“Sine glossa”

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Un articolo, in un giornale online – i vecchi professori avrebbero detto innominabile, non condividendone lo spirito e il contenuto [QUI] – ritorna con un titolo perentorio sul caso 60SA. A parlare in una intervista è il Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin, che – dopo un lungo silenzio – ha concesso una intervista al canale televisivo cattolico francese KTO, in cui ha trattato esplicitamente dei recenti scandali finanziari, che hanno investito la Santa Sede e la Segreteria di Stato di Sua Santità.

Tuttavia dal breve articolo non si desumono novità sostanziali nel merito, quindi niente di concreto ancora è dato sapere, se non per l’appunto i toni perentori di condanna, che immaginiamo appariranno alquanto odiosi ai diretti interessati e a chi abbia cuore la verità e il destino della chiesa cattolica.

Una notazione relativamente nuova tuttavia questo articolo a firma di Maria Antonietta Calabrò la dà: il Papa intende ritornare a un Vangelo sine glossa, in modo che l’acqua fresca del Vangelo possa arrivare con credibilità agli uomini.

Ma cosa significa sine glossa?

Con questa espressione ci si rifà direttamente alla Riforma protestante, allorquando si censurò la tradizione della Chiesa Cattolica Romana, per la quale si intendono i commenti alla Parola, detti e scritti dai Padri della Chiesa, fino a giungere ai medioevali San Tommaso, San Bonaventura.

Quel sine glossa insomma avvalorerebbe una lettura semplice da parte di ogni fedele del Vangelo a prescindere dalla esegesi della Chiesa. Ovvero dalla esegesi dei Dottori che hanno fondato non solo il cristianesimo, ma anche la Civiltà Occidentale.

Forse, il Santo Padre fa riferimento anche alle sue fantasiose interpretazioni della Parola, quali si sono evidenziate in precedenti mie note, una su tutte la enfasi su quel “siamo solo servi inutili” [Si salvi chi può! -25 dicembre 2020], Vangelo di Luca, in cui la affermazione non va intesa in termini assoluti e annichilitori, come lasciava intendere Francesco, nell’ennesimo tentativo di frustrare ogni umana dignità. Ma per l’appunto l’inutile era a significazione di non potere essere più disponibili dopo che si è fatto quanto dovuto, come si desume chiaramente dal testo [QUI].

Se intendere il Vangelo sine glossa significa riscriverlo, avremmo dei seri dubbi su questo metodo.

Ma quale era ed è il reale obiettivo del nuovo luteranesimo? Lasciamo al proposito parlare il grande Leone XIII nella lettera enciclica Aeterni Patris:

«Infatti gli uomini, che furono salvi in forza della verità, attraverso la verità si dovevano conservare; né sarebbero durati a lungo i frutti delle dottrine celesti, donde derivò all’uomo la salute, se Cristo Signore non avesse stabilito un indefettibile magistero per erudire le menti nella fede. E poiché, come ammonisce l’Apostolo, è facile che “tramite la filosofia e la vana fallacia” (Col 2,18) le menti dei fedeli siano tratte in inganno e che si corrompa in essi la purezza della fede, perciò i Pastori supremi della Chiesa ritennero sempre loro dovere far progredire con tutti i mezzi anche la vera scienza, e nel tempo stesso provvedere con particolare vigilanza che secondo la norma della fede cattolica fossero dovunque insegnate tutte le umane discipline, ma specialmente la filosofia, da cui dipende in gran parte la diretta ragione di tutte le altre scienze.
Noi certamente non attribuiamo alla filosofia umana tanta forza e tanta autorità fino a stimare che essa sia in grado di tenere lontani e sterminare tutti gli errori; infatti come, quando fu da principio stabilita la religione cristiana, toccò in sorte al mondo di essere ridonato alla primitiva dignità per l’ammirabile lume della fede, diffuso “non con le parole persuasive della umana sapienza, ma con la dimostrazione dello spirito e delle virtù” (1Cor 2,4), così anche al presente si deve aspettare innanzi tutto dall’onnipotente virtù e dall’aiuto divino che le menti dei mortali, sgombrate le tenebre degli errori, rinsaviscano. Ma non sono da disprezzare, né da trascurare gli aiuti naturali benignamente somministrati all’uomo dalla divina sapienza, la quale con efficacia e soavità dispone di tutte le cose: fra tali aiuti è certamente principale il retto uso della filosofia.
Per la verità, sopra tutti i Dottori Scolastici, emerge come duce e maestro San Tommaso d’Aquino. Egli distinse accuratamente, come si conviene, la ragione dalla fede; ma stringendo l’una e l’altra in amichevole consorzio, di ambedue conservò interi i diritti, e intatta la dignità, in modo che la ragione, portata al sommo della sua grandezza sulle ali di San Tommaso, quasi dispera di salire più alto; e la fede difficilmente può ripromettersi dalla ragione aiuti maggiori e più potenti di quelli che ormai ha ottenuto grazie a San Tommaso.
Altri, infine, non dubitarono di proporlo alle Accademie e ai grandi Licei quale esempio e maestro da seguire a piè sicuro. A conferma di questo Ci sembrano degnissime di essere ricordate le seguenti parole del Beato Urbano V all’Accademia di Tolosa: “Vogliamo, e in forza delle presenti vi imponiamo, che seguiate la dottrina del Beato Tommaso come veridica e cattolica, e che vi studiate con tutte le forze di ampliarla”. Successivamente Innocenzo XII, nella Università di Lovania, e Benedetto XIV, nel Collegio Dionisiano presso Granata, rinnovarono l’esempio di Urbano».

Al proposito nel nostro ultimo editoriale [Ingredere ut adores! – 20 gennaio 2021] abbiamo evidenziato la lode di Tommaso portata da Giovanni Paolo II all’Università di Perugia nel lontano 1986.

«Gli stessi Concili Ecumenici, nei quali risplende il fiore della sapienza raccoltovi da tutto l’universo, si adoperarono per onorare in modo singolare Tommaso d’Aquino. Nei Concili di Lione, di Vienna, di Firenze e del Vaticano si direbbe che Tommaso abbia assistito e quasi presieduto alle deliberazioni ed ai decreti dei Padri, combattendo con invincibile valore e con lietissimo successo contro gli errori dei Greci, degli eretici e dei razionalisti. Ma somma lode e tutta propria di Tommaso, concessa a nessun altro dottore cattolico, è che i Padri del Concilio Tridentino hanno voluto che nel mezzo dell’aula delle adunanze, insieme con i codici della Sacra Scrittura e con i decreti dei Romani Pontefici, stesse aperta, sull’altare, anche la Somma di Tommaso d’Aquino per derivarne consigli, ragioni e sentenze.
Infine parve riservata ad un uomo così incomparabile anche la palma di strappare di bocca agli stessi nemici del nome cattolico ossequi, elogi ed ammirazione. Infatti, è cosa nota che fra i capi delle fazioni eretiche non mancarono coloro che confessarono pubblicamente che, tolta una volta di mezzo la dottrina di Tommaso d’Aquino, “essi potrebbero facilmente affrontare tutti i Dottori cattolici, vincerli, ed annientare la Chiesa”. Vana speranza senza dubbio; ma non vana testimonianza.
Con ottima decisione dunque non pochi cultori delle scienze filosofiche, avendo recentemente applicato l’animo a restaurare con profitto la filosofia, attesero ed attendono a far rivivere e ritornare nel primitivo splendore la dottrina di San Tommaso d’Aquino.
Noi dunque, mentre dichiariamo che si deve accogliere con aperto e grato animo tutto ciò che sapientemente è stato detto e che è stato inventato ed escogitato utilmente da chicchessia, esortiamo Voi tutti, Venerabili Fratelli, a rimettere in uso la sacra dottrina di San Tommaso e a propagarla il più largamente possibile, a tutela e ad onore della fede cattolica, per il bene della società, e ad incremento di tutte le scienze.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 4 agosto 1879, anno secondo del Nostro Pontificato».

È questo il documento fondante del neotomismo che li a poco avrebbe cambiato la Chiesa e la storia politica d’Europa, con il nuovo impegno dei Cattolici. Movimento filosofico che fu dismesso nel Concilio Vaticano II, inopinatamente a detta di Emanuele Severino (La follia dell’angelo, Mimesis edizioni) proprio nel suo massimo splendore, testimoniato in Cattolica dal suo maestro Professore Gustavo Bontadini.

Dice bene Leone XIII, i testi dell’Aquinate furono la guida del Concilio di Trento, che si oppose alla Riforma. Quella stessa Riforma che aleggia oggi nel magistero di Francesco, in quella espressione sine glossa, di rifiuto della luminosissima Tradizione, e ancora più minacciosamente nella giustizia veloce e non apparentemente documentata.

Foto di copertina: “Canzonettista” di Antonio Donghi, 1925, Collezione privata. Illustrazione in copertina di Andrea Camilleri, “Il gioco degli specchi” (Sellerio 2011).

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