La Chiesa misericordiosa: vivere la grazia della riconciliazione
Per l’ottavo anno consecutivo il vescovo di Cremona, mons. Dante Lafranconi, concede ai sacerdoti che nel tempo pasquale confesseranno nel territorio della diocesi la facoltà di assolvere dalla scomunica incorsa con il grave peccato di aborto, fino al 7 aprile, domenica in Albis, detta anche della Divina Misericordia. E la diocesi di Milano invece fornisce alcune precisazioni in riferimento al passaggio specifico della Lettera del Vicario generale mons. Mario Delpini, indirizzata ai fedeli ambrosiani all’inizio della Quaresima: ‘Lasciatevi riconciliare con il Dio vicino’, ivolto alle persone che hanno abortito e per quelle che si sono risposate dopo il divorzio’. Due gesti veramente di amore della Chiesa.
Nel decreto mons. Lanfranconi ha sottolineato che papa Francesco nel primo Angelus ha sottolineato che Dio è un Padre misericordioso e quindi “desiderando anche per quest’anno rendere più facile l’accostarsi al Sacramento della misericordia da parte dei fedeli che hanno commesso peccati particolarmente gravi, puniti con la scomunica (cfr. art. 308 del compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica)”, concede la facoltà “ai Sacerdoti che ricevono le Confessioni nella nostra Diocesi di assolvere dalla scomunica incorsa per il grave peccato di aborto, di cui al Can. 1398 del Codice di Diritto Canonico, per il periodo che decorre dalla Domenica delle Palme alla Domenica in Albis (II di Pasqua). Detta facoltà può essere esercitata unicamente nell’atto della Confessione sacramentale”. Cosa vuol significare questo decreto? Infatti, in base al canone 1398 del Codice di Diritto Canonico, al peccato di aborto consegue la scomunica, che può essere revocata dall’Ordinario diocesano o da chi ne ha le facoltà (per esempio il Vicario generale o il Penitenziere della Cattedrale).
Dunque in via ordinaria un ‘normale’ sacerdote non può assolvere una persona che ha interrotto volontariamente la gravidanza o vi ha prestato la sua collaborazione: è obbligato a indirizzare il penitente a chi ne ha la facoltà o deve domandare l’autorizzazione ad assolvere richiamando successivamente colui che richiede il perdono. Con questo provvedimento temporaneo, invece, ogni sacerdote potrà agire autonomamente. Le finalità di questo atto sono due: mantenere ferma la consapevolezza della gravità dell’aborto, in un contesto culturale che non ne riconosce più la gravità e in una società che da oltre 30 anni ne consente legalmente il ricorso perché si ritiene che possa prevalere il diritto all’autodeterminazione sul diritto alla vita:
“La Chiesa, con questo atto, non intende così rinunciare al suo compito di maestra, a difesa del fondamentale e primario diritto alla vita di ogni uomo. Dall’altra parte il presule intende favorire un’adeguata conversione e penitenza che, in ragione della gravità dell’atto, esige un cammino più impegnativo”. Secondo il vescovo di Cremona questo provvedimento aiuterà nuovamente le donne a ricostruire un rapporto, anche semplicemente di memoria, con il proprio figlio, accompagnandole nell’accettazione di un gesto che rimarrà comunque indelebile nel loro cuore.
Anche mons. Mario Delpini, vicario generale della Diocesi di Milano, si rivolge alle donne che hanno abortito: “Desidero rivolgere una parola di speranza e di incoraggiamento in modo particolare a coloro che si sono resi colpevoli di aborto. Le vicende drammatiche e le sofferenze che accompagnano le donne che percorrono la strada che le conduce all’aborto sono di una gravità tragica: il fatto che si copra tutto di silenzio e indifferenza e che si preferisca lasciare sole le donne segnate da questa ferita è motivo di tristezza per tutti e un segno troppo doloroso del declino di una civiltà. Nella prospettiva cristiana l’aborto è un peccato grave, al quale è connessa la scomunica, e ne portano la responsabilità tutti coloro che vi partecipano e anche coloro che inducono le donne ad abortire con pressioni di vario genere.
Le donne che hanno vissuto questo dramma sono spesso segnate per tutta la vita da un angoscioso senso di colpa. Ma vale anche per loro, come per tutti coloro che sono coinvolti, l’invito di san Paolo: lasciatevi riconciliare con Dio. Ricordo pertanto che la Chiesa desidera perdonare tutti coloro che sono veramente pentiti e che il Vescovo può attribuire facoltà di assoluzione dalla scomunica. E di fatto hanno questa facoltà tutti i preti che confessano in Duomo, i parroci, i rettori dei santuari e i superiori dei religiosi e tutti i presbiteri che la ottengano dall’Ordinario. Invoco la grazia di Dio per tutte le donne che desiderano il perdono e la pace e le invito a un itinerario di conversione e di speranza che rassereni il loro animo e offra la certezza di essere perdonate”.
Ed invita i sacerdoti ad avere attenzioni particolari per quelle persone che si sono risposate dopo il divorzio: “Invito ogni comunità a una particolare attenzione per esprimere una vicinanza affettuosa anche ai fedeli che si trovano in questa situazione. In particolare può essere di aiuto che i pastori invitino questi fedeli e altri che non fossero in condizione di accostarsi alla comunione sacramentale ad accostarsi comunque al presbitero o al diacono, mentre viene distribuita la comunione, per ricevere una benedizione (compiendo un gesto quale quello di incrociare le braccia sul petto), e proporre la pratica della comunione spirituale da collocare opportunamente nella celebrazione eucaristica… Il presbitero e il diacono benediranno chi si accosta con le braccia incrociate sul petto tracciando il segno della croce senza pronunciare alcuna parola”.