Triste tracollo e fallimento di un pontificato, che tanta speranza ha destato. Fiasco preludio di cataclisma
Me la ricordo bene – seduto in prima fila con i massimi responsabili dei media della Santa Sede – la prima udienza nell’Aula Paolo VI il 16 marzo 2013 del nuovo Papa eletto tre giorni prima, come da tradizione concessa agli operatori dei media, che avevano coperto la rinuncia al ministero petrino di Papa Benedetto XVI, la sede vacante, il conclave e l’elezione del nuovo Papa, che prese il nome del santo della mia spiritualità, San Francesco d’Assisi. Il nuovo Pontifex Maximus della Chiesa Universale incontrò oltre 5 mila rappresentanti dei media, per cui avevo pianificato, costruito, organizzato e gestito il Medio Center nell’Aula Paolo VI in Vaticano, nel tempo record di 6 settimane.
Papa Francesco, ci spiegò la scelta del nome: «Ho scelto il nome Francesco perché uomo della pace, vorrei una Chiesa povera». «Siamo chiamati tutti non a comunicare noi stessi ma la triade composta da verità, bontà e bellezza”, disse il nuovo Papa. «Per il vostro lavoro – ha sottolineato – serve studio ed esperienza, è necessaria una grande attenzione alla verità, alla bontà e alla bellezza, e in questo siamo vicini perché anche la Chiesa ha questo compito». Il Papa rivolse ai giornalisti accreditati «un sincero ringraziamento per le fatiche di questi giorni» invitandoli «a conoscere la vera natura della Chiesa». La Chiesa, spiegò, «pur essendo certamente anche un’istituzione umana, storica, con tutto quello che comporta, non ha una natura politica, ma essenzialmente spirituale: è il Popolo di Dio. Il Santo Popolo di Dio, che cammina verso l’incontro con Gesù Cristo. Soltanto ponendosi in questa prospettiva si può rendere pienamente ragione di quanto la Chiesa Cattolica opera». Motivo per grande speranza, che fu però smorzata già dai primi segni di una mai vista sciatteria sul trono di Pietro.
«Avete lavorato, eh?», ha poi aggiunto sorridendo il Papa. «Vi voglio tanto bene – ha proseguito – vi ringrazio per tutto quello che avete fatto. E penso al vostro lavoro: vi auguro di lavorare con serenità e con frutti, e di conoscere sempre meglio il Vangelo di Gesù Cristo e la realtà della Chiesa. Vi affido all’intercessione della Beata Vergine Maria, Stella dell’evangelizzazione. E auguro il meglio a voi e alle vostre famiglie, a ciascuno delle vostre famiglie. E imparto di cuore a tutti voi la benedizione».
Poi, quando l’ho salutato, mi ha ripetuto lo stesso pensiero: «Sei stanco no?». E gli risposi, facendo segno verso il mio Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, S.I. e il Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociale (poi affogato – come tante altre istituzioni mediatiche della Santa Sede – con tutta la sua gloriosa storia nella maldestra e sciagurata “riforma dei media”, iniziata dopo che ero andato in pensione), l’Arcivesco Claudo Maria Celli, alla nostra sinistra: «Sì, Santità, ma non dirlo a loro, sennò mi mandano a casa e c’è ancora lavoro da fare». Mi sorrise e mi sentii compreso [QUI].
Al termine di quel 2013, arrivò alla fine dei due anni di prolungamento del mio servizio e sono andato in pensione. Il resto della storia – che ho continuato a seguire e coprire, dall’esterno, è stato come stare su una strada in discesa, non in salita come quella su cui dovrebbe camminare la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo. Una strada su cui il Popolo di Dio – ridotto a “masse di uomini e donne che agiscono ‘senza motivo’, ‘senza spiegazioni’, ma solo spinti da ‘ciò che sentono’” – viene trascinato dal disastro fino al tracollo e fallimento di un pontificato. Come inizio…
Sul tema condivido di seguito un contributo pubblicato dall’amico e collega Aldo Maria Valli, vaticanista di lunga corsa, su Duc in altum. Ormai, svanita la speranza, ci resta solo la resilienza e la preghiera. Come ho scritto il 12 giugno scorso: “Chiude un’epoca iniziata da San Giovanni Paolo II. Chi sopravvivrà all’attuale pontificato potrà dirsi pronto a sopravvivere a qualsiasi cataclisma” [QUI].
La Chiesa umana troppo umana di Francesco e il perché del fallimento di un pontificato
di Aldo Maria Valli
Duc in altum, 21 giugno 2021
Che il pontificato di Francesco sia un fiasco totale è ormai certificato. Se i cosiddetti tradizionalisti lo dicono da anni, ora anche i modernisti, per ragioni opposte, alzano lamenti. Date le circostanze, criticare Francesco è come sparare sulla Croce Rossa. Ma quando gli spunti di riflessione sono originali, e offrono nuove prospettive, è bene tenerli in considerazione. Come nel caso del seguente contributo che mi è stato inviato dal Giovane Prete a voi ben noto (il quale mi fa notare che, ormai, tanto giovane non è più, ma non importa: per noi giovane era e giovane resterà).
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del Giovane Prete
Caro Aldo Maria, è sotto gli occhi di tutti il fallimento clamoroso del pontificato di papa Francesco. In questi ultimi mesi al malcontento dei suoi “nemici” storici, quelli da lui definiti più volte con vari epiteti (come “dottrinari, elitari, fondamentalisti”), si è aggiunto quello dei suoi “compagni” di sempre, che scalpitano nel voler incassare, prima che sia troppo tardi, i punti necessari per tenere in piedi senza sorprese la Chiesa del futuro. In questo quadro, non bastano più le parole da Santa Marta néle eresie presenti in documenti magisteriali. È il momento di spingere la rivoluzione fino in fondo: fine del celibato sacerdotale, apertura alle ordinazioni femminili, benedizione delle coppie omosessuali, demolizione della Chiesa come “popolo di Dio gerarchicamente ordinato”, inter-comunione con i protestanti.
Risultato? La confusione è totale e la comunione tra i cattolici è in una crisi mai vista: siamo fratelli e sorelle che non si riconoscono più.
Caro Aldo Maria, volevo tentare di dare una piccola spiegazione sulla causa ultima e quindi teologica di questo esito nefasto ma inevitabile, che Romano Amerio definì “dislocazione della divina monotriade”. Che?? Un attimo… non spaventiamoci! E dopo un sorriso, cerchiamo di comprendere quest’espressione in modo semplice, perché la ritengo decisiva per capire la crisi e lo sbandamento totale in cui siamo immersi.
Noi sappiamo che il mistero della Chiesa esce dalla decisione della Santissima Trinità e quest’ultima ha un preciso ordine interno: Padre-Figlio-Spirito Santo. Nel Figlio il Padre ha fatto tutte le cose; il Figlio è il Logos, il Verbo, la Verità, e da Cristo-verità viene effuso il suo Spirito d’amore. Cosa significa questo? Se in Dio verità e carità coincidono, nella storia la carità segue la verità. Ecco il punto dimenticato dalla Chiesa docente oggi. L’amore è tale quando si costruisce nella verità. Mettere l’amore al primo posto significa de facto mettere il sentimento e la volontà prima della conoscenza. In questo modo diamo la priorità all’esperienza sulla conoscenza, alla prassi sulla ragione. Per cui vediamo queste masse di uomini e donne che agiscono “senza motivo”, “senza spiegazioni”, ma solo spinti da “ciò che sentono”. L’amore lasciato a se stesso non ha limiti perché tutto ciò che uno fa “con amore” basterebbe a qualificare quell’azione “buona”. No, Gesù ci insegna che verità e carità sono sì congiunti, ma hanno un ordine: prima viene la verità, dopo la carità, poiché è dalla bocca di Gesù-verità che viene effuso il dono dello Spirito Santo, Spirito d’amore.
Palesemente espressa dal magistero di papa Francesco, l’alterazione evidente dell’ordine trinitario, ponendo la presunta carità/misericordia al primo posto rispetto alla verità rivelata, non poteva non portare alla frantumazione dell’unità e della comunione ecclesiale, come sta avvenendo clamorosamente in Germania, ma anche silenziosamente nelle nostre comunità.
La comunione ecclesiale è un dono della Santissima Trinità che passa dalla condivisione delle verità di fede e di morale, le quali non sono accessori od orpelli inutili né tantomeno ideologie.
Un cattolico, dal punto di vista dottrinale, deve credere che il cattolicesimo sia la “vera religione” perché è chiaro che non tutte le religioni siano uguali né tantomeno volute da Dio, così come, dal punto di vista morale, egli non può essere favorevole all’aborto, all’eutanasia, all’ideologia di genere, all’omosessualismo.
La Chiesa di Bergoglio, ignorando tutto questo, vorrebbe una comunione fondata sul solo “rispetto umano”, che la Chiesa ha sempre considerato un peccato qualora la sua osservanza impedisca di testimoniare apertamente la verità per paura di perdere la stima degli altri.
È impossibile e contro la volontà di Dio fare di un peccato il cemento per costruire la sua Chiesa, che così si ritroverebbe a mancare la missione affidatale da Dio di portare tutti gli uomini in Paradiso.
Preghiamo il buon Dio che questa Chiesa umana, troppo umana torni a non vergognarsi di Cristo e del suo insegnamento, dalla cui sola amorosa obbedienza può nascere un’unità vera e una comunione profonda tra i suoi figli, uniti in un cuor solo e un’anima sola.