Maternità surrogata. Violenza su donne e bambini. Inumana pratica, illegale in Italia

Condividi su...

I diritti dei bambini sono gli stessi diritti degli adulti. Tali diritti devono essere rispettati e dagli adulti devo essere fatti rispettare. Ogni essere umano ha il diritto di vedere realizzati i propri sogni, ciò non può avvenire, se vengono calpestati i diritti di altri esseri umani. A questo proposito un ruolo importante lo svolgono i mass-media e la giornalista Monica Ricci Sargentini ne sa qualcosa.

Nel suo intervento al Convegno nell’Aula Magna dell’Università Lumsa di Roma (per riflettere sulla pratica della maternità surrogata, cioè la gestazione per conto di altri, che si va diffondendo in Europa e nel mondo) Ricci Sargentini definisce astratto il modo di comunicare sul tema. Riguardo alla maternità surrogata viene fatta passare l’idea del dono. Vengono presentate madri surrogate felici. Sull’utero in affitto non si dice la verità. “Scarsa e di parte l’informazione sui media”, sostiene Ricci Sargentini ai microfoni di Vatican News: “Non si dice ad esempio quanto è stato pagato non diciamo mai cosa succede quando le cose vanno male, quante madri surrogate si ritrovano sole. Il bambino poi viene totalmente cancellato. Il trauma che non infliggiamo ai cuccioli di cani e gatti, quando nascono e li facciamo stare con la mamma almeno tre mesi, ai bambini, ai cuccioli d’uomo lo infliggiamo senza nemmeno pensarci un attimo” – prosegue la giornalista – questo tipo di narrazione viene imposta perché questa pratica deve diventare digeribile al grande pubblico in modo che si possa espandere in tutto il mondo. Ovviamente questo è difficile. Infatti, è stata legalizzata solo in 18 Paesi su 206 e ci sono tante persone come gruppi di femministe, i movimenti anche lesbici, omosessuali, i movimenti cattolici, che si oppongono in tutto il mondo. Però non hanno risorse, non hanno i soldi che hanno queste lobby qui, perché parliamo di un business di miliardi di dollari. Una gravidanza surrogata in America costa 130, 160 mila dollari” [QUI].

“Io, lesbica, dico: fermatevi, l’utero in affitto è un business che sfrutta le donne”. “Cari compagni gay, vi invitiamo a non festeggiare la cancellazione della madre”. Daniela Danna, sociologa ed esponente della comunità Lgbt, contesta la sentenza di Trento: “Non è accettabile cancellare la madre biologica per legge”. Appello alle coppie gay che rivendicano il diritto al figlio: “Dovrebbero riflettere meglio su cosa significa questo supposto diritto per noi donne, che ne deduco avremmo il dovere di fornire bambini”. E spiega: “Non esiste una maternità surrogata ‘altruistica’, per non chiamare questo istituto giuridico con il suo nome, cioè un commercio di bambini, si finge che le donne non siano retribuite in quanto riceverebbero solo un ‘rimborso spese’” [QUI].

Non può essere riconosciuto nell’ordinamento italiano un provvedimento straniero che riconosca il rapporto di genitorialità tra un bambino nato in seguito a maternità surrogata e il genitore “d’intenzione”. Secondo le Sezioni unite della cassazione, tale riconoscimento troverebbe infatti ostacolo insuperabile nel divieto di surrogazione di maternità, previsto dall’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità della gestante e l’istituto dell’adozione.

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno enunciato il seguente principio: Il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante ricorso alla maternità surrogata ed il genitore d’intenzione munito della cittadinanza italiana trova ostacolo nel divieto della surrogazione di maternità previsto dall’ordinamento italiano (Corte Costituzionale, 10 marzo 2021).

Il Consiglio d’Europa boccia la maternità surrogata [QUI].

I diritti garantiti dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia [QUI] sono raccolti in un documento onnicomprensivo senza distinzioni, né suddivisioni, perché ogni articolo è da considerarsi di uguale importanza, indivisibile, correlato agli altri e interdipendente. La Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia è stato il primo strumento di tutela internazionale a sancire nel proprio testo le diverse tipologie di diritti umani: civili, culturali, economici, politici e sociali, nonché quelli concernenti il diritto internazionale umanitario. Il testo contiene anche articoli rivolti alla protezione contro l’abuso e lo sfruttamento e si impegna a far sì che il bambino faccia valere il proprio pensiero.

Il primo articolo con cui si apre il documento recita «ai sensi della presente Convenzione si intende per bambino ogni essere umano avente un’età inferiore ai 18 anni» e prosegue mettendo in luce dibattiti e compromessi riguardo alla protezione del bambino prima della nascita.

Gli articoli della Convenzione possono essere raggruppati in quattro categorie in base ai principi guida che informano tutta la Convenzione:
1. Principio di non discriminazione: sancito all’art. 2, impegna gli Stati parti ad assicurare i diritti sanciti a tutti i minori, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione del bambino e dei genitori;
2. Superiore interesse del bambino: sancito dall’art. 3, prevede che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, l’interesse superiore del bambino deve essere una considerazione preminente;
3. Diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo: sancito dall’art. 6, prevede il riconoscimento da parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino e l’impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sopravvivenza e lo sviluppo;
4. Ascolto delle opinioni del bambino: sancito dall’art. 12, prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i procedimenti che li riguardano, soprattutto in ambito legale. L’attuazione del principio comporta il dovere, per gli adulti, di ascoltare il bambino capace di discernimento e di tenerne in adeguata considerazione le opinioni. Tuttavia, ciò non significa che i bambini possano dire ai propri genitori che cosa devono fare. La Convenzione pone in relazione l’ascolto delle opinioni del bambino al livello di maturità e alla capacità di comprensione raggiunta in base all’età.

“La ‘gestazione per altri’, ha sottolineato Daniela Bandelli, rappresenta un nuovo modo di venire al mondo, appunto di nascere, che si sviluppa attraverso relazioni inedite tra genitori biologici, donne surroganti, medici e agenzie. E il Convegno intendeva proprio richiamare l’attenzione sulle ricadute, in termini sociologici, bioetici e psicologici, che la gestazione surrogata ha sui bambini, sulla generazione di domani e sulle donne surroganti. Dall’indagine che sta portando avanti emerge chiaramente che la maternità surrogata è una pratica inumana – ci dice la Bandelli – e spiega che oggi esistono sostanzialmente due posizioni: quella di chi chiede la sua abolizione totale e quella che ne chiede una regolamentazione, auspicando leggi globali che valgano per tutti i Paesi. Ma perché cercare di regolare ciò che non è un bene? – si domanda” [QUI].

La vera soluzione all’infertilità è l’adozione. Nel suo intervento Laura Palazzani osserva come ancora oggi nella nostra società permanga lo stigma dell’infertilità, una condizione difficile da confessare. E insieme ci sia una sorta di mistica della maternità che prevede che ogni donna debba essere in grado di generare. La vera soluzione all’infertilità, dice, è l’adozione, in diminuzione da quando si pratica la maternità assistita. in Italia è vietata quella surrogata, ma la legge italiana non punisce chi va all’estero e riconosce poi il figlio che nasce in questo modo. Si sviluppa il turismo procreativo. È importante, conclude, formare e informare l’opinione pubblica perché ci sia consapevolezza critica su queste problematiche.

Il 14 settembre 2020, l’Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie (ANFAA) osserva che l’istituto dell’adozione, disciplinato dalla legge n.184 del 1983, realizza il diritto del minore ad avere una famiglia, nell’ambito di un procedimento che impone una previa rigorosa verifica dell’idoneità dei genitori affidatari e adottivi e nel quadro di un sistema che prevede severe sanzioni penali a presidio del rispetto delle procedure di adozione. La maternità surrogata, non imponendo alcuna verifica sull’idoneità degli aspiranti genitori e consentendo una sorta di compravendita del minore, attuata attraverso lo sfruttamento delle madri gestazionali, sarebbe invece fenomeno assimilabile al traffico di minori, come tale meritevole di essere disincentivato e represso [QUI].

Anche l’Associazione Amici dei Bambini (Ai.Bi.), l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e l’Associazione Famiglie per l’Accoglienza ritengono che la repressione penale della maternità surrogata non sia contraria all’interesse del minore, ma intenda, al contrario, tutelarlo, proteggendo la relazione con la madre, che, invece, la surrogazione mira intenzionalmente a interrompere. L’interesse del minore si realizzerebbe attribuendo la maternità a colei che partorisce e affidando – nel solo caso di abbandono del minore, o di incapacità della famiglia d’origine a garantirne la cura – all’adozione, attuata con le garanzie del procedimento giurisdizionale e previa puntuale verifica dell’idoneità degli aspiranti genitori adottivi, la realizzazione di una genitorialità disgiunta dal dato biologico.

Tali elementi di garanzia per il minore sarebbero assenti nella surrogazione di maternità, la cui legittimazione – tramite il riconoscimento dello status filiationis costituito all’estero mediante il ricorso a detta pratica – rischierebbe di indebolire «la capacità del corpo sociale ad apprestare sostegno, tramite gli istituti dell’affidamento e della adozione, a minori che risultano privi di una adeguata famiglia di origine».

La Corte costituzionale si è recentemente espressa in termini analoghi, osservando che la pratica della maternità surrogata «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane» (sentenza n. 272 del 2017). A tale prospettiva si affianca l’ulteriore considerazione – su cui pongono l’accento anche l’Avvocatura generale dello Stato e una parte degli amici curiae – che gli accordi di maternità surrogata comportano un rischio di sfruttamento della vulnerabilità di donne che versino in situazioni sociali ed economiche disagiate; situazioni che, ove sussistenti, condizionerebbe pesantemente la loro decisione di affrontare il percorso di una gravidanza nell’esclusivo interesse dei terzi, ai quali il bambino dovrà essere consegnato subito dopo la nascita. Tali preoccupazioni stanno verosimilmente alla base della condanna di «qualsiasi forma di maternità surrogata a fini commerciali», espressa dal Parlamento europeo nella propria Risoluzione del 13 dicembre 2016 sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea nel 2015 (2016/2009-INI) (paragrafo 82).

Gli interessi del minore dovranno essere allora bilanciati, alla luce del criterio di proporzionalità, con lo scopo legittimo perseguito dall’ordinamento di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, penalmente sanzionato dal legislatore; scopo di cui si fanno carico le sezioni unite civili della Corte di cassazione, allorché negano la trascrivibilità di un provvedimento giudiziario straniero, nella parte in cui attribuisce lo status di genitore anche al componente della coppia che abbia partecipato alla surrogazione di maternità, senza fornire i propri gameti.

La scelta del legislatore italiano di non equiparare unioni civili e matrimonio, per quanto concerne la filiazione, riposerebbe sull’esigenza di fornire adeguata tutela ai “best interests” del minore e si collocherebbe pienamente nel solco della giurisprudenza costituzionale, che ha da un lato escluso che l’aspirazione al riconoscimento giuridico dell’unione omosessuale possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione al matrimonio (sentenza n. 138 del 2010), e dall’altro lato ha posto l’accento sull’«elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento riconnette alla surrogazione di maternità» (sentenza n. 272 del 2017).

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza N. 12193 del 2019 afferma che non può essere trascritto in Italia il provvedimento straniero che ha riconosciuto il rapporto genitoriale al componente della coppia gay che non ha preso parte alla procreazione medicale assistita. Ciò non soltanto perché tale pratica in Italia è vietata ma anche perché, in questo caso, nel bilanciamento di interessi, a prevalere non è l’interesse del minore ma la dignità umana della gestante e l’istituto dell’adozione. Il genitore d’intenzione, per tale intendendosi quello che non ha un legame biologico con il bambino, può infatti, in alternativa, ricorrere all’istituto dell’adozione in casi particolari se desidera un riconoscimento legale del suo ruolo [QUI].

Gambino: tema sociale aberrante. “Il Capo dello stato Mattarella ha ricordato che la violenza sulle donne può essere anche di tipo economico e psicologico, sullo sfondo c’è un tema sociale aberrante, donne che vengono a volte addirittura schiavizzate per prestarsi a questa pratica che consiste nel mettere un ovulo fecondato nel loro utero, farlo crescere per nove mesi e poi una volta nato il bambino sradicarlo dall’alveo naturale del seno materno per darlo alla coppia committente”, così il Presidente di Scienza e Vita spiega a Vatican News la brutalità della maternità surrogata [QUI].

151.11.48.50