durante l’ampio dibattito iniziato ieri al Parlamento, solo insulti e accuse totalmente infondate. Morawiecki, invece, chiede il confronto sul merito delle accuse rivolte al suo Paese e ricorda nella sua missiva come le decisioni prese dalla Corte Costituzionale polacca siano le stesse di molti tribunali supremi di Germania, Francia, Italia, Spagna, Danimarca, Romania, Repubblica Ceca e che alla stessa Corte polacca e al Governo della Polonia mai erano state contestate decisioni simili nel 2005, 2006, 2010 o 2011, quando altri governi e altri giudici erano in carica».

Secondo le pretese della Corte di Giustizia e della Commissione Europea, spiega Morawiecki, «i giudici dei tribunali polacchi sarebbero obbligati ad applicare il principio del primato del diritto europeo non solo sulle leggi nazionali di rango ordinario – il che non solleva alcun dubbio – ma anche a violare la propria Costituzione e le sentenze del proprio Tribunale costituzionale… [ciò] porterebbe alla conclusione che milioni di sentenze emesse negli ultimi anni dai tribunali polacchi potrebbero essere arbitrariamente contestate e migliaia di giudici rimossi dall’incarico. Questo non solo sarebbe in diretta violazione dei principi di indipendenza, inamovibilità, così come stabilità e certezza del diritto alla giustizia, derivanti direttamente dalla Costituzione polacca, ma porterebbe anche a un abbassamento dello standard costituzionale di protezione giudiziaria dei cittadini polacchi e di conseguenza a un inimmaginabile caos giuridico con gravi conseguenze per tutti. Nessuno Stato sovrano può accettare una tale interpretazione. Accettarla si tradurrebbe effettivamente nel fatto che l’Unione europea cesserebbe di essere un’unione di Paesi liberi, uguali e sovrani» e si trasformerebbe in uno Stato centralista dove gli attuali Stati diverrebbero semplici province alle quali imporre ogni volontà».

Ieri a Strasburgo, nel suo discorso al Parlamento Europeo (di seguito riportiamo il testo integrale nella traduzione italiana), Morawiecki con forza ha riaffermato la dignità e la fermezza della Polonia, di fronte all’attaccata in modo parziale e ingiustificato che subisce dall’«Europa dei doppi standard». Invece, ha detto, le regole del gioco devono essere uguali per tutti e che «è inammissibile che si parli di sanzioni», per ricattare gli Stati non subordinati. Conclude Luca Volontè: «La Polonia non intende rinunciare alle proprie competenze nazionali. La presidente von der Leyen, intervenuta al dibattito parlamentare, ha dimostrato invece una sfrontatezza e irresponsabilità senza pari, dicendo che comunque la “Commissione agirà contro la Polonia”, deve solo decidere quale strumento usare. Il dibattito parlamentare, a cui partecipano moltissimi deputati, proseguirà sino a giovedì quando si voterà l’ennesimo documento che, presumibilmente, chiederà alla Commissione di bloccare i fondi del Recovery alla Polonia».

Lettera
del Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki
ai Capi di Governo e ai Presidenti
del Consiglio Europeo,
della Commissione Europea
e del Parlamento Europeo
sulle relazioni
tra il diritto nazionale e il diritto europeo

Traduzione italiana a cura di Luca Volontè da La Nuova Bussola Quotidiana

Varsavia, 18 ottobre 2021

Cari Presidenti e Primi Ministri,
signore e signori,

vi scrivo questa lettera per rassicurarvi e allo stesso tempo per farvi preoccupare.

Voglio rassicurarvi che la Polonia rimane un membro fedele dell’Unione Europea. Un’Unione Europea che è un’organizzazione basata su trattati comuni, stabiliti da tutti gli Stati membri che hanno affidato un certo numero di competenze a istituzioni comuni e hanno regolato insieme molti settori della vita attraverso il diritto europeo. La Polonia rispetta questo diritto e riconosce il suo primato sulle leggi nazionali, conformemente a tutti i nostri obblighi del Trattato sull’Unione Europea.

Allo stesso tempo, però, voglio farvi preoccupare e attirare la vostra attenzione su un fenomeno pericoloso che minaccia il futuro della nostra Unione. Dovremmo essere preoccupati per la graduale trasformazione dell’Unione in un’entità che cesserebbe di essere un’alleanza di Stati liberi, uguali e sovrani, per diventare invece un unico organismo gestito centralmente, gestito da istituzioni private e senza il controllo democratico da parte dei cittadini dei Paesi europei. Se non fermiamo questo fenomeno, tutti ne sentiranno gli effetti negativi. Oggi può riguardare solo un Paese, domani, con un altro pretesto, un altro.

Per questo motivo, vi chiedo di ascoltare gli argomenti polacchi, di fare riferimento ad essi e di essere aperti al dialogo. Credo veramente che insieme, nello spirito del rispetto e della comprensione reciproca, senza imporre la propria volontà agli altri, possiamo trovare una soluzione che rafforzi la nostra Unione Europea.

* * *

La Polonia rispetta pienamente il diritto europeo, così come le sentenze della Corte di Giustizia, come qualsiasi altro Stato membro. L’obbligo per ogni Stato membro di rispettare il diritto europeo deriva direttamente dai trattati, siamo obbligati a farlo nella misura richiesta dai trattati. Non uno iota di meno e non uno iota di più.

Il principio del primato del diritto dell’UE copre tutti gli atti giuridici fino al livello di rango primario nei settori di competenza dell’Unione. Questo principio, tuttavia, non è illimitato. In ogni Paese, la Costituzione mantiene il suo primato. La valutazione di dove si trova il confine può essere fatta solo dai tribunali, sia dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che dalle nostre Corti costituzionali nazionali. Ognuno di loro è il “guardiano della costituzione”, che decide in ultima analisi sulla legalità e la validità delle norme applicate in un determinato territorio. Questo è il ruolo per il quale sono stati nominati.

Il Tribunale costituzionale della Repubblica di Polonia ha gli stessi diritti delle corti e dei tribunali di qualsiasi altro paese dell’UE. Possono verificare la conformità del diritto primario dell’UE con le loro costituzioni e lo fanno costantemente da molti anni, anche decenni. Le singole sentenze trattano questioni più ampie o più ristrette, ma la loro essenza rimane invariata, il primato del diritto dell’UE sul diritto nazionale esiste e, sebbene sia di ampia portata, ha i suoi chiari limiti.

Questi limiti sono determinati non solo dalla natura costituzionale o statutaria delle norme giuridiche nazionali, ma anche dalla materia coperta dal diritto dell’UE. Il principio di conferimento, come definito negli articoli 4 e 5 del trattato sull’Unione Europea, è il principio guida dell’Unione. Significa che le competenze degli organi dell’Unione Europea si estendono solo alle materie che abbiamo affidato loro nei trattati. I tentativi di espandere queste competenze non possono essere accettati. Qualsiasi azione di questo tipo dovrebbe essere considerata ultra vires e, per sua natura, contraria al principio dei trattati dello Stato di diritto. Nessun organo dell’Unione Europea dovrebbe intraprendere azioni che non sono autorizzate dai trattati.

Questa questione è incontestata nelle decisioni dei tribunali e delle corti costituzionali degli Stati membri dell’UE. Infatti, queste corti hanno ripetutamente affermato che alcune azioni delle istituzioni dell’Unione Europea, in particolare quelle della Corte di Giustizia dell’UE, superano i poteri concessi dai trattati. Di conseguenza, i tribunali nazionali hanno costantemente deciso che le singole sentenze della Corte di Giustizia (CGUE) – in quanto emesse ultra vires – non sono vincolanti per un particolare Stato membro.

La Corte costituzionale polacca non fa nulla oggi che le corti e i tribunali in Germania, Francia, Italia, Spagna, Danimarca, Romania, Repubblica Ceca o altri Paesi dell’UE non abbiano fatto in passato. Si tratta di un percorso giurisprudenziale ben consolidato, che non è affatto una novità. Nessuna di queste decisioni giudiziarie ha portato alcuno Stato membro fuori strada rispetto all’integrazione europea. Ognuna di esse è stata una dichiarazione e una conferma dei fatti che risultano dalla lettera e dallo spirito del diritto europeo. Il Tribunale costituzionale polacco non fa nulla oggi che non avrebbe fatto in passato – già nel 2005, 2006, 2010 o 2011 – con altre composizioni di giudici, eletti da ogni coalizione politica fin dall’adesione della Polonia all’UE.  La Corte costituzionale polacca si è ripetutamente pronunciata sul primato della Costituzione polacca sul diritto dell’Unione Europea. Queste sentenze non sono mai state contestate dalla Commissione. Questo semplicemente perché la verifica della conformità del diritto internazionale con la costituzione nazionale non viola il diritto dell’UE.

Secondo l’articolo 4 della Costituzione polacca, l’autorità suprema nella Repubblica di Polonia appartiene alla nazione. Un’espressione di questo principio è anche la gerarchia delle fonti del diritto, secondo la quale è la legge fondamentale polacca – adottata dalla nazione come massima espressione della sua volontà politica – che precede le altre fonti del diritto, come gli atti o anche gli accordi internazionali ratificati dalla Polonia. Nessun governo può discostarsi da questo principio, poiché ciò sarebbe una flagrante violazione della Costituzione e sarebbe incompatibile con il principio della sovranità nazionale.

Vale anche la pena di sottolineare che il Tribunale costituzionale polacco non afferma che le disposizioni del Trattato sull’Unione Europea sono completamente incoerenti con la Costituzione polacca. Dichiara solo che un’interpretazione molto specifica di alcune disposizioni del trattato (il risultato della recente giurisprudenza della Corte di Giustizia) è incompatibile con la Costituzione polacca.

Secondo questa interpretazione, i giudici dei tribunali polacchi sarebbero obbligati ad applicare il principio del primato del diritto europeo non solo sulle leggi nazionali di rango ordinario – il che non solleva alcun dubbio – ma anche a violare la propria Costituzione e le sentenze del proprio Tribunale costituzionale. Inoltre, l’adozione di questa interpretazione porterebbe alla conclusione che milioni di sentenze emesse negli ultimi anni dai tribunali polacchi potrebbero essere arbitrariamente contestate e migliaia di giudici rimossi dall’incarico. Questo non solo sarebbe in diretta violazione dei principi di indipendenza, inamovibilità, così come della stabilità e certezza del diritto alla giustizia, derivanti direttamente dalla Costituzione polacca, ma porterebbe anche a un abbassamento dello standard costituzionale di protezione giudiziaria dei cittadini polacchi e di conseguenza a un inimmaginabile caos giuridico con gravi conseguenze per tutti.

Nessuno Stato sovrano può accettare una tale interpretazione. Accettarla si tradurrebbe effettivamente nel fatto che l’Unione Europea cesserebbe di essere un’unione di Paesi liberi, uguali e sovrani. Un tale approccio, de facto trasformerebbe l’Unione Europea in un organismo statale gestito a livello centrale, le cui istituzioni possono imporre ciò che vogliono all’interno delle proprie “province”, indipendentemente da qualsiasi base giuridica.

Questo non è quello che abbiamo concordato nei trattati. La Polonia rispetta pienamente il diritto dell’UE. Come ogni altro Stato membro, questo diritto dà al nostro Paese obblighi e diritti specifici. Uno è il diritto di esigere che gli organi dell’UE agiscano solo nelle questioni per le quali sono stati incaricati e non in quelle che esulano dalle loro competenze.

Purtroppo, oggi abbiamo a che fare con un fenomeno molto pericoloso per cui varie istituzioni dell’Unione Europea usurpano poteri che non hanno in base ai trattati e impongono la loro volontà agli Stati membri. Questo è particolarmente evidente oggi che gli strumenti finanziari vengono utilizzati per questo scopo. Senza alcuna base giuridica, c’è un tentativo di forzare gli Stati membri a fare ciò che le istituzioni dell’Unione dicono loro di fare, indipendentemente da qualsiasi base giuridica per imporre tali richieste.

Una tale pratica non può essere accettata. Non solo perché è illegale, ma soprattutto perché è pericoloso per la continuazione dell’Unione Europea, indebolendo tutti gli Stati membri. L’Unione è forte grazie alla forza dei suoi membri. Il loro indebolimento, subordinando gli Stati membri al potere praticamente illimitato di istituzioni gestite a livello centrale, prive di controllo democratico, può alla fine portare a un completo distacco dei meccanismi decisionali dalla volontà dei cittadini, per esempio nelle elezioni democratiche,  e alla trasformazione dell’Unione in un’organizzazione che contraddice i nostri valori comuni di: libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto, pluralismo, non discriminazione, tolleranza, giustizia e solidarietà.

Ci sono conseguenze e dobbiamo tenerle a mente. Oggi, l’attenzione delle istituzioni dell’UE è concentrata sulla Polonia. E la Polonia è determinata a difendere la sua sovranità e il principio di conferimento delle competenze. Ricordiamoci però che se oggi uno Stato può essere costretto ad agire in violazione della sua sovranità, si creerebbe un precedente. Gli effetti saranno inevitabilmente avvertiti da altri Paesi in futuro.

* * *

L’Europa oggi non solo si sta lentamente riprendendo dalla crisi pandemica, ma sta affrontando sfide con un’origine molto più profonda. Queste sfide non sono sorte ieri. La crisi finanziaria che minaccia di indebolire o addirittura di far crollare la zona euro, la crisi migratoria, la crisi della Brexit, la crisi del gas e dell’energia che minaccia la povertà per milioni di persone, sono solo alcuni esempi che mostrano che il destino della nostra Unione negli ultimi anni non è una cronaca di successo.

Se vogliamo evitare altre crisi, dobbiamo cambiare strada. Il successo dell’integrazione europea si basa su principi comuni come il rispetto reciproco e la solidarietà, il perseguimento della coesione economica e sociale nel rispetto della diversità e del diritto e dobbiamo pretendere da noi stessi proprio ciò che ci siamo impegnati a fare nei trattati.

Dobbiamo tornare a queste fonti. L’Unione Europea non è e non deve essere un insieme di Paesi migliori e peggiori. Non serve e non deve servire a perseguire gli interessi di alcuni Stati membri a spese di altri; né deve diventare un organismo gestito centralmente senza controllo democratico del sovrano, i cittadini dei Paesi europei che esprimono la loro volontà attraverso gli Stati membri dell’UE.

È necessario che si ricominci a lavorare insieme secondo l’imperativo della comprensione. Il linguaggio del ricatto finanziario, della punizione, dell’“affamare” gli Stati non subordinati, delle pressioni antidemocratiche e centraliste non hanno posto nella politica europea. Tale linguaggio colpisce non solo i singoli Stati, ma l’intera Comunità.

La Polonia è pronta al dialogo. Non vediamo l’ora di parlare, nello spirito del rispetto reciproco, e del rispetto della nostra sovranità, ma senza spingerci a rinunciare alle nostre competenze nazionali. Posso assicurarvi che intraprendiamo queste riforme solo nell’interesse dei nostri cittadini, che alla fine ci chiederanno conto di tutto in modo trasparente e democratico. Il nostro obiettivo è quello di prendere solo le misure che sono sia buone per i nostri cittadini che in linea con il diritto comunitario, nella misura in cui siamo vincolati dai trattati. Vi chiedo comprensione e reciprocità, una comune disponibilità a condurre il dialogo in uno spirito di rispetto. Siamo tutti sulla stessa barca.

Vogliamo avere questa discussione faccia a faccia. Questa settimana a Strasburgo e a Bruxelles, desidero quindi rivolgermi a voi personalmente e spiegarvi in dettaglio il significato della posizione della Polonia.

Fate lavorare insieme gli uomini; mostrate loro che al di là delle loro differenze e dei confini geografici, c’è un interesse comune”, diceva Jean Monnet. Oggi è il momento di agire insieme, non di mettersi l’uno contro l’altro. Ricordiamo la lezione dei padri fondatori delle Comunità europee: avere il coraggio di affrontare la realtà. Oggi abbiamo bisogno di coraggio per superare i problemi reali. Credo fermamente che tutti gli Stati membri e le istituzioni dell’Unione Europea saranno abbastanza coraggiosi e responsabili da farsi guidare da questo principio nelle loro azioni.

Sinceramente,
Mateusz Morawiecki

Statement by Prime Minister Mateusz Morawiecki in the European Parliament.

Il discorso del Primo Ministro polacco
Mateusz Morawiecki
al Parlamento Europeo, 19 ottobre 2021

Signor Presidente,
Signora Presidente,
Onorevoli deputati,

Oggi mi faccio avanti a voi qua, nel Parlamento, per espandere sulla nostra posizione in certe materie di base che ritengo fondamentali per il futuro dell’Unione europea. Non solo quello di Polonia, ma proprio per il futuro della nostra intera Unione.

Primum, parlerò delle crisi davanti a cui si trova oggi L’Europa, e le quali dovremmo affrontare.

Secundum, parlerò degli standard e delle regole – che dovrebbero sempre essere uguali per tutti – e del fatto che troppo spesso non è il caso.

Tertium, presenterò un parere sulle regole secondo cui nessun organo delle autorità pubbliche dovrebbe intraprendere delle azioni per cui manchino delle basi legali.

Il quarto punto del mio discorso riguarderà la sentenza del Tribunale costituzionale polacco – e quello che questa sentenza ed altre sentenze simili comportano per l’Unione europea. E anche quanto importante è la diversità ed il rispetto reciproco.

E poi, nel quinto punto presenterò la nostra veduta sul pluralismo costituzionale.

Poi indicherò i gravi rischi per tutta la società che sorgono dall’applicazione della Corte di giustizia dell’Unione europea che si verificano già in Polonia.

Finalmente, riassumerò tutte le conclusioni e guarderò con della il futuro, penso, con della speranza.

Partirò dalla questione fondamentale – dalle sfide decisive per il nostro futuro condiviso. Onorevoli colleghi, le disuguaglianze sociali, l’inflazione ed i crescenti costi della vita che colpiscono tutti i cittadini europei, le minacce esterne, l’aumento del debito pubblico, l’immigrazione irregolare e la crisi energetica che ingrandisce le sfide della politica climatica contribuiscono alle tensioni sociali ed allungano l’elenco dei gravi problemi.

La crisi del debito sovrano ci ha, per la prima volta dopo la guerra, posto la domanda se siamo in grado di assicurare una vita migliore alle generazioni successive.

Intorno alle nostre frontiere è presente sempre più tensione. Nel Sud, la pressione di milioni di persone ha reso il bacino del Mediterraneo un luogo tragico. All’Est, stiamo affrontando un’aggressiva politica russa, che arriva persino a fare guerra per bloccare la scelta della via europea tra i paesi nella nostra vicinanza.

Oggi ci troviamo di fronte ad un’enorme crisi associata al gas ed all’energia. Il rapido aumento dei prezzi – causato, tra l’altro, da azioni intenzionali di aziende russe – già oggi pone molte aziende in Europa davanti alla scelta tra riduzioni di produzione e il trasferimento di costi ai consumatori. La scala di questa crisi può già nelle prossime settimane sconvolgere tutta l’Europa. Possono andare in bancarotta tante imprese, e milioni di case, decine di milioni di persone, possono trovarsi in povertà e scarsità a cause della crisi associata al gas e l’aumento incontrollato dei costi in tutta l’Europa. Dobbiamo anche tenere presente il rischio dell’effetto domino – una crisi può causare in cascata degli altri crolli.

Ogni volta dico “noi” – perché non è possibile risolvere alcun di questi problemi da soli. Non tutti di essi hanno avuto un impatto sul mio paese in modo tanto drammatico quanto sulle altri paesi dell’Unione europea. Ciò non cambia il fatto che li ritengo tutti problemi “nostri”.

Ora dirò qualche parola sul contributo di Polonia al nostro progetto condiviso.

L’integrazione europea è per noi una scelta strategica e civilizzatrice. Siamo qua, qua è il nostro posto, e non stiamo andando da nessuna parte. Vogliamo rendere l’Europa di nuovo forte, ambiziosa e coraggiosa. Per questo non guardiamo solo i profitti a breve termine, ma anche quello che all’Europa possiamo dare.

La Polonia profitta dell’integrazione, soprattutto dello scambio commerciale nel mercato comune europeo. Sono anche molto importanti i trasferimenti di tecnologie ed i trasferimenti diretti. Ma la Polonia non è entrata nell’Unione europea a mani vuote. Il processo d’integrazione economica con l’Unione ha espanso le capacità operative di aziende del mio paese, ma ha anche aperto delle possibilità enormi ad aziende tedesche, francesi o olandesi. Gli imprenditori di questi paesi profittano moltissimo dell’espansione dell’Unione.

Basta contare l’enorme deflusso di dividendi, profitti sugli interessi ed altri strumenti finanziari dei paesi dell’Europa centrale, quelli meno affluenti – all’Europa dell’Ovest, ai paesi più ricchi. Ci auguriamo, però, che in questa collaborazione non vi siano dei perdenti, ma soltanto dei vincitori.

È stata la Polonia ad essere la promotrice dell’ambizioso Fondo europeo per la ripresa, per rendere la reazione di oggi alle sfide della trasformazione climatica, energetica e post pandemica una reazione adeguata alle esigenze. Perché la crescita economica sia forte e dia della speranza dell’Europa, non lasciando soli ed indifesi contro la globalizzazione milioni di bambini, donne e uomini. In queste materie noi ed il Parlamento europeo parlavamo con una sola voce.

La Polonia sostiene fortemente il Mercato unico europeo. Vogliamo l’autonomia strategica per rafforzare i 27 paesi.

Pertanto la Polonia o la Germania, la Cechia e gli altri paesi dell’Europa centrale promuovono delle soluzioni per aumentare la competitività dell’economia europea nello spirito di tutela delle quattro libertà fondamentali. La libertà di circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone. Senza sostenere le attività di rifugi fiscali – qualcosa che, purtroppo, alcuni paesi dell’Europa dell’Ovest fanno ancora, depredando in questo modo i loro vicini. Sì, onorevoli colleghi – i rifugi fiscali tollerati nell’Unione europea sono il sequestro del denaro dai più ricchi. È una cosa giusta? È qualcosa che ci aiuta a migliorare la vita della classe media o i meno facoltosi? È qualcosa che appartiene al catalogo dei valori europei? Ho dei forti dubbi.

La Polonia e l’intera Europa centrale sono a favore di un’ambiziosa politica di espansione che rafforzi l’Europa nell’area dei Balcani occidentali. Che completi geograficamente, storicamente e strategicamente l’integrazione europea. Vogliamo delle aspirazioni globali dell’Unione ed una forte politica di difesa europea – in una struttura coerente a quella di NATO!

Oggi, quando la frontiera orientale dell’Unione è soggetta ad un attacco organizzato che sfrutta in modo cinico le migrazioni dal Medio Oriente per la destabilizzazione, è la Polonia che dà all’Europa la sicurezza, costituendo insieme alla Lituania ed alla Lettonia siamo una barriera che la protegge. E, rafforzando il nostro potenziale nel campo di difesa, rafforziamo la sicurezza dell’Unione europea nel senso più tradizionale.

Oggi, parlando a Voi, voglio ringraziare le forze polacche, lituane, lettone, e tutti i paesi del Sud dell’Europa, la nostra Guardia di frontiera e le nostre forze dell’ordine. Grazie dei vostri sforzi e del vostro professionismo nella protezione delle frontiere dell’Unione!

La sicurezza ha tante dimensioni. Oggi che l’aumento dei prezzi di gas è sentito da tutti, si vede chiaramente quali possano essere i risultati di miopia nella materia di sicurezza energetica. Già oggi la politica di Gazprom ed il consenso per Nord Stream 2 si traducono a prezzi record di gas.

Quando invece oggi negli Stati fondatori delle Comunità il livello di fiducia nell’Unione è caduto a livelli storicamente bassi, come il 36% nella Francia, in Polonia la fiducia nell’Europa rimane al livello più alto. Oltre l’85% dei cittadini polacchi dice chiaramente: La Polonia è e rimarrà un membro dell’Unione. In Polonia, sia il mio governo che la maggioranza parlamentare che lo sostiene sono parte di quella maggioranza.

Ciò non vuol dire che oggi i polacchi non abbiano dei dubbi o preoccupi per la direzione dei cambiamenti nell’Europa. Questa inquietudine è visibile e, purtroppo, giustificata.

Ho parlato di quanto la Polonia ha contribuito all’Unione europea. Ma purtroppo! si continua a sentire della divisione tra i migliori e quelli peggiori. È troppo spesso che ci troviamo in un’Europa di doppi standard. E ora dirò perché dobbiamo smetterla con questo modello.

Oggi tutti gli europei sperano che noi facciamo una sola cosa. Vogliono che noi affrontiamo le sfide create da crisi molteplici allo stesso tempo, non affrontando invece l’uno l’altro, cercando per forza dei colpevoli – o, si dovrebbe dire, quelli che colpevoli non sono, ma sono un bersaglio facile a cui dare la colpa.

Purtroppo, vedendo alcune pratiche nelle istituzioni dell’Unione, molti cittadini del nostro continente oggi si interrogano: questi giudizi e decisioni estremamente diversi di Bruxelles e del Lussemburgo nei confronti degli Stati membri, anche se assunti in circostanze simili, rafforzano de facto la divisione tra i paesi della forte, vecchia e nuova Unione, tra i forti ed i deboli, tra i ricchi ed i meno facoltosi – questa è davvero uguaglianza?

Il far finta che i problemi non esistano porta a dei risultati molto cattivi. I cittadini non sono né ciechi ne sordi. Se i politici ed ufficiali compiacenti non lo notano, perderanno pian piano la loro fiducia. E, insieme a loro la fiducia dei cittadini perderanno le istituzioni. Questo sta già succedendo, onorevoli colleghi.

La politica si dovrebbe basare su principi. Il principio primario che seguiamo in Polonia e che è alla base dell’Unione europea è quello di democrazia.

Pertanto non possiamo tacere quando il nostro paese – anche in questa sala – viene attaccato in modo ingiusto e parziale.

Le regole del gioco devono essere uguali per tutti. Le regole sono tali quali le abbiamo stabilite nei trattati. È un obbligo di tutti osservarli – anche delle istituzioni da questi trattati create. Questo è lo Stato di diritto.

È inaccettabile agire ed espandere le competenze tramite il metodo di fatti compiuti. È inaccettabile imporre le proprie decisioni sugli altri senza una base legale. Ed è ancora più inaccettabile di impiegare a questo scopo la lingua di ricatto finanziario, di punizioni e di parole ancora più radicali nei confronti di alcuni Stati membri.

Rigetto la lingua di minacce ed estorsioni. Non dò il mio consenso che i politici ricattino e minaccino la Polonia. Che il ricatto divenga un metodo del fare la politica nei confronti di Stati membri. Non è il modo in cui agiscono le democrazie.

Siamo un paese orgoglioso. La Polonia è una delle nazioni con le più lunghe storie di essere uno Stato è dello sviluppo della democrazia. Nel ventesimo secolo, tre volte, con enormi sacrifici, abbiamo lottato per la libertà dell’Europa e del mondo. Nel 1920, salvando Berlino e Parigi dall’assalto bolscevico, poi nel 1939, andando come i primi alla lotta mortale con i tedeschi, con il Terzo Reich, il che ha avuto un impatto sui risultati della guerra – e poi, nel 1980, quando la “Solidarietà” ci ha dato della speranza per sconfiggere un altro totalitarismo, il crudele sistema comunista. La ricostruzione dell’Europa nel dopoguerra è stata possibile grazie al sacrificio di molte nazioni, ma non tutte ne potevano approfittare.

Onorevoli colleghi. Ora qualche parola sullo Stato di diritto. Sullo Stato di diritto ci si può dire molto, ed ognuno intenderà questa nozione in modo ad un certo grado diverso. Ma penso che la maggioranza di noi sia d’accordo che non ci si può parlare dello Stato di diritto senza certe condizioni. Senza il principio della separazione dei poteri, senza tribunali indipendenti, senza il rispetto per il principio che ogni autorità abbia un ambito limitato di competenze, o senza il rispetto per la gerarchia delle fonti di diritto.

Il diritto dell’Unione europea precede quello degli Stati – fino al livello delle leggi e nelle aree delle competenze concesse all’Unione. Questo principio vale per tutti i paesi dell’Unione. Ma l’atto normativo fondamentale rimane la Costituzione.

Se le istituzioni create dai Trattati superano le loro competenze, gli Stati membri devono avere degli strumenti per reagire.

L’Unione è un grande successo degli Stati europei. È una robusta alleanza economica, politica e sociale. È la più potente e sviluppata organizzazione internazionale nella storia. Ma l’Unione europea non è uno Stato. Gli Stati sono i 27 Stati membri dell’Unione europea. Sono gli Stati che rimangono il sovrano europeo – sono i “signori dei trattati” – e sono gli Stati che determinano l’ambito delle competenze affidate, attribuite all’Unione europea.

Nei trattati abbiamo affidato all’Unione un ambito di competenze molto ampio. Ma quest’ambito non comprende tutto. Molti rami del diritto rimangono la competenza degli Stati nazionali.

Non abbiamo dei dubbi per quanto riguarda la precedenza del diritto europeo rispetto alle leggi nazionali in tutte queste aree dove gli Stati membri hanno attribuito le competenze all’Unione.

Però, similmente alle Corti di molti altri paesi, il Tribunale costituzionale polacco pone la domanda se il monopolio della Corte di giustizia sulla determinazione delle confini reali di queste competenze sia una soluzione giusta. Se la determinazione di quest’ambito entra nella sfera costituzionale, è anche necessario emettere un giudizio per quanto riguarda la conformità di tali nuove competenze, specialmente quando la Corte di giustizia continua a trarre dai trattati delle eventuali competenze sempre più nuove per le istituzioni dell’Unione.

Altrimenti non avrebbe senso inserire nel trattato sull’Unione l’articolo 4 che dichiara il rispetto dell’Unione per le strutture politiche e costituzionali degli Stati membri. Non avrebbe senso inserirvi l’articolo 5, dichiarante che l’Unione può agire solo nei limiti delle competenze ad essa affidate e concesse. Se nessuno tranne la Corte di giustizia potesse esprimere dei pareri in questa materia dalla parte delle condizioni costituzionali dell’ordine statale, questi articoli sarebbero entrambi privi di significato, sì, privi di significato!

Sono consapevole del fatto che la recente sentenza del Tribunale costituzionale polacco è divenuta un oggetto di fraintendimento essenziale. Non sono sorpreso che sia il caso – se fossi io a sentire che un Tribunale costituzionale di un altro paese abbia annullato i trattati dell’Unione, probabilmente sarei sorpreso pure io. Ma proverei soprattutto a vedere quello che il Tribunale abbia dichiarato davvero.

E anche oggi, per questo scopo, ho chiesto la voce nel dibattito di oggi. Per presentarVi quello che è davvero l’oggetto della disputa. Quindi non delle favole politicamente motivate di un “polexit” o delle menzogne sulle presunte infrazioni sullo Stato di diritto.

Per questo nella parte successiva del mio discorso vi voglio presentare i fatti. E, per fare questo, il modo migliore sarà riferirsi direttamente ai contenuti delle sentenze. Ora presenterò alcune citazioni:

  • Nell’ordinamento giuridico [dello Stato] la precedenza del diritto dell’Unione non si applica alle disposizioni della Costituzione – è la Costituzione che sta alla vertice del sistema legale interno.
  • Il principio di precedenza del diritto della comunità (…) non può invalidare nell’ordine giuridico dello Stato il potere supremo della Costituzione.
  • La Corte costituzionale può esaminare la premessa ultra vires (…) i.e. stabilire se le azioni delle istituzioni dell’Unione infrangano sul principio di attribuzione [delle competenze] qualora le istituzioni, corpi, organi ed agende dell’Unione europea abbiano superato l’ambito delle loro competenze in modo da infrangere su questo principio.

Come risultato di tale decisione, gli atti ultra vires non si applicano sul territorio di uno Stato membro.

  • La costituzione divieta il trasferimento di competenze in un ambito che comporti che uno Stato non si possa considerare uno Stato sovrano e democratico.

Alcune altre citazioni salterò, per non toglier Vi troppo tempo. Passerò ancora alle due ultime.

  • La Costituzione è la legge fondamentale della Polonia rispetto a tutti gli accordi internazionali che la vincolano, ivi compresi gli accordi sul trasferimento di competenze in certe materie. La costituzione ha la precedenza di vigore e di applicazione sul territorio di Polonia.

E la citazione finale:

  • Il trasferimento di competenze all’Unione europea non può infrangere sul principio di precedenza della Costituzione o violare alcune disposizioni della stessa.

Vedo passare sui vostri volti agitazione, signori. Capisco che qua, in questa Sala, non siate d’accordo a tal riguardo, almeno parzialmente. Ma non capisco per quale motivo. Queste citazioni riguardano le sentenze del Consiglio costituzionale francese, della Corte suprema danese, della Corte costituzionale federale tedesca. Ho saltato le citazioni [dalle sentenze] della Corte costituzionale italiana e del Tribunale supremo spagnolo.

Le citazioni dalle sentenze del Tribunale polacco riguardano le sentenze emesse nel 2005 e nel 2010. Dunque, quando la Polonia era già membro dell’Unione Europea. La dottrina che difendiamo oggi è ben consolidata da anni.

Vale la pena citare anche il professore Marek Safjan, ex presidente della Corte costituzionale polacca, e oggi giudice della Corte di giustizia, – “In base alla Costituzione in vigore non esiste alcun elemento a sostegno della tesi del primato del diritto comunitario rispetto all’ordinamento nazionale nel suo complesso comprese le norme costituzionali. Non esiste alcun elemento a sostegno! Conformemente al testo della Costituzione stessa è la legge suprema della Repubblica di Polonia (articolo 8 paragrafo 1). Il suddetto regolamento contenuto nel paragrafo 2, articolo 91 comporta expressis verbis la priorità della disposizione comunitaria in caso di conflitto con una norma legislativa, ma non con una norma costituzionale”.

Tale posizione dei tribunali nazionali costituzionali non è una novità. Potrei citare altre decine di sentenze dall’Italia, Spagna, Repubblica Ceca, Romania, Lituania o da altri stati.

Sento anche voci che alcune di queste sentenze riguardavano altri casi di minore rilevanza. È la verità – ogni sentenza riguarda sempre un’altra cosa. Eppure – per l’amor di Dio! – hanno una cosa in comune: confermano che i tribunali nazionali riconoscono il loro diritto al controllo. Il diritto al controllo! Niente di più, niente di meno! Al controllo se il diritto dell’Unione sia applicato nei limiti dei poteri ad essa conferiti.

Adesso dedico alcune riflessioni all’Unione come ambito di pluralismo costituzionale.

Oh Camera Alta (Consiglio d’Europa)! Ci sono paesi tra noi dove non esistono corti costituzionali – e quelli dove esse esistono. Ci sono paesi dove la presenza dell’Unione Europea è sancita dalla costituzione – e quelli dove non esiste. Ci sono paesi dove i giudici vengono eletti dai politici democraticamente eletti – e quelli dove li eleggono degli altri giudici.

Il pluralismo costituzionale significa che esiste tra di noi, tra i nostri ordinamenti giuridici, uno spazio per dialogo. Tale dialogo avviene anche tramite decisioni dei giudici. In quale altro modo possono comunicare i tribunali, sennò attraverso le loro sentenze? Non può essere invece consentito impartire istruzioni e ordini agli stati. Non su questo si basa l’Unione Europea.

Abbiamo molte cose in comune, e vogliamo avere sempre di più in comune, però esistono delle differenze tra di noi. Se vogliamo collaborare, dobbiamo accogliere l’esistenza di queste differenze, le dobbiamo accettare, le dobbiamo rispettare.

L’Unione non crollerà a causa dei nostri ordinamenti giuridici diversi. Funzioniamo in questo modo da sette decadi. Magari un giorno, nel futuro, apporteremo delle modifiche che ci permetteranno di avvicinare ancora di più la nostra legislazione. Ma perché ciò possa avvenire, è necessaria una decisione degli stati membri sovrani.

Oggi possiamo adottare due atteggiamenti – o consentire a tutti illegali tentativi al di fuori del quadro dei trattati di limitare la sovranità dei paesi europei, compresa la Polonia, a un’estensione strisciante delle competenze delle istituzioni, come la Corte di giustizia, a una “rivoluzione silenziosa” che sta avvenendo non in base a decisioni democratiche ma mediante decisioni giudiziarie – oppure dire: “No, miei cari!” – se volete creare d’Europa un super stato senza nazioni, prima, però, dovete ottenere l’approvazione di tutti i paesi e le società d’Europa.

Ripeto un’altra volta: la Costituzione è la legge suprema della Repubblica di Polonia. Essa supera altre fonti di legge. Nessun tribunale polacco, né il parlamento polacco né il governo polacco, può abbandonare tale principio.

In ogni caso, occorre sottolineare anche che la Corte polacca non ha mai, nemmeno nell’ultima sentenza, affermato che le disposizioni del Trattato sull’Unione siano complessivamente incompatibili con la Costituzione polacca. Al contrario! La Polonia rispetta pienamente i trattati.

Ecco perché la Corte polacca ha dichiarato l’incostituzionalità di un’interpretazione molto specifica di alcune disposizioni del Trattato, a seguito di una recente giurisprudenza della Corte di giustizia.

Al fine di spiegare ciò passerò alla seconda parte del mio intervento, alle minacce a tutto il sistema sociale, nel caso in cui lo status di un giudice venga messo in discussione da un altro giudice.

Allora, secondo l’interpretazione della Corte di Lussemburgo, i giudici dei tribunali polacchi sarebbero tenuti ad applicare il principio del primato del diritto europeo non solo sulle disposizioni nazionali di rango legislativo – il che non solleva alcun dubbio – ma anche a violare la Costituzione e le sentenze della propria Corte costituzionale!

L’adozione di tale interpretazione può portare pertanto al riconoscimento che milioni di sentenze emesse negli ultimi anni dai tribunali polacchi possano essere arbitrariamente impugnate e migliaia di giudici possano essere destituiti dalle loro funzioni. Milioni di sentenze! Questa situazione sarebbe contraria al principio di indipendenza, inamovibilità nonché di stabilità e di certezza del diritto per via giurisprudenziale, il che è sancito dalla Costituzione polacca. Non vi rendete conto, signori, cosa possano comportare tali decisioni? Qualcuno di voi davvero vuole introdurre in Polonia l’anarchia, la confusione e l’illegalità?

Di conseguenza, si verificherebbe un calo sostanzioso dello standard costituzionale della tutela giurisdizionale dei cittadini polacchi nonché il caos giuridico inimmaginabile.

Nessuno stato sovrano può accettare una simile interpretazione. Un tale consenso significherebbe che l’Unione ha smesso di essere un’unione di paesi liberi, uguali e sovrani; e che essa stessa, tramite il metodo del fatto compiuto, e si trasformerebbe in un organismo parastatale gestito a livello centrale, le cui istituzioni potrebbero imporre alle loro “province” ciò che ritengono corretto. Per questo non c’è mai stato il consenso.

Non è questo che abbiamo concordato nei Trattati.

Vale senz’altro la pena discutere se l’Unione debba cambiare. Se non dovrebbe essere creato un budget più grande? Se non dovremmo spendere di più per la sicurezza comune? Se la spesa per la difesa non dovrebbe essere esclusa dalle procedure per disavanzi pubblici eccessivi? La Polonia sta proponendo proprio questo! Se non dovremmo rafforzare la nostra resilienza alle minacce ibride,agli attacchi informatici? Non dovremmo controllare meglio gli investimenti nei settori strategici dell’economia? Come finanziare in modo equo ed efficace la trasformazione energetica e climatica? Come rendere il nostro processo decisionale più efficace? Cosa fare per evitare che i nostri cittadini si sentano sempre più alienati nell’Unione?

Pongo queste domande, perché ritengo che le risposte saranno decisive per il futuro dell’Unione.

Dovremmo discutere di tutto questo.

Perché il sovrano in questo caso può essere solo il demos (il popolo).

Adesso dedicherò alcune riflessioni sulla questione dei limiti delle competenze dell’Unione e delle sue istituzioni.

Le decisioni importanti non dovrebbero essere prese modificando l’interpretazione della legge.

Il successo dell’integrazione europea era dovuto al fatto che il diritto era derivato dai meccanismi che collegavano i nostri paesi in altri settori.

Il tentativo di invertire questo modello di 180 gradi e di imporre l’integrazione mediante i meccanismi giuridici – è un allontanamento dai presupposti che sono stati le fonti del successo delle Comunità europee.

Si parla da anni del fenomeno del deficit democratico. E questo deficit sta peggiorando. Ciononostante, non è mai stato così visibile come negli ultimi anni. Sempre più spesso è tramite l’attivismo dei giudici che le decisioni vengono prese a porte chiuse e compare una minaccia per gli Stati membri. Sempre più spesso queste decisioni vengono prese da funzionari o giudici. Sempre più spesso –  eseguite da una persona sola. Sempre più spesso, senza un fondamento evidente nei trattati, ma tramite la loro interpretazione creativa. E questo senza alcun controllo effettivo. E questo fenomeno è in crescita da anni.

Questo processo oggi è arrivato a un punto tale che bisogna dire: basta. Le competenze dell’Unione Europea hanno dei limiti. Non dobbiamo rimanere in silenzio quando vengono oltrepassati.

Per questo motivo diciamo SÌ all’universalismo europeo, e NO al centralismo europeo.

Io, come tutti voi signori in quest’aula, sono sottoposto ad un controllo democratico. Tutti saremo giudicati in questo modo, e di tutte le nostre azioni. Rappresento il governo che è stato eletto nel 2015 e per la prima volta nella storia della Polonia ha ottenuto una maggioranza indipendente. Per questo ha intrapreso un ambizioso programma di riforme sociali.

E i polacchi hanno deciso; alle elezioni successive del 2018, 2019, 2020 hanno fatto una valutazione democratica del nostro governo. Con la più grande affluenza alle urne nella storia, abbiamo ottenuto il più forte mandato democratico della storia. In trent’anni nessun partito, nessun partito! aveva ottenuto un risultato elettorale così rilevante come il partito “Diritto e Giustizia” (Prawo i Sprawiedliwość). Ciononostante, non avendo nessun sostegno dall’estero, né dal grande business, non avendo un quarto di questa influenza sui media come i nostri concorrenti, che avevano sistemato la Polonia dopo il 89.

Stanno arrivando a noi ammonimenti paternalistici sulla democrazia, sullo stato di diritto, su come plasmare la nostra Patria, che facciamo le scelte sbagliate, che siamo immaturi, che dovremmo essere puniti, perché la nostra democrazia è a quanto pare “giovane” – questa è una direzione disastrosa della narrazione proposta da alcuni.

La Polonia ha una lunga storia democratica. Anche una tradizione di solidarietà, infatti.

Le sanzioni, le repressioni di paesi economicamente più forti nei confronti dei paesi che ancora oggi continuano a lottare contro l’eredità di rimanere dalla parte sbagliata della cortina di ferro.

Tutti dobbiamo ricordare le sue conseguenze.

La Polonia rispetta le norme dell’Unione ma non si lascerà intimidire. La Polonia attende il dialogo su questo argomento.

Per migliorare il processo di tale dialogo, vale la pena proporre modifiche istituzionali. Per un dialogo durevole, in modo conforme al principio di checks and balances, si può istituire una seconda camera della Corte di giustizia, che sarà composta dai giudici nominati da tribunali costituzionali degli stati membri. Oggi vi presento, signori, questa proposta. La decisione ultima spetta al demos e ai paesi, ma i tribunali dovrebbero avere una tale piattaforma per cercare un denominatore comune.

Concludendo, oh Camera Alta (Consiglio d’Europa)!, dobbiamo rispondere anche ad una domanda, da dove proveniva la superiorità dell’Europa nei secoli. Quale era il motivo per cui la civiltà europea era così forte.

La storia risponde a questa domanda così: siamo diventati potenti, perché eravamo il più vario continente del mondo. Niall Ferguson scrive così: “I monolitici imperi d’Oriente hanno soppresso l’innovazione, mentre nella regione montuosa e percorsa dai fiumi dell’Eurasia occidentale le numerose monarchie e le città-stato comunicavano costantemente tra di loro”.

Dunque, l’Europa ha vinto mantenendo l’equilibrio tra la competizione creativa e la comunicazione. Tra la concorrenza e la collaborazione. Oggi di nuovo abbiamo bisogno di entrambi.

Oh Camera Alta (Consiglio d’Europa)! Voglio un Europa forte e grande. Una che lotta per la giustizia, la solidarietà, le pari opportunità. L’Europa capace di opporsi ai regimi autoritari. L’Europa che punta sulle ultime soluzioni economiche. L’Europa che rispetta la cultura e le tradizioni con cui è cresciuta. L’Europa che riconosce le sfide del futuro e lavora alle migliori soluzioni per tutto il mondo. È un grande compito per noi. Per tutti noi, cari amici. Solo in questo modo i cittadini europei troveranno in se stessi la speranza per un domani migliore. Troveranno in sé la voglia di agire e di lottare. È un compito molto difficile. Ma lo dobbiamo assumere. Assumiamolo insieme. Viva la Polonia, viva l’Unione Europea degli stati sovrani, viva l’Europa, il posto più bello del mondo!

Vi ringrazio.

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