La memoria di Maria Eletta Martini per il volontariato: ha costruito ponti, non barricate

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Nel luglio del 1991 Maria Eletta affermava: “Quando la società civile esce dall’anonimato, si associa, si esprime in ‘formazioni sociali’ ed opera in uno spazio proprio, che si colloca fra lo Stato e il mercato ma non vuole farsi fare assorbire da nessuno dei due, non intende ridurre lo Stato, come talvolta si afferma, a svolgere funzioni residuali, ma piuttosto restituisce alla politica e alle istituzioni quelle funzioni di sintesi, di programmazione, di decisione che sono loro proprie e le mette magari al riparo dal ridursi ad essere contrattazione tra interessi forti che quasi mai coincidono con quelli che il volontariato esprime”. Partendo da questo pensiero a Roma si è svolto il convegno di studio dedicato alla ‘madre’ del volontariato italiano, Maria Eletta Martini, nel ricordo del primo anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 29 dicembre 2011, alla presenza di molte persone, che hanno voluto partecipare a questo momento voluto dal presidente del Cnv (Centro nazionale per il Volontariato), Edoardo Patriarca, il quale ha ricordato la fondatrice del Centro Nazionale per il Volontariato rileggendo alcuni passaggi dei suoi scritti più recenti. Sono stati poi due grandi testimoni della stagione storica che ha visto protagonista Maria Eletta Martini a ricordarla con interventi di grande spessore: mons. Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan, e l’onorevole e giurista prof. Nicolò Lipari.

 

 

Nel salutare gli intervenuti il presidente, Edoardo Patriarca, ha ricordato la data fondamentale del 1984, in cui Maria Eletta Martini fondava il Centro nazionale per il Volontariato: “Anni ricchi di elaborazioni culturale, di pensieri per il futuro, di nuove forme di cittadinanza che da lì a poco sarebbero stati noti come volontariato. Anche allora l’Italia usciva da un momento difficile, da uno scontro politico, anche armato, che l’avevano rattrappita e impaurita. L’unica declinazione di cittadinanza riconosciuta era la militanza in partiti e nei movimenti politici. In quegli anni un gruppo di persone con tanta lungimiranza, e forse senza immaginare l’evoluzione inaspettata che avrebbe assunto il movimento di volontariato, ridefiniva la cittadinanza per il bene comune: un darsi da fare concreto, una solidarietà non classista,  ma alla ricerca di vie per includere i cittadini esclusi alla res-publica… Mi piace così ricordare Maria Eletta: una parlamentare con un passo sempre avanti su tante questioni che oggi appaiono ancora di grande attualità”.

Mons. Giuseppe Pasini ha sottolineato lo stile: “Maria Eletta Martini era una donna che cercava di incarnare i suoi valori, attenta ai segni dei tempi. Credo che il modo migliore per ricordarla sia di non chiudersi nella memoria del passato, ma partire da dove lei era arrivata per proporre qualcosa per il presente e per il futuro. Era una credente attiva che ha testimoniato la propria fede e le proprie convinzioni nella politica e nel volontariato. Era una donna preoccupata più di aprire ponti che di alzare barricate. Non è esagerato affermare che la ripetuta riconferma dei suoi incarichi fosse il riconoscimento che ha svolto i suoi mandati parlamentari come servizio e non come privilegio… Dei suoi tanti valori ne sintetizzo uno in questa frase: Non si opera giustizia senza parteggiare per gli ultimi”.

Il giurista, prof. Nicolò Lipari, ha fatto alcuni riferimenti precisi all’attualità sociale e politica: “Se oggi vogliamo davvero proiettare nel futuro il ricordo di Maria Eletta Martini è necessario chiederci quale possa essere la scommessa vincente del volontariato italiano negli anni difficili che ci attendono e come possa svincolarsi dalla crisi in cui versa il sistema politico a tutti i livelli. La mia proposta è questa: è necessario passare dalla doverosità del gratuito alla gratuità del doveroso…  Il volontariato non costituisce una materia ma un modo di essere della persone. Il volontariato non può non qualificare l’atto doveroso e ogni relazione misurata al diritto suppone una componente di gratuità. Credo che il volontariato, se non vuole limitarsi ad essere alibi dell’esistente, ma vuole essere lievito del cambiamento dovrà cambiare questo paradigma”.

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