«Va’ ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». La casa del Signore siamo innanzitutto noi: il nostro corpo, la nostra vita, la nostra storia
Oggi, 4 ottobre è la memoria liturgica di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia. La sua invocazione ai piedi del Cristo Crocifisso di San Damiano: «Sommo e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio, e dammi fede retta, speranza certa e carità perfetta, saggezza e conoscimento, o Signore, affinché io faccia il tuo santo e verace comandamento», ricevette risposta dall’Altissimo.
In preghiera, davanti al Crocifisso, Francesco scoprì in modo più chiaro la via da seguire: il “Cristo povero e crocifisso”. Da lui ricevette un ordine ben preciso, che si accinse a seguire con tutto sé stesso: “Pregando il beato Francesco dinanzi all’immagine del Crocifisso, dalla croce venne una voce che disse tre volte: «Francesco, va’ ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina» (2 Cel. 3).
Così parla il Signore degli eserciti: Questo popolo dice: «Non è ancora venuto il tempo di ricostruire la casa del Signore!»». Allora fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo questa parola del Signore: «Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina? Ora, così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato. Così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria – dice il Signore. Facevate assegnamento sul molto e venne il poco: ciò che portavate in casa io lo disperdevo. E perché? – oracolo del Signore degli eserciti. Perché la mia casa è in rovina, mentre ognuno di voi si dà premura per la propria casa. Perciò su di voi i cieli hanno trattenuto la rugiada e anche la terra ha diminuito il suo prodotto. Ho chiamato la siccità sulla terra e sui monti, sul grano e sul vino nuovo, sull’olio e su quanto la terra produce, sugli uomini e sugli animali, su ogni lavoro delle mani» (Aggeo 1,2-11).
Con il Libro di Aggeo inizia il periodo post-esilio babilonese, il tempo della ricostruzione e della preparazione alla venuta del Messia, Gesù Cristo. Questo libro – e questa pericope in particolare – ci fa ricordare che senza Gesù non possiamo nulla. E siamo nulla. Anche ai nostri giorni serve di nuovo la ricostruzione del tempio, che sappiano dalla vita di San Francesco non essere un luogo fisico.
La casa del Signore siamo noi: il nostro corpo, la nostra vita, la nostra storia. Dio è tremendo in questo passo di Aggeo. Ci dice che abbiamo tutto: da mangiare e da bere, vestiti, denaro, tutto quello per essere felici. Ma spesso ci manca la ricchezza più grande: la presenza di Dio nella nostra vita e questa mancanza rende tutto il resto inutile. Abbiamo cibo e bevande che non sfamano e non dissetano, abbiamo vestiti che non scaldano il cuore, abbiamo soldi con cui non è possibile possedere l’amore, quello autentico, che dà senso e pace nella vita. Saliamo sul monte del silenzio e lasciamo tutte le luci del mondo che accecano con piaceri superficiali e falsi, che non durano e non lasciano nulla se non desideri insoddisfatti. Saliamo sul monte della preghiera, alla presenza di Gesù. Saliamo sul monto dell’amore e guardiamoci, abbracciamoci, chiediamoci perdono, perdoniamoci e ricostruiamo la casa che Dio non aspetta altro di tornare ad abitarla.
Francesco, in preghiera davanti al Crocefisso di San Damiano, ricevette una chiamata da parte del Signore, con una missione: “Francesco, va’ ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”. Queste parole il Signore rivolge anche a noi, quando siamo distanti e non ci troviamo, quando litighiamo e non parliamo. In quei momenti – se ci mettiamo in ascolto – Dio ci dirà: «Va’ ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».
Cristo Signore,
che otto secoli fa chiedesti a Francesco
di riparare la tua casa,
e ci chiami a metterci sulle sue orme,
donaci di convertirci a Te, con tutto il cuore.
Effondi in noi il tuo Santo Spirito,
e donaci fede retta,
speranza certa, carità perfetta.
Fa che ti contempliamo,
come Francesco a San Damiano,
nel tuo sguardo vivo di Crocifisso Risorto.
Fa che ti incontriamo,
come Francesco ti incontrò nel lebbroso,
nelle tante sofferenze e povertà dei nostri fratelli.
Concedici di essere Chiesa viva,
ardente nella pratica e nell’annuncio del Vangelo,
salda nell’unità delle sue famiglie,
ricca di amore e generosa nel servizio,
in comunione coi Pastori e in dialogo con tutti.
Insegna ai giovani la via del vero amore,
e chiama tanti a servirti
nel sacerdozio e nella vita consacrata.
Ci accompagni Maria, tua e nostra Madre,
Vergine fatta Chiesa.
Ci sostengano i Santi nostri Patroni.
Sia onore e gloria a te,
che vivi e regni con il Padre e lo Spirito
nei secoli dei secoli. Amen.
Foto di copertina: La Preghiera in San Damiano o Miracolo del Crocifisso, la quarta delle ventotto scene del ciclo di affreschi delle Storie di San Francesco della Basilica superiore di Assisi, attribuiti a Giotto. L’affresco fu dipinta verosimilmente tra il 1295 e il 1299 e misura 230×270 cm. Questo episodio appartiene alla serie della Legenda maior di San Francesco. Secondo la leggenda, nel 1205 Francesco si rifugiò nella chiesa di San Damiano presso Assisi e sentì parlare il Crocifisso. San Francesco è rappresentato in preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano dentro la chiesetta diroccata nei pressi di Assisi, alla quale sono crollati una parte del muro e della copertura del soffitto. L’ambientazione architettonica è tra le più efficaci di tutto il ciclo, con la chiesa disposta di sbieco secondo una prospettiva intuitiva che mostra attraverso le aperture dei muri crollati, ampie parti dell’interno dove si svolge la scena. I dettagli architettonici sono vividamente reali: le capriate, l’abside, il recinto con intarsi marmorei in stile cosmatesco. Il rapporto proporzionale tra architettura e figura umana è ancora fuori scala, secondo un metodo di rappresentazione simbolica che sarà superato solo nel Rinascimento. La croce è rappresentata in maniera simbolica, non strettamente fedele all’originale. Viene comunque rispettato il canone “antico” dell’immagine: un Christus triumphans con ai lati i tabelloni dei dolenti.