Un uomo giusto come Giuseppe: il Papa ricorda il cardinale Glemp, il mediatore

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Nel 1983 Giovanni Paolo II lo nomina cardinale, e già aveva deciso che fosse lui il Primate di Polonia nominandolo arcivescovo di Gniezno e di Varsavia, arcidiocesi all’epoca unite in persona episcopi, rette quindi dal medesimo arcivescovo. Una anomalia perché Gniezno è la diocesi piramidale. E’ successo solo tre volte nella storia polacca, con August Hlond,  Stefan Wyszynski e Glemp. A lui Giovanni Paolo II affida il dopo Wyszyński, e lui, timido e riservato, per alcuni addirittura freddo, diventa il mediatore nella situazione esplosiva della legge marziale, della vicenda di Solidarnosc, nella Polonia che si prepara alla fine della Unione Sovietica.

“L’amore di Dio e della Chiesa- scrive Benedetto XVI nel suo telegramma all’arcivescovo di Cracovia Kazimierz Nycz, la premura per la vita e la dignità di ogni uomo hanno fatto di Lui un apostolo dell’unità contro la divisione,della concordia davanti allo scontro, della comune costruzione di un futuro felice sulla base delle passate, gioiose e dolorose esperienze della Chiesa e del popolo. Continuando l’opera del Cardinale Stefan Wyszyński, in costante comunione e legame spirituale con il Papa Giovanni Paolo II, con grande prudenza, risolveva tante questioni e problemi nella vita politica, sociale e religiosa dei Polacchi.”

Una storia lunghissima fino al 2009. Solo allora il cardinale lascia anche il titolo di Primate di Polonia, lasciando una eredità impegnativa. Negli anni deve imparare anche a gestire il problema dei sacerdoti implicati con il regime, i suoi nemici dicono lo sia anche lui. Alla fine nel 2006 Glemp accoglie Papa Benedetto XVI in Polonia. Non c’è più un regime, ma ci sono ancora delle ferite, il cardinale Glemp si concentra sulla pacificazione tra polacchi e tedeschi: “Un Papa tedesco viene come pellegrino di pace nella città che era stata distrutta dai suoi connazionali durante la Seconda guerra mondiale- dice in una intervista ad Avvenire-È il compimento grandioso di quel cammino di riconciliazione iniziato nel 1965 con la lettera dei vescovi polacchi che si rivolgevano ai confratelli tedeschi «perdonando e chiedendo perdono».” Ora la Polonia è parte dell’ Unione Europea, niente muri, niente blocchi.

La transizione ha visto lui, il cardinale di Wojtyla, alla guida della Chiesa, una Chiesa che “ha resistito molto bene al comunismo e non è stata spazzata via neppure dal consumismo.” E ancora una volta da mediatore aveva criticato i toni politici di Radio Maryja. “Non mi piace Radio Maryja quando mischia fede ed impegno politico. Ma bisogna riconoscere che dà voce ad una grande fascia della popolazione, critica con una mentalità falsamente progressista e che in genere non trova spazio nel mondo dei mass-media.” E dei suoi allora 25 anni come primate diceva: “Ho preso il posto del compianto cardinale Wyszynski in un momento drammatico: in Polonia si stava avvicinando la bufera dello stato di guerra e a Roma Giovanni Paolo II era ricoverato al Gemelli in seguito all’attentato. Ho sempre cercato di conservare la pace, difendendo Solidarnosc ma mettendo in guardia contro il rischio di una rivolta che avrebbe avuto esiti catastrofici. Giovanni Paolo II soffrì molto quando fu introdotto la stato di guerra nel 1981. Per lui era una ferita profonda, un’offesa alla dignità del popolo polacco. Per noi era una misura dolorosa, eppure non priva di qualche motivazione: in questo modo veniva evitato l’intervento militare sovietico. Non sapevamo che il comunismo era un colosso dai piedi d’argilla. Ma Papa Wojtyla l’aveva già capito, prima dell’89.”

Tra le vicende che hanno segnato la storia c’è stata anche la vicenda del sacerdote martire del regime, e oggi beato, Popieluszko. “Abbiamo assistito- disse all’epoca  del processo il cardinale- ad una ripresa della pericolosa abitudine di gettare fango contro la Chiesa nel suo complesso, attribuendo a sacerdoti e vescovi fatti calunniosi totalmente inventati”. Anni duri per la Chiesa cattolica, che, se pure sostenuta dal Papa di Roma, era sempre messa sotto accusa da un certo Occidente troppo sbilanciato a favore dell’ Urss. Nel 2008, in una intervista a 30 Giorni Glemp ricordava così la vicenda di padre Jerzy Popieluszko: “ Nella sua parrocchia, nell’ultima domenica del mese, si celebrava sempre una messa per la patria e le sue omelie avevano una certa risonanza. Popieluszko comunque non aveva toni particolarmente duri nei confronti delle autorità. C’erano altri sacerdoti certamente più aggressivi di lui. Ma lui aveva un grande seguito tra i giovani. Credo che su di lui si sia riversata tutta l’invidia e la rabbia, direi anche personale, di alcuni esponenti del regime. Penso ad esempio al capitano Grzegorz Piotrowski [l’omicida di don Popieluszko], che forse era particolarmente infastidito nella sua ambizione dalle parole dette da quello che lui riteneva un pretino. Nonostante le tante cose che sono state scritte e nonostante i processi, la storia di padre Popieluszko non è del tutto chiara: alcuni particolari sono oscuri…”

E perfino la scelta del suo successore a Varsavia è stata segnata dalla storia difficile della transizione del suo Paese dal regime alla libertà. Il fenomeno dei sacerdoti che collaboravano con il regime investe Stanislaw Wielgus designato a succedergli. Glemp sa che il problema in genere esite, ma anche che la stragrande maggioranza dei sacerdoti polacchi ha svolto la propria missione in modo ammirevole. Ma almeno un dieci per cento, sotto ricatto magari per questioni “ha ceduto ed è entrata in contatto con i servizi segreti e quindi nell’elenco dei cosiddetti collaboratori. Ma anche questi poveretti, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno compiuto atti che hanno danneggiato altri. Questo sistema di collaboratori in realtà non serviva tanto a carpire informazioni, quanto invece a ingenerare nella popolazione una specie di terrorismo psicologico, nel senso che si voleva dare l’impressione che il sistema avesse tutto sotto controllo e che tutti dovevano sentirsi controllati.”

E dice , qualcosa c’è ma “è stato condannato dai mass media senza che avesse la possibilità di difendersi.” Nella intervista a 30 Giorni racconta anche un episodio personale. “Anche a me, una sola volta, hanno proposto di diventare un informatore segreto sulle attività della Chiesa in cambio del passaporto per potermi recare all’estero. Mi sono decisamente rifiutato di ricevere il passaporto e sono rimasto a casa. Successivamente, quando sono andato all’estero insieme col primate Wyszynski, non mi hanno più cercato. Può essere che altri non abbiano avuto questa fermezza, e così risultano forse parecchi preti, poi diventati vescovi, che sono stati registrati come informatori. La Chiesa sta valutando con attenzione tutti questi casi.” Aggiunge a proposito di quei giorni del 2007: “Furono in effetti dei giorni drammatici. Evidentemente il buon Dio voleva così.”

Sia che la Polonia fosse nelle prime pagine giornali, oppure no il cardinale era parte del dibattito sociale e politico come grande mediatore. Negli ultimi tempi nonostante la malattia Glemp seguiva tutta l’attività della Chiesa del suo Paese, fino alla visita a Varsavia la scorsa estate del Patriarca Kirill della Chiesa ortodossa russa. Un altro momento storico con la firma insieme al presidente dell’ episcopato polacco, l’arcivescovo Jozef Michalek, di una lettera per la riconciliazione dei fedeli polacchi e russi.

 

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