Vogliono ridurre al silenzio Pro Vita & Famiglia. Femminista contro Ddl liberticida Zan. Richiesta della più grande rete globale arcobaleno: abbassare età consenso sessuale per minori
Negli ultimi giorni il sito di Pro Vita & Famiglia è stato bersagliato da massicci attacchi informatici (DDoS) da parte di hacker, provenienti persino da IP cinesi. È evidente che qualcuno vuole tappargli la bocca: non è un caso che questi attacchi siano arrivati proprio mentre cercavano di puntare i riflettori sui gravi pericoli del Disegno di legge liberticida Zan sull’omotransfobia.
A causa della posizione fortemente critica di Pro Vita & Famiglia contro il Disegno di legge liberticida Zan, che intenderebbe imporre l’ideologia di genere ai nostri figli, anche il noto rapper Fedez è sceso in campo contro Pro Vita & Famiglia: Fedez ha cercato addirittura di screditare il Vicepresidente di Pro Vita & Famiglia, Jacopo Coghe, attribuendogli falsità e scatenando – come era prevedibile – gli insulti di migliaia dei suoi follower…
Il noto rapper, sul suo profilo Instagram, ha infangato pubblicamente l’immagine di Jacopo sulla base di una clamorosa “fake news”, attribuendogli affermazioni e pensieri che non aveva mai espresso (anzi, il Vicepresidente dell’associazione si era rivolto con molto rispetto al cantante). I seguaci di Fedez hanno coperto Jacopo di insulti e minacce…
Lo stesso Fedez ha fortemente spinto per l’approvazione del Disegno di legge liberticida Zan sull’omotransfobia, ospitando proprio il deputato Zan durante una diretta social che ha avuto oltre un milione di visualizzazioni…
È necessario reagire subito a tutti questi attacchi e Pro Vita & Famiglia è sul punto di realizzare alcune importanti iniziative per difendersi e agire contro un Disegno di legge ideologico, che rischia di essere approvato al Senato:
– Azioni legali contro gli attacchi subiti (compreso contro quello di Fedez).
– Invio di uno studio ai senatori in cui vengono spiegate tutte le criticità e i pericoli del Disegno di legge Zan.
– Distribuzione di un rapporto contenente innumerevoli casi di persone perseguitate per le proprie idee o convinzioni religiose o educative, in Paesi dove sono già in vigore leggi simili al Ddl Zan.
– Allargamento dell’opera di informazione e formazione quotidiana sul sito di Pro Vita & Famiglia, espandendo i mezzi di comunicazione (inizia tra poco il Podcast di Pro Vit & Famiglia).
Dopo il vergognoso attacco, il Vicepresidente Jacopo Coghe si è rivolto a Fedez scrivendogli:
«È questo il modo in cui intendi il tuo ruolo pubblico? Esporre altri al pubblico ludibrio? Sarebbe stato già gravissimo se fosse accaduto per opinioni realmente espresse, ‘colpevoli’ di essere diverse dalle tue; invece è accaduto per qualcosa di totalmente inventato e offensivo che tu hai rilanciato sul mio conto.
Questo non dimostra chiaramente come chi si riempie la bocca di principi come “rispetto”, “tolleranza” e “pluralismo”, in realtà, ha in mente tutt’altro? Pratica tutt’altro?
Lo stesso discorso vale per il Ddl Zan, ed è il motivo per cui sono fermamente contrario a quel Ddl: dietro la retorica dei diritti di facciata si nasconde (male) l’intenzione brutale e totalitaria di perseguire e punire chiunque osi dissociarsi dai dogmi Lgbt su temi come la sessualità, la famiglia, la filiazione, l’educazione nelle scuole».
In effetti, il disegno di legge Zan sull’omotransfobia, col pretesto di proteggere persone omosessuali e transessuali (che sono già giustamente tutelate dalla legge):
– imporrebbe gli ambigui e ideologici concetti di genere e identità di genere, per cui si è “uomo” e “donna” in base ad una soggettiva percezione, non in base al sesso biologico;
– perseguirebbe penalmente qualsiasi opinione interpretabile come “istigazione alla discriminazione” sulla base del genere, orientamento sessuale o identità di genere (anche sostenere che i bambini hanno diritto a crescere con mamma e papà potrebbe essere ritenuto “discriminatorio”);
– violerebbe la privacy e la sicurezza delle donne in quanto vieterebbe di escludere i “maschi transgender” dagli ambiti tipicamente riservati alle femmine (bagni, spogliatoi, sport femminili, ecc.);
– istituirebbe la “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”, in occasione della quale sarebbero introdotti progetti gender nelle scuole.
La lettera di una femminista contro il ddl Zan
di Manuela Antonacci
Non fa certo onore all’onorevole Alessandro Zan, relatore del ddl sull’omotransfobia che tanto sta facendo discutere e suscitare clamori, la lettera aperta di una giovane femminista che sta girando sulla rete, in cui la donna mostra sconcerto per il comportamento di chiusura adottato dal deputato, di fronte alle richieste di dialogo, giunto dal mondo femminista, sulle criticità contenute nel ddl.
“Con ogni mezzo (social, email) abbiamo cercato di interloquire con Alessandro Zan, primo firmatario del ddl sull’omobitransfobia, misoginia e abilismo già approvato alla Camera e in attesa di esame al Senato. Lo abbiamo invitato a partecipare a un confronto Zoom per esporgli le nostre ragioni e ascoltare le sue. Gli abbiamo proposto interviste da pubblicare sulla stampa quotidiana. Zan non ha mai dato il minimo cenno di riscontro e questo è piuttosto grave per un parlamentare eletto che per legiferare correttamente sarebbe tenuto a verificare i suoi convincimenti su una questione tanto importante, ascoltando ciò che ne hanno da dire le sue concittadine: ignorare le donne, non dare importanza a quello che hanno da dire è il primo sprezzo misogino, ed è preoccupante che questo sprezzo venga manifestato proprio da chi -unilateralmente- ha deciso che la “sua” legge costituisca un presidio anche contro la misoginia”.
Una vera e propria contraddizione in termini, quella per cui si sceglie di ignorare proprio l’appello di una delle categorie che a parole, si dichiara di voler proteggere, addirittura con una legge.
Zan, come afferma l’autrice della lettera, ha deciso di confrontarsi solo con quelli che la pensano come lui e quindi si è organizzato un grand tour con influencer, cantanti e personaggi dello showbiz che si sono limitati a fare gli yesman, senza conoscere davvero il testo della legge.
In più, come afferma la giovane attivista di RadFem, l’opposizione al ddl Zan, non è una mera questione politica: non è necessario appartenere ad uno schieramento politico per temere e osteggiare questo disegno di legge “Noi non siamo la destra sovranista e omofoba italiana, noi non siamo Giorgia Meloni, Simone Pillon o Matteo Salvini. Siamo donne che quotidianamente combattono per altre donne, per chi non ha voce, e pretendiamo che venga dato ascolto anche a noi, o che almeno si provi a creare un dibattito civile. Ci sono diversi punti che riteniamo vadano modificati nel ddl ma, principalmente, ci preoccupa il concetto di identità di genere. Da mesi continuiamo a ribadire che il concetto alla base dell’ideologia dell’identità di genere sia incredibilmente nocivo per le donne, eppure continuiamo ad essere ignorate”.
Ed è noto che le femministe si stanno battendo in modo tenace contro la nuova, disastrosa “visione antropologica” che deriva dall’ideologia gender, con tutte le conseguenze nefaste legate ad essa: utero in affitto, ormoni bloccanti della pubertà, ma anche deprivazione dei privilegi e delle peculiarità legate alla donna in quanto biologicamente tale. “Chiediamo che queste considerazioni, e molte altre, vengano tenute in considerazione e che ci venga dato spazio per un dibattito costruttivo che tenga conto di quello che le donne hanno da dire su questo ddl, senza voler minare i sacrosanti diritti che questo ddl si pone di tutelare, ovvero combattere omofobia, transfobia, abilismo e misoginia. Per favore, ascoltateci.
La sinistra si spacca e nasce il fronte anti-ddl Zan
La legge contro l’omotransfobia spacca il mondo politico, sia a destra che a sinistra. Nel centrodestra, infatti – da sempre contrario al ddl Zan – sono spuntate fuori alcune voce a favore del disegno di legge, anche se isolate, come il governatore leghista del Veneto Luca Zaia o alcuni esponenti di Forza Italia.
Nel centrosinistra, invece, la spaccatura sembra più ampia, soprattutto di chi è contrario alla legge e al testo attualmente in discussione. Personalità del femminismo, intellettuali, pesino esponenti di Arcilesbica e del mondo Lgbt hanno infatti sottoscritto un documento in cui si chiede di “cambiare il ddl Zan”, perché confuso e ideologico. “È una legge scritta male che porta a interpretazioni e applicazioni controverse” viene scritto.
Tra i nomi più eclatanti di chi ha sottoscritto questa sorta di contro-manifesto, come riporta Repubblica, anche Alessandra Bocchetti, la regista Cristina Comencini, Emma Fattorini, l’ex parlamentare dem Teresa Armato, Francesca Izzo, il consigliere regionale lombardo del Pd Fabio Pizzul, lo storico Beppe Vacca, l’ex sindacalista Giorgio Benvenuto, alcuni esponenti di Italia Viva, Aurelio Mancuso, ex presidente di Arcigay e capofila delle battaglie omosex.
Secondo una larga fetta della sinistra italiana, quindi, la legge Zan si è trasformata “in una proposta pasticciata, incerta sul tema della libertà d’espressione, offensiva perché introduce l'”identità di genere”, termine divenuto il programma politico di chi intende cancellare la differenza sessuale per accreditare una indistinzione dei generi”. Il “contro manifesto” della sinistra ha raggiunto oltre 250 firme.
La richiesta choc della più grande rete globale Lgbt: abbassare età del consenso sessuale per minori
di Giuliano Guzzo
I «diritti civili» sono una sorta di pozzo di San Patrizio: non se ne vede mai il fondo, in questo caso purtroppo. Più un ordinamento ingloba e riconosce «diritti civili», infatti, più ne saltano fuori o ne vengono rivendicati di nuovi, talora anche decisamente discutibili. Prova ne sia un nuovo, sinistro documento di ILGA, la più grande rete globale Lgbt, che, ad un quarto di secolo dalla Conferenza Mondiale sulle Donne di Pechino – che introdusse i principi di empowerment e mainstreaming, affermando come valore universale il principio delle pari opportunità tra i generi e della non discriminazione delle donne -, ne chiede un aggiornamento tutto particolare.
ILGA, infatti, avanza una richiesta che nessuno, specie ultimamente, aveva mai considerato alla stregua d’una necessità: quella di abbassare l’età del consenso sessuale per le-i minori. Più precisamente, la richiesta è di «eliminare tutte le leggi che puniscono o criminalizzano le relazioni omosessuali, l’affermazione di genere […] o che limitano l’esercizio dell’autonomia del corpo, incluse le leggi che limitano il consenso legale degli adolescenti». Che dire: davvero una richiesta astuta dal momento che è mescolata insieme ad altre, così da apparire meno impattante. Eppure, al tempo stesso, quell’«incluse le leggi che limitano il consenso legale degli adolescenti» lascia ben poco spazio ad interpretazioni.
Curiosamente, le prime voci critiche contro questa richiesta da parte di ILGA non son venute da sigle pro family, cattoliche o conservatrici; tutt’altro. Ad alzarsi in piedi, non senza una certa indignazione, son infatti state sigle arcobaleno – come Lgb Alliance – e femministe, con in particolare il femminismo gender critical che si sta mobilitando contro questa proposta abusivamente presentata come istanza anche «femminista». In effetti, che in questa fase storica ci si attivi per l’abbassamento dell’età del consenso sessuale per le-i minori solleva parecchie perplessità.
«Questa richiesta può piacere ai predatori sessuali, non alle femministe», ha commentato il proposito la scrittrice femminista Marina Terragni, con parole dure ma difficili da non sottoscrivere. Un tempo, a ben vedere, c’era chi ipotizzava che l’approdo finalmente di certe rivendicazioni sarebbe stata la pederastia: ma veniva liquidato come un allucinato in preda ad ossessioni senza fondamento. Non siamo ancora a simili scenari, anche se la richiesta di abbassare l’età del consenso sessuale per le-i minori non si allontana di moltissimo, realizzando quelle che un tempo passavano per semplici provocazioni.
Quando lo scrittore Aldo Busi, dichiaratamente omosessuale, nel corso di una puntata del Maurizio Costanzo Show – si era nel 1996 – disse che non vedeva «nulla di scandaloso se un ragazzino di 13 anni viene masturbato da una persona adulta», suscitò infatti scandalo. In molti, del resto, credevano che quella fosse una esagerazione, più che un pensiero serio. Eppure le richieste odierne di ILGA fanno passare quelle – e molte altre – come parole profetiche su quello che sarebbe accaduto un giorno, molti anni dopo. Ebbene, quel giorno pare proprio arrivato e a noi, ora, spetta la possibilità di continuare ad esercitare uno spirito critico – ancorato ai valori non negoziabili, primo tra tutti l’interesse dei bambini – oppure di assecondare passivamente la giostra dei «nuovi diritti». Che, per quanto sia colorata, ha sembianze sempre meno rassicuranti…