La rana bollita, il topo nel barattolo e la finestra di Overton: come rendere accettabile una idea inaccettabile. La manipolazione delle masse e la dittatura dei mediocri

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Riportiamo di seguito ampi stralci dall’articolo Social media e manipolazione dell’opinione pubblica a cura di Claudio Guarnieri, senior technologist di Amnesty International, pubblicato nel 2017. Segue il decalogo delle strategie messe in atto dai media e dai governi per manipolare le masse, elaborato da Noam Chomsky, scienziato cognitivista e famoso comunicatore [*]. Infine riprendiamo – tale quale – il testo che abbiamo pubblicato il 21 settembre 2021, da qui abbiamo anche ripreso il titolo di oggi.

I social media
e la manipolazione dell’opinione pubblica

La manipolazione dell’opinione pubblica non è nulla di nuovo. È stata tradizionalmente praticata ripetendo più e più volte lo stesso messaggio al grande pubblico e ai mezzi di comunicazione per montare una particolare narrazione nell’interesse di qualcuno. Questo avviene di solito con frasi che, proprio come gli annunci commerciali, vengono ripetute una infinità di volte fino a quando non vengono completamente assimilate dall’opinione pubblica. Il pubblico è fondamentalmente un consumatore di pubblicità politica.

I social media sono diventati una estensione di tutto questo. Oggi gli incentivi economici su internet promuovono un ambiente di clickbait (un contenuto web il cui scopo è quello di attirare il maggior numero di persone) e di gratificazione immediata, originariamente usato abilmente per la pubblicità online e guadagnare, ma che risulta perfetto anche per gli slogan politici, in particolare in un momento come questo di demonizzazione della politica.

Con i social media che stanno diventando sempre più la piattaforma primaria per il consumo di informazioni, è chiaro che siano diventati anche un campo da gioco per la propaganda e le campagne di disinformazione. Ma Internet non è una entità a parte, è semplicemente un riflesso della società, con tutto il bene e il male che ne deriva.

Con questo tanto discutere di fake news (notizie false, un termine che dovrebbe essere abbandonato, perché è impreciso e inutile per un dibattito costruttivo) e dei social media bots, stiamo vivendo una tendenza preoccupante verso una sorta di techno-fatalismo, che trova nella tecnologia un capro espiatorio per importanti questioni sociali (come con l’introduzione nella società di una nuova tecnologia) e che, di conseguenza, invoca un qualche tipo di techno-soluzione, di per se problematica.

Stiamo vedendo lo svilupparsi di alcuni movimenti che invocano una sorta di sovra-regolamentazione dei contenuti online. Ad esempio in Germania, dove è stata adottata una legge che impone multe di decine di milioni di euro a società che non eseguono un adeguato e tempestivo filtro dei contenuti e replica alle “notizie false”.

Questi sono fenomeni complessi che richiedono uno studio profondo e scrupoloso per essere compresi appieno. Non esiste ancora una indicazione solida di quale sia l’impatto reale (ad esempio durante le elezioni) delle notizie false e dei bots di Twitter, e sebbene possano averne, è obbligatorio, prima di adottare ulteriori leggi e controlli, avere una buona e documentata visione di quale sia la natura di questo problema. Queste questioni devono essere analizzate nel contesto geografico e socio-politico in cui si manifestano. L’impatto di tali fenomeni differirà tra i paesi che attuano politiche repressive, con seri pericoli che coinvolgono la manifestazione politica, e Paesi con un forte rispetto per lo stato di diritto e i diritti umani. Queste differenze potrebbero giustificare diverse reazioni e contromisure.

Innanzitutto, è rassicurante sapere che gli esseri umani continuano a guidare il dibattito politico.

Il professore Matthew Gentzkow, co-autore di uno studio della Stanford University riguarda le campagne di disinformazione in occasione delle elezioni statunitensi, ha commentato che “un lettore del nostro studio potrebbe dire, in base ad una nostra serie di fatti, che è improbabile che le notizie false abbiano influito sull’elezione” e che “i social media erano una fonte importante ma non dominante di notizie in vista delle elezioni“. Per quanto riguarda le elezioni francesi, l’Università di Oxford ha pubblicato un articolo che ha valutato la distribuzione di notizie sui social media nel primo round e ha scoperto che “la maggior parte dei contenuti condivisi dagli utenti di Twitter interessati alla politica francese deriva da enti di informazione professionali. Sono inoltre state utilizzate informazioni provenienti da partiti politici, agenzie governative e altri esperti. Tuttavia, il 19,6% dei contenuti condivisi coinvolge altre tipologie di notizie e informazioni politiche. Comunque la maggior parte dei contenuti non sono notizie spazzatura ma contenuti generati da cittadini“. E non solo, ma per quanto riguarda i bots di Twitter “per candidato, sembra che la maggior parte dei candidati abbia approssimativamente lo stesso numero di account altamente automatizzati che generano traffico su di loro“. Eppure questo traffico automatizzato è pari a circa il 7% del totale, secondo i ricercatori di Oxford.

Tutto ciò significa che dobbiamo tornare un po’ indietro e guardare con prospettiva per trovare soluzioni adeguate e proporzionate che promuovano e rispettino il diritto alla libertà di espressione. Una risposta guidata da ansia e panico non è probabilmente una soluzione costruttiva e non vogliamo finire in un luogo in cui le imprese, invece dei tribunali e dell’opinione pubblica, abbiano il diritto di decidere quando un contenuto è legittimo e quando non lo è, e per estensione, non vogliamo creare regimi di sovra-censura, perché non è certo filtrando contenuti che risolviamo il problema del fanatismo e del razzismo. Inoltre, potremmo non renderci conto che, implementando determinate restrizioni o controlli su alcune tecnologie che potrebbero sembrare minacciose, possiamo causare un impatto negativo non intenzionale sulla vita di altri in diverse parti del mondo. Ad esempio, un giro di vite sul diritto all’anonimato on-line e l’obbligo di rispettarlo per i fornitori di servizi per la polizia, significherà necessariamente che alcuni difensori dei diritti umani in un altro paese non saranno più in grado di fare il proprio lavoro in modo sicuro.

Detto questo, è importante che il pubblico sia ben informato e non sia ingannato. Quando arriviamo al punto in cui i social media saranno nei fatti la principale fonte di notizie, e non siamo ancora a questo punto, la risposta reale a questi temi sarà l’educazione e l’alfabetizzazione mediatica. La tecnologia non può essere “degna di fiducia“, la tecnologia deve essere capita. E dobbiamo assicurarci soprattutto che le generazioni future saranno disposte ad entrare nella loro vita politica con la giusta comprensione di come funziona la tecnologia, del modo in cui i media e i social media funzionano, e come possono essere influenzati, e assicurarsi che siano consapevoli del valore, e dotati di modi per cercare attivamente informazioni diverse e precise. E questo non è solo in risposta alla questione della disinformazione e della propaganda, ma in realtà è semplicemente un requisito per nutrire delle menti aperte.

Ci sono tuttavia alcune considerazioni che devono essere fatte per garantire che la tecnologia e internet possano contribuire positivamente, anziché negativamente, alla società.

Innanzitutto, dobbiamo ripensare alla pubblicità online – che oltre ad essere un mercato tossico, è corrosivo per il diritto alla privacy – è anche un fattore chiave per la dinamica di cui ho parlato. La pubblicità on-line, dopo tutto ciò, è la causa principale del clickbaiting, con tutte le conseguenze che ne derivano.

In secondo luogo, dobbiamo coinvolgere i giganti delle tecnologie e richiedere loro l’apertura dei processi decisionali per quanto riguarda i sistemi algoritmici. Non possiamo fare affidamento a sistemi che selezionano, danno priorità e trasportano informazioni ma che operano coperti da segreti commerciali.

Anche se queste decisioni algoritmiche potrebbero non essere una questione immediata adesso, molto probabilmente lo saranno in futuro e, come sappiamo, è troppo difficile portare indietro tecnologie dopo che sono state in vigore per anni, dobbiamo invece assicurarci di costruirle in armonia con principi etici e sociali fin dall’inizio (Fonte: Claudio Guarnieri – Amnesty International, 2017).

Le 10 tecniche di manipolazione di massa
di Noam Chomsky

1. La distrazione
Tra le armi più potenti di manipolazione vi è la distrazione che consiste nello spostare l’attenzione del pubblico da temi importanti e dai cambiamenti decisi dall’alto attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.

2. Problema e soluzione
Mostrare un determinato tema come un problema, per poi creare una soluzione che sarebbe difficilmente accettata in altro modo ed è già stata decisa a priori.
Esempio
Obiettivo: non far uscire le persone di casa.
Strategia: creare una situazione di allarme e paura e proporre il lockdown come l’unica soluzione al problema.

3. La gradualità

In molti casi per poter manipolare le masse è necessario farlo gradualmente. Nel caso dell’eliminazione di alcuni diritti fondamentali, per esempio, è preferibile eliminarli in piccole dosi per non causare le proteste dei cittadini.
Esempio
Obiettivo: il lockdown.
Strategia: restrizioni graduali della libertà sino ad arrivare al lockdown.

4. Differire
In questo caso, si presenta una determinata riforma assicurando che, pur essendo negativa per i cittadini, nel breve periodo sarà positiva per tutti nel lungo periodo.  In questo modo, le persone saranno meno propense a protestare perché si aspettano dei benefici. Qualora i benefici promessi non si dovessero palesare sarà già troppo tardi e le persone si saranno già abituate al cambiamento.
Esempio
Obiettivo: lockdown.
Strategia: chiedere un sacrificio adesso promettendo che andrà tutto bene poi solo se tutti ci sacrifichiamo ora.

5. Infantilizzare il pubblico
Sia nelle pubblicità che nei discorsi politici, spesso si tende a parlare agli ascoltatori come se fossero bambini. In questo modo, si azzera il senso critico delle persone che saranno più propense ad accettare il messaggio.
Esempio
Obiettivo: lockdown.
Strategia: messaggi che comunicano che è necessario obbligare i cittadini a stare in casa perché altrimenti non rispettano le regole e non comprendono il pericolo.

6. Usare le emozioni
I messaggi manipolativi agiscono sulle emozioni in modo da agire direttamente sull’inconscio che non saranno più in grado di utilizzare in modo efficiente la parte razionale ed il proprio pensiero critico.
Esempio
Tutta l’informazione mediatica relativa al Covid-19 mette l’attenzione sul crescente numero di contagiati e morti senza informare sul numero dei guariti, sui progressi fatti nelle cure, sul reale tasso di letalità del virus ovvero sta agendo sulla paura atavica della malattia e della morte delle persone.

7. Pubblico ignorante e compiacente
Un pubblico ignorante e/o compiacente non abituato al pensiero critico è facilmente manipolabile. Un sistema educativo basato più sull’acquisizione di nozioni che sulla formazione di un pensiero critico, dunque, è uno strumento potente per il controllo di massa, così come conformare i bisogni e creare mode e tendenze.

9. Rafforzare il senso di colpa
Questa strategia di manipolazione di massa tende a far credere alle persone che tutti i loro problemi derivino da loro stessi. Invece di ribellarsi contro il sistema, dunque, i cittadini penseranno di essere i responsabili diretti di ciò che sta accadendo.
Esempio: i contagi da Covid aumentano perché non tutti portano le mascherine e rispettano le regole, per cui la colpa della diffusione di un virus ricade sui cittadini considerati poco responsabili.

10. Conoscere l’essere umano
Maggiore è la conoscenza dell’essere umano, maggiore è il controllo che si riesce ad esercitare ed i governi hanno una vasta conoscenza delle persone, per cui riesce ad avere un grande controllo sui cittadini. Es. Le informazioni contenute nei social network, nei motori di ricerca e attraverso le App sono accuratamente studiate sia dalle agenzie di marketing che da tutti quegli enti che necessitano di informazioni relativamente ad un individuo o ad uno specifico target per controllare le persone e le masse.

Di seguito riprendiamo – tale quale – il testo pubblicato il 21 settembre 2021.

«Vi ricordate lo slogan: “Andrà tutto bene”? Io sì. Nulla è andato bene: la vigile attesa, le cure sbagliate, le cure precoci domiciliari negate, l’abbandono dei malati e degli anziani, le autopsie non fatte, i divieti, le limitazioni delle libertà sancite dalla nostra Costituzione, lo stato di emergenza prolungato, l’imposizione delle terapie geniche sperimentali che sicuramente arricchiscono le case produttrici ma non assicurano l’immunità e provocano gravi reazioni avverse, la gente incattivita dal lavaggio del cervello perpetrato da una politica e una informazione pilotata ed asservita ai poteri forti. Continuate a tacere e vedrete che andrà sempre peggio. Non illudetevi, non c’è limite al peggio» (E.A.).

La rana bollita

Il principio della rana bollita, utilizzato dal filosofo americano Noam Chomsky, fa riferimento alla Società, ai Popoli che accettando passivamente, il degrado, le vessazioni, la scomparsa dei valori, dell’etica, ne accettano di fatto la deriva.

Immaginate in un pentolone pieno d’acqua fredda, nel quale nuota tranquillamente una rana.

Il fuoco è acceso sotto la pentola.

L’acqua si riscalda pian piano.

Presto l’acqua diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole.

La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda, un po’ più di quanto la rana non apprezzi.

La rana si scalda un po’, tuttavia non si spaventa.

Adesso l’acqua è davvero troppo calda e la rana la trova molto sgradevole. Ma si è indebolita e non ha la forza di reagire, dunque sopporta e non fa nulla per salvarsi.

La temperatura sale ancora e la rana, semplicemente, finisce morta bollita.

Ma se l’acqua fosse stata già bollente, la rana non ci si sarebbe mai immersa, avrebbe dato un forte colpo di zampa per salvarsi.

Ciò significa che quando un cambiamento viene effettuato in maniera sufficientemente lenta e graduale sfugge alla coscienza e non suscita nessuna reazione, nessuna opposizione.

Il topo nel barattolo

«Durante un esperimento, un topo è stato messo in cima ad un barattolo pieno di chicchi di riso. Grazie al fatto di trovare così tanto cibo intorno a sé che non sentiva più il bisogno di andare in giro a cercarlo. Ora può finalmente vivere la sua vita senza pensieri e senza sforzi.

Dopo qualche giorno di godimento, quando il riso è finito, è arrivato sul fondo del barattolo.

A quel punto, si è accorto di essere intrappolato e di non poter uscire. Ora dipende completamente da qualcuno che gli metta dei granelli nel barattolo perché sopravviva.

Ora non ha altra scelta che mangiare quello che gli è dato, fino a quando qualcuno vorrà darglielo.

Per non fare la fine dei topi da laboratorio è bene ricordare che:
1. I piaceri a breve termine possono portare a trappole a lungo termine.
2. Se le cose vengono facili e ti metti comodo, ti stai intrappolando in una DIPENDENZA.
3. Quando non stai utilizzando le tue abilità, perderai più delle tue abilità. Perdi la possibilità di SCEGLIERE e il tuo LIBERO ARBITRIO.
4. La libertà non si conquista facilmente, ma si può perdere rapidamente” (Loredana Biffo).

La finestra di Overton

La finestra di Overton è uno schema di comunicazione/persuasione ideato da Joseph P. Overton (1960-2003), già Vice-presidente del Centro studi statunitense Mackinac Center for Public Policy.

In estrema sintesi, si tratta di uno spazio concettuale graduato all’interno del quale si individuano alcune fasi, sei per la precisione, in cui si può descrivere lo spostamento dell’atteggiamento dell’opinione pubblica rispetto a una certa idea. Overton ha spiegato che si possono costruire e sono state costruite campagne a favore di alcune idee non ancora accettate dalla società. Si tratta quindi della una teoria di uno dei modi in cui avviene la persuasione politica e dei meccanismi che possono essere utilizzati, un modello di rappresentazione delle possibilità di cambiamenti nell’opinione pubblica, descrivendo come delle idee, totalmente respinte al loro apparire, possano essere poi accettate pienamente dalla società, per diventare infine legge.

La finestra di Overton è un modello di rappresentazione delle possibilità di cambiamenti nell’opinione pubblica, descrivendo come delle idee, totalmente respinte al loro apparire, possano essere poi accettate pienamente dalla società, per diventare infine legge. La cosa più inquietante è che queste idee nascono spesso da un piccolo gruppo e a vantaggio solo di pochi, con danni per tutti gli altri. Secondo Overton, qualsiasi idea, anche la più incredibile, per potersi sviluppare nella società ha una finestra di opportunità. Nella finestra l’idea può essere ampiamente discussa, e si può apertamente tentare di modificare la legge in suo favore. L’apparire di questa idea, in quel che potremmo chiamare la finestra di Overton, permette il passaggio dallo stadio di “impensabile” a quello di un pubblico dibattito, prima dalla sua adozione da parte della coscienza di massa e il suo inserimento nella legge.

Non si tratta di lavaggio del cervello puro e semplice, ma di tecniche più sottili, efficaci e coerenti, si tratta di portare il dibattito fino al cuore della società, per fare sì che il cittadino comune si appropri di una certa idea e la faccia sua. All’inizio è talvolta sufficiente che un personaggio pubblico o politico la promuova in modo caricaturale ed estremo, e che poi il resto della classe pubblica e politica smentisca con grande foga. Ecco, l’idea è nata, e la danza dei furbetti può cominciare. Il soggetto è lanciato, e si può discuterne per il bene di tutti e sgombrare il campo dagli equivoci!

Il Cardinale Angelo Bagnasco, nella Prolusione del 30 settembre 2015 al Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, nelle sue riflessioni sulla famiglia ha citato questa tecnica di persuasione delle masse, la cosiddetta finestra di Overton, per dimostrare come con vere e proprie strategie di comunicazioni si riescono a fare accettare “l’introduzione e la successiva legalizzazione di qualsiasi idea o fatto sociale”.

Secondo la teoria di Overton, una finestra è l’intervallo di idee che possono essere accettate dalla società in un determinato momento e che vengono apertamente manifestate dai politici senza che questi ultimi passano per estremisti.

Le idee evolvono secondo i seguenti stadi:

1. Inconcepibile/impensabile (inaccettabile, vietato)
2. Radicale (vietato, ma con delle eccezioni/riserve)
3. Accettabile (l’opinione pubblica sta cambiando/inizia a superare il divieto)
4. Utile/sensato (ragionevole, razionale/razionalmente difendibile)
5. Popolare/diffuso (socialmente accettabile)
6. Legalizzato (consacrazione nella politica statale/elevato a verità e a dogma)

La finestra di Overton come strumento di manipolazione delle masse.

L’uso della finestra Overton è il fondamento della tecnologia di manipolazione della coscienza pubblica finalizzata all’accettazione da parte della società di idee che le erano precedentemente estranee e consente l’eliminazione dei tabù. L’essenza di questo metodo sta nel fatto che l’auspicato mutamento di opinione deve perseguirsi attraverso varie fasi, ciascuna delle quali sposta la percezione ad uno stadio nuovo dello standard ammesso fino a spingerlo al limite estremo. Ciò comporta uno spostamento della stessa finestra, ed un dibattito polemico ben governato permette di raggiungere la fase ulteriore all’interno della finestra.

Il regista russo Nikita Michalkov – noto per il film “Oci Ciornie”, che valse a Mastroianni il premio al Festival di Cannes del  1987 – in una puntata del suo video blog Besogon.tv ha provocatoriamente proposto lo schema di questo processo applicandolo a un qualcosa che è attualmente impensabile, il cannibalismo:

Fase 1: Il cannibalismo è inaccettabile. Non se ne parla e non si ammette in nessun caso.

Fase 2: Si comincia a far circolare l’idea che la proibizione del cannibalismo sia un “tabù”. Se ne discute in circoli ristretti dove “scienziati (antropologi, psicologi, nutrizionisti)” ne discettano. Si organizza qualche convegno. Si costituiscono associazioni più o meno segrete di “cannibali” (ad es. Associazione di Liberi Cannibali).

Fase 3: Si comincia a parlare del fenomeno nei media, giornali e televisione, ma operando dei “distinguo”. (A questo punto il tabù è già infranto). Si coniano nuovi vocaboli meno urtanti che rendano meno indigesto il concetto: non si parlerà più di cannibalismo o antropofagia ma di “antropofilia”. Si metteranno in evidenza precedenti storici.

Fase 4: Qualche studioso lancerà l’ipotesi che il desiderio di mangiare carne umana dipenda da predisposizioni genetiche; altri sosterranno che in caso di eventi eccezionali, come carestie, il nutrirsi di carne umana non sia solo legittimo ma corretto. Si inizierà a dialogare su quali siano le circostanze eccezionali nelle quale sia accettabile nutrirsi di carne umana.

Fase 5: L’argomento diventa oggetto di talk show, compare nel cinema, negli spot pubblicitari. A fronte degli “antropofili” si creerà la categoria degli antropofobi. Qualche personaggio famoso farà “coming out”. Il tema conquisterà le prime pagine, se ne discuterà pubblicamente. L’origine dell’“antropofilia” essendo ignota non potrà essere considerata una colpa. Il dibattito acquisterà una dimensione politica.

Fase 6: sorgono gruppi di pressione che promuovono il cannibalismo con lo slogan: “non si deve vietare l’antropofilia”. Il cibarsi di carne umana viene “depenalizzato”. Coloro che si oppongono vengono socialmente stigmatizzati accusandoli di “fobia”, di “intolleranza”, di “arretratezza culturale” Nelle scuole si comincia ad insegnare che accanto ai vegetariani, ai vegani, agli onnivori, ci sono, a pieno titolo, anche gli antropofili. Il processo è concluso, l’idea da inaccettabile è entrata nel pensare comune.

Il “cannibalismo” è un caso ipotetico, ma guardiamoci intorno e facciamo un’esercitazione. Quante delle “idee” che oggi sono bagaglio del pensare comune cinquanta o sessant’anni fa erano impensabili? Se ne ripercorriamone lo sviluppo riscontreremo che hanno seguito e completato l’intero percorso. Quante altre idee sono invece ancora in una fase intermedia?

Dei gruppi di riflessione producono e diffondono opinioni all’esterno della finestra di Overton, per rendere la società più ricettiva verso l’idea in corso. Quando un gruppo di riflessione vuole imporre una idea considerata inaccettabile dall’opinione pubblica, utilizza la finestra di Overton per tappe.

Prendiamo ad esempio l’evoluzione del pensiero unico omosessualista: la teoria del gender (definita da Papa Francesco “espressione di frustrazione che cancella differenze, uno sbaglio della mente umana”). Lo spostamento della finestra di Overton in direzione di un cambiamento dell’atteggiamento verso le persone LGBTQAI+ e le loro tesi può passare per i seguenti stadi:

Stadio 1: in questo stadio il problema è inaccettabile, non è discusso nella stampa e non è ammesso dalla gente.

Stadio 2: il tema evolve da “assolutamente inaccettabile” a “vietato ma con delle riserve”. Si afferma che non bisogna avere alcun tabù, il tema comincia ad essere discusso in piccole conferenze durante le quali degli stimati economisti, psicoanalisti e altri tecnici addentro al problema, fanno delle dichiarazioni di carattere “scientifico”. Il soggetto cessa di essere tabù e viene introdotto nello spazio mediatico. Risultato: il soggetto inaccettabile è messo in circolo, il tabù è desacralizzato, il problema non suscita più la medesima reazione, che comincia ad articolarsi in diversi gradi.

Stadio 3: il tema del gender passa dallo stadio del radicale (vietato, ma con delle riserve) allo stadio di accettabile. Continuano ad essere citati economisti e sociologi e vengono create espressioni eleganti: non si parla più di emarginazione sociale propriamente detta ma, diciamo, di una realtà obiettiva nella quale sempre più persone LGBTQAI+ hanno difficoltà a sopravvivere degnamente e che bisogna tentarle tutte pur di dare a tutti l’opportunità di vivere come pare a loro. L’obiettivo è di disconnettere il significato della parola dal suo contenuto nella coscienza sociale.  Nel frattempo, reportage televisivi cominciano a mostrare che le “innaturalità” della teoria del gender non sono mai state realmente dimostrate.

Stadio 4: La finestra di Overton si sposta, trasferendo il tema dall’ambito dell’accettabile a quello del ragionevole/razionale, ciò che deriva dalla “necessità economica”. Si afferma che l’omosessualità è un fatto naturale. Non bisogna nascondere l’informazione che ognuno è libero di essere ciò che vuole e quando vuole.

Stadio 5: da utile a popolare (socialmente accettabile). La discussione non verte solo sull’esempio di personaggi storici o mitici, ma anche ponendo l’accento sulla durezza dei tempi in cui gli omosessuali erano ghettizzati, malmenati ed emarginati. La teoria del gender comincia a essere ampiamente discussa nei programmi di informazione, nei dibattiti televisivi, nei film, nelle canzoni e nei clip. Per rendere il tema popolare, si cita spesso ad esempio un personaggio storico celebre che a suo tempo era stato costretto all’emarginazione, prima di diventare una persona importante.

Stadio 6: da socialmente accettabile alla legalizzazione. Il soggetto è oramai lanciato, viene automaticamente riprodotto nei media e negli show-biz, e raccoglie consensi politici. Giunti a questa tappa, “l’umanizzazione” dei fautori della teoria del gender viene utilizzata per giustificarne la legalizzazione. Possiamo davvero noi giudicare ciò che è bene per ciascun individuo? Anche se tutto questo può sembrare a qualcuno “amorale”, è necessario, perché una società funzioni, che ognuno trovi il posto che più gli è congeniale. Da tema popolare, la teoria gender e tutte le rivendicazioni LGBTQAI+ diventano legali. Si crea una base normativa, compaiono delle lobbies, vengono pubblicati degli studi che sostengono il tema della legalizzazione. Un nuovo dogma appare: “per una società più equa è necessario che le persone LGBTQAI+ abbiano gli stessi diritti alla famiglia o alla procreazione degli eterosessuali”. La legge è approvata, il gender diventa luogo comune nelle scuole e nei giardini di infanzia e la nuova generazione non riesce a capacitarsi di come si sia potuto pensarla in modo diverso.

Molte altre idee contemporanee sembravano assolutamente inconcepibili solo qualche decina di anni fa e sono poi diventate accettabili per la legge e agli occhi della società: aborto, immigrazioni massive, droghe “leggere”, eutanasia, pedofilia, incesto, poliamore. Non credete che questa evoluzione abbia seguito lo scenario sopra descritto? Credete davvero che queste “riforme” si siano ispirate al bene comune o non piuttosto che siano state adottate nell’interesse di qualcuno?

Il concetto di base è capire in quale finestra si trovi attualmente un’idea (ad esempio, la legalizzazione delle droghe, dell’eutanasia, dell’aborto, della pedofilia, delle unioni tra persone dello stesso sesso, l’introduzione di app Immuni o biochip, confinamento in casa o coprifuoco) e farla progressivamente slittare verso quella successiva, in una serie di passi.
Ovviamente, avere questo schema della finestra di Overton non consente molto di più di una fotografia della situazione, se non si è in grado effettivamente di influenzare l’opinione pubblica con esempi, testimonial, propaganda mirata, capacità di persuasione, narrazioni di episodi specifici, potere politico. L’uso della finestra Overton è il fondamento della tecnologia di manipolazione della coscienza pubblica finalizzata all’accettazione da parte della società di idee che le erano precedentemente estranee e consente l’eliminazione dei tabù. L’essenza di questo metodo sta nel fatto che l’auspicato mutamento di opinione deve perseguirsi attraverso varie fasi, ciascuna delle quali sposta la percezione ad uno stadio nuovo dello standard ammesso fino a spingerlo al limite estremo. Ciò comporta uno spostamento della stessa finestra, ed un dibattito polemico ben governato permette di raggiungere la fase ulteriore all’interno della finestra di Overton.

La dittatura dei mediocri

«Rimettere la decisione sulle cose più grandi ai più incapaci».

I danni della demagogia di cui oggi paghiamo le conseguenze, a causa di un’uguaglianza politicamente corretta che ha dato il potere alla mediocrazia [**].

«Le masse saranno sempre al di sotto della media. La maggiore età si abbasserà, la barriera del sesso cadrà, e la democrazia arriverà all’assurdo rimettendo la decisione intorno alle cose più grandi ai più incapaci. Sarà la punizione del suo principio astratto dell’uguaglianza, che dispensa l’ignorante di istruirsi, l’imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi.
Il diritto pubblico fondato sulla uguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze. Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioè la fatica individuale: culminerà nel trionfo della feccia e dell’appiattimento. L’adorazione delle apparenze si paga».

«Tutte le colpe producono da sé la propria punizione».

Le citazioni sono da “Diario intimo” di Henri-Frédéric Amiel, scritto tra il 1847 e il 1881.

[*] Avram Noam Chomsky è un filosofo, linguista, accademico, scienziato cognitivista, teorico della comunicazione, attivista politico e saggista statunitense. Docente emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology, è riconosciuto come il fondatore della grammatica generativo-trasformazionale, spesso indicata come il più rilevante contributo alla linguistica teorica del XX secolo. Parallelamente a ciò, Chomsky è particolarmente noto per il suo attivismo ed impegno politico. Costante e aspra la sua critica nei confronti della politica estera di diversi Paesi, in particolar modo degli Stati Uniti, così come l’analisi del ruolo dei mass media nelle democrazie occidentali.

[**] Mediocrazìa: predominio sociale e culturale della classe media; atteggiamento, mentalità tipici del ceto medio.

Mala tempora currunt
sed peiora parantur

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