La strage del Ponte Morandi, sostituito con il nuovo Ponte Genova-San Giorgio. Negligenza e immobilismo hanno ucciso 43 innocenti. Procura di Genova: “Cavi dello strallo da 50 anni senza manutenzione”
Oggi, nel giorno di San Giorgio Megalomartire, dedichiamo pensiero e preghiera alle 43 persone che hanno perso la vita a Genova il 14 agosto 2018, a seguito del crollo alle ore 11.36 del Ponte Morandi, il viadotto autostradale della A10, inaugurato il 4 settembre 1967 e sostituito dal Viadotto San Giorgio, inaugurato il 3 agosto 2020. Oggi, a indagini preliminari concluse – condotte dai pubblici ministeri Massimo Terrile; Walter Cotugno e l’aggiunto Paolo D’Ovidio, coordinati dal Procuratore della Repubblica di Genova Francesco Cozzi – sono 69 gli indagati che rischiano il rinvio a giudizio, per il cedimento strutturale causato dall’assenza dell’adeguata manutenzione del Ponte Morandi [QUI e QUI].
L’accusa ricostruisce la dinamica del crollo avvenuto sul fiume Polcevera del viadotto. «Il primo elemento a cadere è lo strallo della pila 9, tra il cedimento iniziale e la caduta a terra dell’ultimo elemento intercorrono 14 secondi… Le due antenne precipitano per ultime». Per l’accusa è lo strallo – tirante di cemento e acciaio – che reggeva la strada, a cedere per primo. «Nonostante numerosi segni premonitori, nessuno ha preso decisioni per la messa in sicurezza degli stralli, le parti più critiche del viadotto». Per 50 anni i cavi della pila collassata non sono stati oggetto di alcun sostanziale intervento di manutenzione. Il ponte era malato da tempo. La «negligenza nell’ignorare i segnali riscontrati a monte dell’intervento del 1994 e successivamente rilevati nella loro progressione da quella data fino al crollo». Le aziende responsabili della gestione erano orientate alla massimizzazione dei profitti e al risparmio dei costi di manutenzione del vecchio viadotto.
Inizialmente erano state 71 le persone indagate più le due società Aspi e Spea (la controllata che si occupava della manutenzione), tra ex vertici e tecnici delle aziende, ex e attuali dirigenti e tecnici del Ministero delle Infrastrutture e del Provveditorato [QUI].
Nel corso dell’indagine da – grandi numeri – sono state raccolte 200 testimonianze. Sono state autorizzate e accolte dal giudice, 480 intercettazioni. 60 terabyte la quantità di dati informatici sequestrati dalla procura. 2.000 sono le pagine che costituiscono il fascicolo della pubblica accusa. In queste ore la Guardia di Finanza sta notificando gli avvisi di garanzia ai numerosi indagati, tra cui appartenenti dalle due società del gruppo Benetton, Autostrade per l’Italia (Aspi) e Spea [QUI].
Gli indagati rinviati a giudizio dovranno rispondere di pesanti capi d’accusa, tra gli altri: disastro e omicidio colposo plurimo; attentato alla sicurezza dei trasporti; rimozione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro; omicidio stradale. Gravi sono le negligenze, le imprudenze e le imperizie che hanno causato la morte di 43 persone innocenti, vittime per le quali i familiari pretendono giustizia.
Il Sig. Roberto Battiloro ha rifiutato un risarcimento – extra processuale – da 1 milione di euro, per la morte del figlio Giovanni 29enne, deceduto nel crollo unitamente a tre amici. Il 1° febbraio 2021 Battiloro ha dichiarato: “La vita di mio figlio non ha prezzo, voglio prima verità e giustizia” [QUI].
Il “caso nel caso”. Il crollo nella Galleria Bertè nel 2019
Dall’indagine condotta sulla tragedia del Ponte Morandi sono nati altri filoni di indagine, che hanno fatto luce sul modus operandi del vecchio management dell’azienda, improntato, secondo l’accusa, al massimo risparmio sulle manutenzioni per garantire maggiori dividendi ai soci. La procura ha aperto fascicoli per i falsi report sullo stato di salute di altri viadotti, sulle barriere fonoassorbenti pericolose, fino ad avviare ulteriori accertamenti nelle gallerie, dopo il crollo nella Bertè del 30 dicembre 2019. In tutti i filoni di indagine sono coinvolti l’ex ad di Aspi Giovanni Castellucci, finito anche ai domiciliari poi tramutati in interdittiva per un anno; l’ex numero due Paolo Berti; e l’ex numero tre Michele Donferri Mitelli. Grazie alle indagini e al cambio dei vertici era partito un piano di controlli e investimenti sulle infrastrutture liguri, che l’estate scorsa ha portato enormi disagi sulla viabilità autostradale [QUI].
Non c’è perdono senza giustizia
“Oggi è un giorno particolare per Roberto Battiloro – ha scritto su Facebook il senatore Sandro Ruotolo – Roberto, con cui ho lavorato tanti anni insieme alla Rai di Napoli, si troverà a Genova, all’udienza del processo ai responsabili della morte di suo figlio e oggi inizierà un secondo incidente probatorio che dovrà rispondere alla domanda delle domande: perché è crollato quel maledetto ponte? A Roberto hanno offerto un milione di euro per chiuderla lì, ha rivelato oggi in un’intervista. Ma lui ha detto no: ‘La vita di mio figlio non ha prezzo, voglio prima verità e giustizia’. Ecco, caro Roberto oggi noi tutti stiamo con te. Anche noi vogliamo verità e giustizia. Ti abbraccio” [QUI].
L’analisi sul crollo del New York Times: QUI.
L’ingegner Riccardo Morandi e le sue opere architettoniche: QUI.
A distanza di 31 mesi dal crollo del Ponte Morandi di Genova, non sono stati ancora censiti i ponti e i viadotti. Nessuno sa con esattezza quali sono quelli pericolanti, dove si dovrebbe intervenire subito e dove sarebbe opportuno aumentare la manutenzione. I dati restano sparpagliati nei 15 mila enti e uffici nazionali. Abortita l’operazione che doveva portare all’attribuzione di un codice fiscale a ogni opera pubblica. Rimasta al palo anche l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali (ANSFISA) – subentrata a titolo universale alla soppressa ANSF, attraverso l’acquisizione di tutte le risorse umane, strumentali e finanziarie, e l’estensione del modello operativo per le ferrovie anche al settore della sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali – operativa dal 30 novembre 2020, ai sensi dell’art. 12 del D. L. n. 109/2018. Scelte le sedi e nominati due direttori, ma non si trovano i dipendenti perché nonostante lo stipendio alto, nessuno ci vuole andare [QUI].
Genova, 4 settembre 1967 – Il Presidente della Repubblica italiana Saragat inaugura il Ponte Morandi [QUI].
Genova, 4 agosto 2020 – Il nuovo Ponte Genova-San Giorgio – inaugurato alla presenza delle più alte cariche dello Stato il giorno precedente – alle ore 22.00 è stato aperto al traffico [QUI].
La struttura del nuovo ponte-viadotto autostradale Polcevera, che scavalca il torrente Polcevera e i quartieri di Certosa, Sampierdarena e Cornigliano, battezzato Ponte Genova-San Giorgio – realizzato sul concetto architettonico sviluppato dallo Studio Renzo Piano Building Workshop, progettato da Italferr e costruito dal consorzio PerGenova, composto dalle società Webuild e Fincantieri Infrastructure – è basato su pile in cemento armato di sezione ellittica (9×3 metri). L’impalcato principale è un viadotto continuo isolato, composta da una trave continua di lunghezza totale pari a 1067,17 m, costituita a sua volta da un totale di 19 campate [QUI].
Annotava Vik van Brantegem in un post Facebook del 21 luglio 2020:
«Il nuovo ponte di Genova sarà inaugurato il 3 agosto 2020. Lo ha annunciato il sindaco Marco Bucci. Si chiamerà “Genova San Giorgio”. Attendiamo le manifestazioni dei tolleranti e adoratori di ponti contro il nome…».
Quanto previsto da Vik van Brantegem il 21 luglio 2020 sé puntualmente avverato due settimane dopo, come ha riferito in un post Facebook del 6 agosto 2020:
«Inaugurazione del nuovo Ponte San Giorgio di Genova. Prima del taglio del nastro da parte del Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, con il Sindaco di Genova Marco Bucci e il Governatore della Liguria Giovanni Toti, la benedizione dell’Arcivescovo di Genova Mons. Marco Tasca.
Occasione da non perdere per manifestare puro odio anti-religioso e anti-cristiano da parte dell’UAAR-Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti: “@UAAR_it Aug 3 Italia, terzo millennio. Un capo religiose inaugura con un rito magico una struttura a uso della collettività. Sul nuovo ponte di Genova il vescovo invoca la protezione del suo dio per ‘noi figli che confidiamo in te’ e quella di Maria Regina della Guardia che veglia sulla valle”.
L’UAAR è quella compagine cristianofobica che lancia appelli come questo: “Vuoi darci una mano a sollecitare Governo e Parlamento per l’approvazione di una legge seria ed efficace contro l’omofobia e la transfobia? Unisciti a noi e firma questa petizione!”».
Il nuovo ponte-viadotto autostradale Polcevera di Genova si chiama ufficialmente “Genova-San Giorgio”, anche se San Giorgio non è il santo patrono della città, che è San Giovanni Battista, le cui reliquie sono conservate nella cattedrale dedicata a San Lorenzo. A chi si meraviglia per queste stranezze dei tre senti, i Genovesi rispondono:
«Che vuole… Noi Genovesi siamo parsimoniosi in tutto, ma sui santi protettori preferiamo non risparmiare. Maniman [Non si sa mai]».
Il legame di Genova con i suoi tre santi ha per ciascuno una propria ragion d’essere storica e popolare. Quindi, nel momento in cui si è chiesto ai cittadini di suggerire un titolo per il nuovo ponte-viadotto di Renzo Piano, i nomi dei santi suddetti sono stati variamente proposti. Se alla fine ha prevalso San Giorgio non è certo per motivi di maggiore venerazione religiosa, bensì storico-politici o ancor più di orgoglio cittadino. E vai a spiegarlo ai cristianofobici dell’UAAR…
In realtà, la Città di Genova è profondamente legata al cavaliere che uccise il drago. Nonostante il patrono della città sia San Giovanni Battista, che protegge le navi dalle tempeste in mare, la popolarità di San Giorgio risale all’epoca delle Crociate.
L’uso del vessillo da parte dei Genovesi pare risalire ad epoche remote, quando l’esercito bizantino stanziava nella città e il vessillo della guarnigione (una croce rossa in campo bianco) veniva portata in omaggio nella piccola chiesa di San Giorgio.
La simbologia del “Salvifico vessillo della vera croce”, come l’Arcivescovo di Genova Jacopo da Varazze indicò la croce di San Giorgio, fu una variante del Vexillum Sancti Petri che determinò nel medioevo, per i pellegrinaggi armati, l’appellativo di Crociati. La Croce di San Giorgio venne quindi scelta come simbolo dei pellegrini che si recavano presso i luoghi santi del Cristianesimo e che dopo il 1095, anno di conquista di Gerusalemme da parte dei Turchi selgiuchidi, mossi in gran parte da spirito sincero di missione, decisero di prendere la croce ed armarsi per liberare la terra ove nacque e visse Gesù Cristo, in risposta ai ripetuti attacchi subiti dai Turchi, decisi, una volta soverchiati gli Arabi, a spingersi alla conquista dell’impero Bizantino. Nel 1099 fu adottata da Goffredo di Buglione a seguito della presa di Gerusalemme in onore delle forze genovesi (Praepotens Genuensium Praesidium) al seguito di Guglielmo Embriaco che giunti dopo un lungo assedio risolsero le sorti della battaglia con un contributo decisivo nella conquista della Città Santa. Per questo i Genovesi sono molto legati a questo santo, che apparve proprio al termine della battaglia nella quale il loro intervento era stato decisivo, tanto da adottare la croce di San Giorgio – rossa su fondo bianco – come vessillo della Repubblica di Genova ed è tuttora presente nel gonfalone ufficiale del Comune e in quello della Regione.
Quindi, la fama di San Giorgio Megalomartire e il suo vessillo circolarono in tutta Europa durante le Crociate. La bandiera, storicamente utilizzata dalla Repubblica di Genova, aveva un valore di difesa automatica. La flotta genovese era così potente, che si dice bastasse mostrare le insegne da lontano per evitare gli scontri in mare e gli assalti di pirati. Risulta documentato, che nel 1190 l’Inghilterra avesse ottenuto l’uso della bandiera per la propria flotta militare, ma in cambio di un tributo annuale da pagare alla Repubblica di Genova. Poi dal 1277, a causa del suo uso sempre più diffuso, la croce di San Giorgio è diventata la bandiera ufficiale dell’Inghilterra, della città di Londra e della Royal Navy.
La croce di San Giorgio divenne simbolo nel corso del medioevo anche della Lega Lombarda, che la adoperò come vessillo, probabilmente ispirandosi al gonfalone del Comune di Milano. Si trova anche nella bandiera, tra altri, della Giorgia e della Sardegna, di altri Stati e di molti comuni nel mondo.
Ci scrive l’amico libanese Prof. Camille Eid: “San Giorgio è il santo patrono di Beirut. La baia di San Giorgio, alla foce del fiume Beirut, è così chiamata perché la tradizione locale la identifica come il luogo in cui egli uccise il drago per salvare la figlia del re della città. Un’icona dorata del Santo è conservata nella cattedrale greco-ortodossa di Beirut. La cattedrale principale maronita della capitale libanese porta anch’essa il nome del santo, così come li storico Hotel Saint Georges di Beirut e il rinomato centro ospedaliero Hôpital Saint-Georges”.
I cristianofobici dell’UAAR di tutto ciò se ne faranno una ragione. Volens nolens.