Il tentativo di colorare di arcobaleno tutte le scuole della Regione Lazio per ora è bloccato
Negli ultimi giorni è scoppiato il caso gender nelle scuole del Lazio. In sintesi: il 14 maggio tutti gli istituti scolastici hanno ricevuto una comunicazione riguardante “Strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere”. Due gli allegati. Il primo era un invito a partecipare il 9 settembre a una conferenza online su “Le diverse sfumature dell’identità di genere”. Il secondo conteneva le “Linee guida” delle “strategie”. Due i loghi nell’intestazione: Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini e Regione Lazio. Le “Linee guida” risultavano elaborate dall’Associazione Saisip (Istituto Metafora, Servizio per l’adeguamento tra identità fisica e identità psichica, attivo dentro il San Camillo e animato da attivisti organici alla nota lobby) in collaborazione con due associazioni, Genderlens e Agedo, anch’esse parte della galassia arcobaleno.
Di fronte alle reazioni allarmata e indignata delle associazioni pro-family dei genitori, di politici leghisti e di tutto il centro-destra, anche del Sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso (Lega), San Camillo e Regione Lazio sono stati costretti a sconfessare l’iniziativa: il documento è stato ufficialmente ritirato e la conferenza-stampa online sospesa con una comunicazione dell’Ufficio scolastico regionale in data 18 maggio.
È però bene conoscere quello che stava scritto nelle “Strategie”. Perciò ne offriamo la lettura di alcuni passi significativi (i neretti sono nostri) a chi ci segue. In sintesi la nota lobby, attraverso l’istituto Metafora/Saisip e i suoi complici, chiedeva con tanto di timbro ufficiale che in tutte le scuole del Lazio i pochi casi di disforia di genere fossero considerati pura e semplice normalità da assumere e valorizzare da parte dell’intera comunità docente e discente. Insomma il tentativo si configurava come vera e propria istigazione irresponsabile alla ‘fluidità di genere’ per centinaia di migliaia di bambini (dai tre anni in su), ragazzi, adolescenti.
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Pagina 1 (Introduzione, si dà per scontata la sovversione antropologica): “Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una ‘Gender Revolution’, così come l’ha definita la copertina del volume monografico del ‘National Geographic’, uscito a gennaio 2017, per descrivere i profondi cambiamenti che stanno avvenendo su questo tema. Primo fra tutti è il superamento del concetto di ‘binarismo sessuale’ che prevede l’esistenza di solo due generi (maschile e femminile), che è stato sostituito da quello di ‘spettro di genere’ secondo il quale il genere si presenta in un’infinita varietà di forme, dimensioni e tonalità. Il genere è una costruzione tridimensionale, tutti i bambini e gli adolescenti costruiscono la loro identità di genere intessendo tre fili principali (natura, educazione, cultura) per arrivare a trovare quel genere che corrisponde alla loro specifica identità”.
Pagina 4 (ambiente scolastico, il trionfo dell’arcobaleno): “La varianza di genere dovrebbe rappresentare una grande opportunità per apportare delle riflessioni e per intraprendere delle attività in materia di diversità che beneficino non solo il minore interessato, ma tutti gli alunni e l’istituto scolastico nel suo insieme. Trattare tematiche extracurriculari come il genere permette di generare all’interno di una scuola quella cultura inclusiva che, non solo la rende uno spazio più sicuro per tutti, ma facilita anche le relazioni con i compagni e il vincolo con gli insegnanti, trasformando l’atmosfera del centro educativo nel suo complesso”.
Pagina 5: “Per tutto il personale scolastico l’obbiettivo generale deve essere quello di creare, diffondere e preservare un ambiente di apprendimento sicuro, inclusivo e affermativo per tutti gli studenti. Per raggiungere questo scopo gli obbiettivi devono essere inquadrati nella cultura scolastica nel suo complesso e non concentrarsi semplicemente sulla tutela degli studenti transgender”.
Pagina 5 (‘Linee guida per la scuola’):
1) “ Formazione al personale scolastico e agli studenti: le scuole devono garantire che tutto il personale scolastico e gli studenti ricevano una formazione adeguata sui temi della varianza ed espressione di genere. Questo lavoro deve contribuire a smantellare i miti, gli stereotipi e i pregiudizi sulle persone transgender e offrire informazioni pratiche che promuovano l’apprendimento”.
2) “Politica e modulistica che riflettano un linguaggio di genere inclusivo: modificare il linguaggio segnala al personale, ai genitori e agli studenti che la scuola è consapevole del fatto che non tutti gli studenti rientrano nel costrutto di genere binario. La maggior parte dei documenti ufficiali, come i moduli di ammissione o di richiesta, richiedono di spuntare la casella maschio o femmina per indicare il sesso/genere. Le scuole devono aggiornare questi documenti e garantire che gli studenti con varianza di genere siano in grado d’identificarsi in modo coerente con la loro identità di genere, piuttosto che essere costretti a scegliere una casella che non li descrive”.
3) “Attivazione della “Carriera Alias”: La “carriera alias” consiste in una modifica della carriera reale dello studente o della studentessa mediante l’assegnazione di un’identità provvisoria, transitoria e non consolidabile. Questo è particolarmente rilevante con i supplenti che fanno affidamento ai registri ufficiali per conoscere il nome dello studente e rischiano inavvertitamente di divulgare l’identità transgender dello studente, esponendolo a prese in giro. La ‘Carriera Alias’ permette allo studente di garantire la privacy circa la sua storia e la sua identità transgender.
4) Uso del nome e dei pronomi scelti: usare il nome scelto è un segnale molto importante di rispetto e, inoltre, permette allo studente di sentirsi riconosciuto nella propria identità di genere. Quando il personale scolastico insiste nell’usare il nome assegnato alla nascita nonostante la richiesta di usare il nome e i pronomi scelti, questo riflette il messaggio che ‘non ti vediamo per ciò che sei’ e ‘non crediamo che tu sia ciò che credi di essere’. Queste politiche devono riguardare sia come il giovane viene chiamato informalmente dal personale scolastico e sia come il suo nome viene riportato all’interno dei registri scolastici ufficiali.
5) Uso dei bagni e degli spogliatoi: molti adolescenti transgender riferiscono di non utilizzare i bagni/spogliatoi nelle scuole per il forte imbarazzo causato dal dover andare in un bagno/spogliatoi diviso per genere, questo in primo luogo può creare problemi di salute e in secondo luogo un forte malessere psicologico. Per tale motivo è opportuno che ogni scuola individui un bagno/spogliatoio non connotato per genere quale può essere, per esempio, il bagno dei professori adatto al minore con varianza di genere.
Pagina 5 (‘Buone pratiche’):
- Riconoscere, rispettare, e supportare l’identità e l’espressione di genere dello studente.
- Chiedere quali nomi e pronomi la persona preferisce che si usino.
- Permettere a tutti i giovani di esprimere la propria identità di genere attraverso le loro scelte di vestiti, acconciature e accessori.
- Non tentare di cambiare l’identità di genere di un adolescente o punirlo per la sua espressione di genere.
- Trattare le informazioni sull’identità di genere di uno studente come confidenziali per garantire il suo rispetto e la sua privacy.
- Non ritenere che il percorso di un giovane transgender riguardi solo la terapia ormonale o chirurgica.
- Ascoltare le parole dei giovani transgender, trattarli quali esperti delle loro vite.
- Fidarsi del fatto che la decisione di presentarsi in un genere diverso da quello assegnato alla nascita di un adolescente non è stata presa con leggerezza o senza le dovute considerazioni.
Pagina 5 (‘Misure per il gruppo di classe’):
- Sensibilizzare e lavorare con la classe sulle questioni relative all’identità di genere e all’espressione di genere, come fattore che riconosce e valorizza la diversità e consolida un sistema educativo inclusivo” (…).
Pagina 6 (‘Aspetti amministrativi’). Tra gli ‘aspetti amministrativi’ le Linee guida danno per scontato, con incommensurabile sfrontatezza e arroganza, che il ddl Zan sia de facto già in vigore: “A questo si aggiunga che il disegno di legge 2005, approvato il 4 novembre 2020 dalla Camera dei deputati e noto come norma contro l’omotransfobia, recita all’articolo 1, comma 4, che ‘per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione’“.
Questo articolo è stato pubblicato dall’autore oggi sul suo sito Rossoporpora.org.