Pensieri “sparsi” per i “mala tempora currunt” – 1
Oggi vi presento – in questa rubrica La Mente-Informa gestita da Valentina Villano – una selezione di alcuni pensieri “sparsi”, ma uniti tra loro da un filo a prima vista invisibile (ma “niente è più visibile di ciò che è nascosto”, disse Confucio), che lei mi ha donato nel tempo di un anno da pandemia e che ho condiviso sul mio diario Facebook.
Come si vedrà di seguito, anche se Valentina è stata assente in questo spazio, il tempo passato non è stato infruttuoso. Sono pensieri che lei ha maturato in questi tempi – mala tempora currunt sed peiora parantur – in cui è manifesta l’impreparazione mentale ed emotiva dell’essere umano nell’affrontare nella Vita personale le conseguenze devastanti di una pandemia. Impreparato a procedere come un essere pensante e non come un animale istintivo. Purtroppo, mentre gli animali non conoscono cattiveria e non sono capaci ad azioni diaboliche, gli umani invece sì, con cuore e menti spenti.
Se si legge bene i pensieri e se si riflette a fondo – i pensieri che mi dona Valentina lo richiedono sempre, non solo lettura ma riflessione, per capirne il senso – non è un invito al salto nel baratro o lanciarsi in un moto perpetuo, ma provocano a capire che ad ognuno è richiesto un impegno nella propria vita. Quindi, non un impegno in modo generale (“sociale”), ma di ognuno per quanto gli riguarda personalmente. Non sono stati scritti da lei e condivisi da me per raccogliere consensi, like, commenti, condivisioni come fanno gli “influencer”, ma offerti sulla strada della metacognizione (lo sforzo che ognuno è invitato a fare per arrivarci). Insomma, valgono come una medicina per contrastare la patologia dell’analfabetismo funzionale.
Auguro al lettore un salutare tuffo nel “Valentina pensiero”… e buona riflessione, soprattutto. Con l’auspicio che l’introspezione stimola il lettore a prendere la sua vita nelle proprie mani, auto-educandosi. Non perché, ma nonostante i brutti tempi che corrono, per poter affrontare come una quercia dei tempi peggiori che se ne preparano e non venir sradicato come un pino nella tempesta. Perché siamo tutti vulnerabili, anche le querce lo sono. Il termine vulnerabilità deriva dal latino vulnerare. Esprime l’idea della possibilità di essere feriti e rimanda, figurativamente, al senso di precarietà della condizione umana, segnata dalla realtà del limite, della debolezza, della dipendenza e del bisogno di protezione. I “giganti” non fanno eccezione, ma hanno sviluppati radici profondi, a differenza dei pini. Sii una quercia, non un pino. E “… fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” (Dante, Inferno XXVI, vv. 118-120).
Vik van Brantegem
1° marzo 2021
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Il pericolo di annientamento delle coscienze è elevato. Tutto ha origine dalla perdita di amore. L’essere umano si è deliberatamente anestetizzato all’amore e alle emozioni ed è per questo che è giunto nel baratro. Amare e sentire l’amore implica impegno e dedizione. Impegno troppo scomodo, faticoso, perché destabilizza certezze e schemi che pensiamo essere funzionali alla nostra vita. Ma altro non sono che insidie subdole. Purtroppo, per alcuni tale consapevolezza giunge troppo tardi; ed è per questo che noi non ci arrendiamo al compito di scuotere le coscienze dal torpore atrofizzante.
Le emozioni. Al tempo del Covid-19. L’essere umano ha una grande abilità: si chiama adattamento. Per cui, ora più che mai, dobbiamo lasciare andare le nostre rituali abitudini, per crearne di nuove. Questo richiede un grande sforzo da parte di tutti, ma è l’unico atto di vero amore a cui siamo chiamati.
Il distanziamento è indispensabile in questo periodo, ma ancor più indispensabile è rinnovare la connessione emotiva. Altrimenti, quando tutto questo passerà, ci ritroveremo in uno stato di allontanamento emotivo percependo gli altri come una minaccia o un nemico.
Ahhhhh… quanti intelligenti ci sono. Tutti asintomatici però!.
25 aprile, la festa della Liberazione spiegata ai bambini: “La semplicità è sottrarre ciò che ovvio ed aggiungere ciò che è significativo”.
La cosa più bella dopo ogni videoconferenza di Conte, sono alcuni post o commenti che impazzano su Facebook. È uno spettacolo senza precedenti… Ma ogni tanto quella famigerata componente e s’ sta zitt’, no eh? E quella è la superchiaria… per dirla alla maniera del grande maestro Eduardo!
La Scuola non è un parcheggio. Finché regna sovrano questo analfabetismo funzionale, è meglio che chiudiamo i battenti. La “partita” è persa.
La Scomodità!… Io la trovo una dimensione meravigliosa. È nella Scomodità che troviamo ancora la voglia di essere generativi, esplorativi. È nella Scomodità che non accettiamo il baratto tra la felicità e la sicurezza. Ricercate sempre le strade “scomode”, le scelte “scomode”, è lì che generiamo la nostra vera essenza.
La Libertà non ce la regala nessuno e costa molto, ma è l’unica vera battaglia che vale la pena di combattere, perché è l’unica ‘cosa’ importante della vita. È dalla Libertà che nasce l’essenza di ciascuno di noi. Ciò che siamo è direttamente proporzionale al nostro livello di libertà, mentale ed emotiva.
Analfabetismo funzionale. Non permettiamoci più di additare i giovani di oggi come “roba da scarto”. Ricordiamoci, piuttosto, che loro seguono l’esempio che vedono, l’esempio di una società adulta permeata di ottusità, freneticità, ancorata alla comodità. Freud 120 anni fa sosteneva che il problema dell’essere umano era il barattare la felicità con la sicurezza, la comodità. Ecco, siamo in discesa libera.
Il futuro Ministro dell’ancora obsoleta Istruzione; che sia un uomo o donna, di buona volontà; che sia entrato almeno una volta nella sua vita in una scuola; che non si occupi solo della trasmissione di discipline, bensì che dia merito e spazio a tutti quei docenti che in primis guardano negli occhi dei loro alunni e trasmettano il messaggio: “Tu per me sei importante!”. Oggi i ragazzi si sentono invisibili e inutili agli occhi di adulti, troppo presi da una frenesia inconcludente.
Nei mesi precedenti abbiamo assistito a slogan di grande effetto, scritti su lenzuola appesi ai balconi. “Ce la faremo”. “Andrà tutto bene”. ” Nulla sarà come prima”. Sull’ultima ho sentito il bisogno di riflettere e sono giunta alla conclusione, che da quando esiste l’umanità nulla è come prima. Poiché la vita è un continuo divenire, per cui nulla è uguale a come era un secondo prima e questo da sempre. Ragione per cui restano delle frasi retoriche giusto per obnubilare menti già stordite.
Nella scuola dell’infanzia – o come qualche politico ancora oggi osa chiamare, asilo, dimostrando la completa ignoranza in materia – si fanno percorsi progettati di coding. Personalmente vorrei insistere e resistere sulla plastilina e sul foglio e matita colorata. Onestamente, se vogliamo fin dalla tenera età educare alla costruzione della personalità, dobbiamo lasciare liberi i bambini di essere creativi. La tecnologia è meravigliosa, se usata quando serve. L’uso eccessivo e sconfinato di essa, porta ad un’atrofizzazione del cervello, che non essendo più allenato, sicuramente sarà ben manipolato.
Dicono che le persone intelligenti cambiano idea. Io dico che le banderuole al vento cambiano idea. Il coraggio di portare avanti le proprie idee, di battersi per ciò in cui si crede, di nutrire il pensiero, questo è intelligente. Il resto è noia, come diceva una nota canzone.
Il problema economico italiano, pandemia a parte, è e resterà la quantità smisurata di giovani che non studiano e non lavorano. Privarsi di migliaia di talenti e formare una classe dirigente senza alcuna competenza culturale e professionale è il vero disastro economico.
L’unico tradimento che gli esseri umani non tollerano in assoluto, è il tradimento in amore. Per tutti gli altri, c’è una propensione a mio avviso agghiacciante. Ci piace tradire una promessa, una parola data, una sfida iniziata, l’amicizia. Potrei continuare all’infinito. Credo che il vero tradimento è quello destinato a noi stessi. Tradire sé stessi. Da qui, poi, ne consegue il nostro modo di esistere, in un verso o nell’altro.
Modigliani scriveva in una lettera inviata ad un amico: “Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni”. In questa frase ci trovo l’essenza dell’essere umano. È importante la differenza tra dovere reale e etico. Il dovere reale – che è, addirittura, di gran lunga superiore al dovere etico – consiste nel preservare, che vuol dire custodire qualcosa che abbiamo già dentro di noi. Allora, noi passiamo una vita intera a rincorrere qualcosa che pensiamo sia “là fuori”, mentre non siamo in grado di capire che è tutto dentro di noi. Così, perdiamo di vista l’essenza della nostra vita. Modigliani non era scoraggiato dalla fatica del vivere. Per salvare i sogni che sono nascosti in ogni uomo. In una dedica sul ritratto di una modella scriveva: “La vita è un dono, dei pochi ai molti, di coloro che sanno e che hanno a coloro che non sanno e che non hanno”.
Conte è stato massacrato e ora a distanza di ore è prossimo alla beatificazione con successiva canonizzazione. Draghi ancora non ha detto una parola e già non piace. Che dite, proviamo a farlo col pongo un Presidente del Consiglio? Ne facciamo uno per ogni Italiano, così eroga tutti i bisogni possibili e impossibili.
È più confortevole educare, che essere educati. Ma nei rapporti interpersonali bisognerebbe essere sullo stesso piano, senza bisogno di competere o di denigrare l’altro perché è evidentemente più capace di noi. Ognuno ha delle caratteristiche, ha delle propensioni. La persona intelligente riconosce e prende il meglio da ognuno.
La Noia è uno degli stati d’animo più interessanti. Se non conosciamo la Noia, non possiamo gustare la felicità. La Noia è scomoda, perché ci fa sentire paradossalmente irrequieti. È dalla Noia che nascono le grandi idee. La Noia è sempre generativa. Lasciamoci annoiare per poi puntare all’infinito.
Dedicato alle mamme dei figli maschi, quale sono anche io. La mamma di un figlio maschio è una donna che dal primo istante deve aver metabolizzato il concetto di separazione. Questo maschietto che abbiamo tra le braccia, un giorno lascerà il nido per costruirsi la sua vita, come è giusto che sia. Dovrà chiamarci una volta al giorno, diversamente non abbiamo fatto un buon lavoro. Avrà una donna che dovrà amare e rispettare e la sua mamma insieme a lui. Perché noi, mamme di un figlio maschio, abbiamo la responsabilità e l’onore di educare un Uomo perbene. A breve deve farsi gli affari suoi, che non pensi mai a riversare sui suoi figli le frustrazioni, i bisogni mancati e le mille paturnie comuni alle mamme dei figli maschi.
Altri tempi? No, il tempo non potrà mai cambiare i valori importanti e non negoziabili. Il problema del nostro tempo è quello di non avere più modelli importanti e belli da seguire. Dilaga la paura di tutto. Non ci sposiamo più, perché abbiamo paura di condividere e costruire. La nostra è una cultura fondata sulla comodità e lo scarto. Basti pensare a quando si litiga e ci si lascia in un baleno, pensando di trovarne uno/una migliore. Tutto ciò che è intimo viene spettacolarizzato; grandi dimostrazioni, senza però neppure capire il senso; anelli di fidanzamento megagalattici nel vano tentativo di camuffare il vuoto emotivo, senza capire che una promessa si appone al cuore e non al dito. Manca l’aderenza alla realtà. Manca il coraggio di vivere la vita per ciò che è, non per come si idealizza.
Procediamo verso una meta che tanti rifuggono, la Vulnerabilità. La pandemia ci ha insegnato a guardare negli occhi alla nostra più intima fragilità. Vulnerabilità – a mio avviso – è una parola bellissima, consente all’essere umano di riappropriarsi della sua dimensione umana e questo induce a gestire meglio le nostre infinite paure. Non siamo solo forza e coraggio da ostentare necessariamente. Siamo Uomini e Donne che stringono una salda alleanza con la loro Vulnerabilità.
C’è una volontà precisa di uniformare tutti ad uno stato di sopravvivenza. La gente non deve più pensare, non deve più creare, non deve più criticare. Con un patto silente, pericolosissimo, non abbiamo più la facoltà di Vivere. Tutto ci viene posto in maniera comoda, purché restiamo fermi, semplici compratori di sopravvivenza. Ma la Vita è conquista, è intraprendenza, è lanciarsi nel vuoto, è generare di continuo. La Vita è uno slancio meraviglioso.
Se vogliamo avere una vita differente, dobbiamo ricercare i famosi “giganti”, dobbiamo puntare ai Grandi, non ai mediocri. Io nella mia intensa vita ho avuto l’onore, il privilegio di essere accanto a giganti. Non mi sono capitati per caso o per fortuna, no affatto. Li ho cercati spasmodicamente. La nostra vita si divide in due momenti significativi. Nel primo momento dobbiamo predisporre la nostra mente e il nostro cuore ad assorbire. Nel secondo momento dobbiamo restituire tutto ciò che abbiamo ricevuto, più di quello che abbiamo avuto. Solo allora possiamo pensare di aver vissuto una vita autentica e differente.
Valentina Villano
1° febbraio 2020-28 febbraio 2021
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Postscriptum
“… fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”
Nel Canto XXVI dell’Inferno, Dante fa una riflessione sull’ingegno e sul suo utilizzo. L’ingegno è un dono di Dio, ma per il desiderio di conoscenza può portare alla perdizione, se non è guidato dalla virtù cristiana. Tramite le parole di Ulisse, Dante fa capire che l’importanza della conoscenza non ha né età né limiti: gli affetti più grandi non sono riusciti a vincere nell’animo di Ulisse il desiderio di conoscenza. La celebre terzina (vv. 118-120) Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza è la sintesi del profondo pensiero di Dante, il quale considerava la ricerca e il conseguimento delle virtù e della conoscenza, cioè del sapere trascendente, la vera ragione dell’esistenza umana. L’ansia di ricerca e di conquista di umane cose, spinta all’estremo limite, che nella tradizione antica costituiva la peculiarità positiva dell’eroe omerico, in Dante diventa il peccato che condanna l’eroe per il fatto di aver disdegnato la vera conoscenza e di aver inutilmente vagato alla ricerca di cose vane, allontanandosi dalle virtù che rappresentano la natura umana superiore. Il racconto mostra dunque la debolezza dell’ingegno umano, abbandonato alle sue sole forze, privo della guida teologica della Grazia. Al “folle” viaggio di Ulisse si contrappone il viaggio “sacro” di Dante. Al modello umano e immanente del viaggio “orizzontale” di Ulisse, si contrappone il modello sovrumano e trascendente del viaggio “verticale” di Dante; il primo (di tradizione classica e “scientifica”) tende all’allargamento illimitato dei confini del conoscere, il secondo (di tradizione ebraico-cristiana e teologica) tende a cogliere il significato universale e spirituale della vita.
Vik van Brantegem
1° marzo 2021
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