Invettiva dei più puri di “la Repubblica” contro l’”agghiacciante e inquinante” parola “razza”. Flatus vocis nel nulla, risucchiati dalla spirale grottesca dell’assurdo contemporaneo

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«A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro… che ti epura», era uno degli icastici ammonimenti che – secondo Ugo Intini – l’On. Pietro Nenni era solito dare ai giovani socialisti.

Quindi, secondo la casta degli Elevati di la Repubblica, che fanno a gara a fare i più puri, un ebreo che afferma di essere di razza ebraica e una persona di pelle bianca, che dice di essere di etnia caucasica, sono dei “razzisti”. Il termine “razza caucasica” fu coniato dal naturalista tedesco J. F. Blumenbach nel 1795, in una pubblicazione che divideva tutti gli esseri umani in cinque gruppi o “razze” fondamentali. Secondo questa tassonomia la “razza caucasica” raggruppa le popolazioni di carnagione bianca europee, nordafricane (con pelle chiara), mediorientali e indiane. Ai più puri di la Repubblica questo non sta bene e ha fatto scoppiare uno psicodramma in redazione, a seguito dell’invio di una email dell’amministrazione del giornale ai dipendenti con un questionario dove c’era una domanda sull’«origine razziale o etnica».

Come l’amico e collega Renato Farina spiega oggi in prima su Libero Quotidiano, a la Repubblica è scoppiata la “guerra della razza”, perché l’amministrazione ha inviato ai giornalisti un questionario dove si cita tra le categorie anche l’origine etnica. Il Direttore Maurizio Molinari si è indignato e in un editoriale [QUI] ha fatto l’ennesima predica politicamente corretta: «Abbiamo voluto comprendere da dove arrivava in un documento sulla privacy l’agghiacciante definizione “origine razziale o etnica” riferita ad una delle categorie dei dati personali passibili di trattamento. Come fosse possibile che a 83 anni dall’infamia delle Leggi Razziali ed a 76 anni dalla sconfitta del nazifascismo la parola “razza” continuasse a inquinare il nostro linguaggio».

A Repubblica scoppia la guerra della razza
di Renato Farina
Libero, 31 luglio 2021


Da che cosa si capisce che un piccolo ambito di persone si crede sinceramente superiore (moralmente, culturalmente, antropologicamente: cioè razzialmente) a qualsiasi altra congrega umana? Dal fatto che un episodio accaduto in quella cerchia si trasforma nella chiave di volta di un’epoca.

In questo caso si tratta della progressione fino alle vette sublimi della mistica del politicamente corretto. Una religione per la quale il Verbo non è più Gesù Cristo ma il Vocabolario sbianchettato dalle parole moleste. Il criterio? Appartenere alla casta degli Elevati, i quali hanno per sezione italiana Repubblica. E proprio qui, ieri, sulla prima pagina, il direttore Maurizio Molinari ha iniziato così il racconto di un fatto tremendo: «Alle 14.15 di ieri la parola “razza” è comparsa all’improvviso sugli schermi dei nostri computer». Mi sono chiesto: perché non sul mio? Chi mi ha emarginato? Ero convinto che si fosse verificato un fenomeno globale di hackeraggio. Un’orribile azione dei suprematisti bianchi che mi aveva colpevolmente trascurato. Invece no. Ho dovuto rileggere tre volte il lancinante editoriale per arrivarci. Era roba tutta loro. L’amministrazione aveva inviato ai giornalisti di Repubblica, in ossequio a una legge europea defluita in Italia a tutela di privacy e dati sensibili, un questionario dove c’era la domanda sull’«origine razziale o etnica».

CHE ERRORE

Gli autori, poveretti, credevano fossero all’avanguardia. Sbagliatissimo. Un «errore burocratico», ha minimizzato Molinari. Il quale però ci ha montato sopra un film alla Indiana Jones. Si è pertanto infilato in una strabiliante ricerca del Sacro Graal del politicamente iper-corretto. E ha posto la domanda della Sfinge. Scrivere che non bisogna discriminare nessuno per «la razza» non è forse una giustificazione del razzismo? Siccome la razza non esiste non deve esistere neppure la parola razza. Scrivere la parola fa esistere la razza, e dunque fomenta il razzismo. Ragionavano così in Urss. Dio non esiste, abroghiamo la parola Dio, problema finito.

Il virus del razzismo in Italia se ne sta nascosto bel bello nell’articolo 3 della Costituzione. Nel primo comma finge di dormire la paroletta letale: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, ecc».
Ma ora Repubblica ti ha sgamato. Via la parola «razza», perché appunto non esiste. Già che ci siamo bisognerà togliere la parola sesso, perché esistono i generi, il sesso non c’è, è un’invenzione culturale, dice la scienza gender.

Discussioni di questo genere fervevano nel Medio Evo. Ci fu una formidabile sfida tra filosofi a proposito delle prove dell’esistenza di Dio. Ci fu chi sostenne: se esiste il concetto dell’Essere perfettissimo espresso dal termine Dio, allora Dio esiste, perché non sarebbe perfetto se non esistesse. Troppo semplice, replicò un tale più brillante. Con questa logica allora esiste la chimera. Ma la parola non ha la forza di far esistere le cose. Invece i filosofi post-moderni alla Molinari a furia di dire che le parole sono pietre devono averci dato contro una zuccata tremenda. E in fondo ridicola. È la spirale grottesca dell’assurdo contemporaneo. Si pretende di ancorare il significato della realtà e il senso della vita a sostantivi senza sostanza di sangue e di passione. Flatus vocis nel nulla, però con tanti meravigliosi diritti. Uno schifo.

Scommettiamo? Il politicamente corretto è destinato a divorare i suoi adepti. Come Robespierre adoratore del Terrore. In nome della tolleranza si pratica la massima intolleranza contro chi un attimo prima credeva di cavalcare il bene. Vale anche qui il detto di Pietro Nenni:« A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura». La sentenza si applicava fino ad ora ai moralisti, si applicherà ai politicamente corretti.

CANCEL CULTURE

(A proposito, magari sarebbe il caso di studiare un po’. Non è vero che i tedeschi hanno tolto, come sostiene Molinari, dal loro articolo 3 la parola «razza» Era stata una proposta dei Verdi. Prima accettata anche dalla Merkel. Poi alla fine bloccata dalla Cdu. La cancel culture non deve permettersi di aggredire le conquiste delle coscienze le quali usano le parole dell’esperienza e non quelle disinfettate dai damerini. Dal Rheinische Post: «Nel 1949 i padri e le madri della Costituzione difficilmente avrebbero potuto immaginare che la loro netta presa di distanza dal nazionalsocialismo potesse un giorno essere percepita come un problema». Le pietre miliari su cui i padri hanno scritto le loro convinzioni profonde non vanno divelte perché un impiegato ha mandato un questionario sgradevole. Anche se ai giornalisti di Repubblica. Cala Trinchetto).

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