In memoriam di Ricardo Estarriol, il più longevo corrispondente spagnolo in Europa Centrale

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Mi ha rattristato molto la notizia della morte il 15 maggio 2021 a Vienna dell’amico e collega Ricardo Estarriol Saseras, con cui ho avuto il piacere di trattare durante i Viaggi Apostolici nell’Europa Centrale, o in occasione dei grandi eventi a Roma, quando lo incontravo presso la Sala Stampa della Santa Sede. Mi trattava sempre con la sua discreta cordialità poco appariscente. Per la sua natura trattava tutti come avrebbe voluto essere trattato, regola d’oro che, come si sa, è facile a dirsi e difficile a farsi. Ogni incontro con lui era sempre un evento, perché aveva sempre qualcosa di interessante di cui parlare. Il suo sorriso appena accennato, con il sapore di una sana ironia, è rimasto per sempre impresso nella mia memoria.

Ricardo Estarriol, corrispondente de La Vanguardia a Vienna, dal 1964 al 2002.

La sua cordialità certamente nasceva dal sua desiderio di essere un buon cristiano, nonché dall’essere catalano, che gli ha permesso di entrare in empatia con chiunque, mettendosi al loro agio, superando ogni barriera. Non parlava mai male di nessuno e non dava mai l’impressione di voler andare contro qualcosa o qualcuno. Era convinto che il male si vince con il bene e se c’è chi ha cercato di ingannare e ha manipolato le persone contro la verità, talvolta è necessario avere fiducia e che i malintesi possono essere chiariti, trattando bene le persone e pregando per e con loro.

Anche se Estarriol era tutt’altro che ignorante e ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca della verità, non si vantava mai delle sue conoscenze e non faceva valere le sue opinioni più di quelle degli altri. Non pensava di aver trovato la verità e di saperne più degli altri. Contava sull’aiuto degli altri, così come era sempre disposto ad aiutare. Mostrava sempre interesse al lavoro degli altri, con discrezione, per cui la propria opinione non ha importanza. Per decenni aveva ascoltato e registrato delle testimonianze per arrivare alla verità e confidava nella capacità degli altri di trovarla. In fondo, Estarriol non cercava una verità astratta, bensì la Verità di Colui che è la Via, la Verità e la Vita, Gesù Cristo risorto e presente, con cui adesso si è trovato definitivamente. All’amico Ricardo un abbraccio fraterno e un arrivederci nella Vita che ci attende.

Nato a Gerona in Catalogna il 27 febbraio 1937, era un giornalista spagnolo, membro della Prelatura della Santa Croce e dell’Opus Dei, corrispondente a Vienna per il quotidiano La Vanguardia dal 1964 al 2002, esperto dell’ex Blocco dell’Est. Nemmeno con il pensionamento a inizio secolo smise di scrivere e fare corrispondenze.

Discendente del politico e inventore Narciso Monturiol Estarriol (1819-1885), ha studiato giurisprudenza e giornalismo presso la Scuola Ufficiale di Giornalismo a Madrid. Ha iniziato la sua carriera professionale come giornalista a Los Sitio (Diario de Gerona) e al Diario Regional de Valladolid. Successivamente è stato corrispondente per l’agenzia di stampa Europa Press, prima di passare al quotidiano La Vanguardia.

A sedici anni entrò nell’Opus Dei. Cinque anni dopo, mentre completava il servizio militare, ricevette una lettera in cui San Josemaría Escrivá de Balaguer gli chiedeva se era disposto ad andare a Vienna. Nel 1958 si trasferì a Vienna per iniziare l’opera apostolica dell’Opus Dei in Austria. Inoltre, nell’ambito della sua attività professionale ha partecipato alla creazione di varie istituzioni educative legate all’Opus Dei, come il Birkbrunn Centro e il Delphin Club. Arrivò a Vienna come corrispondente per l’agenzia Europa Press nel 1958, anche se non si stabilì definitivamente nella capitale austriaca prima del 1964.

È stato il primo giornalista spagnolo e uno dei primi giornalisti occidentali accreditato nell’ex Blocco dell’Est. Ha coperto per vari media spagnoli vari eventi: la primavera di Praga (1968), il conflitto di confine sino-sovietico (1969), gli otto viaggi di Giovanni Paolo II in Polonia (1979-2002), l’arrivo di Mikhail Gorbaciov a la Presidenza dell’URSS (1985), la caduta del Muro di Berlino (1989), le guerre balcaniche (1991-1995), il crollo del Blocco dell’Est. Espulso da Belgrado durante i bombardamenti della NATO (1999), riuscì a entrare a Pristina nel primo convoglio britannico il 1° giugno 1999.

Grazie alla sua amicizia personale con il Portavoce Dott. Joaquín Navarro-Valls, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Estarriol è stato un collegamento affidabile per i giornalisti austriaci su temi legati alla Santa Sede durante il Pontificato di Giovanni Paolo II.

Ha compiuto più di cinquecento viaggi nella regione, di solito tra Vienna, Mosca e Varsavia e organizzando una rete di informatori. Durante le guerre jugoslave, ha riferito direttamente dalla zona di guerra. Inviò cronache da Polonia, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Jugoslavia, Albania e Cina.

Ha intervistato varie personalità del Blocco dell’Est: Andrei Gromyko, Lech Wałęsa, Wojciech Jaruzelski, Václav Havel, Andréi Sakharov, tra gli altri.
In qualità di giornalista e osservatore, Estarriol ha pubblicato analisi critiche sugli sviluppi europei prima e dopo il crollo del Blocco dell’Est, fino a poco prima della sua morte. Ha pubblicato Dalla guerra fredda alla nuova Europa. Memorie di un testimone. L’Università di Harvard ha pubblicato la monografia L’approccio sovietico alla crisi polacca.

La doppia vita di Ricardo Estarriol
Il corrispondente da Vienna portava in una mano il taccuino del giornalista e nell’altra le Bibbie per portarle clandestinamente in Cina
di Berna González Harbour
El País, 29 maggio 2021


Ci sono giornalisti che ti fanno lo sgambetto e ci sono giornalisti immensi che, oltre ad essere grandi professionisti, aiutano i più ingenui. Quando sono arrivato a Bucarest per coprire quello che sarebbe stato l’ultimo congresso del Partito Comunista Rumeno, nel novembre 1989, avevo 24 anni e lo stavo facendo perché l’allora corrispondente per l’Europa orientale di El País, Hermann Tertsch, aveva il veto di il regime. A differenza di lui, il borsista internazionale poteva ottenere un visto, ed è quello che ho fatto per alzarmi in piedi, ingenuo e sprovveduto, ma pieno di fortuna e di desiderio, al Congresso delle Grandi Vittorie del Socialismo, in cui i delegati disciplinati hanno trascorso sei ore ad applaudire ritmicamente il discorso del suo ospite, Nicolae Ceaucescu.

In quel lunghissimo discorso, sicuramente l’ultimo prima di cadere violentemente un mese dopo, il dittatore rumeno condannò i movimenti di apertura che già ribollivano in Unione Sovietica o nella DDR e che stavano per culminare con l’implosione del blocco comunista.

Mi ero perso tra le pagine con cui abbiamo cercato di seguire il discorso nelle nostre lingue quando un inviato incredibile, Ricardo Estarriol, mi ha fatto notare un paio di frasi chiave: “Guarda lì. È l’importante”. È così che La Vanguardia – il suo giornale – ed El País – il mio allora e oggi – sono stati gli unici a riportare il giorno successivo la notizia nascosta in quel discorso, che lucidava il socialismo lussureggiante: per la prima volta nei rapporti con l’URSS e in vista di una perestrojka a cui ha resistito, Ceausescu rivendicava l’ex Bessarabia rumena, che dal 1940 faceva parte dell’URSS come Repubblica Sovietica di Moldova e che oggi è un paese indipendente. “Devono essere avviate trattative tra gli Stati interessati per liquidare integralmente le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale. Bisogna condannare e annullare tutti gli accordi conclusi con la Germania di Hitler”, ha detto il dittatore, in una di quelle cose che interessano a pochi, ma che interessano molto a noi perché cambiano i confini. Da allora l’Europa ha mostrato troppi esempi di ciò.

Tra paradiso e inferno di giornalisti sagaci, quel giorno mi sono salvato, ma è stato grazie a Ricardo Estarriol, il cui sussurro a bassa voce rivela solo le qualità di quel giornalista sempre in completo, affabile, colto, allegro, grande compagno, generoso , solitario nelle sue rinunce dovute alla sua appartenenza all’Opus Dei, con la quale ho potuto movimentare quegli anni avanti e indietro tra Bucarest, Vienna dove ha vissuto, la Jugoslavia e tante città in cui i regimi stavano crollando in quei mesi. Noi due non potremmo essere più diversi, eppure eravamo uniti da un’appassionata e ostinata ricerca della verità, che è alla fine il giornalismo.

Estarriol, morto il 15 maggio a Vienna all’età di 84 anni, ha sempre viaggiato con in una mano il taccuino del giornalista per coprire la vicenda e nell’altra le Bibbia per portarle clandestinamente in Cina o nell’Europa dell’Est, come un campione che è stato del messaggio cristiano. Rideva molto. Accompagnando. È stato veloce e divertente. Ed era sempre vero. Queste parole vogliono essere un omaggio, uno sguardo di chi non ha condiviso con lui la religione, ma ha condiviso un’altra devozione capitale: per un giornalismo che ci ha portato a testimoniare insieme la storia, in prima fila. Estarriol è uno di quelli che hanno reso l’ e il mondo un posto migliore.

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