Oltre lo Stato laicista (più che laico) e lo Stato confessionale (che sono la stessa cosa), ci sta a cuore la libertà religiosa, di espressione e di insegnamento – Parte 1

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Nel leggere questa serie di tre articoli, prego di non dimenticare, quanto affermato oggi da Vannino Chiti (ex ministro, già parlamentare e Governatore della Toscana, che ha vissuto per intero la traiettoria politica dal Pci al Pd) nell’intervista ad Avvenire (che riportiamo per intero nella terza parte): «Guardi, se fossi ancora parlamentare, la prima domanda che mi farei è quale sia la “manina” irresponsabile che ha reso pubblica una nota diplomatica e alimentato questa contrapposizione, spingendo a radicalismi che non servono al Paese. La Santa Sede è solita trattare questi temi con discrezione, mi chiedo chi tra i protagonisti della politica avesse l’interesse a polarizzare il dibattito…».

Possiamo dire, senza paura di essere smentiti, che in questa domanda di Chiti (e la sua possibile risposta…) risiede la comprensione di quanto stiamo vivendo. Chiti osserva, tra altri punti cruciali, che «la Cei, con il cardinale Bassetti, ha detto con parole pacate della necessità di approfondire alcuni punti del ddl Zan e non ha trovato risposte. Questa non è politica, non si può eludere il dialogo». Il riferimento, chiaro, è proprio al Pd. Al riguardo, Alfredo Turi in un commento sul mio diario Facebook ha osservato: «Luca Bizzarri, noto attore comunista e libertario, ha lucidamente osservato che il ddl zan è scritto male. Bisogna capire se è scritto male perché lo ha pensato (sic) un piddino o se è scritto male per non essere approvato… In un caso o nell’altro, i poteri forti lgbt segnano un punto a loro favore, perché hanno costretto una società che non è mai stata #omolesbotransnonbinarinonstazionifoba ad interrogarsi su una presunta (ma INESISTENTE) SUA OMOFOBIA ed hanno costretto i media a parlare (letteralmente) di sesso degli angeli quando il nostro Paese ha problemi ben più urgenti ed importanti da discutere e da risolvere, il tutto grazie al peggiore governo che la miseranda storia repubblicana ha mai osato proporre agli ignavi italioti».

Lo spunto per questa serie di tre articoli è stato offerto da una lettrice molta attenta di questo Blog dell’Editore, segnalandomi un post Facebook di Padre Antonio Spadaro, S.I. del 24 giugno 2021 alle ore 14.46: «”Uno Stato dev’essere #laico. Gli Stati confessionali finiscono male… È in #Parlamento che si deve discutere, argomentare, spiegare e ragionare. È così che una società cresce”. #PapaFrancesco https://bit.ly/3jn2aKD» [QUI].

Quindi, lo Spadaro condivide una citazione, che per dei lettori distratti – che noi non siamo – potrebbe apparire come una presa di posizione forte da parte di Papa Francesco, che entra nella polemica scatenata dopo la Nota verbale della Segreteria di Stato (protocollo N. 9212/21/RS) che fa riferimento al Disegno di legge N. 2005 (chiamato “Ddl Zan”). Può anche non destare la curiosità di lettori ignoranti in materia, ma a chi la conosce, ha fatto scattare il segnale rosso. Cosa? Il Papa è entrato nel dibattito?

Certo, siamo abituati ormai alle mosse imprevedibili dell’Uomo che Veste di Bianco. Quindi, per un’istante ha prevalso la perplessità: perché mai una Nota diplomatica, che fa riferimento al Concordato lateranense, esprimendo il timore che questo venga violato, dovrebbe essere interpretato come l’auspicio di uno stato confessionale? Visto che la Nota verbale chiede soltanto un dialogo diplomatico su alcuni punti critici del Ddl Zan e non intende impedire il parlamento di discuterne (poi autorevolmente confermato dal Cardinal Segretario di Stato).

Poi, in seconda lettura, la citazione proposta dal Spadaro appariva una citazione fuori luogo e a sproposito, perché sembrava sottintendere che la mossa diplomatica era stata fatta dai più stretti collaboratori del Papa alla sua insaputa, tenendolo all’oscuro o se il Papa era stato informato e avesse approvato, come si è epurato, sempre per fare apparire che si contraddice. Tutto molto inverosimile, vero.

Aprendo il link, l’infimo arcano viene svelato all’istante e tutto diventa chiaro. Lo Spadaro è andato a ripescare un’intervista del 16 maggio 2016, che Papa Francesco ha rilasciato a Guillaume Goubert, Direttore del quotidiano della Conferenza Episcopale Francese La Croix e a Sébastien Maillard, inviato speciale a Roma [QUI]. Leggendo l’intervisto, non si vede nessuna contradizione con la Nota diplomatica recapitata dalla Santa Sede al Governo italiano.

Ma c’è dell’altro. A parte del fatto che la citazione è del 2016, inoltre fa riferimento alla situazione in Francia, dove allora si discuteva dell’islam e degli stati confessionali islamici. Comunque, con le sue dichiarazioni il Papa nel 2016 non è stato accusato di “ingerenza” negli affari dello Stato francese. Vale la pena di leggere l’intervista nella parte sul tema della laicità, che proponiamo di seguito in una nostra traduzione italiana dal francese. Fondamentale il passaggio, pensando alle critiche rivolte al Ddl Zan, dove Papa Francesco afferma: “Una volta approvata la legge, lo Stato deve rispettare la coscienza. In ogni struttura giuridica deve essere presente l’obiezione di coscienza perché è un diritto umano. Compreso per un funzionario del governo, che è una persona umana. Lo Stato deve anche rispettare le critiche. Questa è la vera laicità. Non possiamo mettere da parte gli argomenti dei cattolici”.

Nell’intervista a La Croix, il Papa afferma nel 2016, che “la Francia tende a esagerare la laicità per colpa di un modo di considerare le religioni come una subcultura, non una cultura vera e propria”. Uno stato laico rispetto e dialogo con l’autorità ecclesiastica. Il problema che molti stati intendono per laico laicista, che è una cosa ben diversa. La Spagna repubblicana era laica o laicista? Sulle questioni di vita e morte è difficile che gli Stati moderni ragionano da laici e lo fanno quasi sempre da laicisti. E lo sapeva bene San Giovanni Paolo II quando ai tempi del referendum sulla legge 194 tuonava. Educare la gioventù a non avere alcuna fede religiosa e di credere solo nella giustezza di leggi dello Stato che vanno contro il proprio credo non è laicità, è sempre laicismo. Comunque uno Stato che seguisse l’insegnamento del Vangelo non sarebbe così male, o no? Poi, Papa Francesco ha specificato, non solo che il Parlamento deve discutere, ma deve “rispettare anche le critiche”.

La Croix: L’importanza dell’Islam oggi in Francia, così come le radici cristiane storiche del Paese, sollevano interrogativi ricorrenti sul posto delle religioni nella sfera pubblica. Cosa pensi che sia una buona laicità?
Papa Francesco: «Uno Stato deve essere laico. Gli stati confessionali finiscono male. Va contro la storia. Credo che il secolarismo accompagnato da una legge forte che garantisca la libertà religiosa fornisca un quadro per andare avanti. Siamo tutti uguali, come figli di Dio o con la nostra dignità di persone. Ma ognuno dovrebbe avere la libertà di esteriorizzare la propria fede. Se una donna musulmana vuole indossare il velo, deve poterlo fare. Allo stesso modo, se un cattolico vuole portare una croce. Dobbiamo essere capaci di professare la nostra fede non accanto, ma all’interno della cultura. La piccola critica che farei alla Francia a questo proposito è di esagerare il secolarismo. Deriva da un modo di vedere le religioni come una sottocultura e non come una cultura a sé stante. Temo che questo approccio, inteso per eredità dell’Illuminismo, resti ancora. La Francia dovrebbe fare un passo avanti in questo senso per accettare che l’apertura alla trascendenza è un diritto di tutti».
In questo contesto laico, come dovrebbero i cattolici difendere le loro preoccupazioni su questioni sociali, come l’eutanasia o il matrimonio tra persone dello stesso sesso?
Papa Francesco: «È in Parlamento che bisogna discutere, argomentare, spiegare, ragionare. Così cresce una società. Una volta approvata la legge, lo Stato deve rispettare la coscienza. In ogni struttura giuridica deve essere presente l’obiezione di coscienza perché è un diritto umano. Compreso per un funzionario del governo, che è una persona umana. Lo Stato deve anche rispettare le critiche. Questa è la vera laicità. Non possiamo mettere da parte gli argomenti dei cattolici dicendo loro: “Parli come un prete. “No, si basano sul pensiero cristiano, che la Francia ha così notevolmente sviluppato».

Come la rivendicazione di Draghi sul parlamento non trovava rispondenza nella Nota verbale della Santa Sede [*], così all’affermazione di Papa Francesco a La Croix – “Uno Stato deve essere laico” e “Gli stati confessionali finiscono male” – manca la medesima rispondenza, perché l’Italia non è uno Stato laico, ma è uno Stato aconfessionale: riconosce il diritto di esercitare culti leciti e si riserva il diritto di stabilire quali siano leciti e quali no, come tutela il diritto di non essere religiosi, peraltro. Non dimentichiamo che la Dignitatis humanae e la Gaudium et spes ripudiano la laicità (anche quella “sana”) e il confessionalismo (che sono parenti stretti): optano per il modello della libertà religiosa.

Alcuni mesi dopo l’intervista a La Croix, il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 882 del 7 dicembre 2016 ha riportato l’intervista al Santo Padre Francesco in occasione della conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia, pubblicato dal settimanale cattolico fiammingo Tertio [QUI], in cui ha affrontato lo stesso tema, ribadendo gli stessi principi che aveva menzionato già nell’intervista a La Croix, a cui fa anche riferimento. E lo ribadisce in chiare lettere: “Una cosa è la laicità e un’altra è il laicismo. Il laicismo chiude le porte alla trascendenza, alla duplice trascendenza: sia la trascendenza verso gli altri e soprattutto la trascendenza verso Dio; o verso ciò che sta al di là”.

DOMANDA – Nel nostro Paese viviamo un momento in cui la politica nazionale vuole separare la religione dalla vita pubblica: per esempio nell’istruzione. È opinione che, in un tempo di secolarizzazione, la religione debba essere riservata alla vita privata. Come possiamo essere nello stesso tempo Chiesa missionaria, in uscita verso la società, e vivere questa tensione creata da questa opinione pubblica?
PAPA – «Bene, non voglio offendere nessuno, però questa impostazione è un’impostazione antiquata. Questa è l’eredità che ci ha lasciato l’Illuminismo – non è così? – in cui ogni fenomeno religioso è una subcultura. È la differenza tra il laicismo e laicità. Di questo ho parlato con i francesi… Il Vaticano II ci parla dell’autonomia delle cose, dei processi e delle istituzioni. C’è una sana laicità, per esempio la laicità dello Stato. In generale, uno Stato laico è una cosa buona; è migliore di uno Stato confessionale, perché gli Stati confessionali finiscono male. Però una cosa è la laicità e un’altra è il laicismo. Il laicismo chiude le porte alla trascendenza, alla duplice trascendenza: sia la trascendenza verso gli altri e soprattutto la trascendenza verso Dio; o verso ciò che sta al di là. E l’apertura alla trascendenza fa parte dell’essenza umana. Fa parte dell’uomo. Non sto parlando di religione, sto parlando di apertura alla trascendenza. Quindi, una cultura o un sistema politico che non rispetti l’apertura alla trascendenza della persona umana “pota”, taglia la persona umana. Ossia non rispetta la persona umana. Questo è più o meno quello che penso. Quindi, inviare alla sacrestia qualunque atto di trascendenza è una “asepsi”, che non ha a che fare con la natura umana, che taglia alla natura umana buona parte della vita, che è l’apertura».

In conclusione, il Ddl Zan è all’esame del Parlamento e ogni interlocuzione si svolge in quella sede e chiama in causa le forze politiche. Per quanto riguarda poi le implicazioni legate al Concordato, riguardano il Governo e gli organismi competenti della Santa sede, come dimostrano anche le più recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, Mario Draghi e del Segretario di Stato di Sua Santità, Cardinale Pietro Parolin. Poi, come liberi cittadini – liberi finché ci sarà permessi di rimanere tali – possiamo esprimerci e continuiamo a definire il Ddl Zan liberticida, inutile, dannoso e pericoloso.

E proseguiamo con il dare voce a chi la pensa così. Come per esempio Stefania Craxi [foto di copertina], Senatore di Forza Italia e Vicepresidente della Commissione Esteri del Senato: “Concordo con chi vede nel Ddl Zan un pericolo per la libertà di espressione data l’enorme discrezionalità lasciata al potere inquirente”.

Da Stefania Craxi sentiamo una voce in controtendenza al mondo politico e mediatico, dove si fa un gran parlare di Concordato, inseguendo i like di un Fedez o i post altrettanto disinformativi di uno Spadaro (si nota poca differenza), arrivando ad invocarne persino la revisione della revisione del Concordato lateranense o di abolirlo totalmente. Si fa un gran parlare sulla presunta “ingerenza” e di una fantomatica voglia di “Stato confessionale” da parte della Santa Sede, senza (voler o poter) capire neppure cosa è o a provare ad approfondire contenuto e spirito del Concordato di cui si sta blaterando.

Diversamente l’approccio di Stefania Craxi, la figlia del Presidente del Consiglio dei Ministri laico, socialista, riformista moderno, che al convegno organizzato nella sala Zuccari del Senato dalla Fondazione intitolata allo statista socialista, in occasione del ventennale della morte dell’ex premier a Hammamet e del 36 esimo anniversario della revisione del Concordato, la definì una “lungimirante impresa riuscì laddove per 30 anni non erano riusciti i leader della Democrazia Cristiana”. Era febbraio 2020. Dove abbiamo perso il filo in poco più di un anno? “Accordi di libertà”, così chiamò Craxi la Revisione del Concordato del 1984, che ne ribadì “la centralità dell’individuo e delle sue libere scelte” e, ferma restando la centralità dei valori cattolici del popolo italiano, “mise su un piano di parità le religioni: dopo furono firmati accordi con i Valdesi, i Metodisti, le Comunità ebraiche…”. Ha ricordato tutto questo Stefania Craxi in quella commemorazione, alla presenza di storici e studiosi, insieme al Presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati e il Segretario per i Rapporti con gli Stati, Arcivescovo Paul Richard Gallagher.

Al contrario di tanti altri, oggi Stefania Craxi non ha cambiato opinione e nell’intervista ad Adnkronos si è espressa a favore delle richieste della Santa Sede sul Ddl Zan, perché “non si tratta di religione ma di libertà di espressione”: “Certo che è particolare vedere la Chiesa costretta a richiamare i valori di pluralismo e pensiero laico presenti nel Concordato, ma io credo che abbia fatto bene a chiedere il rispetto di quei valori. Perché qui non si tratta di religione ma di libertà di espressione”.

Entrando nel merito del Ddl Zan, Stefania Craxi ha osservato: “Per prima cosa la politica, che dovrebbe dare risposte sul piano politico-culturale per far crescere il Paese nel rispetto delle diversità e dei diritti, non si capisce perché dia sempre risposte penali. Seconda cosa, concordo con chi vede nel Ddl Zan un pericolo per la libertà di espressione data l’enorme discrezionalità lasciata al potere inquirente”.

“La libertà di espressione è garantita, ma cosa fa un magistrato di fronte alla denuncia penale?”, chiede Stefania Craxi e avverte il rischio: “Poi questo continuo cercare di proteggere i diritti delle minoranze non fa che ghettizzare altre minoranze”, concludendo: “La legge, così come è scritta, va in un senso inverso a quello che si vuole fare rispetto ai diritti delle minoranze e alla libertà di pensiero. Ma credo che ci siano ampi margini per discuterne, anche tenendo presente le questioni avanzate dal Vaticano che, sottolineo, non riguardano la religione ma la libertà di espressione”.

Dello stesso avviso è l’Arcivescovo Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita ed ex Presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, che è interventuo in modo critico sul Ddl Zan, in un’intervista a Serena Sartini per Il Giornale di ieri, 25 giugno 2021 [QUI]: “Non resteremo indifferenti all’ideologia gender per legge” e “il testo minaccia la libertà d’espressione”.

Risponde Mons. Paglia: «La Costituzione stabilisce che non sono ammesse discriminazioni per motivi di sesso. È ovvio, allora, ed è anche un bene, che una legge ordinaria realizzi il dettato costituzionale, promuovendo una tutela contro le discriminazioni. L’attuale testo, però, mentre vorrebbe presentarsi come baluardo a tutela di eventuali discriminazioni, rappresenta un serio rischio di minaccia alla libertà di espressione del pensiero e di discriminazione del sentimento religioso di gran parte del popolo italiano. Per realizzare un articolo della Costituzione si rischia di negarne altri. L’impostazione di fondo mi pare inaccettabile perché si vorrebbe inserire per legge un’idea: quella del gender, che finirebbe così per imporsi come ideologia. La Chiesa propone un cammino diverso. Rispetto delle persone: ogni uomo e ogni donna hanno una dignità che nasce dalla propria storia, dalle gioie e dai dolori. La strada maestra è quella della vicinanza e del discernimento di ogni vicenda personale. Una legge manifesto imporrebbe una ideologia, inaccettabile sia per la Chiesa che per la società».

Poi, in riferimento alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri al Senato, Mons. Paglia osserva: «Draghi ha ricordato come in Italia esistano gli strumenti per tutelare i diritti e i doveri previsti dalla Costituzione. Ha mostrato rispetto e considerazione per la Santa Sede e le sue posizioni. L’indipendenza di uno stato democratico e liberale è una garanzia anche per la Chiesa e i suoi diritti. Indipendenza non significa indifferenza. Che uno Stato sia indipendente nel processo legislativo mi pare sacrosanto: nessuna fede religiosa potrà mai proporre che diventi legge una credenza che non sia rispettosa di quelle libertà per cui tanti cattolici si sono battuti e continuano a battersi con tenacia e coraggio».

La Santa Sede non può discutere il Ddl Zan e l’Europa può contrastare Orbán in Ungheria? Ingerenza cattiva e ingerenza buona?

Infine, sulle accuse di “ingerenza” della Santa Sede negli affari dello Stato Italiano, Mons. Paglia osserva, facendo riferimento agli attacchi all’Ungheria [In sostegno della legge di protezione dei bambini ungheresi. Orbán: “L’educazione nelle scuole non deve essere in contrasto con la volontà dei genitori” – 25 giugno 2021]: «Se l’Europa può legittimamente intervenire se e quando un paese minaccia i diritti di cittadini con tendenze omosessuali, non vedo perché la Santa Sede non possa fare altrettanto in Italia. Non è ingerenza, è interesse del bene comune a partire dalla preziosa visione antropologica che la Chiesa tutela come una ricchezza. Il Vaticano è una realtà internazionale e un piccolo Stato sovrano. Ma la sua storica vicinanza con l’Italia gli permette di cogliere con estrema sensibilità il sentire comune del popolo italiano: per noi italiani la famiglia basata sul matrimonio di un uomo e una donna, la realtà di un padre e di una madre come genitori, è qualcosa che rappresenta un valore di estremo rilievo. Se qualcuno vuol chiamare ingerenza questa passione per l’umanità».

[*] La risposta di Draghi alla Nota verbale della Santa Sede è stata fuorviante. Dichiarare che lo Stato italiano è “laico e non confessionale” è fuori luogo perché il merito non è la natura dello Stato italiano (che non è in discussione e tantomeno contestata). La Nota verbale della Santa Sede concerne la possibile violazione della Revisione del Concordato sottoscritta nel 1984 fra la Santa Sede e lo Stato italiano. Inoltre, non si tratta di una contestazione di violazione del Concordato, ma di una nota per richiamare l’attenzione su possibili violazioni che potrebbero verificarsi a seguito di introduzione nell’ordinamento italiano di norme in contrasto con quelle sottoscritte. È evidente che non viene rilevata la natura o la forma dello Stato, bensì la obbligatorietà del rispetto, secondo il diritto internazionale, delle clausole del trattato vigente. Nel diritto internazionale, gli obblighi degli Stati sottoscrittori di un trattato sussistono a prescindere dalla forma e dalla natura dell’ordinamento del contraente. Dunque Draghi, come Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, è tenuto a prendere in considerazione la Nota diplomatica della Santa Sede per valutarne l’effettivo fondamento in relazione al contrasto fra le norme del Concordato e quelle previste dal Ddl Zan. È evidente che il Capo del Governo italiano, cui correttamente era stata indirizzata la Nota verbale, è sfuggito alla questione con dichiarazioni di principio -non richieste ed ininfluenti- e scaricando sul Parlamento la responsabilità del confronto. Al contrario, più correttamente, dopo aver riscontrato il fondamento della contestazione, avrebbe dovuto svolgere una attività di comunicazione al Parlamento delle sollecitazioni e delle perplessità sollevate dalla nota del Vaticano. Il rispetto degli obblighi di diritto internazionale è richiamato ed esplicitato nella Costituzione all’Articolo 7, espressamente per i rapporti tra Stato e Chiesa, nonché agli Articoli 10 e 11 e che con l’Articolo 117 addirittura giunge a limitare la potestà legislativa per garantire la loro osservanza. Cosicché occorreva ricordare al Parlamento che è certamente sovrano ma nei limiti dell’ordinamento costituzionale ed occorreva anche introdurre nel dibattito la discussione sulla legittimità costituzionale del Ddl Zan, nelle parti in cui è in possibile contrasto con l’Articolo 2 del Revisione del Concordato del 1984, perché limita e condiziona la libera organizzazione sociale e religiosa della Chiesa Cattolica Romana. Tale fatto, se si verificasse, potrebbe condurre ad un giudizio internazionale arbitrale, certamente perdente, presso la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. Ora, al di là della questione giuridica che qui non è solo forma ma anche sostanza, non c’è dubbio che l’alzata di scudi della Chiesa ha evidenziato, ancor di più, la tendenza autoritaria e oppressiva insita in un disegno di legge che, lungi dal difendere dalle discriminazioni, introduce elementi di intolleranza e di limitazioni discrezionali delle libertà di espressione.
Infine due considerazioni politiche.
Innanzitutto questa presa di posizione evidenzia l’attacco del nichilismo alla concezione antropologica del cattolicesimo che risale alle Sacre Scritture, richiamate nella nota, e quindi pone i Cattolici in Parlamento di fronte a scelte esistenziali.
In secondo luogo sembra mancare una discussione a favore dei diritti di chi, non cattolico, potrebbe essere costretto a subire gli effetti perversi e persecutori di questo Ddl, senza la protezione del Concordato (Fonte Luciano Schifone – La Voce del Patriota, 25 giugno 2021).

Segue la seconda parte: QUI.

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